mercoledì 17 novembre 2010

Procedimento sommario a cognizione piena, applicabilità per revocatoria, condizioni

Tribunale di Brindisi Sezione distaccata di Francavilla Fontana Dott. Giuseppe Marseglia
Ordinanza 13 maggio 2010

Trova conferma l'orientamento secondo cui il ricorso al procedimento sommario a cognizione piena è ammissibile sul presupposto che al di là della natura giuridica dell'azione esercitata si possa trattare la litis contestatio semplicemente sulla base di questioni meramente giuridiche nel caso in cui sia superfluo articolare istruttoria.
Nel caso di cui al provvedimento del Tribunale di Brindisi, l'istituto delle presunzioni è stato ritenuto sufficiente per mantenere la trattazione della causa nell'ambito del procedimento sommario a cognizione piena, seppure l'oggetto della decisione concerneva l'inefficacia dell'atto pubblico di donazione nei confronti del creditore, sussistenti i presupposti dell'azione revocatoria
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Tribunale di Brindisi

Sezione distaccata di Francavilla Fontana


Ordinanza 13 maggio 2010

IL TRIBUNALE DI BRINDISI

SEZIONE DISTACCATA DI FRANCAVILLA FONTANA

in composizione monocratica, nella persona del Giudice designato, dott. Giuseppe Marseglia,

ha pronunziato la seguente

ORDINANZA AI SENSI DELL’ART. 702-TER C.P.C.

nel procedimento sommario di cognizione ex artt. 702-bis e s.s. c.p.c. (introdotti nel codice di rito dalla legge n. 69/2009) iscritto al R.G.C. n. 1274/09, riservato per la decisione all’udienza del 13.5.2010 e vertente tra le parti:

S,in qualità di titolare della ditta individuale “MG.”,

elettivamente domiciliato in Latiano, via., nello studio dell’avv.F.C., che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso

RICORRENTE

e

M., in proprio e nella qualità di titolare della ditta individuale “M”, eM,

elettivamente domiciliati in Oria, via, presso lo studio dell’avv. F.C., dal quale sono rappresentati e difesi giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta

RESISTENTI

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Si pretermette ogni trattazione relativa allo svolgimento del processo, dovendosi provvedere con ordinanza e non con sentenza (peraltro, anche in tal caso il novellato art. 132, n. 4 c.p.c. non richiede più tale capitolazione in relazione alle sentenze).

Ciò posto, il giudicante, letti gli atti e i documenti ad essi allegati e sentite le parti, ritiene che la domanda proposta con il ricorso ex art. 702-bis c.p.c. sia fondata e meriti pertanto accoglimento senza che sia opportuno procedere ad alcun ulteriore atto di istruzione e di conseguenza senza necessità di conversione del procedimento da sommario ad ordinario, nei termini di seguito esposti.

L’attore ha chiesto che venga dichiarato inefficace nei suoi confronti l’atto pubblico di donazione del 10.9.2009 a mezzo del quale S.M. ha trasferito al figlio convivente e celibe, S.C., il dominio utile (salvo il diritto di livello costituito in favore di soggetti terzi e salvo vincolo ipotecario del 18.10.2004) dell’immobile nel quale entrambi risiedono, sito in Oria, lamentando che a seguito di ciò ha pregiudicato le sue ragioni di credito scaturenti da vari atti esecutivi emessi presso questo Ufficio (decreto ingiuntivo esecutivo n. 130/09 notificato il 9.6.2009 con successivo atto di precetto, atto di precetto su assegni impagati ricevuto il 30.10.2009, decreto ingiuntivo esecutivo n. 257/09 notificato il 3.12.2009 con contestuale atto di precetto, cfr. all. da 2 a 19 al ricorso) per un totale di € 41.289,07.

A ben vedere, l’atto sottoposto a revocatoria è a titolo gratuito ed è successivo al sorgere del credito (in quanto, benché alcuni atti esecutivi siano stati notificati successivamente, tutti gli assegni in atti sono stati rilasciati dal debitore e sono stati protestati per mancanza di fondi prima del settembre 2009), e dunque l’unico requisito da accertare nel presente giudizio (motivo che giustifica la sommarietà dell’istruttoria) è la sussistenza della c.d. “scientia damni” in capo al debitoreS.M., ossia del fatto che egli fosse a conoscenza, al momento della disposizione, del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.

Orbene, può in effetti ritenersi che tutti gli elementi raccolti depongono in favore della sussistenza della “scientia damni”, se è vero che:

- lo stesso S., nella comparsa di costituzione e risposta depositata il 3.5.2010 ha mostrato di essere ben a conoscenza delle ragioni di credito fatte valere dalla ditta del S., sostanzialmente senza contestarle ma limitandosi ad affermare che sarebbe sua intenzione onorare i suoi debiti e producendo a supporto una scrittura privata di transazione relativa peraltro ad una procedura esecutiva mobiliare per un credito derivante da assegno diverso da quelli fatti valere nel presente giudizio (e per un importo molto inferiore, 4.000,00 euro circa);

- l’atto dispositivo è avvenuto a pochissimi mesi di distanza dall’emissione dei vari assegni, dalla notifica di svariati atti di precetto e circa un mese prima della notifica di ulteriore atto di precetto e di un ulteriore decreto ingiuntivo esecutivo su precedenti assegni;

- il medesimo S. ha disposto dell’unico bene immobile in sua proprietà (rectius, dominio utile, cfr. visure all. 21 e 22 al ricorso), nel quale egli stesso risiede con la sua famiglia (cfr. stato di famiglia all. 20 al ricorso), lo ha fatto addirittura a titolo gratuito ed ha donato al maggiore dei suoi tre figli conviventi, Spallanzino Cosimo, che ha accettato, senza fornire alcun supporto probatorio alla tesi, pure da lui sostenuta, secondo cui tale donazione sarebbe stata un “regalo temporale” al figlio ammalato.

Tali elementi gravi, precisi e concordanti, consentono infatti di ritenere, anche in via presuntiva ex art. 2729 c.c. (si veda sul punto, ex pluribus, Cass. civ., Sez. II, n. 2748 del 11/02/2005 - Rv. 579523), che il debitore al momento dell’atto dispositivo non potesse non essere a conoscenza del pregiudizio che stava arrecando alle ragioni del creditore S, al quale stava sottraendo l’unico bene immobile che costui avrebbe potuto aggredire laddove non fosse riuscito a soddisfarsi “aliunde”. Da tali argomentazioni consegue la richiesta declaratoria di inefficacia ai sensi degli artt. 2901 e 2902 c.c., con condanna alle spese secondo soccombenza, nella misura indicata in dispositivo in mancanza di nota specifica (con assimilazione della presente controversia ai procedimenti speciali di cui al capo VII del D.M. 8.4.2004 secondo il valore dichiarato).

Infine, la presente ordinanza, che ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per la trascrizione, ai sensi dell’art. 2655 c.c. dovrà essere annotata (a richiesta delle parti o dei loro procuratori entro trenta giorni dalla pubblicazione, come disposto dall’art. 15 del D.P.R. n. 635/72) in margine alla trascrizione dell’atto pubblico di donazione a cui attiene.


PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunziando con ordinanza ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c., ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:

• accoglie la domanda e, per l’effetto, ai sensi degli artt. 2901 e 2902 c.c. dichiara l’atto pubblico di donazione tra S.M. e S.C. del 10.09.2009 a rogito notar P. da Latiano (rep. 22402, racc. 12325), registrato presso l’Agenzia del Territorio di Brindisi in data 07.10.2009 inefficace nei confronti di S. O. in relazione al credito di € 41.289,07 nascente dagli atti esecutivi richiamati in motivazione;

• condanna i resistenti in solido secondo soccombenza a rimborsare al ricorrente le spese del procedimento sommario di cognizione che si liquidano in complessivi € 1.092,22, di cui, € 404,00 per diritti, € 450,00 per onorari ed € 238,22 per spese, oltre IVA, spese generali e CNPA.

Si comunichi alle parti.

Francavilla Fontana, lì 13 maggio 2010.

Il Giudice

(dott. Giuseppe Marseglia)

venerdì 12 novembre 2010

Insidia stradale, sinistro, presunzione di responsabilità dell'Ente proprietario

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE
Sentenza 2 luglio - 15 ottobre 2010, n. 21328

"la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 c.c. si applica per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, tra i quali le strade, tutte le volte in cui sia possibile, da parte dell’ente proprietario o che abbia la disponibilità e il godimento della res, la custodia intesa come potere di fatto o signoria sul bene medesimo. La nozione della custodia rappresenta dunque un elemento strutturale dell’illecito, che qualifica il potere dell’ente sul bene che esso amministra nell’interesse pubblico. I criteri di valutazione della cd. esigibilità della custodia, ineriscono alla natura ed alle caratteristiche del bene da custodire, e dunque, nel caso di specie, riguardano la estensione della strada, la dimensione, le dotazioni ed i sistemi di assistenza, di sicurezza, di segnalazioni di pericolo, generico e specifico, che sono funzionali alla sicurezza della circolazione ed in particolare dell’utente, persona fisica, che quotidianamente percorre quel tratto statale che, interessando il centro storico cittadino, particolarmente frequentato da pedoni e da veicoli, rientra nelle possibilità di controllo e di adeguato esercizio dei poteri di custodia e relativi provvedimenti cautelari, vuoi con la presenza di vigili, vuoi con la apposizione di segnali che evidenziano il pericolo generico di strada antica e sdrucciolevole per la presenza di fossati e dislivelli. La responsabilità resta esclusa in presenza di caso fortuito, la cui prova grava sull’ente, per effetto della presunzione iuris tantum, ovvero se l’utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, potendosi eventualmente ritenere, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1 un concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione della incidenza causale, la responsabilità della pubblica amministrazione, sempre che tale concorso sia stato dedotto e provato".



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 2 luglio - 15 ottobre 2010, n. 21328

(Presidente Di Nanni - Relatore Petti)

Svolgimento del processo

1. Il **** alle ore 11, in via ****, il vespista S.A. a bordo di una vespa, scivolava sull’acciottolato della strada del centro storico, riportando lesioni e danni al mezzo. Con citazione del 22 novembre 1997 lo S. conveniva dinanzi al Tribunale di Palermo il Comune di **** e ne chiedeva la condanna al risarcimento danni per responsabilità aquiliana ai sensi degli artt. 2043 e 2051 cod. civ.. Il Comune si costituiva contestando il fondamento delle pretese e chiamava in lite la assicuratrice La Nazionale, che si costituiva sostenendo le difese del Comune comunque deducendo di rispondere nei limiti del massimale di polizza.

2. Il Tribunale di Palermo sezione distaccata di Monreale, con sentenza del 19 settembre 2001 rigettava la domanda e compensava tra le parti le spese di lite; in particolare il tribunale escludeva la esistenza di una situazione di pericolo tale da determinare la caduta del conducente della vespa.

3. Contro la decisione proponeva appello S. chiedendone la riforma, sul rilievo che era stata dedotta anche la responsabilità da custodia; resistevano le controparti chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della decisione.

4. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 26 settembre 2005 rigettava il gravame e condannava S. alla rifusione delle spese del grado in favore delle parti appellate.

5. Contro la decisione ricorre S. deducendo quattro motivi di ricorso, resiste la parte assicuratrice con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi, che per chiarezza espositiva vengono in sintesi descrittiva.

Nel primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dei precetti di cui agli artt. 2034 e 2051 c.c., come error in iudicando ai sensi dell’art. 360, n. 3 del codice di rito. La censura, ampiamente illustrata da ff. 3 a 15 del ricorso, dapprima compie un ampio excursus sulla evoluzione ed il consolidamento di un orientamento giurisprudenziale che considera applicabile al proprietario del bene pubblico, nel caso di specie il Comune di omissis quale custode di un breve tratto stradale all’interno del piccolo centro storico, e quindi descrive, per la migliore comprensione dello stato dei luoghi, rispettando i principi di autosufficienza, le condizioni della strada, mantenuta nello stato originario e storico, con lastroni cementali, una elevata pendenza e una striscia in basolato con concavità per convogliare le acque reflue.

La censura, in relazione alle condizioni concrete della sede viaria, sostiene che il Comune, responsabile della custodia e manutenzione, avrebbe dovuto segnalare la situazione di pericolo, anche con opportuna segnaletica, specie per i mezzi a due ruote, e con eventuale predisposizione di misure di sicurezza e segnalazioni, come prescritto da varie norme del codice della strada, puntualmente indicate - a f. 11 del ricorso.

Assume infine il ricorrente che il Comune, per liberarsi della presunzione di responsabilità in ordine alla causalità del danno, doveva fornire la prova del caso fortuito. Anche a voler considerare la responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., la situazione viaria descritta presentava il carattere di insidia diffusa, rendendo imprevedibile al conducente di veicoli a due ruote le variabili della sede stradale e dei suoi avvallamenti - ff. 14 in fine.

Nel secondo motivo si deduce il contestuale vizio della motivazione sui punti decisivi descrittivi della fattispecie da sussumere sotto le norme di protezione, come si ribadisce da ff. 15 a 24 del ricorso, dove si pone nuovamente in evidenza il precetto del vigente regolamento del codice stradale, che obbliga la installazione di segnali di pericolo generico quando sussista una reale situazione di pericolo della strada.

Nel terzo e nel quarto motivo, consequenziali all’accoglimento dei primi due, si deduce l’error in iudicando per la mancata considerazione e liquidazione delle pretese risarcitorie, e delle spese processuali sostenute dalla parte lesa.

In relazione alle censure esposte il ricorso merita accoglimento, sotto il profilo che alla fattispecie in esame, descritta obbiettivamente come contesto storico in relazione alla dinamica dell’incidente, si attaglia la disciplina dell’art. 2051 c.c., secondo la linea interpretativa evolutiva da ultimo espressa da questa Corte con la sentenza 22 aprile 2010 n. 9456. Secondo i principi di diritto enucleati nella sentenza citata, la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 c.c. si applica per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, tra i quali le strade, tutte le volte in cui sia possibile, da parte dell’ente proprietario o che abbia la disponibilità e il godimento della res, la custodia intesa come potere di fatto o signoria sul bene medesimo. La nozione della custodia rappresenta dunque un elemento strutturale dell’illecito, che qualifica il potere dell’ente sul bene che esso amministra nell’interesse pubblico. I criteri di valutazione della cd. esigibilità della custodia, ineriscono alla natura ed alle caratteristiche del bene da custodire, e dunque, nel caso di specie, riguardano la estensione della strada, la dimensione, le dotazioni ed i sistemi di assistenza, di sicurezza, di segnalazioni di pericolo, generico e specifico, che sono funzionali alla sicurezza della circolazione ed in particolare dell’utente, persona fisica, che quotidianamente percorre quel tratto statale che, interessando il centro storico cittadino, particolarmente frequentato da pedoni e da veicoli, rientra nelle possibilità di controllo e di adeguato esercizio dei poteri di custodia e relativi provvedimenti cautelari, vuoi con la presenza di vigili, vuoi con la apposizione di segnali che evidenziano il pericolo generico di strada antica e sdrucciolevole per la presenza di fossati e dislivelli. La responsabilità resta esclusa in presenza di caso fortuito, la cui prova grava sull’ente, per effetto della presunzione iuris tantum, ovvero se l’utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, potendosi eventualmente ritenere, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1 un concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione della incidenza causale, la responsabilità della pubblica amministrazione, sempre che tale concorso sia stato dedotto e provato.

La motivazione della Corte di appello, nella concisa ed incompleta motivazione - da ff. 3 a 6 - si discosta dai principi soprarichiamati, seguendo un indirizzo superato, espresso da ultimo in Cass. 25 luglio 2008 n. 20427, che privilegia la pubblica amministrazione con una nozione di custodia delimitata dal principio di esigibilità, senza ancorarla a criteri obbiettivi di valutazione, tali da considerare ed equilibrare una lettura costituzionalmente orientata del precetto di garanzia contenuto nell’art. 2051, che pure appartiene alla figura generale di un illecito qualificato dalla condotta del soggetto agente che dispone di poteri speciali e pubblici di custodia del bene.

Sussiste pertanto vuoi la violazione della norma su cui sussumere la fattispecie concreta, vuoi la difettosa valutazione e descrizione, che costituisce il vizio della motivazione, delle distinte azioni e condizioni del vespista, che circola su strada antica in centro storico senza adeguate informazioni sulle condizioni di sicurezza, e della posizione di custodia e vigilanza delle autorità comunali in relazione ai poteri di segnalazione e controllo del traffico pedonale e veicolare.

Applicando correttamente i principi richiamati, la valutazione delle condotte pone da un lato, la evidenza di una responsabilità comunale, e da altro lato la prova del nesso causale tra la caduta e la pericolosità della strada.

Il Giudice del rinvio, Corte di appello di Palermo, vincolato al rispetto dei principi soprarichiamati, riesaminerà il merito in ordine alla quantificazione delle pretese risarcitorie, provvedendo anche alla attribuzione e liquidazione delle spese di lite, secondo i principi di soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.

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Studio Legale avv. Santo De Prezzo Erchie (Brindisi - Italy) via Principe di Napoli, 113
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