mercoledì 28 settembre 2011

Concorso, scorrimento oppure possibile un nuovo concorso


Consiglio di Stato Adunanza Plenaria Sentenza 28 luglio 2011, n. 14

"Ai sensi dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo, l’Adunanza Plenaria enuncia il principio di diritto espresso nella motivazione della presente decisione, così riassunto: “In presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l’amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l’indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti”.



Consiglio di Stato

Adunanza Plenaria

Sentenza 28 luglio 2011, n. 14

N. 00014/2011REG.PROV.COLL.
N. 00031/2011 REG.RIC.A.P.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 31 dell’Adunanza Plenaria del 2011, proposto da: ****, rappresentati e difesi dall'Avv. Adriano Tolomeo, con domicilio eletto presso F. Massa, in Roma, via degli Avignonesi n. 5;

contro

Università del Salento, Università degli Studi di Lecce, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Anna Sodero;

e con l'intervento di

ad opponendum: ****, rappresentati e difesi dall'avv. Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Ombrone, 12 Pal. B; ****, rappresentati e difesi dall'avv. Pantaleo Ernesto Bacile, con domicilio eletto presso Barbara Cataldi in Roma, corso Rinascimento, 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n. 2574/2009.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2011 il Cons. Marco Lipari e uditi per le parti gli avvocati Tolomeo, dello Stato Basilica, Isabella Loiodice per delega di Aldo Loiodice, e Bacile;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Gli attuali appellanti, ricorrenti in primo grado, hanno partecipato al concorso pubblico, per titoli ed esami, diretto alla copertura di un posto di categoria C, presso la Direzione amministrativa dell’Università degli Studi di Lecce, poi trasformata in “Università del Salento”, bandito con decreto dirigenziale n. 84 del 31 dicembre 2002.

La graduatoria del concorso è stata approvata con decreto del 28 dicembre 2005 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 24 del 23 marzo 2006.

I ricorrenti sono risultati idonei, ma non vincitori, in quanto collocati, rispettivamente, ai numeri 31, 32, 35, 36, 37 e 39 della graduatoria.

2. Con decreto del Rettore n. 2464 del 14 novembre 2006, l’Università ha proceduto allo “scorrimento” della graduatoria, assumendo 24 unità di personale, fino al 26° posto dell’elenco degli idonei.

L’amministrazione universitaria, poi, ha ripetutamente utilizzato la graduatoria, per individuare i soggetti ai quali conferire diversi incarichi di collaborazione continuativa e coordinata.

3. In seguito, l’Università del Salento, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni, ha stabilito di avviare due nuove procedure concorsuali per il reclutamento di personale di categoria C, a tempo determinato e a tempo indeterminato.

In particolare, con decreto del 14 ottobre 2008, n. 398, il direttore amministrativo dell’Università ha indetto una selezione pubblica per titoli ed esami, volta all’assunzione a tempo determinato di 14 unità di personale tecnico amministrativo di categoria C dell’area amministrativa, di cui 8 posti riservati in favore del personale precario, per le esigenze temporanee ed eccezionali dell’amministrazione.

Quindi, con decreto n. 449 del 30 ottobre 2008, n. 449, l’Università ha bandito una “selezione pubblica, per titoli ed esami, volta all’assunzione a tempo indeterminato di 3 unità di personale tecnico amministrativo di categoria C dell’Area amministrativa, per le esigenze funzionali delle Segreterie della Facoltà di Ingegneria Industriale e dei Corsi di Laurea Magistrale ed Interfacoltà (sede di Brindisi) e della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università del Salento”, evidenziando, espressamente, “in relazione alla specifica professionalità richiesta, l’inesistenza di graduatorie utili di selezioni già espletate”.

4. Gli appellanti, nella loro qualità di candidati idonei, ma non vincitori, della selezione bandita nel 2002, hanno contestato tutte le determinazioni adottate dall’amministrazione riguardanti l’indizione delle nuove procedure concorsuali, deducendo che l’Università, per la copertura dei posti vacanti, avrebbe dovuto prioritariamente utilizzare le preesistenti graduatorie, in doverosa applicazione dell’articolo 35, comma 5 – ter, del Testo unico del pubblico impiego di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dalla legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008).

Hanno prospettato, poi, i vizi di eccesso di potere e di difetto di motivazione, asserendo che gli atti impugnati non avevano dato conto né delle ragioni giustificatrici della preferenza accordata al reclutamento mediante due nuovi concorsi, né del sacrificio imposto alle loro aspettative legittime.

5. Il TAR ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, svolgendo un’ampia motivazione, incentrata sui seguenti punti:

I) Il legislatore ordinario ha una elevatissima discrezionalità nella individuazione dei contesti in cui la regola del concorso “può cedere il posto a diversa procedura di reclutamento del personale”.

II) Ciò può avvenire “quando particolarissime esigenze di politica sociale e di raffreddamento di tensioni provocatasi all’interno di determinate categorie impongano di abbandonare il criterio principale, in favore di una procedura più snella e forse meno garantita, ma pur sempre conforme a Costituzione.” La procedura di stabilizzazione del personale precario, contemplata dalle leggi n. 296/2006 e n. 244/2007, “si muove in questa ottica”.

III) Occorre comunque verificare il “ragionevole temperamento degli interessi di cui appaiono portatori i dipendenti che hanno una aspettativa giuridicamente rilevante alla stabilizzazione, e coloro che hanno un interesse di segno opposto a far rispettare altre regole che pure caratterizzano la materia”. Detta “ponderazione comparativa di interessi in gioco deve essere effettuata dalla pubblica amministrazione, perché, un volta consumatasi la discrezionalità del legislatore, rimane pur sempre un ambito in cui la riserva di amministrazione deve poter operare.”

IV) In concreto, va considerato che “al momento della indizione delle procedure di reclutamento impugnate, la validità della graduatoria (circoscritta in 24 mesi) era spirata, con considerevole affievolimento della posizione soggettiva dei ricorrenti a prevalere sia rispetto al personale da stabilizzare, sia in rapporto a coloro ai quali è stata riservata una quota dei posti messi a concorso”.

V) Pertanto, “non è irragionevole e non merita accoglimento la censura di eccesso di potere la scelta dell’amministrazione universitaria la quale, invece di utilizzare lo scorrimento di una graduatoria divenuta inefficace per decorso del tempo, decida di soddisfare il fabbisogno di personale riservando una parte di posti da coprire a personale precario da stabilizzare, e una parte degli stessi posti indicendo apposita procedura concorsuale, dando contestualmente atto della insussistenza di graduatorie valide da utilizzare con scorrimento”.

6. Con l’appello, i ricorrenti hanno riproposto e sviluppato le censure articolate in primo grado, criticando la decisione di rigetto.

L’amministrazione ha resistito al gravame, prospettando numerose eccezioni preliminari.

In questo grado di giudizio, con due separati atti, sono intervenuti, ad opponendum, alcuni dei soggetti vincitori o risultati idonei nelle due contestate procedure concorsuali.

7. Con ordinanza n. 6145 del 14 dicembre 2009, la Sesta Sezione ha sospeso l’efficacia della sentenza, ritenendo che “il ricorso in appello evidenzia profili di fondatezza nella parte in cui censura la interpretazione dell’articolo 3, comma 87, della legge n. 244/2007 (implicitamente) operata dal Tar e prima ancora dall’Università appellata, secondo cui tale disposizione (che reca un nuovo termine di durata delle graduatorie concorsuali) si applicherebbe soltanto alle graduatorie approvate successivamente all’entrata in vigore della legge e non invece (come sembra più corretto ritenere) a tutte le graduatorie ancora vigenti all’atto della sua entrata in vigore.”

8. Con l’ordinanza n. 1839/2011, la Sesta Sezione ha deferito l’esame del ricorso all’Adunanza Plenaria, prospettando le seguenti questioni interpretative:

a) la validità e l’efficacia della graduatoria concorsuale in cui figurano gli attuali appellanti, alle date (14 e 30 ottobre 2008), nelle quali l’Università del Salento ha bandito le due nuove procedure concorsuali per la copertura di posti della medesima categoria professionale oggetto della selezione cui hanno partecipato i ricorrenti;

b) la “applicabilità o meno, ratione temporis, delle previsioni della richiamata legge n. 244/07, dato che, secondo l’assunto difensivo della Università, tale disposizione si applicherebbe soltanto alle graduatorie approvate a decorrere dal 1 gennaio 2008 e cioè dopo la sua entrata in vigore”;

c) la posizione degli idonei in graduatoria rispetto alla determinazione della amministrazione di far luogo a nuove assunzioni di personale nell’ambito della stessa categoria professionale, con specifico riguardo alla sussistenza e all’ampiezza dell’obbligo di motivazione della decisione con cui l’amministrazione stabilisce di indire un nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci.

9. L’Adunanza Plenaria deve esaminare prioritariamente le eccezioni preliminari sollevate dall’amministrazione resistente e dagli interventori in opposizione.

Anzitutto, si eccepisce l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’appello, in base all’assunto secondo cui i ricorrenti, anche in caso di accoglimento della domanda di annullamento dei contestati bandi di concorso, non si troverebbero in posizione utile per conseguire l’assunzione a tempo indeterminato, tramite la procedura di scorrimento della graduatoria approvata il 28 dicembre 2005.

Al riguardo, l’amministrazione appellata sottolinea che i ricorrenti sono collocati soltanto tra il 31° e il 39° posto della graduatoria, mentre le tre posizioni utili per l’eventuale scorrimento partono già dal 26°.

10. L’eccezione è priva di pregio.

È vero che gli appellanti non figurano, attualmente, come i soggetti i quali potrebbero essere assunti immediatamente, a tempo indeterminato, attraverso la procedura di scorrimento. Ma resta comunque intatto il loro interesse all’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di utilizzare la precedente graduatoria, tenendo conto della possibilità, non irragionevole, di rinunce da parte dei concorrrenti idonei collocati in migliore posizione nella classifica.

Né può negarsi rilievo all’ulteriore interesse dei ricorrenti al conferimento di nuovi incarichi di collaborazione temporanea, tenendo conto della circostanza che l’amministrazione, secondo una propria autonoma valutazione, ha più volte proceduto mediante l’utilizzazione della graduatoria, indipendentemente dalla verifica della sua effettiva vigenza.

In ogni caso, poi, assume rilievo determinante la circostanza che gli appellanti si trovano in posizione certamente utile per aspirare alla immediata assunzione a tempo determinato, in relazione alla procedura concorsuale per 14 posti, bandita con decreto dirigenziale del 14 ottobre 2008, n. 398.

11. Non è condivisibile, poi, l’ulteriore eccezione prospettata dall’amministrazione, la quale osserva che, nelle more del giudizio, è ormai trascorso un triennio dalla pubblicazione della graduatoria. Pertanto, a suo dire, anche accogliendo la tesi difensiva dei ricorrenti, in caso di annullamento delle procedure concorsuali impugnate in primo grado, gli appellanti non potrebbero ottenere l’assunzione in servizio, perché la graduatoria ha definitivamente perduto la propria efficacia, quanto meno dal 23 marzo 2009.

È sufficiente osservare che l’eventuale annullamento delle procedure concorsuali impugnate in primo grado avrebbe portata pienamente retroattiva, determinando l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi, ora per allora, sulle corrette modalità di reclutamento del personale.

12. Né è esatta la tesi affermata dall’Università appellata, secondo la quale, in caso di annullamento, l’amministrazione potrebbe limitarsi a reiterare la decisione di indizione dei concorsi, solo arricchendola di un più ampio corredo motivazionale.

Infatti, la domanda proposta dagli appellanti mira, in via principale, ad accertare la fondatezza della pretesa allo scorrimento della graduatoria e l’illegittimità degli atti di indizione del concorso e, solo in via subordinata, intende stigmatizzare l’inadeguatezza dell’istruttoria e della valutazione comparativa degli interessi coinvolti nella presente vicenda.

Ne consegue che sussiste, tuttora, l’interesse alla decisione di merito sulle censure formulate dagli appellanti.

13. Ciò chiarito, il collegio ritiene opportuno esaminare, congiuntamente, le due prime questioni prospettate dall’ordinanza di deferimento all’Adunanza Plenaria, concernenti la perdurante vigenza della graduatoria approvata nel dicembre 2005 e l’ambito temporale di operatività della disciplina che ha fissato in tre anni, decorrenti dalla pubblicazione, il periodo di efficacia delle graduatorie concorsuali.

L’amministrazione sostiene, gradatamente, due distinti argomenti, corrispondenti alle questioni deferite dalla Sesta Sezione:

a) in linea di diritto, la disciplina concernente l’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali, decorrente dalla loro pubblicazione, contenuta nell’articolo 35, comma 5 – ter, del Testo unico del pubblico impiego, introdotta dalla legge n. 244/2007, si applica, solo per il futuro, alle procedure concorsuali bandite, o quanto meno concluse, dopo la sua entrata in vigore (1 gennaio 2008); pertanto, non potrebbe operare nella presente vicenda;

b) in ogni caso, la nuova disciplina legislativa potrebbe riguardare solo le graduatorie ancora efficaci al momento della sua entrata in vigore; in punto di fatto, la vigenza della graduatoria approvata nel dicembre 2005 deve ritenersi già scaduta in data 28 dicembre 2007, in applicazione della normativa regolamentare adottata dall’Università del Salento; né essa potrebbe rivivere in dipendenza di una disciplina entrata in vigore in epoca successiva (1 gennaio 2008).

14. Il collegio ritiene che la tesi esposta alla lettera a) sia priva di pregio, mentre risulta pienamente condivisibile l’argomento espresso alla lettera b).

L’articolo 3, comma 87, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)”, ha aggiunto, all’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il comma 5 – ter, in forza del quale “Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali”.

La nuova disciplina è entrata in vigore il 1 gennaio 2008, ossia in epoca sicuramente successiva tanto all’avvio quanto alla conclusione del procedimento concorsuale in cui gli attuali appellanti sono stati collocati nella graduatoria degli idonei, posto che gli atti della procedura concorsuale sono stati approvati con decreto del 28 dicembre 2005, pubblicato il 23 marzo 2006.

A dire dell’amministrazione appellata e degli interventori ad opponendum, la nuova disciplina sarebbe applicabile solo alle procedure concorsuali bandite, o quanto meno concluse, dopo la data di entrata in vigore della legge n. 244/2007 (1 gennaio 2008).

15. La tesi difensiva in esame non merita condivisione.

La formulazione letterale della disposizione è incentrata sulla determinazione dell’ambito temporale di durata di un effetto giuridico, costituito dalla “vigenza” delle graduatorie di concorso.

Il presupposto applicativo della norma, quindi, è rappresentato dalla esistenza di una graduatoria, cui collegare la conseguenza giuridica della efficacia triennale.

La formula letterale “rimangono vigenti” lascia chiaramente intendere che l’effetto giuridico è direttamente collegato al presupposto fattuale della formazione di una graduatoria, mentre non rileva la circostanza che essa sia stata realizzata nell’ambito di procedimenti iniziati, o anche semplicemente conclusi, prima della sua entrata in vigore.

Va considerato, poi, che sul piano delle finalità perseguite, la disciplina in esame è coerente con l’univoca tendenza legislativa degli ultimi anni, che ha più volte introdotto disposizioni esplicitamente dirette a stabilire la proroga dell’efficacia delle graduatorie concorsuali preesistenti.

16. L’intervento normativo del 2007 abbandona la struttura formale della disciplina di mera proroga, a carattere contingente, e si caratterizza per alcuni elementi di novità:

- è definitivamente confermato che la vigenza delle graduatorie, ora determinata in tre anni, decorrenti dalla pubblicazione, è un istituto ordinario (“a regime”) delle procedure di reclutamento del personale pubblico, disciplinato da una fonte di rango legislativo e non più dal solo regolamento generale dei concorsi (D.P.R. n. 487/1994);

- l’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto generale dello “scorrimento” è riferito, indistintamente, a tutte le amministrazioni, senza limitazioni di carattere soggettivo od oggettivo.

Fermi restando questi importanti profili innovativi, tuttavia, la disciplina, per la sua ratio e per la sua formulazione letterale, va estesa anche alle procedure concorsuali svolte in epoca precedente alla sua entrata in vigore.

17. Peraltro, l’ambito temporale di operatività della nuova disciplina deve essere riferito alle sole graduatorie che risultino valide ed efficaci, a partire dal momento di entrata in vigore della legge n. 244/2007.

Non vi sono ragioni sistematiche o lessicali tali da far ritenere, invece, che la disposizione possa realizzare la piena reviviscenza di graduatorie che hanno definitivamente perso la loro efficacia.

Nel caso di specie, al momento di entrata in vigore della nuova disciplina, l’efficacia della graduatoria, approvata nel dicembre 2005, era già venuta meno, in applicazione delle specifiche previsioni contenute nel regolamento dell’Università, approvato con deliberazione del Consiglio di amministrazione del 30 ottobre 2001 e poi modificato con decreto rettorale n. 2658 del 31 dicembre 2003 (“Regolamento recante disposizioni sui procedimenti di selezione per l’accesso all’impiego a tempo indeterminato nell’Università degli Studi di Lecce nelle categorie del personale tecnico e amministrativo e sui procedimenti per la progressione verticale nel sistema di classificazione”).

Secondo l’articolo 7, “l’Amministrazione si riserva la possibilità, nel rispetto dell’equilibrio finanziario del bilancio e dei principi di una corretta ed efficiente gestione delle risorse economiche ed umane, di utilizzare le graduatorie di merito per un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di approvazione delle stesse, al fine di costituire ulteriori rapporti di lavoro a tempo indeterminato.”

La graduatoria del concorso è stata approvata con decreto del direttore amministrativo n. 681 del 30 dicembre 2005. Pertanto, la sua vigenza è scaduta il 30 dicembre 2007, in epoca anteriore, sia pure soltanto per due giorni, all’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008 (1 gennaio 2008).

18. Contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, la disciplina regolamentare dell’Università non è stata intaccata dalle altre disposizioni legislative, succedutesi nel tempo, che hanno previsto la proroga dell’efficacia delle graduatorie concorsuali.

Infatti, le norme invocate dagli appellanti escludono dal proprio raggio di applicazione le Università.

Né potrebbe avere rilievo la previsione contenuta nel’articolo 5 della legge 14/2009, che ha prorogato al 31 dicembre 2009 la validità di tutte le graduatorie approvate successivamente al 31 dicembre 1999, poiché la norma è applicabile solo alle graduatorie ancora efficaci al momento della entrata in vigore della nuova disciplina.

19. Va superata l’obiezione degli appellanti, secondo i quali l’aspetto della vicenda concernente l’intervenuta scadenza della graduatoria non potrebbe essere esaminato in questa fase di appello. Infatti:

a) la sentenza impugnata ha compiuto un esplicito riferimento alla durata biennale della graduatoria, ancorché non abbia analiticamente enunciato che il termine decorre dall’atto di approvazione, anziché da quello di pubblicazione;

b) non rileva la circostanza che l’amministrazione universitaria, in primo grado, abbia incentrato le proprie difese principali su due argomenti diversi, diretti a sostenere la prevalenza delle procedure di stabilizzazione rispetto allo scorrimento della graduatoria, nonché sulla inapplicabilità della nuova disciplina alle procedure di gara bandite prima della sua entrata in vigore;

c) la questione riguardante l’intervenuta cessazione di efficacia della graduatoria deve essere qualificata come mera difesa e non già come domanda o eccezione in senso stretto e, pertanto, potrebbe essere comunque ritualmente prospettata per la prima volta in grado di appello, tenendo conto che il suo esame non comporta l’acquisizione di ulteriori elementi istruttori e probatori.

20. Va escluso, quindi, che sul punto relativo alla determinazione del periodo di vigenza della graduatoria, secondo la disciplina regolamentare dell’Ateneo, si sia formato un “giudicato interno”, favorevole alla tesi degli appellanti.

D’altro canto, in questo grado di giudizio, deve essere garantito il diritto di difesa degli interventori ad opponendum, i quali hanno particolarmente insistito sulla scadenza della graduatoria. Né la loro posizione potrebbe essere pregiudicata da una sentenza pronunciata all’esito di un procedimento di primo grado, al quale sono rimasti estranei.

21. Ne deriva che la sentenza impugnata ha correttamente respinto il ricorso, perché, al momento di indizione dei concorsi impugnati, l’amministrazione non poteva più attingere a graduatorie efficaci.

22. Le esposte considerazioni sono pienamente idonee a determinare la definitiva soluzione del presente giudizio, con il conseguente rigetto dell’appello.

Tuttavia, l’Adunanza Plenaria ritiene necessario svolgere l’esame della terza e più complessa questione prospettata dall’ordinanza di rinvio, al fine di enunciare i pertinenti principi di diritto, nell’interesse della legge, ai sensi dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo.

Si tratta, all’evidenza, di una problematica di particolare importanza, che ha dato luogo a contrasti giurisprudenziali.

23. Sul piano letterale, l’articolo 99, comma 5, prevede che l’Adunanza Plenaria possa esprimere il principio di diritto nell’interesse della legge “anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l’estinzione del giudizio”.

La disposizione manifesta, in senso più ampio, l’intento del legislatore di consentire l’esercizio del potere nomofilattico dell’Adunanza Plenaria anche nei casi in cui l’esito della controversia prescinda, in concreto, dalla soluzione delle questioni di diritto deferitele.

Detta facoltà sussiste, quindi, sia nelle ipotesi in cui la pronuncia assume contenuto meramente processuale, sia nelle eventualità in cui la decisione incide sul merito della controversia, ma si incentra su un tema logicamente pregiudiziale rispetto a quello oggetto del deferimento.

24. La questione proposta consiste nello stabilire quale sia il rapporto tra due diverse modalità di reclutamento del personale pubblico:

a) la utilizzazione dei candidati idonei, collocati in graduatorie concorsuali ancora efficaci, attraverso il meccanismo dello “scorrimento”;

b) la indizione di un nuovo concorso.

In particolare, occorre determinare se, in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, la decisione con cui l’amministrazione avvia una nuova procedura selettiva debba essere sorretta da una puntuale e approfondita motivazione, volta a illustrare le ragioni della scelta e a giustificare il sacrificio delle posizioni giuridiche dei soggetti idonei.

25. L’ordinanza di rinvio compie un’analitica ricognizione delle opinioni espresse dalla giurisprudenza, evidenziando l’esistenza di due principali orientamenti interpretativi contrapposti, ai quali si affiancano, comunque, ulteriori indirizzi ermeneutici.

a) Una prima tesi, definita “tradizionale”, sostiene che l’indizione di un nuovo concorso, anche in presenza di graduatorie valide ed efficaci, costituisca sempre la regola, ritenuta di diretta derivazione costituzionale, e, pertanto, non debba essere corredata da alcuna specifica motivazione.

b) Secondo una variante “estrema” della prima impostazione, la determinazione riguardante l’indizione di un nuovo concorso non solo non richiederebbe alcuna motivazione, ma costituirebbe una tipica scelta di “merito amministrativo”, insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’allegazione di “macroscopici” vizi.

c) La tesi opposta, tuttora minoritaria ed emersa più recentemente, ritiene, al contrario che, in ogni caso, anche la determinazione di indizione di un nuovo concorso, al pari di tutti gli atti amministrativi costituenti l’esito di una scelta fra più alternative, debba essere adeguatamente motivata, pure con riguardo alla valutazione degli interessi dei candidati idonei collocati in graduatorie ancora efficaci.

d) Un ulteriore sviluppo di questa corrente interpretativa è nel senso che l’utilizzazione delle graduatorie vigenti costituisca, ormai, la regola ordinaria di reclutamento del personale, non necessitante di apposita ed esplicita giustificazione, mentre l’indizione del concorso rappresenti l’eccezione; pertanto, l’obbligo di esporre un’approfondita motivazione sussiste soltanto qualora l’amministrazione ritenga di indire una nuova procedura concorsuale.

e) In questo ambito, è anche affiorata un’opinione più “radicale”, secondo cui non solo vi sarebbe una preferenza assoluta per lo scorrimento rispetto all’indizione del nuovo concorso, ma, una volta verificatasi la vacanza del posto, l’amministrazione sarebbe sempre incondizionatamente vincolata a coprirlo, utilizzando la graduatoria efficace.

26. La tesi finora dominante in giurisprudenza (tra le ultime: Consiglio di Stato, V Sezione, 19 novembre 2009, n. 743; V, 19 novembre 2009, n. 8369; IV, 27 luglio 2010 n. 4911) ritiene che la determinazione amministrativa di indizione di nuove procedure concorsuali, anche in presenza di graduatorie efficaci sia ampiamente discrezionale e non necessiti di alcuna specifica motivazione, poiché conforme alla regola tracciata dall’articolo 97 della Costituzione.

In questo senso, secondo Cons. Stato, V, 25 giugno 2010 n. 4072, le norme riguardanti l’utilizzabilità delle graduatorie e, in particolare, gli artt. 15 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 e 22, comma 8, l. 24 dicembre 1994, n. 724 non riconoscono agli idonei dei concorsi pubblici alcun diritto ad essere immessi in ruolo, ma si limitano ad attribuire all'Amministrazione, in alternativa allo svolgimento della procedura concorsuale ordinaria, la facoltà di procedere allo scorrimento delle graduatorie ancora valide di concorsi già indetti, in modo da poter conferire agli idonei i posti non coperti dopo la chiamata dei vincitori, ovvero "medio tempore" resisi disponibili, nei limiti della pianta organica; tali disposizioni, dunque, sono rivolte esclusivamente all'Amministrazione, proponendosi la finalità di agevolare, in nome del principio di economicità dell'azione amministrativa, il reperimento della provvista del personale, senza far ricorso all'ordinario concorso ma senza qualificare o differenziare la posizione degli idonei rispetto ad altri dipendenti, che aspirino agli stessi posti.

Analogamente, a giudizio di Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2011, n. 3660, la nomina di idonei nei posti vacanti costituisce una facoltà e non un obbligo per l'amministrazione, trattandosi di un potere che rientra, di norma, nella discrezionalità dell'Ente, fatte salve situazioni particolari in cui il legislatore abbia espressamente disposto l'obbligo per l'Amministrazione di procedere allo scorrimento della graduatoria.

27. In qualche occasione, questo filone ermeneutico si è spinto fino all’affermazione più radicale, secondo la quale la decisione di bandire un nuovo concorso potrebbe essere dettata, in ultima analisi, anche da mere ragioni di opportunità, sottratte al sindacato giurisdizionale, in quanto afferenti al merito amministrativo, salva la sussistenza di macroscopici vizi di eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti, arbitrarietà, irrazionalità, irragionevolezza (Cons. Stato, Sez. IV, 27-07-2010, n. 4910; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II ter, 11-04-2011, n. 3184).

In questa prospettiva, soltanto la decisione di attingere alle graduatorie concorsuali valide ed efficaci necessita di un’apposita motivazione, in quanto costituirebbe una deroga al principio costituzionale del concorso.

28. Il diverso e opposto indirizzo interpretativo, invece, sostiene che l’amministrazione debba sempre motivare la determinazione di indire un nuovo concorso, dando conto, fra l’altro, delle ragioni dei soggetti utilmente collocati in graduatoria e del sacrificio loro imposto.

In tal senso si pone, fra le ultime, la decisione della V Sezione, 4 marzo 2011 n. 1395 (la quale richiama Cons. Stato, sez. VI, 19 febbraio 2010, n. 668), secondo cui è illegittima la delibera con la quale una P.A. indice un concorso pubblico, piuttosto che utilizzare una graduatoria di un precedente concorso per la copertura dei posti banditi, nel caso in cui la stessa graduatoria sia stata in precedenza utilizzata per la copertura di altri posti e la scelta di procedere per gli ulteriori posti con un nuovo concorso non trovi alcuna ragionevole giustificazione, ponendosi in contrasto con il già avvenuto utilizzo della graduatoria.

29. Analogo indirizzo è manifestato dalla giurisprudenza secondo cui, a fronte di una graduatoria valida ed efficace, l’Amministrazione (salvo il caso che si tratti di posti di nuova istituzione in pianta organica) non potrebbe trascurare completamente, a mezzo della indizione di nuova procedura concorsuale, le posizioni dei soggetti già selezionati come idonei, quantomeno in carenza di valide ragioni giustificatrici (Tar Sardegna, 19 ottobre 1999, n. 1228; Tribunale ordinario Roma ord. sez. lav. 3 gennaio 2001; Tar Lazio 30 gennaio 2003, n. 536; Tar Lecce, 10 ottobre 2005, n. 4452; Tar Lombardia, 15 settembre 2008, n.4073; Tar Lazio 15 settembre 2009 n. 8743; Cass. SS.UU. 29 settembre 2003 n. 14529 e 9 febbraio 2009 n. 3055).

30. L’ordinanza di deferimento alla Plenaria aderisce, in sostanza, a tale secondo orientamento, esponendo molteplici argomenti di carattere letterale, logico e sistematico.

Semmai, prosegue l’ordinanza (sia pure in termini più dubitativi), proprio l’opzione di procedere mediante lo scorrimento della graduatoria potrebbe rappresentare la regola e non richiedere alcuna particolare giustificazione, incentrata sulla valutazione comparativa degli interessi coinvolti nella decisione.

Secondo la pronuncia, nel processo decisionale adottato per la copertura dei posti vacanti, vanno distinte due fasi logiche, caratterizzate da una crescente restrizione del potere valutativo spettante all’amministrazione.

a) La determinazione relativa all’an della copertura del posto vacante ha contenuto ampiamente discrezionale, in quanto riconducibile al novero delle scelte organizzative di pertinenza del soggetto pubblico.

b) La decisione riguardante il quomodo della provvista del posto (scorrimento o indizione di un nuovo concorso), invece, resta soggetta ad un più stringente dovere di motivazione e vede circoscritti gli spazi discrezionali riservati all’apprezzamento dell’amministrazione.

31. L’Adunanza Plenaria condivide la conclusione alla quale è pervenuta l’ordinanza della Sesta Sezione, con le precisazioni di seguito enunciate.

a) Va superata la tesi tradizionale, secondo cui la determinazione di indizione di un nuovo concorso non richiede alcuna motivazione. A maggiore ragione, è da respingersi la tesi “estrema”, secondo cui si tratterebbe di una decisione insindacabile dal giudice amministrativo.

b) Simmetricamente, però, non è condivisibile l’idea opposta, in forza della quale, la disciplina in materia di scorrimento assegnerebbe agli idonei un diritto soggettivo pieno all’assunzione, mediante lo scorrimento, che sorgerebbe per il solo fatto della vacanza e disponibilità di posti in organico. Infatti, in tali circostanze l’amministrazione non è incondizionatamente tenuta alla loro copertura, ma deve comunque assumere una decisione organizzativa, correlata agli eventuali limiti normativi alle assunzioni, alla disponibilità di bilancio, alle scelte programmatiche compiute dagli organi di indirizzo e a tutti gli altri elementi di fatto e di diritto rilevanti nella concreta situazione, con la quale stabilire se procedere, o meno, al reclutamento del personale.

c) Ferma restando, quindi, la discrezionalità in ordine alla decisione sul “se” della copertura del posto vacante, l’amministrazione, una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell’indizione del nuovo concorso.

d) Nel motivare l’opzione preferita, l’amministrazione deve tenere nel massimo rilievo la circostanza che l’ordinamento attuale afferma un generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso.

32. A queste conclusioni si perviene, anzitutto, mediante l’esame della disciplina riferita all’istituto dello scorrimento delle graduatorie, che costituisce il risultato di una complessa evoluzione, univocamente orientata alla progressiva dilatazione del suo spazio applicativo.

Il punto di partenza è costituito dall’articolo 8 del Testo unico degli impiegati civili dello Stato (TUIC), di cui al d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, come modificato dall’ dall'articolo unico, della legge 8 luglio 1975, n. 305.

In base a tale disposizione, “L'amministrazione ha facoltà di conferire, oltre i posti messi a concorso, anche quelli che risultino disponibili alla data di approvazione della graduatoria.”

“Detti posti, da conferire secondo l'ordine della graduatoria, non possono superare il decimo di quelli messi a concorso per le carriere direttive ed il quinto per le altre carriere.”

“Nel caso che alcuni dei posti messi a concorso restino scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, l'amministrazione ha facoltà di procedere, nel termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria, ad altrettante nomine secondo l'ordine della graduatoria stessa.”

33. Il disegno normativo originario è caratterizzato, quindi, dalla tipizzazione dell’ambito oggettivo di operatività dell’istituto, riferito alle sole ipotesi della disponibilità dei posti al momento dell’approvazione della graduatoria o, soltanto per i casi di rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, anche nel biennio successivo.

È apparso significativo, nella formulazione della norma, anche il riferimento letterale alla “facoltà”, attribuita all’amministrazione pubblica. Tale espressione è stata intesa – dal criticato indirizzo “tradizionale” – come indicativa della presenza di un ampio potere discrezionale e di merito.

34. La previsione dello scorrimento delle graduatorie e della efficacia pluriennale delle graduatorie concorsuali ha avuto, poi, una progressiva estensione, manifestatasi in più direzioni.

A parte una pluralità di disposizioni contingenti, riguardanti settori specifici del pubblico impiego, sono state introdotte alcune regole intese a prevedere l’utilizzabilità delle graduatorie in ambiti oggettivamente molto più estesi rispetto a quello in origine delineato dall’articolo 8 del TUIC.

In questo senso si colloca l’articolo 15, comma 7, del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi), secondo cui “le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di diciotto mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili”.

35. L’art. 91, comma 4, del Testo unico degli enti locali (d.lgs. 267 del 2000), ha previsto, poi, che “Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione, per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.”

36. Le menzionate norme generali del 1994 e del 2000 hanno decisamente ampliato il perimetro oggettivo di applicazione dell’istituto dello scorrimento e ne hanno delineato il rapporto con le altre modalità di copertura dei posti vacanti.

Le formule utilizzate da tali disposizioni abbandonano ogni riferimento alla “facoltà” dell’amministrazione e sono incentrate sulla locuzione “eventuale copertura”.

È evidente l’intento di ridurre drasticamente l’ambito della discrezionalità dell’amministrazione nella scelta fra le diverse modalità di reclutamento.

Al tempo stesso, tuttavia, il persistente riferimento al carattere meramente “eventuale” della copertura impedisce di configurare la procedura di scorrimento quale oggetto di un obbligo incondizionato dell’amministrazione, direttamente collegato alla sopravvenuta vacanza del posto.

Va rimarcata anche la specifica limitazione ai posti che non siano di “nuova istituzione o trasformazione”. La regola, sebbene contenuta nella disciplina degli enti locali, risulta espressiva di un principio generale e, pertanto, trova applicazione comune anche alle altre amministrazioni pubbliche.

37. Parallelamente, poi, si sono succedute diverse disposizioni legislative (alcune delle quali sono elencate analiticamente dall’ordinanza di deferimento all’Adunanza Plenaria), con efficacia temporalmente limitata, ancorché spesso reiterate senza soluzione di continuità, dirette a prorogare la vigenza delle graduatorie.

38. Le indicate disposizioni, significativamente inserite nelle leggi annuali di “manovra finanziaria”, hanno disciplinato, sul piano formale, il solo termine di efficacia e di vigenza delle graduatorie, con tecniche di intervento legislativo non omogenee. Si sono previste, alternativamente, “proroghe”, “sospensioni” ed “elevazioni” dei termini di efficacia delle graduatorie, in alcuni casi con una puntuale definizione anche del regime transitorio.

39. Da ultimo, poi, l’articolo 35, comma 5 - ter del testo unico del pubblico impiego ha introdotto la già illustrata disciplina legislativa, di portata generale, riguardante l’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali, decorrente dalla pubblicazione.

40. Le disposizioni riguardanti i soli termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentano una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica, in relazione ai costi derivanti dall’espletamento delle nuove procedure concorsuali.

Inoltre, perseguono lo scopo di offrire una certa protezione ai soggetti collocati nelle graduatorie (talvolta anche in posizione di vincitori), in considerazione del regime di “blocco delle assunzioni” previsto, di solito, dalle stesse leggi di “manovra”.

41. Dette norme non hanno modificato gli altri presupposti sostanziali del procedimento di scorrimento delle graduatorie. Tuttavia, sul piano sistematico, ne hanno rafforzato il ruolo di modalità ordinaria di provvista del personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulle amministrazioni per la gestione delle procedure selettive.

42. In questo contesto, dunque, sono destinati a cadere tutti gli argomenti tradizionalmente prospettati per escludere o ridurre la portata dell’obbligo di motivazione delle determinazione di indizione di un nuovo concorso.

In particolare, vanno confutati gli argomenti in forza dei quali:

a) l’indizione del concorso, attuando un principio costituzionale, non deve essere motivata in modo diffuso;

b) trattandosi di scelta organizzativa, non deve essere supportata da alcun particolare supporto giustificativo;

c) il bando, in quanto “atto generale”, non è soggetto all’obbligo della motivazione.

43. La previsione normativa generale della utilizzabilità, per un tempo definito, delle preesistenti graduatorie non costituisce affatto una deroga alla regola costituzionale del concorso, né introduce un procedimento alternativo a tale modalità di selezione del personale.

Al contrario, si tratta di un sistema di reclutamento che presuppone proprio lo svolgimento di una procedura selettiva concorsuale, compiuta nel rispetto dei principi costituzionali, diretta all’individuazione imparziale dei soggetti più meritevoli.

Questa considerazione vale a superare, in radice, i possibili sospetti di legittimità costituzionale delle discipline che hanno introdotto, e poi ampliato, l’istituto dello scorrimento.

Eventuali dubbi potrebbero prospettarsi, semmai, in relazione a norme singolari, che prevedano termini irragionevoli di vigenza delle graduatorie, o stabiliscano rigidi divieti di indizione di nuovi concorsi.

La previsione generale, incentrata sull’articolo 35, comma 5-ter, peraltro, è perfettamente coerente con il dettato costituzionale, poiché stabilisce un termine di vigenza di tre anni, da reputarsi del tutto congruo, in relazione alle esigenze organizzative dell’amministrazione, e lascia comunque spazio adeguato alla possibilità di optare per l’indizione di un nuovo concorso.

44. La decisione di “scorrimento”, quindi, poiché rappresenta un possibile e fisiologico sviluppo delle stessa procedura concorsuale, attuativo dei principi costituzionali, non può essere collocata su un piano diverso e contrapposto rispetto alla determinazione di indizione di un nuovo concorso.

Entrambi gli atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell’articolo 97 della Costituzione e, quindi, devono essere sottoposti alla medesima disciplina, anche in relazione all’ampiezza dell’obbligo di motivazione.

45. In termini generali, poi, l’ampia portata dell’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi è ormai saldamente acquisita nel nostro ordinamento, già in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 241/1990.

Detto dovere motivazionale è particolarmente rilevante nei casi in cui l’amministrazione ha dinanzi a sé una pluralità di opzioni, le quali possono determinare costi economici ed amministrativi diversificati e quando deve comunque considerare le posizioni giuridiche di determinati soggetti, titolari di aspettative protette dall’ordinamento.

46. Non può condividersi l’argomento secondo cui le decisioni organizzative dell’amministrazione, comprese quelle con cui si indice un nuovo concorso, afferendo al “merito”, non richiederebbero alcuna particolare motivazione. Detta tesi, infatti, trascura di considerare non solo il valore di principio dell’articolo 3 della legge n. 241/1990, ma anche la circostanza secondo cui le opzioni compiute dal soggetto pubblico in questo ambito hanno importanti ricadute in termini di efficacia ed efficienza e incidono, comunque, sulle aspettative e sugli interessi dei soggetti idonei.

Parimenti, per negare la sussistenza dell’obbligo di motivazione non è pertinente il richiamo alla natura di atto generale del bando, poiché l’obbligo di motivazione non riguarda il contenuto delle disposizioni generali racchiuse in tale atto, bensì la determinazione con cui l’amministrazione stabilisce la procedura per il reclutamento del personale.

47. Il dovere di motivazione dell’atto di indizione del concorso, pertanto, rileva in una duplice direzione:

- evidenzia l’interesse pubblico dell’amministrazione sotteso alla scelta compiuta;

- indica l’attenta considerazione degli interessi giuridici facenti capo ai soggetti collocati in graduatorie ancora efficaci.

48. Va osservato, ancora, che la disciplina riguardante l’efficacia triennale delle graduatorie, che in origine aveva una portata circoscritta e contingente, è ora racchiusa in una fonte legislativa di portata generale, l’articolo 35, comma 5-ter, del testo unico del pubblico impiego, assumendo il rango di regola generale.

La formulazione della norma non è più imperniata sull’attribuzione di una facoltà puramente discrezionale, ma, mediante l’uso dell’indicativo presente (“rimangono vigenti”), evidenzia il carattere tipicamente obbligatorio della prescrizione.

49. Non può trascurarsi, poi, che l’opzione di riconnettere una discrezionalità limitata alla amministrazione circa le modalità dell’assunzione, accordando tendenziale preferenza allo scorrimento, appare maggiormente rispettosa dei principi di trasparenza e di imparzialità.

Infatti, come esattamente evidenziato dall’ordinanza di deferimento alla Plenaria, “se si considera che i nominativi dei soggetti in graduatoria sono ben noti a tutti, potrebbe indebitamente interferire sulla decisione di utilizzare o meno la graduatoria (ove l’amministrazione avesse mano libera in tal senso) il maggiore o minore che i soggetti che vi si trovano incontrano presso l’ente che deve provvedere all’assunzione”.

50. Ne deriva, quindi, che sul piano dell’ordinamento positivo, si è ormai realizzata la sostanziale inversione del rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace. Quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta ormai la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico.

51. La riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è comunque assoluta e incondizionata.

Sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell’obbligo di motivazione.

In tale contesto si situano, in primo luogo, le ipotesi in cui speciali disposizioni legislative impongano una precisa cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere, tipiche di determinati settori del personale pubblico. In tali eventualità emerge il dovere primario dell’amministrazione di bandire una nuova procedura selettiva, in assenza di particolari ragioni di opportunità per l’assunzione degli idonei collocati nelle preesistenti graduatorie.

52. Vanno segnalate, poi, alcune ipotesi di fatto, in cui si manifesta l’opportunità, se non la necessità, di procedere all’indizione di un nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie ancora efficaci, con la conseguente attenuazione dell’obbligo di motivazione, e a tal fine la vicenda in esame fornisce un esempio significativo.

53. Anzitutto, può assumere rilievo l’esigenza preminente di determinare, attraverso le nuove procedure concorsuali, la stabilizzazione del personale precario, in attuazione delle apposite regole speciali in materia. Tale finalità, tuttavia, non esime l’amministrazione dall’obbligo di valutare, comparativamente, in ogni caso, anche le posizioni giuridiche e le aspettative dei soggetti collocati nella graduatoria come idonei. La normativa speciale in materia, infatti, non risulta formulata in modo da imporre la indiscriminata prevalenza delle procedure di stabilizzazione, ma lascia all’amministrazione un rilevante potere di valutazione discrezionale in ordine ai contrapposti interessi coinvolti.

Nel caso oggetto del presente giudizio, gli atti impugnati hanno ripetutamente menzionato il riferimento al procedimento di stabilizzazione. Le scelte finali dell’amministrazione si sono poi concretizzate nella indizione non già di concorsi interamente riservati al personale precario, bensì nella sola previsione di una riserva in favore di tali soggetti.

54. In secondo luogo, può acquistare rilievo l’intervenuta modifica sostanziale della disciplina applicabile alla procedura concorsuale, rispetto a quella riferita alla graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo al contenuto delle prove di esame e ai requisiti di partecipazione.

Nella vicenda oggetto del presente giudizio, le nuove procedure concorsuali prevedono significative diversità rispetto a quella conclusasi con la graduatoria approvata nel 2005. Le differenze riguardano l’introduzione di una prova di lingua straniera e una più specifica indicazione dell’oggetto delle prove di contenuto giuridico. Infatti, in queste ultime non soltanto si fa riferimento alla “legislazione universitaria”, genericamente intesa, ma, in modo maggiormente dettagliato, si considerano anche i “procedimenti in atto presso l’Università, con l’uso di apparecchiature informatiche”.

Dette circostanze risultano idonee a giustificare l’opzione di bandire nuove procedure selettive.

55. In terzo luogo, deve attribuirsi risalto determinante anche all’esatto contenuto dello specifico profilo professionale per la cui copertura è indetto il nuovo concorso e alle eventuali distinzioni rispetto a quanto descritto nel bando relativo alla preesistente graduatoria.

Nella vicenda in esame rileva la circostanza che i nuovi posti messi a concorso riguardino, precisamente, le strutture di alcune delle Facoltà universitarie e di altre strutture didattiche dell’Ateneo, mentre la procedura concorsuale approvata il 28 dicembre 2005 era riferita ad un diverso posto, istituito presso la Direzione amministrativa.

Inoltre, alcuni dei posti considerati nei due bandi impugnati sono di nuova istituzione rispetto a quello contemplato nella originaria procedura concorsuale approvata nel dicembre 2005.

56. Difatti, mentre la prima procedura concorsuale faceva riferimento, genericamente, ad un posto di categoria C – area amministrativa, collocato presso la Direzione Amministrativa dell’Ateneo, senza illustrarne il contenuto, il bando di cui al decreto n. 449 del 30 ottobre 2008 stabilisce con chiarezza la destinazione del personale e descrive dettagliatamente il diverso profilo professionale richiesto: esso “dovrà assicurare l’istruzione degli atti amministrativi, con particolare riguardo alle attività didattiche, front office e tutorato, per le quali sono richieste conoscenze teorico-pratiche necessarie per la corretta applicazione di norme, nell’ambito di direttive ed elaborazioni da parte ad appartenenti a qualifiche superiori. Dovrà integrare le procedure di semplice esecuzione con la raccolta, il controllo, l’elaborazione e il coordinamento di informazioni necessarie all’attuazione degli atti amministrativi, anche mediante l’uso di apparecchiature per l’elaborazione automatica dei dati. Dovrà, altresì, garantire il supporto all’attivazione di convenzioni per lo svolgimento di tirocini e stages.”

57. Ancora, sempre con riferimento alle rilevanti differenze di contenuto sostanziale tra i posti messi a concorso e quello indicato nella precedente procedura, non può dimenticarsi, che una delle due procedure concorsuali in contestazione è finalizzata alla costituzione di 14 rapporti di lavoro a tempo determinato: si tratta, quindi, di posti non coincidenti con quello, a tempo indeterminato, contemplato dall’originario concorso del 2005.

58. In sintesi, è ragionevole ritenere che, nella presente vicenda contenziosa, l’Università abbia correttamente stabilito di procedere alla indizione di nuovi concorsi, anche prescindendo dalla circostanza, assorbente, riguardante il venir meno della efficacia della precedente graduatoria.

Ed è significativo che la decisione adottata dall’Università, riguardante l’avvio delle nuove procedure concorsuali sia conseguita ad una attenta e complessiva attività di ricognizione delle vacanze in organico e di programmazione pluriennale delle assunzioni. In presenza di tali circostanze pretendere una specifica motivazione della scelta appare del tutto ridondante.

59. Da ultimo, va precisato che l’affermazione di un dovere più stringente delle amministrazioni di procedere prioritariamente allo scorrimento delle graduatorie, per la copertura dei posti vacanti, non incide sulla soluzione del problema concernente la qualificazione della posizione giuridica del concorrente idoneo, il quale contesti l’avvio di una nuova procedura concorsuale, né comporta riflessi sulla giurisdizione del giudice amministrativo.

Al proposito, le Sezioni Unite della Cassazione hanno da tempo consolidato il principio secondo cui la contestazione della procedura di indizione di un concorso, fondata sull’affermazione di un “diritto allo scorrimento”, si basa sulla deduzione non già di una carenza di potere dell’amministrazione, ma di un vizio di violazione di legge, la cui cognizione spetta, in ogni caso, al giudice amministrativo.

60. In questo senso, si pone l’articolata ordinanza 9 febbraio 2009, n. 3055, delle Sezioni Unite, secondo cui la contrapposizione tra la tesi, che assegna all'amministrazione un ampio potere di valutazione discrezionale e l’opinione secondo la quale la disciplina positiva obbliga l'amministrazione a realizzare la semplificazione e l'economia connesse all'utilizzo delle graduatorie approvate in precedenza, escludendo senz'altro l'espletamento di nuove procedure, costituisce “un problema strettamente di merito, la cui soluzione, pertanto, non interessa la giurisdizione, atteso che, anche aderendo alla seconda delle tesi esposte, il provvedimento di apertura della procedura concorsuale risulterebbe affetto dal vizio di violazione di legge, non certo emanato in carenza di potere (ovvero nullo perché viziato da "difetto assoluto di attribuzione", ai sensi della legge n. 241 del 1990).”

61. In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.

62. Ai sensi dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo, l’Adunanza Plenaria enuncia il principio di diritto espresso nella motivazione della presente decisione, così riassunto: “In presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l’amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l’indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti”.

63. Le spese del grado possono essere compensate, tenendo conto della complessità e opinabilità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

Respinge l'appello.

Spese compensate.

Enuncia il principio di diritto indicato nella motivazione, ai sensi dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Pasquale de Lise, Presidente del Consiglio di Stato

Giancarlo Coraggio, Presidente di Sezione

Gaetano Trotta, Presidente di Sezione

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Stefano Baccarini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere, Estensore

Marzio Branca, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Anna Leoni, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI STATO

L'ESTENSORE

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/07/2011

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Il Dirigente della Sezione

giovedì 22 settembre 2011

Processo Civile, riforma, da 33 in 3 riti.

il Decreto legislativo n. 150 del 1° settembre 2011 recante "Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”, (Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 20119,

riduce i riti a 3:


1) Rito ordinario di cognizione, regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile;

2) Rito del lavoro, regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile;

3) Rito sommario di cognizione, regolato dalle norme del capo III bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile.


DECRETO LEGISLATIVO 1 settembre 2011 , n. 150

Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
(11G0192)

(G.U. n. 220 del 21-9-2011)


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili;

Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 2011;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° settembre 2011;

Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Capo I - Disposizioni Generali

Art. 1
Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) Rito ordinario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile;

b) Rito del lavoro: il procedimento regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile;

c) Rito sommario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del capo III bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile.






Art. 2


Disposizioni comuni alle controversie disciplinate
dal rito del lavoro


1. Nelle controversie disciplinate dal Capo II, non si applicano, salvo che siano espressamente richiamati, gli articoli 413, 415, settimo comma, 417, 417-bis, 420-bis, 421, terzo comma, 425, 426, 427, 429, terzo comma, 431, dal primo al quarto comma e sesto comma, 433, 438, secondo comma, e 439 del codice di procedura civile.

2. L'ordinanza prevista dall'articolo 423, secondo comma, del codice di procedura civile puo' essere concessa su istanza di ciascuna parte.

3. L'articolo 431, quinto comma, si applica alle sentenze di condanna a favore di ciascuna delle parti. 4. Salvo che sia diversamente disposto, i poteri istruttori previsti dall'articolo 421, secondo comma, del codice di procedura civile non vengono esercitati al di fuori dei limiti previsti dal codice civile.







Art. 3


Disposizioni comuni alle controversie disciplinate dal rito sommario di cognizione

1. Nelle controversie disciplinate dal Capo III, non si applicano i commi secondo e terzo dell'articolo 702-ter del codice di procedura civile.


2. Quando la causa e' giudicata in primo grado in composizione collegiale, con il decreto di cui all'articolo 702-bis, terzo comma, del codice di procedura civile il presidente del collegio designa il giudice relatore. Il presidente puo' delegare l'assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio.

3. Fermo quanto previsto dai commi 1 e 2, quando e' competente la corte di appello in primo grado il procedimento e' regolato dagli articoli 702-bis e 702-ter del codice di procedura civile.





Art. 4


Mutamento del rito

1. Quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza.

2. L'ordinanza prevista dal comma 1 viene pronunciata dal giudice, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti.

3. Quando la controversia rientra tra quelle per le quali il presente decreto prevede l'applicazione del rito del lavoro, il giudice fissa l'udienza di cui all'articolo 420 del codice di procedura civile e il termine perentorio entro il quale le parti devono provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.

4. Quando dichiara la propria incompetenza, il giudice dispone che la causa sia riassunta davanti al giudice competente con il rito stabilito dalle disposizioni del presente decreto.

5. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.



Art. 5


Sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato

1. Nei casi in cui il presente decreto prevede la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato il giudice vi provvede, se richiesto e sentite le parti, con ordinanza non impugnabile, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni esplicitamente indicate nella motivazione.

2. In caso di pericolo imminente di un danno grave e irreparabile, la sospensione puo' essere disposta con decreto pronunciato fuori udienza. La sospensione diviene inefficace se non e' confermata, entro la prima udienza successiva, con l'ordinanza di cui al comma 1.




Capo II - Delle controversie regolate dal rito del lavoro


Art. 6


Dell'opposizione ad ordinanza-ingiunzione

1. Le controversie previste dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

2. L'opposizione si propone davanti al giudice del luogo in cui e' stata commessa la violazione.

3. Salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, e salve le competenze stabilite da altre disposizioni di legge, l'opposizione si propone davanti al giudice di pace.

4. L'opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione e' stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro;

b) di previdenza e assistenza obbligatoria;

c) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette;

d) di igiene degli alimenti e delle bevande;

e) valutaria;

f) di antiriciclaggio.

5. L'opposizione si propone altresi' davanti al tribunale:

a) se per la violazione e' prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 euro;

b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, e' stata applicata una sanzione superiore a 15.493 euro;

c) quando e' stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

6. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e puo' essere depositato anche a mezzo del servizio postale.

7. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.

8. Con il decreto di cui all'articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonche' alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso e il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente e all'autorita' che ha emesso l'ordinanza.

9. Nel giudizio di primo grado l'opponente e l'autorita' che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente.
L'autorita' che ha emesso l'ordinanza puo' avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Nel giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di cui all'articolo 205 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il prefetto puo' farsi rappresentare in giudizio dall'amministrazione cui appartiene l'organo accertatore, la quale vi provvede a mezzo di propri funzionari appositamente delegati, laddove sia anche destinataria dei proventi della sanzione, ai sensi dell'articolo 208 del medesimo decreto.

10. Alla prima udienza, il giudice:

a) quando il ricorso e' proposto oltre i termini di cui al comma 6, lo dichiara inammissibile con sentenza;

b) quando l'opponente o il suo difensore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, convalida con ordinanza appellabile il provvedimento opposto e provvede sulle spese, salvo che l'illegittimita' del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente, ovvero l'autorita' che ha emesso l'ordinanza abbia omesso il deposito dei documenti di cui al comma 8.

11. Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilita' dell'opponente.

12. Con la sentenza che accoglie l'opposizione il giudice puo' annullare in tutto o in parte l'ordinanza o modificarla anche limitatamente all'entita' della sanzione dovuta, che e' determinata in una misura in ogni caso non inferiore al minimo edittale. Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l'articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile.

13. Salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.




Art. 7


Dell'opposizione al verbale di accertamento
di violazione del codice della strada

1. Le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada di cui all'articolo 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente stabilito dalle disposizioni del presente articolo.

2. L'opposizione si propone davanti al giudice di pace del luogo in cui e' stata commessa la violazione.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla data di contestazione della violazione o di notificazione del verbale di accertamento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero e puo' essere depositato anche a mezzo del servizio postale. Il ricorso e' altresi' inammissibile se e' stato previamente presentato ricorso ai sensi dell'articolo 203 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

4. L'opposizione si estende anche alle sanzioni accessorie.

5. La legittimazione passiva spetta al prefetto, quando le violazioni opposte sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti dello Stato, nonche' da funzionari e agenti delle Ferrovie dello Stato, delle ferrovie e tranvie in concessione e dell'ANAS;
spetta a regioni, province e comuni, quando le violazioni sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni.

6. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.

7. Con il decreto di cui all'articolo 415, secondo comma, del codice di procedura civile il giudice ordina all'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell'udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonche' alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente ed ai soggetti di cui al comma 5.

8. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente. L'amministrazione resistente puo' avvalersi anche di funzionari appositamente delegati.

9. Alla prima udienza, il giudice:

a) nei casi previsti dal comma 3 dichiara inammissibile il ricorso con sentenza;

b) quando l'opponente o il suo difensore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, convalida con ordinanza appellabile il provvedimento opposto e provvede sulle spese, salvo che la illegittimita' del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente, ovvero l'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato abbia omesso il deposito dei documenti di cui al comma 7.

10. Con la sentenza che accoglie l'opposizione il giudice puo' annullare in tutto o in parte il provvedimento opposto. Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilita' dell'opponente. Non si applica l'articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile.

11. Con la sentenza che rigetta l'opposizione il giudice determina l'importo della sanzione in una misura compresa tra il minimo e il massimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata.
Il pagamento della somma deve avvenire entro i trenta giorni successivi alla notificazione della sentenza e deve essere effettuato a vantaggio dell'amministrazione cui appartiene l'organo accertatore, con le modalita' di pagamento da questa determinate.

12. Quando rigetta l'opposizione, il giudice non puo' escludere l'applicazione delle sanzioni accessorie o la decurtazione dei punti dalla patente di guida.

13. Salvo quanto previsto dall'articolo 10, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.




Capo II Delle controversie regolate dal rito del lavoro


Art. 8


Dell'opposizione a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti

1. Le controversie previste dall'articolo 75, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono regolate dall'articolo 6 del presente decreto, salvo quanto previsto dal comma 2.

2. Sono competenti il giudice di pace, e nel caso di trasgressore minorenne, il tribunale per i minorenni del luogo ove ha sede il prefetto che ha pronunciato il provvedimento impugnato.





Art. 9


Dell'opposizione ai provvedimenti di recupero di aiuti di Stato

1. Ove non diversamente disposto dal presente articolo, le controversie in materia di recupero degli aiuti di Stato previste dall'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, sono regolate dalle disposizioni contenute nell'articolo 6 del presente decreto, in quanto compatibili, ad eccezione dei commi 2, 3, 4, 5, 9 e 13.

2. Nelle controversie di cui al comma 1, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5, e nei giudizi civili aventi ad oggetto un titolo giudiziale di pagamento conseguente a una decisione di recupero, il giudice, su richiesta di parte, puo' sospendere l'efficacia esecutiva del titolo amministrativo o giudiziale di pagamento se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni:

a) gravi motivi di illegittimita' della decisione di recupero, ovvero evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell'aiuto di Stato o evidente errore nel calcolo della somma da recuperare e nei limiti di tale errore;

b) pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile.

3. Quando accoglie l'istanza di sospensione per motivi attinenti alla illegittimita' della decisione di recupero, il giudice provvede all'immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea, se ad essa non sia stata gia' deferita la questione di validita' dell'atto comunitario contestato. L'istanza di sospensione non puo' in ogni caso essere accolta per motivi attinenti alla legittimita' della decisione di recupero quando la parte istante, pur avendone facolta' perche' individuata o chiaramente individuabile, non abbia proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi dell'articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e successive modificazioni, ovvero quando, avendo proposto l'impugnazione, non abbia richiesto la sospensione della decisione di recupero ai sensi dell'articolo 278 del Trattato medesimo ovvero l'abbia richiesta e la sospensione non sia stata concessa.

4. Fuori dei casi in cui e' stato disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, quando accoglie l'istanza di sospensione il giudice fissa la data dell'udienza di trattazione nel termine di trenta giorni. La causa e' decisa nei successivi sessanta giorni.

5. Il presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, vigila sul rispetto dei termini di cui al comma 4 e riferisce con relazione trimestrale, rispettivamente, al presidente del tribunale o della corte di appello per le determinazioni di competenza. Nei tribunali non divisi in sezioni le funzioni di vigilanza sono svolte direttamente dal presidente del tribunale.




Art. 10

Delle controversie in materia di applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali

1. Le controversie previste dall'articolo 152 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale del luogo in cui ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, come definito dall'articolo 4 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

3. Il ricorso avverso i provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento o dalla data del rigetto tacito, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

4. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.

5. Se alla prima udienza il ricorrente non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l'estinzione del processo, ponendo a carico del ricorrente le spese di giudizio.

6. La sentenza che definisce il giudizio non e' appellabile e puo' prescrivere le misure necessarie anche in deroga al divieto di cui all'articolo 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), anche in relazione all'eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile dei dati, nonche' il risarcimento del danno.






Art. 11


Delle controversie agrarie

1. Le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. Sono competenti le sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320.

3. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia nelle materie indicate dal comma 1 e' tenuto a darne preventiva comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio.

4. Il capo dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione.

5. Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto dalle parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell'ispettorato.

6. Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti.

7. Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3, ciascuna delle parti e' libera di adire l'autorita' giudiziaria competente.

8. Quando l'affittuario viene convenuto in giudizio per morosita', il giudice, alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un termine, non inferiore a trenta e non superiore a novanta giorni, per il pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni del valore della moneta secondo gli indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la morosita'.

9. Quando il giudice pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro in favore dell'affittuario, si applica l'articolo 429, terzo comma, del codice di procedura civile.

10. Costituisce grave ed irreparabile danno, ai sensi dell'articolo 373 del codice di procedura civile, anche l'esecuzione di sentenza che privi il concessionario di un fondo rustico del principale mezzo di sostentamento suo e della sua famiglia, o possa risultare fonte di serio pericolo per l'integrita' economica dell'azienda o per l'allevamento di animali.

11. Il rilascio del fondo puo' avvenire solo al termine dell'annata agraria durante la quale e' stata emessa la sentenza che lo dispone.






Art. 12


Dell'impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti

1. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti di rigetto delle istanze previste dall'articolo 4 della legge 12 febbraio 1955, n. 77, e quelle avverso la mancata decisione sulle medesime istanze sono regolate dal rito del lavoro.

2. E' competente il giudice di pace del luogo in cui risiede il debitore protestato.





Art. 13


Dell'opposizione ai provvedimenti in materia di riabilitazione del debitore protestato

1. Le controversie aventi ad oggetto l'opposizione al provvedimento di diniego di riabilitazione di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 7 marzo 1996, n. 108, ovvero al decreto di riabilitazione ai sensi del comma 4 del medesimo articolo sono soggette al rito del lavoro, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente la corte di appello.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento di diniego di riabilitazione o dalla pubblicazione del decreto di riabilitazione effettuata ai sensi dell'articolo 17, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

4. Il provvedimento che accoglie il ricorso e' pubblicato nel registro informatico dei protesti cambiari.




Capo III - Delle controversie regolate dal rito sommario di cognizione


Art. 14


Delle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato

1. Le controversie previste dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l'opposizione proposta a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente l'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale.

3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.

4. L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile.





Art. 15


Dell'opposizione a decreto di pagamento
di spese di giustizia

1. Le controversie previste dall'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. Il ricorso e' proposto al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.
Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale e' competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello e' competente il presidente della corte di appello.

3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.

4. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.

5. Il presidente puo' chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

6. L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile.




Art. 16

Delle controversie in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari

1. Le controversie previste dall'articolo 8 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, sono regolate dal rito sommario di cognizione.

2. E' competente il tribunale del luogo ove dimora il ricorrente.





Art. 17

Delle controversie in materia di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari

1. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per gli altri motivi di pubblica sicurezza di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, nonche' per i motivi di cui all'articolo 21 del medesimo decreto legislativo, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
2. E' competente il tribunale, in composizione monocratica, del luogo in cui ha sede l'autorita' che ha adottato il provvedimento impugnato.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e puo' essere depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorita' giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza. La procura speciale al difensore e' rilasciata altresi' dinanzi all'autorita' consolare.

4. Il ricorrente puo' stare in giudizio personalmente.

5. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. L'allontanamento dal territorio italiano non puo' avere luogo fino alla pronuncia sull'istanza di sospensione, salvo che il provvedimento sia fondato su una precedente decisione giudiziale o su motivi imperativi di pubblica sicurezza. Il giudice decide sull'istanza di sospensione prima della scadenza del termine entro il quale il ricorrente deve lasciare il territorio nazionale.

6. Quando il ricorso e' rigettato, il ricorrente deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.




Art. 18


Delle controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione europea

1. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione del decreto di espulsione pronunciato dal prefetto ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorita' che ha disposto l'espulsione.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e puo' essere depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorita' giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza. La procura speciale al difensore e' rilasciata altresi' dinanzi all'autorita' consolare.

4. Il ricorrente e' ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, e' assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonche', ove necessario, da un interprete.

5. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato a cura della cancelleria all'autorita' che ha emesso il provvedimento almeno cinque giorni prima della medesima udienza.

6. L'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato puo' costituirsi fino alla prima udienza e puo' stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati.

7. Il giudizio e' definito, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso.

8. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

9. L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile.





Art. 19


Delle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale

1. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale, in composizione monocratica, del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Sull'impugnazione dei provvedimenti emessi dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo e' competente il tribunale, in composizione monocratica, del capoluogo del distretto di corte di appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento di cui e' stata dichiarata la revoca o la cessazione. Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.
25, e' competente il tribunale, in composizione monocratica, che ha sede nel capoluogo di distretto di corte di appello in cui ha sede il centro ove il ricorrente e' accolto o trattenuto.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero, e puo' essere depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorita' giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza. La procura speciale al difensore e' rilasciata altresi' dinanzi all'autorita' consolare. Nei casi di accoglienza o trattenimento disposti ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, i termini previsti dal presente comma sono ridotti della meta'.

4. La proposizione del ricorso sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso viene proposto:

a) da parte di soggetto ospitato nei centri di accoglienza ai sensi dell'articolo 20, comma 2, lettere b) e c), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, o trattenuto ai sensi dell'articolo 21 del medesimo decreto legislativo, ovvero

b) avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria, ovvero

c) avverso il provvedimento adottato dalla Commissione territoriale nell'ipotesi prevista dall'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ovvero

d) avverso il provvedimento adottato dalla Commissione territoriale che ha dichiarato l'istanza manifestamente infondata ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis), del citato decreto legislativo.

5. Nei casi previsti dal comma 4, lettere a), b), c) e d), l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. Quando l'istanza di sospensione viene accolta, al ricorrente e' rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo e ne viene disposta l'accoglienza ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25.

6. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati, a cura della cancelleria, all'interessato e al Ministero dell'interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero.

7. Il Ministero dell'interno, limitatamente al giudizio di primo grado, puo' stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di un rappresentante designato dalla Commissione che ha adottato l'atto impugnato. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 417-bis, secondo comma, del codice di procedura civile.

8. La Commissione che ha adottato l'atto impugnato puo' depositare tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell'istruttoria e il giudice puo' procedere anche d'ufficio agli atti di istruzione necessari per la definizione della controversia.

9. L'ordinanza che definisce il giudizio rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria ed e' comunicata alle parti a cura della cancelleria.

10. La controversia e' trattata in ogni grado in via di urgenza.




Art. 20

Dell'opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonche' agli altri provvedimenti dell'autorita' amministrativa in materia di diritto all'unita' familiare

1. Le controversie previste dall'articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale in composizione monocratica del luogo in cui il ricorrente ha la residenza.

3. L'ordinanza che accoglie il ricorso puo' disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta.

4. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa.




Art. 21


Dell'opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio

1. Le controversie previste dall'articolo 5 della legge 13 maggio 1978, n. 180, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale in composizione collegiale e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

3. Il ricorso su iniziativa del sindaco, ai sensi dell'articolo 5, comma secondo, della legge 13 maggio 1978, n. 180, deve essere proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo 3, secondo comma, della medesima legge.

4. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso puo' essere presentato a mezzo del servizio postale.

5. In deroga a quanto previsto dall'articolo 5, il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, puo' sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l'udienza di comparizione e d'ufficio. Sulla richiesta di sospensione il presidente provvede entro dieci giorni.

6. Il tribunale puo' assumere informazioni e disporre l'assunzione di prove d'ufficio.

7. Il procedimento e' esente dal contributo unificato e la decisione non e' soggetta a registrazione.





Art. 22

Delle azioni popolari e delle controversie in materia di eleggibilita', decadenza ed incompatibilita' nelle elezioni comunali, provinciali e regionali

1. Le controversie previste dall'articolo 82, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, quelle previste dall'articolo 7, secondo comma, della legge 23 dicembre 1966, n. 1147, quelle previste dall'articolo 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, e quelle previste dall'articolo 70 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. Le azioni popolari e le impugnative consentite per quanto concerne le elezioni comunali sono di competenza del tribunale della circoscrizione territoriale in cui e' compreso il comune medesimo. Le azioni popolari e le impugnative consentite per quanto concerne le elezioni provinciali sono di competenza del tribunale della circoscrizione territoriale in cui e' compreso il capoluogo della provincia. Le azioni popolari e le impugnative consentite per quanto concerne le elezioni regionali sono di competenza del tribunale del capoluogo della regione.

3. Il tribunale giudica in composizione collegiale e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

4. Il ricorso avverso le deliberazioni adottate in materia di eleggibilita' deve essere proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla data finale di pubblicazione della deliberazione, ovvero dalla data della notificazione di essa, quando e' necessaria.
Il termine e' di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

5. I termini per la notifica del ricorso e la costituzione delle parti sono perentori.

6. L'ordinanza che definisce il giudizio e' immediatamente trasmessa in copia a cura del cancelliere al sindaco, al presidente della giunta provinciale ovvero al presidente della regione perche' entro ventiquattro ore dal ricevimento provveda alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo nell'albo dell'ente.

7. Contro l'ordinanza pronunciata dal tribunale puo' essere proposto appello da qualsiasi cittadino elettore dell'ente locale o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, dal procuratore della Repubblica, nonche' dal prefetto quando ha promosso l'azione d'ineleggibilita'.

8. L'efficacia esecutiva dell'ordinanza pronunciata dal tribunale e' sospesa in pendenza di appello.

9. Il termine di cui all'articolo 702-quater decorre, per ogni altro cittadino elettore o diretto interessato, dall'ultimo giorno della pubblicazione del dispositivo dell'ordinanza nell'albo dell'ente.

10. Contro la decisione della corte di appello la parte soccombente e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla sua comunicazione.

11. Il presidente della corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa l'udienza di discussione. Tutti i termini del procedimento sono ridotti della meta'.

12. Il giudice, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo.

13. Il provvedimento che definisce il giudizio e' immediatamente comunicato al sindaco, al presidente della giunta provinciale ovvero al presidente della regione, che subito ne cura la notificazione, senza spese, agli interessati. Eguale comunicazione e' data al prefetto per le controversie inerenti elezioni regionali.

14. Le parti possono stare in giudizio personalmente in ogni grado.

15. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa, imposta e spesa di cancelleria.

16. La controversia e' trattata in ogni grado in via di urgenza.





Art. 23


Delle azioni in materia di eleggibilita' e incompatibilita' nelle elezioni per il Parlamento europeo

1. Le controversie previste dall'articolo 44 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente la corte di appello nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio elettorale che ha proclamato l'elezione o la surrogazione e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei nominativi degli eletti a norma dell'articolo 24 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

4. I termini per la notifica del ricorso e la costituzione delle parti sono perentori.

5. L'ordinanza che definisce il giudizio, ove non sia stato proposto ricorso per cassazione, e' immediatamente trasmessa in copia, a cura del cancelliere, al presidente dell'ufficio elettorale nazionale, per l'esecuzione.

6. Contro la decisione della corte di appello la parte soccombente e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla sua comunicazione.

7. Il presidente della corte di cassazione, con decreto steso in calce al ricorso medesimo, fissa l'udienza di discussione. Tutti i termini del procedimento sono ridotti alla meta'. La sentenza e' immediatamente pubblicata e trasmessa, a cura del cancelliere, per l'esecuzione al presidente dell'Ufficio elettorale nazionale.

8. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa, imposta e spesa di cancelleria.

9. La controversia e' trattata in ogni grado in via di urgenza.




Art. 24


Dell'impugnazione delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo

1. Le controversie previste dall'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente la corte di appello nella cui circoscrizione ha sede la Commissione elettorale circondariale che ha emesso la decisione impugnata e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

3. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione di cui al quarto comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, quando il ricorrente e' lo stesso cittadino che aveva reclamato o aveva presentato direttamente alla Commissione una domanda d'iscrizione o era stato dalla Commissione medesima cancellato dalle liste. In tutti gli altri casi il ricorso e' proposto, anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per territorio, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dall'ultimo giorno di pubblicazione della lista rettificata. I termini sono raddoppiati per i cittadini residenti all'estero di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.

4. Il ricorso e' notificato, col relativo decreto di fissazione d'udienza, al cittadino o ai cittadini interessati e alla Commissione elettorale.

5. Nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione tutti i termini del procedimento sono ridotti alla meta' fatta eccezione per i ricorsi dei cittadini residenti all'estero.

6. Le parti possono stare in giudizio personalmente in ogni grado.

7. Il provvedimento che definisce il giudizio e' comunicato immediatamente dalla cancelleria al presidente della Commissione elettorale circondariale e al sindaco che ne cura, senza spesa, l'esecuzione e la notificazione agli interessati.

8. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa, imposta e spesa di cancelleria.

9. La controversia e' trattata in ogni grado in via di urgenza.




Art. 25

Delle controversie in materia di riparazione a seguito di illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche

1. Le controversie previste dall'articolo 4 del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, sono regolate dal rito sommario di cognizione.





Art. 26


Dell'impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai

1. Le controversie in materia di impugnazione dei provvedimenti disciplinari e quelle in materia di impugnazione delle misure cautelari rispettivamente previste dagli articoli 158 e 158-novies della legge 16 febbraio 1913, n. 89, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente la corte di appello del distretto nel quale ha sede la Commissione amministrativa regionale di disciplina che ha pronunciato il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti cautelari pronunciati dalla corte di appello ai sensi dell'articolo 158-septies, comma 2, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e' competente la corte di appello nel cui distretto e' ubicata la sede della Commissione piu' vicina. Al giudizio partecipa il pubblico ministero.

3. Il ricorso avverso il provvedimento disciplinare va proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione della decisione, a cura della parte interessata o, in difetto, nel termine di sei mesi dal suo deposito. Il ricorso avverso la misura cautelare va proposto, a pena di inammissibilita', entro dieci giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato.

4. Contro la decisione della corte di appello sul reclamo avverso il provvedimento disciplinare e' ammesso ricorso per cassazione nei soli casi previsti dai numeri 3) e 5) del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura civile.

5. Contro la decisione della corte di appello sul reclamo avverso il provvedimento cautelare e' ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.

6. La Corte di cassazione pronuncia con sentenza in camera di consiglio, sentite le parti.





Art. 27


Dell'impugnazione delle deliberazioni
del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti

1. Le controversie previste dall'articolo 63 della legge 2 febbraio 1963, n. 69, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale in composizione collegiale del capoluogo del distretto in cui ha sede il Consiglio regionale o interregionale dell'Ordine dei giornalisti presso cui il giornalista e' iscritto od ove la elezione contestata si e' svolta e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

3. Presso il tribunale e presso la corte di appello il collegio e' integrato da un giornalista e da un pubblicista nominati in numero doppio, ogni quadriennio, all'inizio dell'anno giudiziario dal presidente della corte di appello su designazione del Consiglio nazionale dell'Ordine. Il giornalista professionista ed il pubblicista, alla scadenza dell'incarico, non possono essere nuovamente nominati.

4. Il ricorso e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento impugnato, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

5. L'ordinanza che accoglie il ricorso puo' annullare, revocare o modificare la deliberazione impugnata.




Art. 28


Delle controversie in materia di discriminazione

1. Le controversie in materia di discriminazione di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle di cui all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio.

3. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente.

4. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si puo' presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata.

5. Con l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo' condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di impedire la ripetizione della discriminazione, il giudice puo' ordinare di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento discriminatorio di carattere collettivo, il piano e' adottato sentito l'ente collettivo ricorrente.

6. Ai fini della liquidazione del danno, il giudice tiene conto del fatto che l'atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.

7. Quando accoglie la domanda proposta, il giudice puo' ordinare la pubblicazione del provvedimento, per una sola volta e a spese del convenuto, su un quotidiano di tiratura nazionale. Dell'ordinanza e' data comunicazione nei casi previsti dall'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, e dall'articolo 55-quinquies, comma 8, del decreto legislativo 11 aprile 2006, n.
198.




Art. 29


Delle controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilita'

1. Le controversie aventi ad oggetto l'opposizione alla stima di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 327, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente la corte di appello nel cui distretto si trova il bene espropriato.

3. L'opposizione va proposta, a pena di inammissibilita', entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest'ultima sia successiva al decreto di esproprio. Il termine e' di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

4. Il ricorso e' notificato all'autorita' espropriante, al promotore dell'espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell'espropriazione, se attore e' il proprietario del bene, ovvero all'autorita' espropriante e al proprietario del bene, se attore e' il promotore dell'espropriazione. Il ricorso e' notificato anche al concessionario dell'opera pubblica, se a questi sia stato affidato il pagamento dell'indennita'.






Art. 30

Delle controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento

1. Le controversie aventi ad oggetto l'attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria di cui all'articolo 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218, sono regolate dal rito sommario di cognizione.

2. E' competente la corte di appello del luogo di attuazione del provvedimento.




Capo IV - Delle controversie regolate dal rito ordinario di cognizione


Art. 31


Delle controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso

1. Le controversie aventi ad oggetto la rettificazione di attribuzione di sesso ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 aprile 1982, n. 164, sono regolate dal rito ordinario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E' competente il tribunale, in composizione collegiale, del luogo dove ha residenza l'attore.

3. L'atto di citazione e' notificato al coniuge e ai figli dell'attore e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

4. Quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato. Il procedimento e' regolato dai commi 1, 2 e 3.

5. Con la sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso il tribunale ordina all'ufficiale di stato civile del comune dove e' stato compilato l'atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro.

6. La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso non ha effetto retroattivo. Essa determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Si applicano le disposizioni del codice civile e della legge 1° dicembre 1970, n. 898.




Art. 32

Dell'opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici

1. Le controversie in materia di opposizione all'ingiunzione per il pagamento delle entrate patrimoniali degli enti pubblici di cui all'articolo 3 del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sono regolate dal rito ordinario di cognizione.

2. E' competente il giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento opposto. 3. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.





Art. 33


Delle controversie in materia di liquidazione degli usi civici

1. L'appello contro le decisioni dei commissari regionali di cui all'articolo 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e' regolato dal rito ordinario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. Sono competenti, rispettivamente, la corte di appello di Palermo, per i provvedimenti pronunciati dal commissario regionale per la liquidazione degli usi civici per la Regione Siciliana, e la corte di appello di Roma, per i provvedimenti pronunciati dai commissari regionali delle restanti regioni.

3. L'appello e' proposto, a pena di inammissibilita', entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato.

4. L'appello contro decisioni preparatorie o interlocutorie puo' essere proposto soltanto dopo la decisione definitiva e unitamente all'impugnazione di questa.

5. L'atto di citazione e' notificato a tutti coloro che hanno interesse ad opporsi alla domanda di riforma della decisione impugnata e al giudizio partecipa il pubblico ministero.

6. Su richiesta della cancelleria della corte di appello, il commissario che ha pronunciato la decisione impugnata trasmette tutti gli atti istruttori compiuti nella causa.

7. La sentenza che definisce il giudizio e' comunicata, a cura della cancelleria, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.




Capo V - Disposizioni finali ed abrogazioni


Art. 34


Modificazioni e abrogazioni

1. Alla legge 24 novembre 1981, n. 689, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 22, il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Salvo quanto previsto dall'articolo 133 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e da altre disposizioni di legge, contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca gli interessati possono proporre opposizione dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria. L'opposizione e' regolata dall'articolo 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

b) all'articolo 22, i commi dal secondo al settimo sono abrogati;

c) gli articoli 22-bis e 23 sono abrogati.

2. All'articolo 6, comma 5, della legge 13 agosto 2010, n. 136 le parole: «in deroga a quanto previsto dall'articolo 22, primo comma, della citata legge n. 689 del 1981» sono sostituite dalle seguenti:
«in deroga a quanto previsto dall'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

3. All'articolo 8 del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 195, il comma 7 e' sostituito dal seguente: «7. Contro il decreto puo' essere proposta opposizione ai sensi dell'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689.».

4. All'articolo 262, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «di cui all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689» sono sostituite dalle seguenti: «previsto dall'articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689».

5. All'articolo 17 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Il ricorso sospende i termini di cui agli articoli 14 e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ed all'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150, ed i termini di legge per i ricorsi giurisdizionali avverso verbali degli enti previdenziali.».

6. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 204-bis e' sostituito dal seguente:


«Art. 204-bis.



(Ricorso in sede giurisdizionale).


1. Alternativamente alla proposizione del ricorso di cui all'articolo 203, il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell'articolo 196, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui e' consentito, possono proporre opposizione davanti all'autorita' giudiziaria ordinaria.
L'opposizione e' regolata dall'articolo 7 del decreto legislativo 1°
settembre 2011, n. 150.»;

b) l'articolo 205 e' sostituito dal seguente:


«Art. 205.



(Opposizione all'ordinanza-ingiunzione).


1. Contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria gli interessati possono proporre opposizione davanti all'autorita' giudiziaria ordinaria.
L'opposizione e' regolata dall'articolo 6 del decreto legislativo 1°
settembre 2011, n. 150.".

7. All'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, il comma 9 e' sostituito dal seguente: «9.
Avverso il decreto con il quale il prefetto irroga le sanzioni di cui al comma 1 ed eventualmente formula l'invito di cui al comma 2, che ha effetto dal momento della notifica all'interessato, puo' essere fatta opposizione dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall'articolo 8 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Copia del decreto e' contestualmente inviata al questore di cui al comma 8.».

8. All'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. I giudizi civili concernenti gli atti e le procedure volti al recupero di aiuti di Stato in esecuzione di una decisione di recupero adottata dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999 sono regolati dall'articolo 9 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 .»;

b) i commi da 2 a 6 sono abrogati.

9. All'articolo 152 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione,» sono inserite le seguenti: «nonche' le controversie previste dall'articolo 10, comma 5, della legge 1°
aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni,»;

b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: «1-bis. Le controversie di cui al comma 1 sono disciplinate dall'articolo 10 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) i commi da 2 a 14 sono abrogati.

10. Gli articoli 5, 6 e 7 della legge 2 marzo 1963, n. 320, sono abrogati.

11. L'articolo 26 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, e' abrogato.

12. Gli articoli 46 e 47 della legge 3 maggio 1982, n. 203, sono abrogati.

13. L'articolo 9 della legge 14 febbraio 1990, n. 29, e' abrogato.

14. All'articolo 4, comma 4, della legge 12 febbraio 1955, n. 77, il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal seguente: «Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall'articolo 12 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

15. All'articolo 17 della legge 7 marzo 1996, n. 108, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Avverso il diniego di riabilitazione il debitore puo' proporre opposizione.
L'opposizione e' disciplinata dall'articolo 13 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

b) al comma 4 la parola: «reclamabile» e' sostituita dalla seguente: «opponibile»;

c) al comma 4 le parole: «entro dieci giorni dalla pubblicazione»
sono abrogate;

d) il comma 5 e' abrogato.

16. Alla legge 13 giugno 1942, n. 794, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 28 e' sostituito dal seguente: «28. Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l'avvocato, dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 1°
settembre 2011, n. 150.»;

b) gli articoli 29 e 30 sono abrogati.

17. All'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e' sostituito al seguente: «1. Avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui e' affidato l'incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione. L'opposizione e' disciplinata dall'articolo 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

b) i commi 2 e 3 sono abrogati.

18. Al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 8 e' sostituito dal seguente:

«Art. 8.


(Ricorsi avverso il mancato riconoscimento del diritto di soggiorno)


1. Avverso il provvedimento di rifiuto e revoca del diritto di cui agli articoli 6 e 7, e' ammesso ricorso all'autorita' giudiziaria ordinaria. Le controversie previste dal presente articolo sono disciplinate dall'articolo 16 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150.»;

b) all'articolo 22, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2.
Avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per i motivi di cui all'articolo 21 puo' essere presentato ricorso all'autorita' giudiziaria ordinaria. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall'articolo 17 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) all'articolo 22, ai commi 3 e 4, le parole: «ai commi 1 e 2», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «al comma 1»;

d) all'articolo 22, al comma 4, le parole: «o su motivi imperativi di pubblica sicurezza» sono soppresse;

e) all'articolo 22, il comma 5 e' abrogato.

19. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13, il comma 5-bis e' sostituito dal seguente:

«5-bis. Nei casi previsti al comma 4 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale e' disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale e' sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito.
L'interessato e' anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Lo straniero e' ammesso all'assistenza legale da parte di un difensore di fiducia munito di procura speciale. Lo straniero e' altresi' ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, e' assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonche', ove necessario, da un interprete. L'autorita' che ha adottato il provvedimento puo' stare in giudizio personalmente anche avvalendosi di funzionari appositamente delegati. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso e' trattenuto in uno dei centri di identificazione ed espulsione, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui e' stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida e' concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non e' concessa ovvero non e' osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto.
Avverso il decreto di convalida e' proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria.»;

b) all'articolo 13, il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8.
Avverso il decreto di espulsione puo' essere presentato ricorso all'autorita' giudiziaria ordinaria. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall'articolo 18 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) l'articolo 13-bis e' abrogato;

d) all'articolo 14, il comma 4 e' sostituito dal seguente: «4.
L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito.
L'interessato e' anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Lo straniero e' ammesso all'assistenza legale da parte di un difensore di fiducia munito di procura speciale. Lo straniero e' altresi' ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, e' assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonche', ove necessario, da un interprete. L'autorita' che ha adottato il provvedimento puo' stare in giudizio personalmente anche avvalendosi di funzionari appositamente delegati. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro di identificazione e di espulsione di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida puo' essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonche' in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione.».

20. All'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Avverso la decisione della Commissione territoriale e la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui e' accordata la protezione sussidiaria e' ammesso ricorso dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria. Il ricorso e' ammesso anche nel caso in cui l'interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sia stato ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria.»;

b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Le controversie di cui al comma 1 sono disciplinate dall'articolo 19 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) i commi da 3 a 14 sono abrogati.

21. All'articolo 30 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il comma 6 e' sostituito dal seguente: «6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonche' contro gli altri provvedimenti dell'autorita' amministrativa in materia di diritto all'unita' familiare, l'interessato puo' proporre opposizione all'autorita' giudiziaria ordinaria. L'opposizione e' disciplinata dall'articolo 20 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

22. All'articolo 5 della legge 13 maggio 1978, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma e' sostituito dal seguente: «Chi e' sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, puo' proporre ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare.»;

b) al secondo comma le parole: «Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma dell'articolo 3,» sono abrogate;

c) il terzo comma e' sostituito dal seguente: «Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 21 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

d) i commi dal quarto all'ottavo sono abrogati.

23. Al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 82, il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Le deliberazioni adottate in materia di eleggibilita' dal Consiglio comunale possono essere impugnate da qualsiasi cittadino elettore del Comune, o da chiunque altro vi abbia diretto interesse, dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria.»;

b) all'articolo 82, secondo comma, le parole: «Il termine di trenta giorni, stabilito ai fini della impugnativa di cui al precedente comma, decorre dall'ultimo giorno dell'anzidetta pubblicazione.» sono abrogate;

c) all'articolo 82, il terzo comma e' sostituito dal seguente: «
Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 22 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

d) all'articolo 82, i commi dal quarto all'ultimo sono abrogati;

e) gli articoli 82/2, 82/3, 84 sono abrogati.

24. Alla legge 23 dicembre 1966, n. 1147, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3, il primo comma e' abrogato;

b) all'articolo 7, il secondo comma e' sostituito dal seguente:
«Le azioni popolari e le impugnative consentite dal decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e dall'articolo 70 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a qualsiasi elettore del Comune per quanto concerne elezioni comunali, sono consentite a qualsiasi cittadino elettore della Provincia per quanto concerne le elezioni provinciali. Le attribuzioni conferite da tali norme al Consiglio comunale, si intendono devolute al Consiglio provinciale; quelle devolute al sindaco si intendono devolute al presidente della Giunta provinciale. Alle controversie previste dal presente comma si applica l'articolo 22 del decreto legislativo 1°
settembre 2011, n. 150.»;

c) all'articolo 7, il quarto comma e' abrogato.

25. All'articolo 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 19, il primo comma e' abrogato;

b) il secondo comma e' sostituito dal seguente: «Le azioni popolari e le impugnative previste per qualsiasi elettore del comune dal decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e dall'articolo 70 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono consentite a qualsiasi elettore della regione nonche' al Prefetto del capoluogo di Regione, in qualita' di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. Alle controversie previste dal presente comma si applica l'articolo 22 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150.»;

c) il terzo comma e' abrogato.

26. All'articolo 70 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 le parole: «con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonche' al sindaco o al presidente della provincia.» sono abrogate;

b) il comma 3 e' sostituito dal seguente: «3. Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 22 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150."»;

c) il comma 4 e' abrogato.

27. Alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 44, il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Fermo restando quanto disposto dall'articolo 66 della Costituzione, ai giudizi relativi alle condizioni di eleggibilita' e di compatibilita', stabilite dalla presente legge in relazione alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia, si applica l'articolo 23 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

b) all'articolo 44, al secondo comma le parole: «con ricorso sul quale il presidente fissa, con decreto, l'udienza di discussione della causa in via di urgenza e provvede alla nomina del giudice relatore. Il ricorso deve essere depositato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei nominativi degli eletti a norma dell'articolo 24 della presente legge.» sono abrogate;

c) all'articolo 44, i commi dal terzo all'ultimo sono abrogati;

d) gli articoli 45 e 47 sono abrogati.

28. Al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 42, il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Contro le decisioni della Commissione elettorale circondariale o delle sue Sottocommissioni, qualsiasi cittadino ed il procuratore della Repubblica presso il tribunale competente possono proporre impugnativa davanti all'autorita' giudiziaria ordinaria.»;

b) all'articolo 42, il terzo comma, e' sostituito dal seguente:
«Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) l'articolo 44 e' sostituito dal seguente:

«Art. 44.


(Legge 7 ottobre 1947, n. 1058, art. 35)

Il pubblico ministero, se riscontra nel fatto che ha dato origine al ricorso estremi di reato, promuove l'azione penale entro il medesimo termine previsto per la proposizione dell'impugnativa»;

d) gli articoli 43, 45 e 46 sono abrogati.

29. All'articolo 4 del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, il comma 2, ultimo periodo, e' sostituito dal seguente: «Si applica l'articolo 25 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

30. Alla legge 16 febbraio 1913, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 158, comma 1, le parole: « , con reclamo alla corte di appello del distretto nel quale ha sede la Commissione, nel termine di trenta giorni dalla notificazione della decisione, a cura della parte interessata o, in difetto, nel termine di un anno dal suo deposito» sono abrogate;

b) all'articolo 158, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2.
Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 26 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) all'articolo 158, al comma 3 le parole: « nei termini di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «nei termini previsti dall'articolo 26 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

d) gli articoli 158-bis e 158-ter sono abrogati;

e) l'articolo 158-novies e' sostituito dal seguente: «158-novies.
1. I provvedimenti cautelari pronunciati dalla Commissione e dalla corte di appello sono reclamabili nei modi previsti dall'articolo 26 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

f) all'articolo 158-decies, il comma 3 e' abrogato.

31. Alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 63, il primo comma e' sostituito dal seguente:
«Le deliberazioni indicate nell'articolo precedente possono essere impugnate dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria.»;

b) all'articolo 63, il secondo comma e' sostituito dal seguente:
«Le controversie previste dal presente articolo sono disciplinate dall'articolo 27 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) all'articolo 63, il terzo comma e' abrogato;

d) gli articoli 64 e 65 sono abrogati.

32. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 44, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1.
Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi, e' possibile ricorrere all'autorita' giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione.»;

b) all'articolo 44, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2.
Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) all'articolo 44, il comma 8 e' sostituito dal seguente: «8.
Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti, diversi dalla condanna al risarcimento del danno, resi dal giudice nelle controversie previste dal presente articolo e' punito ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale.»;

d) all'articolo 44, al comma 10 le parole: «Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate» sono soppresse;

e) all'articolo 44, i commi da 3 a 7 e il comma 9 sono abrogati.

33. Al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. I giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150. In caso di accertamento di atti o comportamenti discriminatori, come definiti dall'articolo 2 del presente decreto, si applica, altresi', l'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.»;

b) all'articolo 4, i commi da 3 a 6 sono abrogati.

34. Al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. I giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. In caso di accertamento di atti o comportamenti discriminatori, come definiti dall'articolo 2 del presente decreto, si applica, altresi', l'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.»;

b) all'articolo 4, i commi da 4 a 7 sono abrogati.

35. Alla legge 1° marzo 2006, n. 67, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. I giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

b) all'articolo 3, i commi da 2 a 4 sono abrogati.

36. Al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 55-quinquies, il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. In caso di violazione dei divieti di cui all'articolo 55-ter, e' possibile ricorrere all'autorita' giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione.»;

b) all'articolo 55-quinquies, il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Alle controversie previste dal presente articolo si applica l'articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

c) all'articolo 55-quinquies, il comma 9 e' sostituito dal seguente: «9. Chiunque non ottempera o elude l'esecuzione di provvedimenti, diversi dalla condanna al risarcimento del danno, resi dal giudice nelle controversie previste dal presente articolo e' punito con l'ammenda fino a 50.000 euro o l'arresto fino a tre anni.»;

d) all'articolo 55-quinquies, i commi da 3 a 7 sono abrogati;

e) l'articolo 55-sexies e' abrogato.

37. All'articolo 54 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 327, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: « 1. Decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall'articolo 27, comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell'espropriazione o il terzo che ne abbia interesse puo' impugnare innanzi all'autorita' giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell'indennita', la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque puo' chiedere la determinazione giudiziale dell'indennita'. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall'articolo 29 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.»;

b) i commi dal 2 al 4 sono abrogati.

38. All'articolo 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 le parole: «alla corte di appello del luogo di attuazione» sono sostituite dalle seguenti: «all'autorita' giudiziaria ordinaria»;

b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: «1-bis. Le controversie di cui al comma 1 sono disciplinate dall'articolo 30 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.».

39. Alla legge 14 aprile 1982, n. 164, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, dopo il primo comma e' inserito il seguente:
«Le controversie di cui al primo comma sono disciplinate dall'articolo 31 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150.»;

b) all'articolo 6, primo comma, le parole: «il ricorso di cui al primo comma dell'articolo 2 deve essere proposto» sono sostituite dalle seguenti: «la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso deve essere proposta»;

c) gli articoli 2 e 3 e l'articolo 6, secondo comma, sono abrogati.

40. L'articolo 3 delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, e' sostituito dal seguente:

«Art. 3.


(Art. 3, legge 24 dicembre 1908, n. 797).

Avverso l'ingiunzione prevista dal comma 2 si puo' proporre opposizione davanti all'autorita' giudiziaria ordinaria.
L'opposizione e' disciplinata dall'articolo 32 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, .».

41. All'articolo 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: «il reclamo alle Corti di appello, aventi giurisdizione nei territori ove sono situati i terreni in controversia, o la loro maggior parte» sono sostituite dalle seguenti: «reclamo dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria. Le controversie previste dal presente comma sono disciplinate dall'articolo 33 del decreto legislativo 1°settembre 2011, n. 150.»;

b) i commi dal secondo al quinto sono abrogati. 42. Alla legge 10 luglio 1930, n. 1078, sono abrogati gli articoli dal 2 all'8.




Art. 35


Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.




Art. 36


Disposizioni transitorie e finali

1. Le norme del presente decreto si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso.

2. Le norme abrogate o modificate dal presente decreto continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore dello stesso.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


Dato a Roma, addi' 1° settembre 2011

NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Palma, Ministro della giustizia

Calderoli, Ministro per la semplificazione normativa

Visto, il Guardasigilli: Palma

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