domenica 30 settembre 2007

Prescrizione, decorso ed impedimenti soggettivi


Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 18.09.2007 n° 19355

Danno – azione risarcitoria – prescrizione – dies a quo – decorso oggettivo – sussistenza – conoscenza effettiva – irrilevanza [art. 2935 c.c.]

Il decorso della prescrizione ha valore oggettivo, perché mira ad assicurare certezza ai rapporti giuridici, con la conseguenza che può verificarsi anche senza che il danneggiato ne abbia cognizione.

Il fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto.(1) (2)


In senso contrario, si potrebbe affermare che la tesi massimata rischia di individuare un vuluns al diritto di difesa, ex art. 24 Cost., perché inibisce al danneggiato di far valere i suoi diritti basati su un’ignoranza incolpevole e non evitabile.

(1) In senso contrario a tale pronuncia, si veda Cassazione lavoro 10441/2007.
(2) In dottrina, sia consentito il rinvio a Viola, La prescrizione dei danni lungolatenti.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 18 settembre 2007, n. 19355

(Pres. Sciarelli - est. Celentano)

Svolgimento del processo

Con sentenza non definitiva del 23 maggio 2003 il Tribunale di Torino dichiarava prescritto il diritto di M. M. ad ottenere dalla datrice di lavoro, Michelin Italiana s.p.a., il risarcimento del danno biologico e morale derivante da due patologie (neoplasia vescicale e otite auricolare sinistra) che il lavoratore imputava alle sostanze nocive presenti nell'ambiente di lavoro.

Con sentenza non definitiva dell'11/25 maggio 2004 la Corte di Appello di Torino rigettava l'appello con riferimento alla ricordata eccezione dì prescrizione.

I giudici di secondo grado osservavano che, con riferimento all'azione di risarcimento danni da malattie contratte nell'ambiente di lavoro, l'art. 2935 ce. va interpretato nel senso che la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui la malattia si è manifestata in modo da essere percepita come tale dal danneggiato; la mancata conoscenza dell'eziologia professionale della patologia costituisce un ostacolo di mero fatto, che non influisce sulla decorrenza della prescrizione.

Nella fattispecie in esame la neoplasia era stata diagnosticata nell'ottobre 1988 e l'otite si era manifestata nel 1990, mentre la prima richiesta di risarcimento era stata formulata con lettera del 15 ottobre 2001.

Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due motivi di censura, M. M..

La Michelin Italiana s.p.a resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 c.c., omesso esame di punti decisivi e carenza di motivazione, la difesa del ricorrente sostiene che, nel particolare settore della tutela della salute del lavoratore, la decorrenza della prescrizione dell'azione risarcitoria nei confronti del datore di lavoro non può essere collegata solo alla manifestazione o esteriorizzazione del danno, come avviene in settori diversi, ma presuppone la conoscibilità della natura professionale della malattia,

Fa derivare tale conclusione dalla esistenza di un dovere di informazione, posto dal legislatore a carico del datore di lavoro, in ordine ai rischi delle lavorazioni (art. 4 del d.P.R. n. 303 del 1956), e dalla necessità di una interpretazione sistematica dell'art. 2935 nel settore delle azioni derivanti da malattie professionali, con la conseguente applicazione di quella giurisprudenza formatasi sull'art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, che richiede, appunto, per la decorrenza della prescrizione triennale, che il lavoratore sia stato in grado di conoscere la natura professionale della malattia.

Invoca alcune sentenze di questa Corte (la n. 1716 del 24 marzo 1979, sulla conoscibilità del danno da responsabilità medica, e la n. 4774 del 1997).

2. Con il secondo motivo la difesa del ricorrente deduce che, ove dovesse ritenersi preferibile la soluzione che ricollega la decorrenza della prescrizione di cui all'art. 2935 ce. alla sola manifestazione del danno, andrebbe sottoposta alla Corte Costituzionale la questione della compatibilità di una tale interpretazione con gli artt. 32 e 35 della Costituzione. L'art. 2935 citato sarebbe sospetto di illegittimità costituzionale, secondo il ricorrente, "nella parte in cui consente il decorso della prescrizione dell'azione del risarcimento del danno biologico prima del momento della conoscenza della eziologia professionale nella ipotesi di omessa informativa ex art. 4 D.P.R. 303/1956, in ultimo ribadita e rafforzata dalla legge n. 626/1994"

3. Il ricorso non è fondato.

4. L'art. 2935 del codice civile statuisce che "la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere."

Poiché funzione principale della prescrizione è quella di assicurare certezza ai rapporti giuridici, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che la impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l'esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr., fra le più recenti, Cass., 7 novembre 2005 n. 21495; 28 luglio 2004 n. 14249; 7 maggio 2004 n. 8720; 11 dicembre 2001 n. 15622; 18 settembre 1997 n. 9291).

Ne consegue che può accadere che la prescrizione compia il suo corso senza che l'interessato sappia di essere titolare di un diritto.

5. Con riferimento alla formulazione del primo comma dell'art. 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (L'azione per conseguire le prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale") e alle sentenze della Corte Costituzionale n. 116/69 e 544/90, la giurisprudenza della Corte si è decisamente orientata nel senso che la prescrizione dell'azione nei confronti dell’INAIL, per conseguire le prestazione di cui al d.P.R. n. 1124/65, inizia a decorrere dal momento in cui la malattia professionale si sia manifestata con certezza, abbia raggiunto la misura di invalidità indennizzabile e ne sia conoscibile la eziologia professionale (Cass., 1 dicembre 1999 n. 13370; 11 luglio 2001 n. 9388; 11 febbraio 2004 n. 2625; 1 marzo 2004 n. 4151; 18 agosto 2004 n. 16178; 2 febbraio 2005 n. 2002; 26 giugno 2006 n. 14717).

Per quanto concerne la speciale prescrizione di cui al citato art. 112 e le prestazioni previste per le malattie professionali, si è dato quindi rilievo ad un elemento, quale la conoscibilità della eziologia professionale della malattia, che rappresenta qualcosa di più rispetto alla semplice manifestazione della patologia, ma resta pur sempre in un ambito di oggettività per così dire scientifica.

La conoscibilità di cui ci stiamo occupando, infatti, non solo è cosa diversa dalla conoscenza, ma altro non è che la possibilità che un determinato elemento (nella fattispecie la origine professionale di una malattia) sia riconoscibile in base alle conoscenze scientifiche del momento.

Non rileva invece (e non potrebbe rilevare, pena lo sconfinamento nel campo della pura soggettività) il grado di conoscenze e di cultura del soggetto interessato dalla malattia.

Lo stesso ricorrente evidenzia, a pag. 11 del ricorso, i pericoli, ai fini di una corretta decorrenza della prescrizione, di una conoscibilità che varia da soggetto a soggetto, allorquando afferma che il signor M. ebbe a sospettare della natura professionale della malattia "solo a seguito della lettura di un articolo giornalistico che dava conto della pendenza di un procedimento penale avanti il Tribunale di Torino avente ad oggetto numerosi casi di omicidi e lesioni colpose in danno di ex compagni di lavoro del ricorrente, tutti colpiti da neoplasie vescicali e polmonari."

È fin troppo evidente che non si può far decorrere la prescrizione dal momento in cui si sia letto un determinato articolo o un testo medico.

6. Ne consegue che la decorrenza della prescrizione, individuata dai giudici del merito rispettivamente nell'ottobre 1988 e nel 1990, allorquando sono state diagnosticate la neoplasia vescicale e la otite auricolare sinistra, anche se si volesse adottare in sede di interpretazione dell'art. 2935 ce. Un criterio introdotto dalla giurisprudenza con riferimento all'art. 112 del d.P.R. n. 1124 del 1965, avrebbe potuto essere contestata solo deducendosi che in quegli anni (fra il 1988 ed il 1990) le conoscenze scientifiche non consentivano di collegare le malattie citate ad un inquinamento dell'ambiente di lavoro.

Ma tale assunto non viene prospettato dalla difesa M.; sicché va affermata la infondatezza del primo motivo.

7. Le considerazioni fin qui svolte evidenziano la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità costituzionale avanzata in via subordinata.

L'omessa informativa, da parte del datore di lavoro, dei rischi presenti nell'ambiente di lavoro, non costituisce elemento tale da impedire, una volta accaduto un infortunio o contratta e manifestata una malattia professionale, la decorrenza della prescrizione.

Ne consegue che nessuna lesione del diritto alla salute o al lavoro, di cui agli artt. 32 e 35 della Costituzione invocati dalla difesa M., risulta dalla

individuazione della decorrenza della prescrizione come fissata dal legislatore nell'art. 2935 del codice civile.

8.11 ricorso va pertanto rigettato.

La natura della controversia e la delicatezza delle problematiche afirontate giustifica la compensazione per la metà delle spese di giudizio. La restante metà va posta a carico del soccombente.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso, compensa per la metà le spese di giudizio e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della società resistente, della restante metà di tali spese, che liquida, nell'intero, in € 21,00 per spese ed € 2.000,00 per onorario di avvocato, oltre spese generali, IVA e c.p.a.

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