giovedì 22 aprile 2010

Autotutela della Pubblica Amministrazione, principi fondamentali

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce - Sezione Prima
SENTENZA N. 00932/2010 REG.SEN.- n. 00152/2009 REG.RIC.

L'interesse a ricorrere è ravvisabile anche nel caso in cui sia meritevole di tutela la pretesa del soggetto a ricoprire nella graduatoria di merito la posizione che, de iure, gli spetta sulla base delle previsioni del bando e del regolamento nonché in base ai requisiti effettivamente posseduti e tempestivamente dimostrati.

L'interesse a ricorrere poi deve avere il requisito della attualità.

Il provvedimento di autotutela, incidente negativamente sulla posizione del soggetto avente l'interesse a ricorrere, deve essere a quest'ultimo pre-annunziato al fine di consentirgli di intervenire, se del caso, mediante memorie oppositive rispetto al provvedimento da adottare in autotutela, in stretta applicazione dell'art 7 legge 241 del 1990.

Non è ammissibile la produzione di atti certificativi oltre l'approvazione della graduatoria definitiva, costituendo una violazione delle disposizioni del bando di gara e del regolamento.

Il vizio di eccesso di potere si rivela anche nel caso l'amministrazione prenda in giuridica considerazione, e ne costituisca la base per l'avvio di un procedimento in autotutela, istanze dopo che si sia prestata acquiescenza alla graduatoria definitiva.

Costituisce violazione dell'art 21 nonies della legge 241 del 1991 l'adozione di un atto di annullamento in autotutela senza individuazione di un vizio di legittimità dell'atto oggetto di ritiro ovvero senza un interesse pubblico alla rimozione dell'atto diverso dal mero ripristino della legalità presuntivamente violata oppure senza un'adeguata ponderazione tra un ipotetico ed esplicitato interesse pubblico ed esigenze avvertite dai privati negativamente incisi dall'atto di autotutela.







REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 152 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Il Materasso di Carrozzo Domenico & Pagliara Domenico, rappresentata e difesa dall'avv. Santo De Prezzo,

contro
Comune di Torre Santa Susanna, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Epicoco,
nei confronti di

Ditta ***** *********, rappresentata e difesa dagli avv. Daniela Errico e Filomeno Montesardi,

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della deliberazione della Giunta Municipale n. 108 del 16/10/2008 del Comune di Torre Santa Susanna, con la quale è stata disposta la revoca in via di autotutela della Deliberazione della Giunta Municipale n. 88 del 9/9/2008, avente a sua volta ad oggetto l'approvazione della graduatoria definitiva per l'assegnazione dei lotti ricadenti all'interno dell’area PIP; nonché del provvedimento del Funzionario settore Polizia Municipale n. 322 in data 5/5/2009 con il quale la stessa ditta è stata dichiarata rinunciataria per "mancata individuazione del lotto e mancata dichiarazione di accettazione", della lettera n. 3839 del 18/3/2009 con cui il Responsabile SUAP del Comune di Torre S.Susanna, dando attuazione alla graduatoria impugnata, ha invitato per prima, per la data del 25/3/2009, la Ditta ***** ********* ai fini della scelta del lotto, del conseguente verbale di accettazione della Ditta ***** ********* in data 25/3/2009, nonché della lettera n. 5159 del 15/4/2009 con cui il Responsabile SUAP ha invitato perentoriamente, ai fini di cui sopra, la ricorrente medesima.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Torre Santa Susanna;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ditta ***** *********;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24/02/2010 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Con deliberazione n. 88 del 9 settembre 2008, la giunta comunale del Comune di Torre Santa Susanna approvava la graduatoria per l’assegnazione di aree della zona PIP. La ditta ricorrente risultava al primo posto di tale graduatoria, così ottenendo priorità assoluta di scelta delle aree ritenute più idonee per soddisfare le proprie esigenze aziendali. A tal fine la ditta avrebbe avuto necessità di due lotti contigui.
Con ulteriore deliberazione n. 108 del 16 ottobre 2008, la stessa giunta provvedeva tuttavia a revocare in via di autotutela la predetta graduatoria, ponendo la ditta ***** ********* (prima sesta) al primo posto e la ricorrente al secondo posto. E ciò a seguito di istanza di riesame presentata dalla ditta Pinto, con la quale si lamentava la mancata attribuzione di tre punti per il requisito concernente attività che compromettono l’equilibrio socio-ambientale delle zone urbane. A seguito di relazione presentata da tecnico di parte, dunque, la giunta rivedeva il proprio operato e assegnava alla ditta ***** un nuovo e maggiore punteggio che le consentiva, come già anticipato, di transitare dal sesto al primo posto.
La predetta deliberazione veniva impugnata per i seguenti motivi:
a) violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, atteso che non sarebbe stata effettuata la prescritta comunicazione di avvio del procedimento di autotutela;
b) violazione delle disposizioni del bando di gara e del regolamento comunale di settore, nella parte in cui a termini ormai scaduti è stata ammessa una certificazione prodotta dalla ditta ***** che, tra l’altro, aveva prestato acquiescenza in ordine alla graduatoria medio tempore formatasi;
c) violazione di legge nella parte in cui non è stato considerato un interesse pubblico alla rimozione dell’atto.
Si costituivano in giudizio l’amministrazione intimata e la ditta Pinto, in veste di contro interessata. In particolare, veniva eccepita l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, dal momento che non resta preclusa la possibilità, per la ditta ricorrente, di potere comunque scegliere due lotti contigui secondo le proprie esigenze aziendali. E ciò soprattutto in considerazione del fatto che, secondo il provvedimento gravato, la priorità di scelta sarebbe in ogni caso spettato alle ditte che, come la ricorrente, avevano presentato domanda per due lotti contigui e non per lotti singoli come la ditta contro interessata.
Nelle more, l’amministrazione comunale avviava la procedura di assegnazione dei lotti prima assegnando uno di essi, con diritto di priorità, alla ditta *****, e poi dichiarando rinunziataria la ditta ricorrente, la quale non aveva a sua volta risposto all’invito dell’amministrazione comunale di provvedere alla scelta di uno dei lotti rimasti disponibili, procedendo successivamente allo scorrimento della graduatoria.
Veniva dunque presentato atto di motivi aggiunti avverso le suddette decisioni (rispettivamente di assegnazione alla ***** e di rinunzia nei confronti del ricorrente), con contestuale richiesta di tutela cautelare che veniva poi accolta con successiva ordinanza n. 465 del 3 giugno 2009.
Con la stessa ordinanza, nel sospendere gli atti ulteriormente gravati, si assegnava al comune intimato il termine di trenta giorni per consentire nuovamente alla ditta ricorrente di pronunziarsi, con priorità rispetto alla attuale prima classificata, in ordine alla scelta di due lotti contigui.
Tale ordinanza veniva poi eseguita, anche mediante invito a scegliere il sito con diritto di priorità, con successiva delibera della giunta municipale n. 101 in data 11 giugno 2009, con la quale venivano tuttavia “fatti salvi tutti gli effetti derivanti dalla sentenza definitiva di merito”.
Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2010 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per i motivi di seguito indicati.
1. Sussiste innanzitutto l’interesse a ricorrere in quanto, al di là delle modalità applicative previste nel provvedimento impugnato (peraltro completamente disattese alla prova dei fatti, dato che la priorità è stata poi comunque accordata alla ditta contro interessata), è senz’altro meritevole di tutela la pretesa del soggetto a ricoprire nella graduatoria di merito la posizione che, de iure, gli spetta sulla base delle previsioni del bando e di regolamento nonché in base ai requisiti effettivamente posseduti e tempestivamente dimostrati. E ciò soprattutto per assicurarsi priorità di scelta nella individuazione dei lotti, sulla base delle esigenze aziendali rispettivamente avvertite.
Quanto, poi, alla presenza di una clausola del provvedimento che garantiva priorità di scelta alle ditte che avevano presentato domanda per due lotti contigui, si tratta di disposizione che, come già anticipato, è stata ampiamente disattesa dalla amministrazione comunale, probabilmente anche perché in pieno contrasto con quanto previsto dall’art. 7 del regolamento comunale in materia di assegnazione di aree PIP, a norma del quale la assegnazione dei lotti va disposta sulla base della posizione occupata in graduatoria.
Né può avere rilievo la circostanza che a seguito della scelta effettuata in prima battuta dalla ditta ***** residuassero ancora alcune coppie di lotti contigui, dato che queste ultime, come ampiamente dimostrato dalla ricorrente, non erano idonee a soddisfare – in ragione della insufficienza della larghezza del tratto stradale prospiciente – a soddisfare le più volte manifestate esigenze aziendali.
Per le ragioni suddette l’eccezione di inammissibilità deve dunque essere respinta.
2. Sotto ulteriore profilo, persiste poi l’interesse a ricorrere, e in particolare il requisito dell’attualità, nel momento in cui la citata delibera n. 101 in data 11 giugno 2009, nel dare esecuzione alla predetta ordinanza n. 465 del 2009 di questo TAR, ha comunque condizionato la permanenza o meno degli effetti della decisione stessa all’esito definitivo della presente controversia.
3. Tanto premesso si evidenzia nel merito che:
a) sussiste la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, atteso che il provvedimento di autotutela, benché incidente negativamente sulla posizione della ditta ricorrente (la quale avrebbe perduto, si rammenta, una posizione), non è stato in alcun modo preannunziato alla stessa ditta, al fine di consentirle di intervenire, se del caso, mediante memorie oppositive rispetto alla intenzione di revocare la precedente graduatoria;
b) sussiste la violazione delle disposizioni del bando di gara e del regolamento comunale nella parte in cui è stata tardivamente ammessa la certificazione prodotta dalla ditta contro interessata in data 8 ottobre 2008, dunque ben oltre la approvazione della graduatoria definitiva. Si rammenta al riguardo che, per espressa previsione del regolamento comunale sulla assegnazione delle aree PIP (approvato con delibera consiliare n. 56 del 29 novembre 2007), tra l’approvazione della graduatoria provvisoria (qui avvenuta con determinazione n. 365 del 13 maggio 2008) e quella definitiva (poi avvenuta con delibera n. 88 del 9 settembre 2008) gli interessati possono ricorrere, entro trenta giorni, contro la suddetta graduatoria provvisoria con motivata e documentata istanza diretta al responsabile SUAP, il quale decide a sua volta sulle eventuali istanze, per poi provvedere alla formazione della graduatoria definitiva (art. 5). Alla luce di quanto appena riportato la ditta Pinto, a dire della quale già in sede di originaria istanza era stata richiesta la attribuzione di tre punti per le particolari attività compromettenti per l’equilibrio socio-ambientale, pur avendo avuto la più ampia possibilità (per trenta giorni a partire dal 14 maggio 2008) di produrre istanza documentata circa la sussistenza di detto requisito, non ha tuttavia tempestivamente provveduto in tale direzione. L’istanza di riesame in data 8 ottobre 2008 – recante peraltro in allegato una perizia svolta soltanto il precedente 2 ottobre – è dunque palesemente tardiva rispetto al termine di cui al richiamato art. 5 del regolamento comunale sull’assegnazione aree PIP; termine da ritenersi perentorio, data la sua inevitabile incidenza sulla par condicio con le altre imprese concorrenti;
c) sussiste altresì, nella stessa direzione sopra indicata, il vizio di eccesso di potere nella parte in cui l’amministrazione non ha considerato che, sulla graduatoria formatasi con il provvedimento n. 88 del 9 settembre 2009, la ditta contro interessata aveva ormai prestato acquiescenza. E ciò per la particolare configurazione del procedimento di approvazione della graduatoria sopra delineato (art. 5 del regolamento comunale n. 56 del 2007), a norma del quale le ditte che intendono fare valere qualsivoglia omissione di carattere istruttorio operato dalla amministrazione in sede di primo esame delle rispettive domande di assegnazione, godono di un ampio termine (trenta giorni a partire dalla pubblicazione della graduatoria provvisoria sull’albo pretorio del comune) per poter invocare un riesame di questo tipo. Nella specie la ditta contro interessata, benché avesse chiesto in sede di originaria istanza l’attribuzione dei tre punti relativi alla compromissione dell’equilibrio socio-ambientale, a fronte della loro mancata assegnazione aveva tuttavia omesso poi di intervenire, all’interno del descritto segmento procedurale, con ciò evidentemente rinunziando, data la chiarezza e l’inequivocità della disciplina regolamentare citata e dei suoi effetti, alle prerogative offerte dalla disciplina medesima in caso di errori di valutazione eventualmente commessi in prima battuta. Ne deriva da quanto detto il radicamento di un comportamento chiaro ed inequivocabile della ditta ***** nel senso di accettare gli effetti del provvedimento relativo alla graduatoria provvisoria (e dunque di quella definitiva);
d) sussiste infine la violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (trattandosi infatti, nella sostanza, di atto di annullamento e non di revoca), atteso che l’amministrazione non ha in alcun modo individuato un vizio di legittimità dell’atto oggetto di ritiro, né ha individuato un interesse pubblico alla rimozione dell’atto diverso dal mero ripristino della legalità presuntivamente violata, né tanto meno ha operato una adeguata ponderazione tra siffatto (e non meglio individuato) interesse pubblico ed esigenze avvertite dai privati negativamente incisi dall’atto di autotutela.
4. Per i motivi sopra indicati il ricorso è fondato e deve essere accolto.
4.1. Per l’effetto va annullata la deliberazione n. 108 del 16 ottobre 2008.
4.2. L’illegittimità della deliberazione si riflette inoltre su tutti gli atti emessi in sua diretta attuazione e, in particolare: a) del provvedimento del Funzionario settore Polizia Municipale n. 322 in data 5 maggio 2009, con il quale la stessa ditta è stata dichiarata rinunciataria per "mancata individuazione del lotto e mancata dichiarazione di accettazione"; b) della nota n. 3839 del 18 marzo 2009, con cui il Responsabile SUAP del Comune di Torre S.Susanna, dando attuazione alla graduatoria impugnata, ha invitato per prima, per la data del 25/3/2009, la Ditta ***** ********* ai fini della scelta del lotto; c) della lettera n. 5159 del 15 aprile 2009 con cui il Responsabile SUAP ha invitato perentoriamente, ai fini di cui sopra, la ricorrente medesima.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, prima sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 152/2009, lo accoglie e per l’effetto annulla la deliberazione della giunta comunale n. 108 del 16 ottobre 2008, nonché il provvedimento del settore Polizia Municipale n. 322 in data 5 maggio 2009, la nota n. 3839 del 18 marzo 2009 del Responsabile SUAP del Comune di Torre S. Susanna e la nota n. 5159 del 15 aprile 2009 dello stesso Responsabile SUAP.
Liquida in favore del ricorrente le spese di giudizio, da corrispondere nella misura di seguito indicata:
a) euro 3.500 (tremilacinquecento), oltre IVA e CPA, a carico dell’amministrazione comunale intimata;
b) euro 2.500 (duemilacinquecento), oltre IVA e CPA, a carico della ditta controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Massimo Santini, Referendario, Estensore

martedì 13 aprile 2010

Processo penale, legittimo il consenso del difensore per acquisire atti del fascicolo del Pubblico Ministero

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE VI PENALE, Sentenza 11-22 febbraio 2010, n. 7061

"Il consenso all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (nonchè di documentazione relativa all'attività difensiva), previsto dall'art. 493 c.p.p., comma 3, può infatti efficacemente essere espresso dal difensore."



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Sentenza 11-22 febbraio 2010, n. 7061

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza con cui in data 12.2 - 13.5.2009 la Corte d'appello di Lecce sez. dist. Di Taranto confermava la sentenza 18.1.2005 del locale Tribunale di condanna di M.C. per il delitto di evasione, consumato il ****, ricorre il difensore fiduciario con due motivi:

- violazione di legge in relazione all'art. 191 c.p.p. e art. 111 Cost., perchè nel dibattimento di primo grado sarebbe stata acquisita la relazione di servizio dei verbalizzanti, assente l'imputato assistito da un difensore d'ufficio: secondo il ricorrente il consenso dato da quest'ultimo all'acquisizione non sarebbe stato efficace, risolvendosi nel caso di specie - con tale acquisizione - il giudizio nella sostanziale celebrazione di un rito abbreviato, sicchè il consenso all'utilizzazione di atti ai sensi dell'art. 493 c.p.p., comma 3 sarebbe atto personalissimo dell'imputato;

- vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione agli artt. 191 e 195 c.p.p., in relazione all'utilizzazione della relazione di servizio e dell'elemento indiziario costituito dal "presunto avvistamento" fatto dall'app. D.N.: secondo il ricorrente la Corte d'appello avrebbe dato per scontati elementi di fatto del tutto incerti nel processo, alla luce del tenore della relazione di servizio acquisita ed unica prova fondante la decisione del Tribunale, in particolare in ordine al fatto che il controllo dei carabinieri C. e B. fosse stato eseguito proprio presso l'effettiva abitazione del "nostro" M. e non di un omonimo e che proprio l'imputato fosse stato protagonista dell'incidente a bordo della moto con cui sarebbe stato visto in giro dall'app. D. N..

Motivi della decisione

2.1 Il primo motivo è infondato.

Il consenso all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (nonchè di documentazione relativa all'attività difensiva), previsto dall'art. 493 c.p.p., comma 3, può infatti efficacemente essere espresso dal difensore.

Tale acquisizione infatti - pur costituendo eccezione al principio dell'assunzione diretta dei mezzi di prova per il giudizio in dibattimento - innanzitutto costituisce estrinsecazione del generale potere di indicazione dei fatti che si intendono provare e delle prove di cui si chiede l'ammissione (disciplinato dall'art. 493 c.p.p., comma 1 e certamente appartenente al difensore anche dell'imputato, come espressamente previsto da tale comma); in secondo luogo, in assenza di una norma che riservi specificamente al solo imputato l'esercizio di tale facoltà (come invece avviene per il rito abbreviato), è congrua al principio generale di rappresentanza dell'imputato assente o contumace, previsto dall'art. 484 c.p.p., comma 2 bis in relazione all'art. 420 quater c.p.p., comma 2 e art. 420 quinquies c.p.p., comma 1, ultima parte e comma 2.

Nè la natura del rapporto di assistenza tecnica tra il difensore e l'imputato - d'ufficio piuttosto che fiduciario - ha alcun rilievo:

perchè l'imputato contumace che non abbia nominato un proprio difensore fiduciario, ovvero non si sia attivato per assicurarsi della presenza effettiva del difensore fiduciario nominato, ha notizia dell'assistenza officiosa e, specialmente, perchè l'attuale sistema che disciplina la difesa officiosa - pressochè interamente devoluta agli organi rappresentativi della classe forense - non può che garantirne l'idoneità tecnica.

2.2 Il secondo motivo è inammissibile perchè diverso da quelli consentiti: il ricorrente, infatti, a fronte di una ricostruzione operata dai Giudici del merito congrua ai dati probatori richiamati, sorretta da motivazione non apparente ed immune da vizi di contraddittorietà o manifesta illogicità, si limita in realtà a proporre una diversa valutazione delle prove, preclusa in questa fase di legittimità. 2.3 Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010.

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