sabato 29 novembre 2008

Usucapione, ammissibile per costruzione su fondo altrui con conseguente venir meno dell'accessione maturata in capo al proprietario

Cassazione civile, sez. II, sentenza 23.07.2008 n. 20288

Usucapione della costruzione su fondo altrui, conseguenza della venuta meno dell'acquisto per accessione del proprietario

"Nel caso in cui l'attore di una costruzione eseguita (con materiali propri) sul fondo altrui l'abbia posseduta "uti dominus" per il tempo necessario ad usucapire, l'acquisto della proprietà dell'opera, per accessione, a favore del proprietario del fondo viene meno per successivo acquisto della proprietà del manufatto e del suolo, verificatosi in virtù di usucapione a favore del costruttore".

La Suprema Corte Civile
Sezione II
Svolgimento del processo
Con citazione del 17.2.1994 S. B. e A. M. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di S. M. E. e B. A. per chiedere la rimozione di una sopraelevazione e di una struttura metallica realizzate nel 1992 a distanza illegale dall'attiguo fabbricato attoreo dotato di parete finestrata. I convenuti, costituitisi, sostenevano la regolarità delle opere ed in via riconvenzionale chiedevano la condanna degli attori alla demolizione della parte di costruzione che violava la distanza legale.
Acquisiti documenti e disposta ctu, rimaste infruttuose le trattative di conciliazione, il nuovo difensore dei convenuti, con memoria 13.1.2000 contestava la legittimazione degli attori posto che la loro veranda, rispetto alla quale sarebbero state violate le distanze, era stata edificata su una soletta di proprietà dei convenuti e, quindi, era di proprietà di questi ultimi per accessione.
Con sentenza 26.11.2001 la sezione stralcio rigettava le domande delle parti, dichiarava inammissibile l'ulteriore riconvenzionale dei convenuti e compensava le spese.
Proposto appello dagli originali attori, si costituivano gli appellati, svolgendo appello incidentale.
La Corte di appello di Torino, con sentenza 12 novembre 2003 rigettava le impugnazioni e compensava le spese, osservando che la veranda era stata costruita sulla soletta del M. e che per il principio generale dell'accessione, in mancanza di costituzione negoziale di un diritto di superficie, non era ipotizzabile l'acquisizione da parte di un terzo di detta posizione a titolo originario per possesso oltre il ventennio.
Ricorrono S. e A. con un motivo, illustrato da memoria, resistono le controparti proponendo ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione
Con unico motivo si denunziano violazione degli artt. 167, 180 e 183 c.p.c., difetto e contraddittorietà di motivazione per avere la sentenza ritenuto la questione sollevata nell'ultima fase del giudizio di primo grado né domanda nuova né eccezione in senso proprio ma mera eccezione in senso ampio e per non avere considerato l'avvenuta usucapione.
La prima parte della censura è infondata.
La sentenza, premesso che era preliminare la trattazione della questione riproposta ai sensi dell'art. 346 c.p.c. da parte appellata con riferimento alla sussistenza della legittimazione attiva delle controparti ad esercitare l'"actio negatoria servitutis", posto che la veranda, rispetto alla quale sarebbero state violate le distanze, sarebbe di proprietà degli appellati per il principio generale dell'accessione, in quanto costruita sulla soletta di copertura della proprietà sottostante; riferito che il Tribunale l'aveva ritenuta una domanda nuova, inammissibile per mancata accettazione del contraddittorio ed implicitamente rinunciata per la mancata riproposizione dell'eccezione in sede di precisazione delle conclusioni; ha concluso trattarsi di eccezione introdotta in corso di giudizio per paralizzare l'azione avversaria ed in applicazione del principio generale dell'accessione ha ritenuto non ipotizzabile l'acquisizione da parte di un terzo di una posizione giuridica soggettiva a titolo originario a seguito di possesso prolungato per oltre un ventennio.
Questa Corte Suprema (Cass. 18.7.2002 n. 10441) ha, invero, affermato la proponibilità di eccezioni riconvenzionali nuove anche in appello, statuendo in particolare che non introducono una nuova pretesa ma sono rivolte essenzialmente al rigetto di quelle di controparte per cui possono essere proposte per la prima volta in appello, non potendo il silenzio o l'inerzia della parte interessata, mantenuti in primo grado, costituire comportamenti valutabili come rinunzia alla facoltà di avvalersene.
"A fortori" possono essere proposte in primo grado, non trattandosi di domanda che, se proposta in appello, sarebbe stata inammissibile per il divieto di "jus novorum" ex art. 345 cpc, pur nella sua previgente formulazione.
L'eccezione riconvenzionale può essere proposta anche in appello e, quindi, andava esaminata.
Il principio secondo cui l'interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato vizi riconducibili nell'ambito degli artt. 112 e 345 c.p.c., a norma dei quali il giudice deve, rispettivamente, pronunziare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa e dichiarare inammissibili di ufficio le domande nuove; in tali casi, infatti deducendosi "errores in procedendo", la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto ed ha, quindi, il potere dovere di procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali ed, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti. (Cass. 12.11.2002 n. 15858, Cass. 8.8.2003 n. 12022, Cass. 20.4.2004 n. 7533).
Per la proposizione di una eccezione sostanziale non si richiede che la parte impieghi formule sacramentali ma è sufficiente qualsiasi deduzione anche implicita, incorre, pertanto in "error in procedendo" il giudice di merito che ometta di esaminare l'eccezione riconvenzionale implicita (Cass. 29.4.2004 n. 8225).
Ciò premesso, posto che la proponibilità di eccezioni riconvenzionali nuove anche in appello (ed "a fortiori" in primo grado) deve ritenersi consentita anche nel caso in cui venga, per l'effetto, ampliato il "thema decidendum", purché siano dirette all'esclusivo fine di ottenere la reiezione della domanda avversaria, non introducendo una nuova pretesa, ma essendo rivolte essenzialmente al rigetto di quella della controparte (Cass. 18.7.2002 n. 10441, cit., Cass. 13.4.1999 n. 3618); ne consegue che la prima parte della censura non merita accoglimento, posto che solo nuove domande (e non eccezioni) non possono proporsi in appello e se proposte debbono essere dichiarate inammissibili di ufficio; addirittura, qualora il giudice di appello abbia omesso di rilevare la violazione dello "jus novorum", ciò deve essere rilevato d'ufficio dalla S.C., anche ove fosse stato accettato il contraddittorio (Cass. 2.8.2000 n. 10129, 22.4.1998 n. 4075).
La Corte di appello è incorsa, invece, in errore nel ritenere che la veranda, essendo stata anteriormente acquisita per accessione al patrimonio dei convenuti, non poteva essere usucapita.
Al riguardo è sufficiente richiamare la decisione di questa Suprema Corte (Cass. n. 3191/1980) che ha affermato il seguente principio: "Nel caso in cui l'attore di una costruzione eseguita (con materiali propri) sul fondo altrui l'abbia posseduta "uti dominus" per il tempo necessario ad usucapire, l'acquisto della proprietà dell'opera, per accessione, a favore del proprietario del fondo viene meno per successivo acquisto della proprietà del manufatto e del suolo, verificatosi in virtù di usucapione a favore del costruttore".
Col ricorso incidentale condizionato si censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello ritenuto in astratto ipotizzatale l'acquisto per usucapione della veranda da parte degli attori, perché l'avevano costruita da oltre venti anni, mentre per l'acquisto costoro avevano l'onere di provare anche il possesso dell'immobile per tale periodo.
La censura è infondata.
In sentenza si legge: "è doveroso dare atto del fatto che dalle deposizioni testimoniali acquisite al procedimento risulta che l'opera è stata realizzata anni or sono, oltre un ventennio prima rispetto all'inizio del procedimento. Ciononostante...non è ipotizzarle l'acquisizione, da parte di un terzo, di detta posizione giuridica soggettiva a titolo originario a seguito di un possesso prolungato per oltre un ventennio".
Questa Corte Suprema (Cass. n. 1530/2000) ha ritenuto che, in tema di usucapione di immobili, la realizzazione da parte del possessore, di una costruzione sullo stesso, è indicativa dell'"animus sibi habendi", incompatibile con l'intenzione di esercitare un potere di fatto sul bene corrispondente al contenuto di un diritto diverso da quello di proprietà.
In definitiva va accolto per quanto in motivazione il ricorso principale, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello per accertare se dalla usucapita veranda sia stata o non rispettata la distanza legale dalla costruzione eseguita dai convenuti.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto in motivazione il ricorso principale.

giovedì 27 novembre 2008

Licenziamento, insegnante, art. 700 cpc

Tribunale di Lecce, sentenza 31.7.2008, Giudice del Lavoro

"il licenziamento per inidoneità (peraltro permanente) allo svolgimento della finzione di docenza è configurabile come extrema ratio ed adottabile solo in caso di accertata impossibilità di adibizione a mansioni diverse ed all’esito di procedimento del tutto diverso e distinto da quello di decadenza".


Tribunale di Lecce

Sentenza 31 luglio 2008

IL GIUDICE DEL LAVORO

sciogliendo la riserva del 30-7-2008;

ritenuto che il ricorso sia sorretto da un fumus boni juris, posto che secondo la giurisprudenza (v. Cass. Sez. Lav. 17415/2002), il provvedimento di decadenza del pubblico dipendente per assenza ingiustificata dal posto di lavoro per un periodo non inferiore a quindici giorni presuppone che l’assenza stessa sia ricollegabile ad un consapevole comportamento volontario del dipendente e considerato che il CTU dr. …………, incaricato degli accertamenti del caso ed avvalsosi detta collaborazione di medici specialisti in psichiatria, è pervenuto alla conclusione per cui “il comportamento che ha portato il ricorrente ad assentarsi dal servizio a decorrere dal 19-11-2007 è stato provocato da un disturbo psicotico breve che gli ha impedito temporaneamente di effettuare un corretto esame di realtà”, onde è lecito dedurre che nel periodo in questione il ricorrente fosse in condizioni assimilabili a quelle di incapace naturale;

rilevato che la valutazione, effettuata dal ctu, di temporanea (per un anno) inidoneità del ricorrente a svolgere i compiti di insegnamento, non può essere ostativa alla invocata reintegrazione in servizio del ricorrente, specie tenuto conto

dell’attuale ritenuta idoneità a svolgere altre attività amministrative o comunque di supporto alla didattica e dei principi di legge e della contrattazione collettiva di settore, che inducono a configurare il licenziamento per inidoneità (peraltro permanente) allo svolgimento della finzione di docenza come extrema ratio ed adottabile solo in caso di accertata impossibilità di adibizione a mansioni diverse ed all’esito di procedimento del tutto diverso e distinto da quello di decadenza;

reputato altresì sussistente il periculum in mora, requisito peraltro nemmeno specificamente contestato dall’amministrazione convenuta, atteso che il ricorrente trae dallo stipendio di insegnante le proprie esclusive fonti di sostentamento e che lo stesso ha anche contratto un gravoso mutuo bancario;

valutata equa la compensazione delle spese, atteso che l’amministrazione ebbe ad. adottare il provvedimento di decadenza all’esito di un fatto oggettivo (assenza protratta dal servizio) che solo ex post ed all’esito di complessi accertamenti medico legali è risultato essere riconducibile ad una condotta inconsapevole del dipendente;

P.T.M.

visto l’art. 669 octies e l’art. 700 cpc, ordina ai resistenti di disporre la riammissione in servizio del ricorrente presso la scuola 3° Circolo ……… di Lecce o presso altro istituto scolastico (scuola materna o elementare) della Provincia d.i Lecce, in mansioni del proprio profilo professionale e/o comunque compatibili con il suo attuale stato di salute, come emergente dalla relazione di ctu del dr……….. depositata presso la Cancelleria di questo Tribunale in data 4-7-2008. Si comunichi.

Lecce, 31-7-2008

lunedì 24 novembre 2008

Ricorso per Cassazione, occorre indicare il fatto controverso ove si ritiene omessa o contraddittoria la motivazione

SSUU CASS. Sentenza 14 ottobre 2008, n. 25117
"La seconda parte dell'art. 366-bis prescrive che in caso di motivo ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, l'illustrazione dello stesso deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per cui la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione"

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 14 ottobre 2008, n. 25117
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'appello di Trieste, ribadendo la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario e confermando la sentenza di primo grado anche nel merito, accoglieva la domanda proposta da A. V. contro la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia di risarcimento del danno dipendente dal fatto che quest'ultima aveva escluso nei confronti di detta lavoratrice un utile esito della sua partecipazione ad una procedura concorsuale per l'assunzione a tempo determinato di docenti già impegnati con contratti a termine in corsi di istruzione professionale, e poi, a seguito dell'esito positivo del giudizio amministrativo intentato dalla interessata, aveva assunto la medesima con decorrenza retroattiva dall'1.10.1992 solo ai fini giuridici, senza riconoscere alcuna prestazione economica per il periodo 28.8.1994-16.6.1996.

In particolare la Corte di merito riteneva configurabile anche la colpa dell'amministrazione.

La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. La V. ha resistito con controricorso. A seguito delle conclusioni orali del pubblico ministero, il difensore della Regione ha depositato osservazioni ex art. 379 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo, denunciando violazione delle norme e principi in materia di giurisdizione (art. 360, n. 3, c.p.c.), sostiene che nella specie sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, da ritenersi estesa alla controversia su danni patrimoniali consequenziali relativi a un rapporto di pubblico impiego, e invocabile anche per la pretesa al conseguimento di retribuzioni non percepite a causa della ritardata costituzione del rapporto di impiego.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c.). Premesso che l'esclusione della lavoratrice dall'inquadramento previsto era stata determinata dalla mancata produzione della documentazione necessaria ai fini della prova della sussistenza in capo alla medesima del requisito riguardante l'esperienza lavorativa maturata nello specifico ambito lavorativo per almeno tre anni, in quanto era stata ritenuta insufficiente la dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata da privato asseritamente datore di lavoro della medesima, si osserva che l'idoneità di tale documentazione dipendeva dal fatto che l'art. 27, primo comma, della l. n. 15/1968 aveva escluso che si fosse innovato alle norme del d.P.R. n. 686/1957 sulla presentazione dei documenti nei concorso per le carriere statali. Viene poi posta in dubbio, con varie argomentazioni, l'interpretazione del Consiglio di Stato, secondo cui era stato violato l'art. 20 della l.r. n. 17/1992, per il fatto che non si era ritenuto rilevante ai fini del requisito in questione il servizio stesso prestato quale insegnante presso l'istituto regionale per la formazione professionale, e quindi si deduce che sicuramente l'esclusione della V. dalla graduatoria non era avvenuta in base ad argomentazioni del tutto arbitrarie.

Il terzo motivo denuncia nuovamente violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c.). Premesso che il giudice di appello, in sostanza aderendo alla motivazione del primo giudice, aveva finito per operare una sorta di equivalenza tra illegittimità del provvedimento e colpa e aveva derivato tale illegittimità dalla violazione delle norme sull'autocertificazione, si ribadisce che in effetti l'amministrazione nella specie si è attenuta a quanto previsto dall'art. 11 del d.P.R. n. 686/1957, applicabile nella fattispecie.

Il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, lamenta la violazione del principio secondo cui, in caso di domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, l'elemento soggettivo della colpa non può ritenersi integrato sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo, ma è richiesta una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, da valutarsi anche in relazione ad elementi quali il grado di chiarezza della norma violata.

Con il quinto motivo si denuncia ''violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 5, c.p.c.) per insufficiente e contraddittoria motivazione" della sentenza impugnata in relazione all'elemento soggettivo della colpa.

Si osserva che il giudice di appello ha ritenuto sussistente l'elemento dell'imputabilità dell'evento dannoso alla esclusiva responsabilità della p.a., anche se contraddittoriamente ha affermato che non può ritenersi aprioristicamente esclusa da tale giudizio la considerazione di peculiari circostanze, quali in particolare l'opinabilità della normativa di cui alla l. n. 15/1968, al d.P.R. n. 686/1957 ed alla l.r. n. 17/1992, con ciò evidenziando che ulteriori elementi avrebbero dovuti essere valutati, diversamente da quanto è stato fatto. Né dalla motivazione della sentenza risultava che l'amministrazione avesse agito con colpa, in violazione dei principi di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, tanto più in situazioni dichiarate peculiari dallo stesso giudicante.

Preliminarmente deve rilevarsi l'inammissibilità del controricorso, in quanto tardivamente notificato, come peraltro riconosciuto dal difensore della V. che ha partecipato alla discussione orale della causa.

Sempre in via preliminare, deve rilevarsi, in adesione alla richiesta sul punto formulata dal pubblico ministero nelle sue conclusioni orali, l'inammissibilità anche del ricorso per violazione delle prescrizioni di cui all'art. 366-bis c.p.c., applicabile nella specie in relazione alla data della sentenza impugnata, depositata successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

A norma della prima parte dell'articolo citato nei casi previsti dall'art. 360, primo comma, numeri da 1) a 4), l'illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione deve concludersi a pena di inammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto. Considerato che i primi quattro motivi ricadono indubbiamente nell'ambito di operatività della disposizione richiamata, deve rilevarsi che i quesiti formulati a conclusione dei medesimi risultano chiaramente inidonei alla luce dei criteri che questa Corte ha già avuto occasione di precisare.

Al riguardo in particolare si è osservato che il ricorrente deve necessariamente procedere all'enunciazione di un principio di diritto diverso da quello posto a base della decisione impugnata e che quindi il quesito non può risolversi in una generica istanza di decisione sull'esistenza della violazione di legge denunciata nel motivo o nell'interpello della Corte di cassazione in ordine alla fondatezza della censura illustrata nello svolgimento del motivo, ma deve porre la medesima Corte in condizione di rispondere ad esso con l'enunciazione di una regula iuris, in quanto tale suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all'esame del giudice che pronunciato la sentenza impugnata (Cfr. Cass. S.U. 3519/2008; Cass. n. 19892/2007, 11535/2008, 16569/2008).

Nella specie i quesiti consistono per il primo motivo nella mera richiesta di stabilire se in ordine alla controversia sussiste la giurisdizione ordinaria o amministrativa, per il secondo nella richiesta di stabilire se nella questione controversa trovano applicazione determinati articoli di legge, per il terzo nella richiesta di stabilire se sussiste la violazione dell'art. 2043 c.c. in relazione all'elemento soggettivo della colpa riconosciuta in capo all'Amministrazione regionale, per il quarto in una richiesta sostanzialmente identica. È evidente la mancanza della formulazione dei quesiti in riferimento a specificati principio di diritto e quindi l'inidoneità degli stessi in base ai criteri già enunciati.

La seconda parte dell'art. 366-bis prescrive che in caso di motivo ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, l'illustrazione dello stesso deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per cui la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Il quinto motivo, che come si è già visto presenta nella rubrica incertezze circa la tipologia delle censure formulate, si conclude sia con una "precisa indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione della sentenza risulta contraddittoria", sia con la formulazione del quesito di diritto. Quest'ultimo è chiaramente inidoneo, consistendo nella mera richiesta alla Corte di stabilire se "il fatto controverso sopra richiamato porti a considerare in punto la motivazione della sentenza contraddittoria e illogica". La suddetta "precisa indicazione" è formulata nei seguenti termini: «La motivazione della sentenza n. 501/2006 della Corte d'Appello di Trieste risulta essere contraddittoria per avere affermato sussistere l'elemento soggettivo della colpa in capo all'Amministrazione regionale laddove viceversa afferma a pag. 8 che "non può dirsi aprioristicamente esclusa dal giudizio di imputazione della responsabilità la considerazione di peculiari circostanze (quali in particolare la opinabilità dell'interpretazione della normativa di cui alla legge n. 15/1968, al DPR n. 696/1957 e alla legge regionale n. 17/1992), capaci di eludere una valutazione in termini di colpa della causa di illegittimità del provvedimento"». Questa formulazione non può ritenersi idonea per l'assorbente ragione che in realtà manca l'indicazione di specifici elementi di fatto (sia pure complessi) su cui verterebbe il vizio di motivazione, non essendo a tal fine adeguato il generico riferimento all'elemento della colpa, che in effetti non può ritenersi un vero e proprio fatto, ma una qualificazione formulata a conclusione di un giudizio composto di elementi di fatto ed elementi di diritto, onde la necessità della deduzione, nella specie non adeguatamente concretizzatasi, di censure di violazione delle norme di diritto in merito ai requisiti della colpa o di omesso, insufficiente o viziato esame di elementi di fatto concretamente rilevanti ai fini del giudizio sulla colpa.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Tenute presenti le particolarità della fattispecie sul piano sostanziale e processuale, si ritiene giustificata la compensazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, compensa le spese del giudizio.

martedì 11 novembre 2008

Sorpasso di notte, obbligatorio lampeggiare

Gli automobilisti che si trovano alla guida del proprio veicolo nella notte e intendono effettuare il sorpasso dell'auto che li precede, devono sempre lampeggiare

CORTE DI CASSAZIONE -SEZ. QUARTA PENALE – SENTENZA DEL 31.10.2008, N. 40914
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE ha pronunciato la seguente
SENTENZA sul ricorso proposto da PUBBLICO MINISTERO PRESSO TRIBUNALE di BELLUNO nei confronti di: 1) … omissis … 2) … omissis … 3) … omissis … avverso SENTENZA del 19/12/2001 GIP TRIBUNALE di BELLUNO sentita la relazione fatta dal Consigliere LICARI CARLO sentite le conclusioni del P.G. … omissis …OSSERVA … omissis …Con sentenza del 19/12/2001, il G.LP. del Tribunale di Belluno, disattendendo la richiesta di patteggiamento della pena avanzata da … omissis … imputato del reato di omicidio colposo conseguente ad incidente stradale avvenuto nelle prime fasi di un sorpasso, ha deciso di pronunciare cx art. 129 c.p.p. la di lui assoluzione con la formula perché il fatto non costituisce reato, rilevando che l’obbligo di usare i fari abbaglianti prima di intraprendere il sorpasso di altra autovettura, al fine di verificare che non sopraggiungessero altri veicoli dalla direzione opposta, era all’evidenza inesigibile nei confronti dell’imputato, atteso che, così facendo, il medesimo avrebbe corso il pericolo di abbagliare il conducente del veicolo che egli andava a sorpassare.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale della stessa città, il quale ha dedotto violazione di legge, ex art. 606, comma I, lett. b). c.p.p., sostenendo che la decisione si poneva in palese contrasto con il pacifico indirizzo della giurisprudenza di legittimità elaborato in tema di utilizzo dei fari abbaglianti in ore notturne e fuori dei centri abitati.
Le parti civili hanno, a loro volta proposto appello, ma la Corte di Appello di Venezia con provvedimento del 6/3/ 2008, preso atto dell’intervenuta revoca della costituzione di p.c., ne ha dichiarato l’inammissibilità, disponendo La trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione per la trattazione del ricorso proposto dal P.M..
Il ricorso del P.M. è meritevole di accoglimento.
Invero, è consolidato principio giuridico, affermato da questa Corte, che il conducente che intenda effettuare di notte e in condizioni di scarsa visibilità il sorpasso di altro veicolo è tenuto, prima di invadere la corsia opposta, ad accertarsi, con i propri mezzi di illuminazione, che nessun veicolo provenga in senso contrario.
Orbene, nella specie, l’uso, con le modalità consentite dalla Legge, degli abbaglianti da parte del sig. X era, al contrario di quanto divisato dal primo giudice, esigibile non solo in ossequio alle regole di comune prudenza, ma anche in forza delL’obbligo imposto dal combinato disposto di cui ai commi I e 4 dell’art 153 cod. strad., nei confronti di chi proceda fuori dei centri abitati e in zona priva di illuminazione e, a maggior ragione, qualora tenga una velocità non particolarmente moderata.
S’intende che, onde ovviare ai rischi derivanti da situazioni impreviste, colui che si accinga a compiere la manovra di sorpasso in condizioni particolari di tempo e di luogo, come quelle sopra descritte e ricorrenti nel caso concreto, è legittimato a fare uso continuo dei fari abbaglianti per sopperire alla mancanza di illuminazione pubblica, ma qualora, lungo il percorso, incroci altro veicolo, ovvero segua a breve distanza altro veicolo, non gli è interdetto, come si sostiene nella sentenza impugnata, anzi gli è consentito, ex art. 153 comma 4 cod strad. - per contemperare il fine di accertare la visibilità e la libertà dell’area antistante il veicolo sorpassante ed il fine di non disturbare il conducente del veicolo da sorpassare o quello del veicolo marciante in senso contrario - l’uso intermittente dei proiettori di profondità per dare avvertimenti utili allo scopo di evitare incidenti e per segnalare al veicolo che precede l’intenzione di effettuare una manovra potenzialmente pericolosa, qual’è il sorpasso.
La citata disposizione del codice della strada, come perspicuamente osserva il ricorrente, smentisce la chiave interpretativa radicalmente negativa data dal primo giudice sul tema dell’uso dei fari abbaglianti dei veicoli a motore. Consegue dall’dall’anzideto, la necessità che la sentenza impugnata sia annullata con rinvio ad altro magistrato del Tribunale di Belluno, perché proceda a nuovo giudizio, tenendo conto dei principi e delle considerazioni giuridiche sopra esposti.
P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Belluno, altro magistrato, per l’ulteriore corso.
Depositata in Cancelleria Il 31 ottobre 2008

martedì 4 novembre 2008

Irap, nuova circolare della Agenzia Entrate

Agenzia Entrate , circolare 28.10.2008 n° 60

Agenzia delle Entrate, Circolare 28 ottobre 2008, n. 60/E
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
Oggetto: Le nuove modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive per le società personali e gli imprenditori individuali - articolo 5-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
PREMESSA
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 5-BIS
2. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE
2.1 VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE
2.1.1 Ricavi
2.1.2 Plusvalenze e minusvalenze
2.1.3 Variazione delle rimanenze finali
2.1.4 Costi della produzione
2.1.4.1 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
2.1.4.2 Costi per servizi
2.1.4.3 Costi per ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali o immateriali
3. DECORRENZA DELLA DISPOSIZIONE
4. OPZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE IRAP AI SENSI DELL’ARTICOLO 5
PREMESSA

La legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (di seguito legge finanziaria 2008), nell’articolo 1, commi da 50 a 52, detta disposizioni volte a “semplificare le regole di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e di separarne la disciplina applicativa e dichiarativa da quella concernente le imposte sul reddito …”.

A tal fine, le disposizioni citate hanno ampiamente modificato il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 istitutivo dell’IRAP (di seguito, decreto IRAP), prevedendo – per le imprese – differenziati criteri di determinazione del valore della produzione netta.

Per le società di capitali e gli enti commerciali detti criteri sono enunciati nell’articolo 5, per le società di persone e le imprese individuali nell’articolo 5-bis del decreto IRAP.

La presente circolare illustra gli effetti della riforma sulla determinazione della base imponibile Irap per le società commerciali di persone e per gli imprenditori individuali (di seguito, soggetti IRPEF).

Secondo la disciplina in vigore prima delle modifiche apportate dalla legge finanziaria 2008 (fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007), i soggetti IRPEF erano tenuti a determinare la base imponibile IRAP secondo gli stessi criteri enunciati all’articolo 5 del decreto IRAP, validi anche per le società di capitali e gli enti commerciali (soggetti IRES).

Per effetto della riforma in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, il legislatore ha inteso, invece:

• da un lato, restringere l’ambito applicativo dell’articolo 5 del decreto IRAP alle sole società di capitali ed agli enti ad esse equiparate, disponendo, altresì, diversamente dal passato, che per tali soggetti i componenti positivi e negativi del valore della produzione rilevano secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa;

• dall’altro, ricondurre le imprese individuali e le società di persone nel disposto del nuovo articolo 5-bis del decreto IRAP.

Per i menzionati soggetti IRPEF tale ultima disposizione, nel prevedere che la base imponibile Irap debba essere modellata sulla base delle medesime regole di determinazione rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, conferma un sistema sostanzialmente simile a quello contemplato nel previgente articolo 5 del decreto IRAP.

Lo stesso articolo 5-bis prevede tuttavia che i predetti soggetti IRPEF in regime di contabilità ordinaria possano optare per l’applicazione della disciplina prevista per le società di capitali e per gli enti commerciali di cui al rivisitato articolo 5 del decreto IRAP.

1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 5-BIS

Ai sensi dell’articolo 5-bis, primo comma, primo periodo, del decreto IRAP, le nuove modalità di determinazione del valore della produzione netta si applicano:

1) alle società in nome collettivo e in accomandita semplice e società ad esse equiparate ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del Tuir residenti nel territorio dello Stato;

2) alle persone fisiche residenti titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir;

3) alle persone fisiche non residenti titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir.

Più precisamente, le nuove regole di quantificazione del valore della produzione contenute nella disposizione in commento sono rivolte ai soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che rivestono la forma giuridica di società in nome collettivo e in accomandita semplice e a quelle ad esse equiparate (trattasi delle società di fatto che hanno per oggetto l’esercizio di attività commerciali), nonché alle persone fisiche titolari di reddito d’impresa, ivi compresi i soggetti non residenti che sono assoggettati al tributo regionale in relazione all’esercizio di attività commerciali svolte nel territorio dello Stato per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi per il tramite di stabili organizzazioni (base fissa o ufficio).

Restano esclusi dall’ambito di applicazione del nuovo articolo 5-bis le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d) dell’articolo 73 del TUIR. A tali soggetti, richiamati dall’articolo 3, comma 1, lettera e) del decreto IRAP, si applicano, infatti, ai fini della determinazione del valore della produzione netta le regole contenute negli articoli 5, 6 e 7 del medesimo decreto per effetto del rinvio disposto dal successivo articolo 10, comma 4.

Posto che l’articolo 5-bis, comma 1, non contiene alcun riferimento al regime di contabilità ordinario o semplificato adottato dai contribuenti in parola (soggetti IRPEF), si ritiene che i medesimi ricadono nell’ambito applicativo della disposizione indipendentemente dal regime contabile adottato.

2. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE

2.1 VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE

L’articolo 5-bis dispone, al primo comma, che: “Per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del medesimo testo unico, e l'ammontare dei costi delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell'ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali. (…) I componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'imposta personale”.

La riportata norma individua i componenti del valore della produzione e i costi di produzione che assumono rilievo ai fini della determinazione della base imponibile Irap delle società di persone e delle imprese individuali. Detti componenti assumono rilievo ai fini dell’Irap secondo le medesime regole valevoli per la determinazione del reddito d’impresa.

A tal fine non si applicano, pertanto, i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione dei componenti positivi e negativi previsti dai principi contabili in materia di formazione del bilancio, come invece previsto dall’articolo 5 per i soggetti IRES.

L’articolo 5-bis, comma 1, prevede, quindi, che la base imponibile dell’imposta è data dalla differenza tra:

• la somma dei ricavi d’esercizio tipici di cui al comma 1, lettere a), b), f) e g) dell’articolo 85 del Tuir, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del Tuir; e,

• la somma dei costi d’esercizio delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell’ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali ed immateriali.

La disposizione medesima prevede, altresì, esplicitamente che:

1) i componenti positivi si assumono direttamente secondo le regole fiscali contenute nel Tuir (atteso che il legislatore opera un espresso rinvio alle voci di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g) del Tuir, nonché a quelle di cui agli articoli 92 e 93 dello stesso Tuir);

2) i componenti negativi, relativi alle voci di costo delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell’ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali ed immateriali sono individuati in base alla classificazione civilistica del bilancio. La normativa sul reddito d’impresa non disciplina, infatti, espressamente tali componenti di costo e, pertanto, il richiamo operato dal legislatore a tali voci - come meglio si chiarirà nel seguito - deve essere interpretato nel senso che gli stessi, seppur deducibili secondo l’ammontare risultante dall’applicazione delle disposizioni generali del reddito d’impresa, si assumono nell’imponibile Irap applicando i corretti principi contabili. I costi per servizi, invece, possono essere individuati sulla base della disciplina prevista, ai fini delle imposte sui redditi, dal decreto ministeriale 17 gennaio 1992.

2.1.1 Ricavi

Danno luogo a ricavi rilevanti ai sensi del citato articolo 5-bis:

• i corrispettivi derivanti dalle prestazioni di servizi e dalle cessioni a titolo oneroso di beni-merci, di beni di consumo, ad esclusione di quelli strumentali all’attività di impresa [comma 1, lettere a) e b) dell’articolo 85 del Tuir];

• le indennità risarcitorie conseguite, anche in forma assicurativa, per la perdita ed il danneggiamento dei beni la cui cessione genera ricavi [comma 1, lettera f) dell’articolo 85 del Tuir];

• i contributi in denaro o il valore normale di quelli in natura erogati in base a contratto [comma 1, lettera g) dell’articolo 85 del Tuir];

• i contributi erogati in base a norma di legge che, ai sensi del medesimo articolo 5-bis, concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili.

Le menzionate voci sono rilevanti nel periodo d’imposta di competenza, secondo le ordinarie regole fiscali contenute nell’articolo 109 del Tuir.

Considerato che la norma fa riferimento ai “contributi erogati in base a norma di legge”, si ritiene che ai fini del calcolo della base imponibile Irap debbano essere ricompresi in tale voce sia i “contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge” [trattasi dei ricavi di cui al comma 1 dell’articolo 85, lettera h) del Tuir], sia i proventi in denaro o in natura conseguiti sempre in base a norma di legge a titolo di contributo [trattasi delle sopravvenienze attive di cui al comma 3 dell’articolo 88, lettera b) del Tuir].

Per quanto concerne il periodo d’imposta cui imputare correttamente tali componenti positive della base imponibile, si fa presente che:

• i “contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge”, essendo riconducibili tra i ricavi d’esercizio, sono imputati per competenza ai sensi dell’articolo 109 del Tuir;

• i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo, in base a disposizioni di legge, essendo riconducibili tra le sopravvenienze attive, rilevano, ai sensi del citato comma 3 dell’articolo 88, lettera b) del Tuir, nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi, ma non oltre il quarto (i.e. secondo il principio di cassa).

In deroga al principio generale i predetti contributi non concorrono alla formazione della base imponibile qualora la legge istitutiva, ovvero altre disposizioni di carattere speciale, espressamente li esentino dall’IRAP.

Al riguardo, occorre ricordare che già ai sensi del previgente articolo 11, comma 3, del decreto IRAP, i contributi erogati a norma di legge concorrevano alla determinazione della base imponibile dell’imposta, fatta eccezione per quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione. Come noto, tale norma è stata interpretata dal comma 2-quinques dell’articolo 3 del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, (così come sostituito dall’articolo 5, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel senso che il concorso alla determinazione della base imponibile Irap dei contributi in parola “si verifica anche in relazione a contributi per i quali sia prevista l'esclusione dalla base imponibile delle imposte sui redditi, sempre che l'esclusione dalla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive non sia prevista dalle leggi istitutive dei singoli contributi ovvero da altre disposizioni di carattere speciale”.

La richiamata norma di interpretazione autentica è tuttora applicabile, posto che il nuovo articolo 5-bis del decreto IRAP, nel disporre che “i contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili” ripropone sostanzialmente il medesimo contenuto della disposizione abrogata.

In assenza di espresso riferimento ai proventi di natura finanziaria di cui al comma 1, lettere c), d) ed e) dell’articolo 85 del Tuir, si ritiene che gli stessi non rientrino tra i ricavi rilevanti ai fini della quantificazione del valore della produzione.

Non sono imponibili, pertanto, ai fini IRAP i corrispettivi derivanti dalla cessione di attività finanziarie (azioni, quote di partecipazione anche non rappresentate da titoli e strumenti finanziari similari alle azioni di società o enti IRES, che non beneficiano del regime della partecipation exemption, obbligazioni e altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni e dagli strumenti similari alle azioni), non iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano tra i beni che formano oggetto di scambio per l’impresa [comma 1 lettere c), d) ed e) dell’articolo 85 del Tuir].

2.1.2 Plusvalenze e minusvalenze

Le plusvalenze non sono menzionate dall’art. 5-bis e quindi non concorrono alla formazione del valore della produzione netta ai fini IRAP.

In particolare, non rilevano le plusvalenze relative a beni strumentali anche non derivanti da operazioni di trasferimento d’azienda (che ai sensi del previgente articolo 11, comma 3, del decreto IRAP concorrevano in ogni caso alla determinazione della base imponibile IRAP), né le plusvalenze derivanti dal realizzo di beni diversi da quelli strumentali e non costituenti beni-merce (cd. beni-patrimonio che, invece, se riferite ad immobili rilevano ai fini della determinazione del valore della produzione delle società di capitali e degli enti commerciali, nonché delle società di persone ed imprese individuali in regime di contabilità ordinaria che, come si dirà nel successivo paragrafo 4, optano per la determinazione della base imponibile IRAP secondo le regole dei soggetti IRES).

Analogamente, tra i componenti negativi rilevanti ai fini della base imponibile Irap la norma in questione non opera alcun rinvio alla voce di costo relativa alle minusvalenze, la quale, pertanto, non risulterà rilevante ai fini del calcolo del tributo.

Si ricorda, tuttavia, che ai sensi dell’articolo 1, comma 51, della legge finanziaria 2008, resta fermo “il concorso alla formazione della base imponibile delle quote residue delle plusvalenze o delle altre componenti positive conseguite fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 e la cui tassazione sia stata rateizzata in applicazione della precedente disciplina”.

Pertanto, fermo restando che dal periodo d’imposta 2008 le plusvalenze non concorrono alla formazione della base imponibile dell’Irap, occorrerà in ogni caso aumentare la base imponibile medesima delle quote delle plusvalenze (o delle eventuali componenti positive) rateizzate (o rinviate) per effetto della disciplina previgente.

2.1.3 Variazione delle rimanenze finali

L’articolo 5-bis dispone che il valore delle rimanenze da assumere ai fini della determinazione della base imponibile Irap deve essere considerato nello stesso ammontare che risulta dall’applicazione delle regole fiscali contenute negli articoli 92 e 93 del Tuir.

L’articolo 92 del Tuir disciplina le variazioni delle rimanenze dei beni individuati dall’articolo 85, comma 1, lettere a) e b) del Tuir, ossia i beni merce e le materie prime e sussidiarie, i semilavorati e gli altri beni mobili non strumentali acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.

Se positive (rimanenze finali maggiori di quelle iniziali), dette variazioni di rimanenze incrementano il valore della produzione; se negative, lo riducono.

Si ricorda che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 92 del Tuir, le variazioni delle rimanenze finali rispetto alle esistenze iniziali concorrono alla formazione del reddito d’esercizio per un ammontare non inferiore a quello derivante dall’applicazione dei seguenti criteri.

Le rimanenze finali dei suddetti beni, a meno che non siano valutate con il criterio del costo specifico, devono essere raggruppate in categorie omogenee per natura e per valore e devono essere valutate attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato applicando i criteri indicati nei successivi commi da 2 a 4 del medesimo articolo 92.

Inoltre, nel caso di svalutazione delle rimanenze di beni, si dovrà assumere il valore derivante dall’applicazione del successivo comma 5.

Infine, ai sensi del comma 6 dell’articolo 92 del Tuir, i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione di durata infrannuale (12 mesi) sono valutati a costi specifici.

L’articolo 93 del Tuir disciplina le modalità di valutazione delle rimanenze relativamente alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale.

Ai sensi del comma 2 del citato articolo, le rimanenze in commento sono valutate sulla base dei corrispettivi pattuiti nell’esercizio.

Si ricorda che, ai sensi del medesimo comma, delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si deve tener conto, finché dette maggiorazioni non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento.

2.1.4 Costi della produzione

L’articolo 5-bis prevede, al comma 1, che ai fini della determinazione della base imponibile Irap devono essere sottratti dal valore della produzione i seguenti componenti negativi:

1) costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;

2) costi per servizi;

3) ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali.

Come anticipato, l’articolo 5-bis del decreto Irap, nello stabilire che i componenti positivi e negativi rilevanti ai fini del tributo sono determinati secondo le regole fiscali, fa riferimento a voci di costo che – non essendo tutte specificamente disciplinate dal TUIR – possono essere individuate utilizzando la classificazione per natura tipica delle disposizioni civilistiche. Naturalmente, le suddette componenti negative, al pari delle componenti positive del valore della produzione, si assumeranno con i medesimi criteri di determinazione e di imputazione temporale dettati dalle disposizioni del TUIR. Fanno eccezione i costi per servizi che come si è detto possono essere individuati sulla base della disciplina fiscale facendo riferimento a quanto previsto ai fini delle imposte sui redditi dal D.M 17 gennaio 1992.

L’articolo 5-bis del decreto IRAP prevede, inoltre, che sono indeducibili ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta i seguenti componenti:

a) le spese per il personale dipendente e assimilato;

b) i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell’articolo 11 del medesimo decreto IRAP, vale a dire:

- i compensi per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, nonché i compensi attribuiti per obblighi di fare, non fare o permettere, di cui all'articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del TUIR;

- i costi per prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, commi 2, lettera a), e 3, del TUIR;

- i compensi per prestazioni di lavoro assimilato a quello dipendente ai sensi dell'articolo 47 del TUIR;

- gli utili spettanti agli associati in partecipazione di cui alla lettera c) del predetto articolo 49, comma 2, del TUIR;

c) la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto;

d) le perdite su crediti;

e) l’imposta comunale sugli immobili (ICI) di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

2.1.4.1 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

Per quanto attiene alle voci di costo in esame rilevanti ai fini dell’Irap, si fa presente che le stesse corrispondono alle voci indicate nell’aggregato B6 dello schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del codice civile, i cui importi vanno imputati al netto di resi, sconti, abbuoni e premi. Gli sconti sono solo quelli di natura commerciale, e non quelli aventi natura finanziaria (proventi finanziari), peraltro non rilevanti ai fini della base imponibile dell’IRAP, essendo relativi a voci di costo non richiamate dalla norma in commento. I costi relativi ai beni in parola sono comprensivi dei costi accessori di acquisto (trasporti, assicurazioni, carico e scarico, ecc.) se inclusi dal fornitore nel prezzo di acquisto delle materie e delle merci. Sono incorporate nel costo dei beni e classificate allo stesso modo le imposte non recuperabili come, ad esempio, le imposte di fabbricazione.

Come precisato anche nella circolare n. 141/E del 4 giugno 1998, della voce in esame fanno parte anche i costi per acquisti di beni destinati a mense, asili o circoli ricreativi per il personale.

2.1.4.2 Costi per servizi

In base ai criteri individuati nell’articolo 1 del D.M. del 17 gennaio 1992, per attività consistenti nella prestazione di servizi ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi si intendono quelle indicate nei commi da 1 a 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e quelle elencate nel comma 4 dello stesso articolo 3, nelle lettere a), b), c), e) f) e h).

In particolare, ai sensi dei commi 1 e 2 del citato articolo 3, si tratta delle prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili, le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti, i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro-soluto, di crediti, cambiali o assegni, le somministrazioni di alimenti e bevande, le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto.

Dette prestazioni, anche ai fini che qui interessano, rilevano secondo i criteri indicati al successivo comma 3 dell’articolo 3 in commento.

Le prestazioni che ai sensi del D.M. 17 gennaio 1992 costituiscono prestazioni di servizi ai soli fini delle imposte dirette, sono quelle indicate al comma 4 del medesimo articolo 3 (ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non sono, invece, considerate prestazioni di servizi), ossia:

“a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale;

b) i prestiti obbligazionari;

c) le cessioni dei contratti di cui alle lettere a), b) e c) del terzo comma dell'articolo 2 [del D.P.R. n. 633 del 1972];

e) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai diritti d'autore, tranne quelli concernenti opere di cui alla lettera a), e le prestazioni relative alla protezione dei diritti d'autore di ogni genere, comprese quelle di intermediazione nella riscossione dei proventi;

f) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai prestiti obbligazionari;

h) le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3) del secondo comma dell’articolo 2 e quelle dei mandatari di cui al terzo comma del presente articolo. [articolo 3 del D.P.R. n. 633 del 1972]”.

2.1.4.3 Costi per ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali o immateriali

Vanno inclusi nel costo relativo all’ammortamento dei beni strumentali materiali, tutti gli ammortamenti fiscali, senza possibilità di far valere gli ammortamenti anticipati e/o accelerati, già previsti all’articolo 102, comma 3, del TUIR, abrogato dal comma 33, lettera n), numero 1, della legge finanziaria 2008.

Ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, le predette voci di costo si assumono secondo i medesimi importi ammessi in deduzione sulla base delle disposizioni del TUIR.

Considerazioni analoghe, valgono per i costi relativi alla locazione, anche finanziaria, dei beni strumentali materiali il cui valore, ai fini della quantificazione dell’IRAP, si assume secondo le regole fiscali contenute nel comma 7 del menzionato articolo 102 del TUIR. In ogni caso, si fa presente che l’ammontare ammesso in deduzione, ai fini del calcolo del valore della produzione, è solo quello riferito alla quota capitale dei canoni di locazione finanziaria, a nulla rilevando la quota interessi desunta dallo stesso contratto che, per espressa previsione normativa, è indeducibile ai fini del calcolo in parola.

Il costo relativo all’ammortamento dei beni strumentali immateriali si ritiene debba ricomprendere tutte le categorie di immobilizzazioni immateriali, ivi compreso l’avviamento trattato all’articolo 103 del TUIR, rubricato “Ammortamento dei beni immateriali”, in quanto l’articolo 5-bis, comma 1, ultimo periodo del decreto Irap stabilisce che “i componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d’impresa ai fini dell’imposta personale”.

3. DECORRENZA DELLA DISPOSIZIONE

Ai fini della decorrenza degli effetti della disposizione in esame, il comma 51 della legge finanziaria 2008 prevede che “le disposizioni di cui al comma 50 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007”. Pertanto, per le imprese individuali e per le società di persone che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove regole di determinazione della base imponibile ai fini dell’Irap si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2008.

4. OPZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE IRAP AI SENSI DELL’ARTICOLO 5

Il regime “naturale” di determinazione del valore della produzione netta dei soggetti IRPEF (società di persone e imprese individuali), siano essi in regime di contabilità ordinaria o semplificata, è quello risultante dall’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 5-bis del decreto IRAP.

Per i soggetti IRPEF che si avvalgono della contabilità ordinaria, il comma 2 dell’articolo 5-bis in commento prevede la possibilità di abbandonare tale regime e di optare per il calcolo della base imponibile Irap secondo le modalità dettate nel riformulato articolo 5 dello stesso decreto IRAP per i soggetti IRES (“differenza tra valori e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.”). Ovviamente i soggetti che operano in regime di contabilità semplificata possono applicare unicamente le regole di cui all’articolo 5-bis.

Ai fini della possibilità di esercitare l’opzione in questione, a nulla rileva la circostanza che i soggetti IRPEF adottino il regime di contabilità ordinaria per scelta, così come prescritto ai sensi dell’articolo 18, comma 6, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e non per obbligo ai sensi dell’articolo 14 e seguenti del menzionato D.P.R. n. 600 del 1973.

L’opzione va esercitata utilizzando il modello per la “Comunicazione dell’opzione per la determinazione del valore della produzione netta di cui all’articolo 5-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 446/97” approvato, con le relative istruzioni, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 31 marzo 2008.

A regime detta comunicazione deve essere inoltrata all’Agenzia delle entrate, pena l’inefficacia dell’opzione stessa, entro il termine di 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si intende applicare la disciplina in parola. Per il periodo di imposta 2008 la comunicazione dell’opzione può essere inviata entro il termine del 31 ottobre 2008, così come disposto dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 maggio 2008.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 5-bis e come specificato anche nelle istruzioni per la compilazione del modello:

• l’opzione è irrevocabile per tre periodi d’imposta, al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio;

• in caso di revoca dell’opzione precedentemente comunicata, il valore della produzione netta va determinato secondo le regole del comma 1 dell’articolo 5-bis del decreto IRAP per almeno un triennio, al termine del quale la revoca si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio, salvo opzione per la determinazione del valore della produzione netta secondo le modalità stabilite dall’articolo 5 del medesimo decreto.

Al riguardo occorre precisare che, per effetto del vincolo triennale dell’opzione esercitata, il contribuente è obbligato a mantenere, per lo stesso periodo di validità dell’opzione, il regime di contabilità ordinaria. L’esercizio della revoca dell’opzione precedentemente comunicata non preclude la possibilità per il contribuente di modificare il proprio regime contabile.

Per le società di persone neo-costituite, l’opzione per la determinazione della base imponibile con le modalità previste dall’articolo 5 potrà essere esercitata, come previsto per l’esercizio dell’opzione a regime, entro 60 giorni dall’inizio del primo periodo di imposta.

Per gli imprenditori individuali che iniziano l’attività in corso d’anno, l’opzione potrà essere esercitata in relazione a tale periodo di imposta entro 60 giorni dalla data di inizio dell’attività di cui all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Qualora un soggetto IRES che si trasforma in società di persone intenda mantenere il regime di determinazione della base imponibile disciplinato dall’articolo 5 del decreto IRAP, dovrà esercitare l’opzione prevista dal comma 2 dell’articolo 5-bis entro il termine di 60 giorni dalla data di efficacia giuridica della trasformazione medesima.

In caso di mancato esercizio dell’opzione, si intenderà “naturalmente” ed automaticamente adottato il regime di cui all’articolo 5-bis. Resta ferma in tal caso la possibilità di optare per l’applicazione del regime di cui all’articolo 5 nei termini “ordinari”, ossia entro 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta.

In caso di trasformazione di società di persone in società di capitali, invece, non è necessaria alcuna comunicazione, atteso che queste ultime determinano la base imponibile esclusivamente in base all’articolo 5 del decreto IRAP, a prescindere dalle modalità di determinazione della base imponibile in precedenza applicate dalla società trasformanda.
***
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.

sabato 1 novembre 2008

Insegnanti, sulle controversie relative all’inserimento degli aspiranti insegnanti scolastici nelle graduatorie permanenti decide il giudice ordinario

Cassazione civile , SS.UU., ordinanza 13.02.2008 n° 3399


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIILI
Ordinanza 13 febbraio 2008, n. 3399

Svolgimento del processo
B.E., con il ricorso notificato il 28 aprile 2006 al Ministero dell'istruzione, al Centro servizi amministrativi della Provincia di Chieti e ad D.C.A.R., domanda che sia regolata la giurisdizione sulla controversia pendente dinanzi al Tribunale di Chieti in funzione di giudice del lavoro (r.g. n, 1545/2005), promossa per l'accertamento del diritto al collocamento nella graduatoria permanente del personale docente per la Provincia di Chieti (insegnamento di materie letterarie dagli istituti di istruzione secondaria di 2 grado - Fascia 3 - (OMISSIS)) con precedenza rispetto ad d.C.A.R., cui erano stati attribuiti punteggi non spettanti per gli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007.
Riferisce che le amministrazioni convenute e la controinteressata avevano eccepito, tra l'altro, il difetto di giurisdizione ordinaria sulla controversia, sostenendo la competenza del giudice amministrativo. Sostiene che la controversia, siccome non inerente a procedura concorsuale per l'assunzione, deve essere conosciuta dal giudice ordinario.
Non svolgono attività di resistenza le amministrazioni intimate e la controinteressata. Le argomentazioni del ricorso sono precisate con memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
La Corte premette che il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto da ciascuna parte, e quindi anche dall'attore nel giudizio di merito, essendo palese, in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito (nella specie, originati anche dalle eccezioni dei convenuti), la sussistenza di un interesse concreto ed immediato ad una risoluzione della questione da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in via definitiva ed immodificabile, onde evitare che la sua risoluzione in sede di merito possa incorrere in successive modifiche nel corso del giudizio, ritardando la definizione della causa, anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole (vedi, per tutte, Cass. Su. 21 settembre 2006, n. 20504).
La giurisdizione va regolata con la dichiarazione della competenza del giudice ordinario sulla controversia, siccome non si configura materia di giurisdizione amministrativa di legittimità.
La controversia, azionata in sede di giurisdizione ordinaria dalla B., trova il suo quadro normativo di riferimento nelle norme contenute nel D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione), relativamente alla formazione e gestione delle graduatorie permanenti (art. 401) e relative graduatorie provinciali per le supplenze (art 522).
La ricorrente contesta la conformità alle norme dei provvedimenti che hanno determinato la sua collocazione nella graduatoria provinciali del personale docente.
Il sistema di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, come integrato e modificato dalle norme successive, contempla la trasformazione delle graduatorie relative ai singoli concorsi in graduatoria permanente, realizzando una forma di coordinamento fra la permanente utilizzaibilità, nel tempo, della lista dei possibili aspiranti e il diverso momento nel quale ciascun aspirante acquisisce il diritto alla futura, eventuale, assunzione, con la previsione della periodica integrazione della graduatoria con l'inserimento dei vincitori dell'ultimo concorso e l'aggiornamento contestuale delle posizioni dei vincitori in epoca precedente, con salvezza delle posizioni di questi ultimi.
La giurisdizione amministrativa sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per l'assunzione, contemplata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, è limitata a quelle procedure che iniziano con l'emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i "vincitori", rappresenta l'atto terminale del procedimento, cosicchè non vi resta compresa la fattispecie dell'inserimento in apposita graduatoria di tutti coloro che siano in possesso di determinati requisiti (anche derivanti dalla partecipazione a concorsi) e che è preordinata al conferimento dei posti lavoro che si renderanno disponibili. Ciò perchè l'assenza di un bando, di una procedura di valutazione e, soprattutto dell'atto di approvazione, colloca l'ipotesi fuori della fattispecie concorsuale e comporta che sia il giudice ordinario a tutelare la pretesa all'inserimento e alla collocazione in graduatoria, pretesa che ha ad oggetto la conformità a legge degli atti di gestione nella graduatoria utile per l'eventuale assunzione.
Si è in presenza di atti, i quali, esulando da quelli compresi nelle procedure concorsuali per l'assunzione, nè potendo essere ascritti ad altre categorie di attività autoritativa (identificate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1), non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore del lavoro privato (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2) di fronte ai quali sono configurabili soltanto diritti soggettivi e la tutela di cui all'art. 2907 c.c..
Il principio sopra precisato è già stato enunciato dalle Sezioni unite (vedi Cass. S.u. n. 1203/2000, n. 11404/2003), anche con riferimento all'ipotesi, sostanzialmente analoga, delle graduatorie permanenti del personale ATA (amministrativo, tecnico, ausiliario) della scuola, chiarendo che appartengono alla giurisdizione ordinaria le controversie concernenti l'utilizzazione della graduatoria (Cass. Su. n. 1989/2004). In particolare, con le decisioni n. 11563/2007 e n. 14290/2007 si è affermata la giurisdizione ordinaria sulla controversia concernente la pretesa all'assunzione di personale ATA in quanto implicante il mero controllo della gestione di una graduatoria già approvata e formata. Le oggettive incertezze sulla materia controversia inducono alla compensazione delle spese del giudizio di cassazione, anche in considerazione del fatto che le parti intimate non hanno svolto attività di resistenza in questa sede.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia; dichiara compensate per l'intero le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle sezioni unite, il 22 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2008.

Decreto Gelmini

TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 1 settembre 2008, n. 137
Testo del decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137, (in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), coordinato con la legge di conversione del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137, recante «Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università».
Articolo 1.
(Cittadinanza e Costituzione).
1. A decorrere dall'inizio dell'anno scolastico 2008/2009, oltre ad una sperimentazione nazionale, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell'infanzia.
1-bis. Al fine di promuovere la conoscenza del pluralismo istituzionale, definito dalla Carta costituzionale, sono altresì attivate iniziative per lo studio degli statuti regionali delle regioni ad autonomia ordinaria e speciale
2. All'attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Articolo 2.
(Valutazione del comportamento degli studenti).
1. Fermo restando quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, in materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attività ed agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria sede.
1-bis. Le somme iscritte nel conto dei residui del bilancio dello Stato per l'anno 2008, a seguito di quanto disposto dall'articolo 1, commi 28 e 29, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate al finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici ovvero di impianti e strutture sportive dei medesimi. Al riparto delle risorse, con l'individuazione degli interventi e degli enti destinatari, si provvede con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
2. A decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, la valutazione del comportamento è effettuata mediante l'attribuzione di un voto numerico espresso in decimi.
3. La votazione sul comportamento degli studenti, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso o all'esame conclusivo del ciclo. Ferma l'applicazione della presente disposizione dall'inizio dell'anno scolastico di cui al comma 2, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono specificati i criteri per correlare la particolare e oggettiva gravità del comportamento al voto inferiore a sei decimi, nonché eventuali modalità applicative del presente articolo.
Articolo 3.
(Valutazione sul rendimento scolastico degli studenti).

1. Dall'anno scolastico 2008/2009, nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite sono effettuate mediante l'attribuzione di voti numerici espressi in decimi e illustrate con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall'alunno.
1-bis. Nella scuola primaria i docenti, con decisione assunta all'unanimità, possono non ammettere l'alunno alla classe successiva solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione.
2. Dall'anno scolastico 2008/2009, nella scuola secondaria di primo grado la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite nonché la valutazione dell'esame finale del ciclo sono effettuate mediante l'attribuzione di voti numerici espressi in decimi.
3. Nella scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva, ovvero all'esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe, un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline.
3-bis. Il comma 4 dell'articolo 185 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, è sostituito dal seguente:
4. L'esito dell'esame conclusivo del primo ciclo è espresso con valutazione complessiva in decimi e illustrato con una certificazione analitica dei traguardi di competenza e del livello globale di maturazione raggiunti dall'alunno; conseguono il diploma gli studenti che ottengono una valutazione non inferiore a sei decimi.
4. Il comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, è abrogato;
al comma 5, dopo le parole: degli studenti sono inserite le seguenti:, tenendo conto anche dei disturbi specifici di apprendimento e della disabilità degli alunni,.
5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si provvede al coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli studenti, tenendo conto anche dei disturbi specifici di apprendimento e della disabilità degli alunni, e sono stabilite eventuali ulteriori modalità applicative del presente articolo.
Articolo 4.
(Insegnante unico nella scuola primaria).
1. Nell'ambito degli obiettivi di razionalizzazione di cui all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei regolamenti previsti dal comma 4 del medesimo articolo 64 è ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche della scuola primaria costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola.
2. Con apposita sequenza contrattuale è definito il trattamento economico dovuto all'insegnante unico della scuola primaria, per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto all'orario d'obbligo di insegnamento stabilito dalle vigenti disposizioni contrattuali.
2-bis. Per la realizzazione delle finalità previste dal presente articolo, il ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ferme restando le attribuzioni del comitato di cui all'articolo 64, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, provvede alla verifica degli specifici effetti finanziari determinati dall'applicazione del comma 1 del presente articolo, a decorrere dal 1o settembre 2009. A seguito della predetta verifica per le finalità di cui alla sequenza contrattuale prevista dal comma 2 del presente articolo, si provvede, per l'anno 2009, ove occorra e in via transitoria, a valere sulle risorse del fondo d'istituto delle istituzioni scolastiche da reintegrare con quota parte delle risorse rese disponibili ai sensi del comma 9 dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei limiti dei risparmi di spesa conseguenti all'applicazione del comma 1, resi disponibili per le finalità di cui al comma 2 del presente articolo e in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2-ter. La disciplina prevista dai presente articolo entra in vigore a partire dall'anno scolastico 2009/2010, relativamente alle prime classi del ciclo scolastico.
Articolo 5.
(Adozione dei libri di testo).
1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 15 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i competenti organi scolastici adottano libri di testo in relazione ai quali l'editore si è impegnato a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo che per la pubblicazione di eventuali appendici di aggiornamento da rendere separatamente disponibili. Salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, l'adozione dei libri di testo avviene nella scuola primaria con cadenza quinquennale, a valere per il successivo quinquennio e nella scuola secondaria di primo e secondo grado ogni sei anni, a valere per i successivi sei anni. Il dirigente scolastico vigila affinché le delibere dei competenti organi scolastici concernenti l'adozione dei libri di testo siano assunte nel rispetto delle disposizioni vigenti.
Articolo 5-bis.
(Disposizioni in materia di graduatorie ad esaurimento).
1. Nei termini e con le modalità fissati nel provvedimento di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento da disporre per il biennio 2009/2010, ai sensi dell'articolo 1, commi 605, lettera c), e 607, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, i docenti che hanno frequentato i corsi del IX ciclo presso le scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario (SSIS) o i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), attivati nell'anno accademico 2007/2008, e hanno conseguito il titolo abilitante sono iscritti, a domanda, nelle predette graduatorie e sono collocati nella posizione spettante in base ai punteggi attribuiti ai titoli posseduti.
2. Analogamente sono iscritti, a domanda, nelle predette graduatorie e sono collocati nella posizione spettante in base ai punteggi attribuiti ai titoli posseduti i docenti che hanno frequentato il primo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale delle classi di concorso 31/A e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A e hanno conseguito la relativa abilitazione.
3. Possono inoltre chiedere l'iscrizione con riserva nelle suddette graduatorie coloro che si sono iscritti nell'anno accademico 2007/2008 al corso di laurea in scienze della formazione primaria e ai corsi quadriennali di didattica della musica; la riserva è sciolta all'atto del conseguimento dell'abilitazione relativa al corsodi laurea e ai corsi quadriennali sopra indicati e la collocazione in graduatoria è disposta sulla base dei punteggi attribuiti ai titoli posseduti.
Articolo 6.
(Valore abilitante della laurea in scienze della formazione primaria).
1. L'esame di laurea sostenuto a conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria istituiti a norma dell'articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni, comprensivo della valutazione delle attività di tirocinio previste dal relativo percorso formativo, ha valore di esame di Stato e abilita all'insegnamento nella scuola primaria o nella scuola dell'infanzia, a seconda dell'indirizzo prescelto.
2. Le disposizioni di cui al comma i si applicano anche a coloro che hanno sostenuto l'esame di laurea conclusivo dei corsi in scienze della formazione primaria nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e la data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 7.
(Modifica del comma 433 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di accesso alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia).
1. Il comma 433 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è sostituito dal seguente:
«433. Al concorso per l'accesso alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni, possono partecipare tutti i laureati in medicina e chirurgia. I laureati di cui al primo periodo, che superano il concorso ivi previsto, sono ammessi alle scuole di specializzazione a condizione che conseguano l'abilitazione per l'esercizio dell'attività professionale, ove non ancora posseduta, entro la data di inizio delle attività didattiche di dette scuole immediatamente successiva al concorso espletato».
Articolo 7-bis.
(Provvedimenti per la sicurezza delle scuole).
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, formulato ai sensi dell'articolo 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, è destinato un importo non inferiore al 5 per cento delle risorse stanziate per il programma delle infrastrutture strategiche in cui il piano stesso è ricompreso.
2. Al fine di consentire il completo utilizzo delle risorse già assegnate a sostegno delle iniziative in materia di edilizia scolastica, le economie, comunque maturate alla data di entrata in vigore del presente decreto e rivenienti dai finanziamenti attivati ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge 1o luglio 1986 n. 318, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 488, dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 1991, n. 430 e dall'articolo 2, comma 4, della legge 8 agosto 1996, n. 431, nonché quelle relative a finanziamenti per i quali non sono state effettuate movimentazioni a decorrere dal 1o gennaio 2006, sono revocate. A tal fine le stazioni appaltanti provvedono a rescindere, ai sensi dell'articolo 134 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, i contratti stipulati, quantificano le economie e ne danno comunicazione alla regione territorialmente competente.
3. La revoca di cui al comma 2 è disposta con decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le regioni territorialmente competenti e le relative somme sono riassegnate, con le stesse modalità, per l'attivazione di opere di messa in sicurezza delle strutture scolastiche finalizzate alla mitigazione del rischio sismico, da realizzare in attuazione del patto per la sicurezza delle scuole sottoscritto il 20 dicembre 2007, dal ministro della pubblica istruzione e dai rappresentanti delle regioni e degli enti locali, ai sensi dell'articolo 1, comma 625, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L'eventuale riassegnazione delle risorse a regione diversa è disposta sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
4. Nell'attuazione degli interventi disposti ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le prescrizioni di cui all'articolo 4 commi 5, 7 e 9 della legge 11 gennaio 1996 n. 23; i relativi finanziamenti possono, comunque, essere nuovamente revocati e riassegnati, con le medesime modalità,qualora i lavori programmati non siano avviati entro due anni dall'assegnazione ovvero gli enti beneficiari dichiarino l'impossibilità di eseguire le opere.
5. Il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nomina un soggetto attuatore che definisce gli interventi da effettuare per assicurare l'immediata messa in sicurezza di almeno cento edifici scolastici presenti sul territorio nazionale che presentano aspetti di particolare criticità sotto il profilo della sicurezza sismica. Il soggetto attuatore e la localizzazione degli edifici interessati sono individuati d'intesa con la predetta Conferenza unificata.
6. Al fine di assicurare l'integrazione e l'ottimizzazione dei finanziamenti destinati alla sicurezza sismica delle scuole il soggetto attuatore, di cui al comma 5, definisce il cronoprogramma dei lavori sulla base delle risorse disponibili, d'intesa con il dipartimento della protezione civile, sentita la predetta Conferenza unificata.
7. All'attuazione dei commi da 2 a 6 si provvede con decreti del ministro dell'economia e delle finanze su proposta del ministro competente, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica.
Articolo 8.
(Norme finali).
1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
1-bis. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Dirigenti scolastici, nuova disciplina per il reclutamento

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 10 luglio 2008, n. 140
Regolamento recante la disciplina per il reclutamento dei dirigenti scolastici, ai sensi dell'articolo 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
(GU n. 211 del 9-9-2008)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante

«Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa»;

Visto l'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione» e successive modificazioni;

Visto l'articolo 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»;

Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri»;

Visto l'articolo 1, comma 6-sexies del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa.»;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 17 dicembre 2007 e del 31 marzo 2008;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2008;

Sulla proposta del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze;
Emana
il seguente regolamento:

Art. 1.

Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento e' emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e definisce le modalita' delle procedure concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici nei ruoli regionali di cui all'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 2.

Programmazione
1. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, i posti di dirigente scolastico destinati alla procedura concorsuale di cui all'articolo 3, si determinano in sede di programmazione del fabbisogno di personale.
Art. 3.

Reclutamento
1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici, con l'unificazione dei tre settori formativi della dirigenza scolastica, si realizza mediante un unico concorso per esami e titoli che si svolge in sede regionale. Il concorso e' indetto con cadenza triennale con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Gli uffici scolastici regionali curano l'organizzazione e lo svolgimento del concorso.

2. Il numero dei posti messi a concorso si calcola sommando i posti vacanti e disponibili degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado al 1° settembre dell'anno scolastico in cui si indice il concorso e i posti che presumibilmente si rendono disponibili nel triennio successivo per collocamento a riposo per limiti di eta' eventualmente residuati dopo la nomina dei vincitori dei precedenti concorsi, maggiorati della percentuale media triennale di cessazione dal servizio per altri motivi. Nel bando di concorso il numero dei posti si ripartisce a livello regionale sulla base dei criteri indicati nel presente comma.
Art. 4.

Requisiti di accesso e procedura concorsuale
1. Partecipa al concorso di cui all'articolo 3, comma 1, il personale docente ed educativo in servizio nelle istituzioni scolastiche ed educative statali, in possesso dei seguenti requisiti:

a) servizio effettivamente prestato, dopo la nomina in ruolo, di almeno cinque anni in qualsiasi ordine di scuola;

b) laurea magistrale o titolo equiparato ovvero laurea conseguita in base al precedente ordinamento.

2. La domanda di partecipazione al concorso si presenta in una sola regione.

3. Alle prove concorsuali si accede mediante preselezione. Il concorso si articola in due prove scritte ed una prova orale seguite dalla valutazione dei titoli e si conclude con la formulazione della graduatoria di merito e lo svolgimento di un periodo obbligatorio di formazione e tirocinio.
Art. 5.

Procedura di preselezione
1. La procedura di preselezione prevede il superamento di una prova oggettiva a carattere culturale e professionale. La prova consiste in un congruo numero di quesiti diretti all'accertamento delle conoscenze di base per l'espletamento della funzione dirigenziale in relazione alle tematiche di cui all'articolo 6, comma 1, ivi comprese quelle sull'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche piu' diffuse a livello avanzato, nonche' sull'uso di una lingua straniera, a livello B1 del quadro comune europeo di riferimento, prescelta dal candidato tra francese, inglese, tedesco e spagnolo.

2. La prova oggettiva si valuta in centesimi e si intende superata se il candidato consegue un punteggio non inferiore a 80/100.

3. L'esito della prova oggettiva di preselezione non concorre alla formazione del voto finale nella graduatoria di merito.

4. Il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca puo' affidare all'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione la predisposizione della prova oggettiva di preselezione e il suo svolgimento con il relativo esito anche mediante l'uso di strumenti info-telematici. A tale fine possono, altresi', essere promosse specifiche collaborazioni con universita', altri enti di ricerca e associazioni professionali, mediante la stipula di apposite convenzioni definite nell'ambito delle risorse ordinarie assegnate per il reclutamento dei dirigenti scolastici. La prova e' unica su tutto il territorio nazionale, si svolge nella stessa data e nelle sedi individuate dagli uffici scolastici regionali.
Art. 6.

Procedura di selezione
1. Le due prove scritte accertano la preparazione del candidato sia sotto il profilo teorico sia sotto quello operativo, in relazione alla funzione di dirigente scolastico. La prima prova scritta consiste nello svolgimento di un elaborato su tematiche relative ai sistemi formativi e agli ordinamenti degli studi in Italia e nei paesi dell'Unione europea, alle modalita' di conduzione delle organizzazioni complesse, oltre che alle specifiche aree giuridico-amministrativo-finanziaria, socio-psicopedagogica, organizzativa, relazionale e comunicativa. La seconda prova scritta consiste nella risoluzione di un caso relativo alla gestione dell'istituzione scolastica con particolare riferimento alle strategie di direzione anche in rapporto alle esigenze formative del territorio. Sono ammessi alla prova orale coloro che ottengono un punteggio non inferiore a 21/30 in ciascuna prova scritta.

2. La prova orale consiste in un colloquio interdisciplinare sulle materie indicate nel bando di concorso in relazione alle tematiche di cui al comma 1 e accerta la preparazione professionale del candidato.

La prova orale accerta, altresi', la capacita' di conversazione su tematiche educative nella lingua straniera prescelta dal candidato.

Superano la prova orale coloro che ottengono un punteggio non inferiore a 21/30.

3. La valutazione dei titoli si effettua soltanto nei confronti dei candidati che superano le prove scritte e la prova orale. Ai titoli, indicati nella tabella allegata al bando, si attribuisce un punteggio complessivo non superiore a 30. La tabella indica i titoli professionali e culturali relativi alla funzione dirigenziale e il punteggio massimo attribuibile singolarmente a ciascuno di essi. Si attribuisce una specifica e prevalente valutazione ai master di secondo livello o titoli equivalenti su materie inerenti il profilo professionale del dirigente scolastico e rilasciati da universita' statali o equiparate.

4. Il punteggio finale dei candidati si valuta in centoventesimi e si ottiene dalla somma dei voti delle due prove scritte, dal voto della prova orale e dal punteggio riportato nella valutazione dei titoli.

5. La graduatoria si formula in base al punteggio complessivo conseguito dal candidato. A parita' di merito si applicano le vigenti disposizioni in materia di precedenza e preferenza per l'ammissione all'impiego nelle amministrazioni statali.

6. L'ufficio scolastico regionale pubblica la graduatoria all'albo e sulla rete Intranet e sul sito Internet del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.
Art. 7.

Vincitori del concorso
1. I candidati utilmente collocati in graduatoria, in relazione al numero dei posti messi a concorso, sono dichiarati vincitori e sono tenuti ad effettuare il periodo di formazione e tirocinio di cui all'articolo 8.

2. I vincitori che effettuano il periodo di formazione e tirocinio sono assunti con contratto a tempo indeterminato, nel limite dei posti annualmente vacanti e disponibili, secondo l'ordine di graduatoria. Coloro che rifiutano la nomina sono depennati dalla graduatoria. Le nomine sono subordinate al regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

3. Le graduatorie hanno validita' triennale a decorrere dalla data della pubblicazione.

4. L'assegnazione della sede, disposta sulla base dei principi di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tiene conto delle specifiche esperienze professionali acquisite nel settore formativo di provenienza.
Art. 8.

Durata e struttura del periodo di formazione e tirocinio
1. Il periodo di formazione e tirocinio per i vincitori del concorso ha durata non superiore a quattro mesi e, comunque, non inferiore a tre.

2. L'attivita' di formazione si svolge parte in presenza e parte con strumenti info-telematici. E' finalizzata all'arricchimento delle competenze relative all'analisi del contesto esterno alla scuola, alla progettualita' formativa, ai rapporti con i soggetti interni ed esterni alla scuola, alla gestione dell'organizzazione scolastica ivi compresi gli aspetti giuridici, finanziari ed informatici.

3. I contenuti delle attivita' formative sono indicati nel bando.

4. Il periodo di tirocinio e' finalizzato al consolidamento delle competenze connesse alla funzione dirigenziale e si svolge presso scuole anche in collegamento con universita', amministrazioni pubbliche, imprese.

5. Il periodo di formazione e tirocinio e' valido se le assenze, debitamente giustificate e documentate, non superano un sesto delle ore complessive svolte in presenza. In caso di assenze giustificate e documentate superiori al limite di ore stabilite, il corsista partecipa al corso di formazione e tirocinio del successivo concorso indetto per il reclutamento dei dirigenti scolastici. In caso di assenze ingiustificate e/o non documentate, il corsista decade dalla graduatoria dei vincitori del concorso di cui all'articolo 7.

6. Il periodo di formazione e tirocinio si conclude con una relazione nella quale il corsista illustra sinteticamente il percorso formativo e le tematiche affrontate in sede di tirocinio.

7. Gli uffici scolastici regionali, per l'organizzazione e lo svolgimento dell'attivita' di formazione e tirocinio, si avvalgono della collaborazione dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica.
Art. 9.

Termine della procedura concorsuale
1. La durata della procedura di reclutamento non puo' eccedere i dodici mesi dalla prima prova scritta di cui all'articolo 6.
Art. 10.

Commissioni
1. Le commissioni esaminatrici sono nominate con decreto dei competenti direttori generali degli uffici scolastici regionali.

2. Le commissioni sono composte da un presidente e due componenti, devono garantire le pari opportunita' tra uomini e donne nella configurazione complessiva delle commissioni a livello regionale e possono comprendere anche soggetti collocati in quiescenza da non piu' di tre anni.

3. Il presidente e' scelto tra: professori di prima fascia di universita' statali o equiparate, magistrati amministrativi o contabili o avvocati dello Stato, dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali. In carenza di personale nelle qualifiche citate, la funzione di presidente e' esercitata da dirigenti amministrativi o tecnici o scolastici con una anzianita' di servizio di almeno dieci anni.

4. Gli altri due componenti sono scelti uno fra i dirigenti scolastici e l'altro fra esperti di organizzazioni pubbliche o private con competenze in campo organizzativo e gestionale, dirigenti tecnici o dirigenti amministrativi. Per i dirigenti tecnici, amministrativi e scolastici si richiedono documentate competenze nella organizzazione, gestione e direzione di sistemi complessi e un'anzianita' nel ruolo di almeno cinque anni.

5. Gli aspiranti alla nomina in commissioni di concorso sono inclusi, a domanda, in un apposito elenco costituito sulla base di un decreto del direttore generale regionale. Con decreto interministeriale, di intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, si definiscono i compensi per i componenti delle commissioni di concorso.

6. Le funzioni di segretario sono svolte da personale appartenente all'area professionale C o, in carenza, da personale appartenente all'area professionale B3.

7. Le commissioni esaminatrici sono integrate da esperti nella lingua straniera prescelta dai candidati.

8. Ferma restando, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2001, n. 341, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 6 settembre 2001, l'unicita' del presidente, le commissioni esaminatrici sono suddivise in sottocommissioni qualora i candidati, che hanno sostenuto le prove scritte per i posti messi a concorso, superino le cinquecento unita'.

Per ogni gruppo di cinquecento candidati o frazione di cinquecento le commissioni sono integrate da un numero di componenti pari a quello delle commissioni originarie e un segretario aggiunto, secondo le medesime modalita' di scelta di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. A ciascuna delle sottocommissioni si assegna un numero di candidati non inferiore a cento.

9. Il presidente della commissione nominata all'inizio della procedura concorsuale, in presenza di sottocommissioni, svolge le funzioni di coordinamento per definire collegialmente i criteri generali per lo svolgimento delle attivita' concorsuali.

10. I provvedimenti di nomina delle commissioni esaminatrici indicano anche uno o piu' supplenti per ciascun componente.
Art. 11.

Risorse finanziarie
1. Le disposizioni contenute nel presente regolamento non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 12.

Abrogazioni e disapplicazioni
1. Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogate le disposizioni dell'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che prevedono, ai fini del reclutamento e della mobilita' professionale, la distinzione in settori formativi dei dirigenti scolastici, nonche' ogni altra disposizione dello stesso articolo incompatibile con il presente regolamento. E', altresi', abrogato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2001, n. 341, recante regolamento relativo ai criteri per la composizione delle commissioni esaminatrici del corso concorso selettivo di formazione dei dirigenti scolastici.

2. Sono disapplicate le disposizioni contrattuali vigenti in contrasto con le norme dettate dal presente regolamento.

3. Restano in vigore, in quanto compatibili, le norme amministrative e legislative, non esplicitamente abrogate dal presente regolamento.
Art. 13.

Entrata in vigore
1. Il presente regolamento entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 10 luglio 2008
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Gelmini, Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca Brunetta, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Registrato alla Corte dei conti il 22 agosto 2008
Ufficio di controllo preventivo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 5, foglio n. 142

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