martedì 22 dicembre 2009

Contravvenzioni al CdS, sanzionata la condotta del conducente che non rilascia notizie sulle generalità

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE Sentenza 5 novembre 2009, n. 23542

La Corte ha chiarito che, in caso di incidente, è fatto obbligo a carico dei conducenti di scambiare tutte le informazioni sulle generalità non essendo sufficiente la consegna del biglietto da visita, ai sensi del comma 4 dell'art. 189 del D.Lgs. n. 285 del 1992 (c.d. Codice della Strada). La violazione va sanzionata.



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 5 novembre 2009, n. 23542

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il Ministero dell'Interno impugna la sentenza n. 47 del 2005 del Giudice di Pace di Asolo, che accoglieva l'opposizione dell'odierno intimato, I.M., avverso il verbale di contestazione n. **** della Polizia stradale di Treviso, che accertava la violazione dell'articolo 189, quarto e nono comma, Codice della Strada per non aver fornito l'odierno intimato i dati completi relativi alle proprie generalità, nonchè i dati del veicolo e gli estremi della copertura assicurativa alle persone danneggiate.

Il Giudice di Pace accoglieva il ricorso, ritenendo che la violazione riportata nel verbale non era stata commessa dal ricorrente e per l'omessa indicazione dell'autorità avanti la quale proporre l'opposizione. In particolare osservava, quanto all'omessa indicazione dei dati, che l'odierno resistente "non si sia rifiutato di fornire i propri dati identificativi, visto che ha dato un suo biglietto da visita con l'indicazione del nome e cognome, attività e luogo di esercizio, numero telefonico, partita IVA, codice fiscale e ha fatto venire sul luogo dell'incidente un suo collaboratore ... che ha offerto la sua disponibilità per raccogliere i dati dei protagonisti".

L'odierno ricorrente formula due motivi di ricorso. Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale l'intimato.

Con il primo motivo del ricorso principale viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 21 C.d.S., in relazione agli artt. 2697 e 2700 c.c., poichè il verbale di contestazione redatto dagli agenti della Polizia stradale costituiva atto pubblico facente piena prova, fino a querela di falso, dei fatti riportati, tra i quali vi era la circostanza che l'odierno resistente non aveva fornito i dati relativi alle proprie generalità, i dati del veicolo e gli estremi della copertura assicurativa. In mancanza di querela di falso il Giudice di Pace non poteva respingere il ricorso. Col secondo motivo viene dedotta la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 383 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4.

L'omessa indicazione di elementi utili per l'esercizio de diritto di difesa da parte ricorrente non comportava alcuna nullità dell'atto, ma costituiva soltanto una mera irregolarità, sanata nel caso di specie per aver l'interessato provveduto a tutelare le proprie ragioni davanti all'autorità giudiziaria (Cass. 2002 n. 9263).

Con il ricorso incidentale viene dedotta l'erronea interpretazione dell'art. 115 c.p.c. e si lamenta che il giudice mal avrebbe fatto a non ammettere le prove dedotte ritenendole inammissibili.

Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di accoglimento del ricorso principale e di rigetto di quello incidentale.

Le richieste della Procura Generale vanno accolte.

I ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..

Il primo motivo del ricorso principale è fondato. Il Giudice di Pace ha immotivatamente (senza neppure fornire spiegazioni in ordine alla fonte del proprio convincimento) e, comunque, indebitamente disatteso le risultanze del processo verbale circa il rifiuto dell'opponente di fornire le proprie complete generalità e gli altri dati agli agenti, tenuto conto della fede privilegiata ex art. 2700 c.c. e risultando il fatto avvenuto in presenza degli agenti e non essendo suscettibile di margine di apprezzamento.

Anche il secondo motivo del ricorso principale appare fondato. La mancata o imprecisa indicazione dell'autorità giudiziaria competente a pronunciarsi sull'opposizione, che in concreto è stata tempestivamente proposta ex art. 204 bis C.d.S., non ha comportato alcun pregiudizio alla difesa dell'opponente.

La giurisprudenza è costante nell'escludere rilevanza invalidante a tali omissioni o imprecisioni e nell'evidenziare che le stesse possono solo giustificare eventuali opposizioni tardive.

Il ricorso incidentale è per contro infondato va rigettato.

La doglianza esposta è manifestamente irrilevante, attenendo alle disattese (e, peraltro, neppure specificate in violazione del principio dell'autosufficienza del ricorso) richieste istruttorie quanto alla "dinamica del sinistro" e non all'oggetto del verbale opposto, riguardante solo violazione dì cui all'art. 189 C.d.S., commi 4 e 9.

Il ricorso principale va accolto e il provvedimento impugnato cassato. Sussistendone i presupposti, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., questa Corte può pronunciare sul merito, rigettando l'opposizione originariamente proposta. Il ricorso incidentale va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta l'incidentale; cassa senza rinvio in relazione al ricorso accolto il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione originariamente proposta dalla parte intimata.

Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 400,00, per onorari, oltre spese prenotate a debito e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2009.

giovedì 17 dicembre 2009

Contravvenzione, ammissibilità del ricorso al giudice per la sanzione accessoria dei punti

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Sentenza 6 - 21 ottobre 2009, n. 22235

"Si conferma il principio, secondo cui la decurtazione dei punti ha natura di sanzione amministrativa accessoria ed è pertanto anch'essa soggetta al mezzo di impugnazione dell'opposizione in sede giurisdizionale, che nel sistema sanzionatorio del codice della strada ha carattere generale, sicché l'esclusione della sua esperibilità nella materia di cui si tratta sarebbe priva di ogni ragionevole giustificazione e non compatibile con i principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione."


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Sentenza 6 - 21 ottobre 2009, n. 22235

(Presidente Carbone - Relatore Bucciante)

Svolgimento del processo

D. L. ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi, contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata respinta l'opposizione che egli aveva proposto avverso il verbale della polizia municipale di Foggia in data 5 ottobre 2004, di accertamento dell'inosservanza del segnale semaforico a luce rossa, avvenuta il 13 aprile

2004 da parte del conducente di un autoveicolo di proprietà dello stesso D. L..

Il Comune di Foggia non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione

Il Procuratore generale ha contestato l'ammissibilità del ricorso, in considerazione dell'inadeguatezza dei quesiti di diritto che sono stati formulati a conclusione dell'illustrazione di ognuno dei motivi.

L'eccezione non è fondata, poiché la sentenza impugnata è stata depositata in cancelleria il 21 aprile 2005, sicché non è applicabile in questo giudizio l'art. 366 bis c.p.c., che richiede il requisito di cui si tratta soltanto per i ricorsi per cassazione proposti contro provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (art. 27 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40).

Con il primo motivo di impugnazione D. L. lamenta che il Giudice di pace ha erroneamente ritenuto valido il verbale di accertamento in questione, pur se l'infrazione non era stata contestata immediatamente, a norma degli artt. 200 e 201 del codice della strada e dell'art. 384 del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione.

La doglianza va disattesa.

Il ricorrente ha sostenuto che nella specie la contestazione immediata, contrariamente a quanto si legge nel verbale, era senz'altro possibile, come si sarebbe potuto accertare nel giudizio a quo mediante l'audizione degli agenti operanti, da disporre di ufficio. L'assunto non è congruente con l'assorbente ratio decidendi posta a fondamento, sul punto, della sentenza impugnata, con la quale si è rilevato che “la contestazione immediata, per legge, poteva essere omessa”, indipendentemente dalla eventuale sua materiale possibilità, poiché l'attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa è uno dei casi in cui la contestazione può comunque avvenire successivamente, per il disposto del comma 1 bis dell'art. 201 del codice della strada, in vigore dal 27 giugno 2003. A questo decisivo rilievo nulla è stato obiettato nel ricorso.

Il secondo e il terzo motivo di impugnazione possono essere presi in esame congiuntamente, poiché attengono entrambi alla determinazione della sanzione pecuniaria: secondo D. L. essa era stata indicata nel verbale in misura ingiustificatamente maggiorata rispetto al minimo edittale, senza la precisazione dei criteri che avrebbero dovuto essere applicati ai sensi dell'art. 195 del codice della strada, sicché si era dato luogo a una indebita deroga alla norma contenuta nell'art. 202 dello stesso codice, che fa riferimento appunto al minimo edittale, ai fini dell'esercizio della facoltà del pagamento in misura ridotta.

Neppure questa censura può essere accolta.

Nel verbale la somma da versare era stata quantificata nell'importo di

137,55 Euro, esattamente corrispondente all'entità minima stabilita, per la violazione contestata a D. L., dal comma 3 dell'art. 146 del codice della strada, nel testo in vigore dal 27 giugno 2003. Sono dunque inconferenti le critiche rivolte dal ricorrente a ciò che il Giudice di pace, superfluamente, ha osservato in via generale a proposito dei poteri che competono all'autorità amministrativa e a quella giudiziaria, nella determinazione delle sanzioni irrogabili per la violazione delle norme in materia di circolazione stradale.

Con il quarto motivo di ricorso D. L. si duole del rigetto della sua richiesta di annullamento del verbale, nella parte in cui vi era indicata, come conseguenza dell'infrazione accertata, la decurtazione di sei punti dalla patente di guida del proprietario del veicolo.

È con riguardo a questo motivo di impugnazione che la causa è stata assegnata alle sezioni unite, perché si pronuncino sulla questione, risolta negativamente con alcune sentenze della II sezione, relativa all'ammissibilità di opposizioni proposte ai sensi dell'art. 204 bis del codice della strada, per contestare la legittimità della decurtazione dei punti dalla patente di guida.

Il tema è però precluso in questa sede, poiché il Giudice di pace, prendendo in esame e respingendo nel merito le argomentazioni che sul punto erano state svolte da D. L., ha implicitamente deciso in senso affermativo in ordine alla loro deducibilità: decisione che non può comunque essere sindacata, non avendo formato oggetto di impugnazione da parte del Comune di Foggia.

Peraltro, in proposito le sezioni unite si sono già pronunciate con la sentenza 29 luglio 2008 n. 20544, enunciando il principio - dal quale non vi sarebbe ragione di discostarsi - secondo cui la decurtazione dei punti ha natura di sanzione amministrativa accessoria ed è pertanto anch'essa soggetta al mezzo di impugnazione dell'opposizione in sede giurisdizionale, che nel sistema sanzionatorio del codice della strada ha carattere generale, sicché l'esclusione della sua esperibilità nella materia di cui si tratta sarebbe priva di ogni ragionevole giustificazione e non compatibile con i principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Il motivo di ricorso in esame è fondato.

Con la sentenza 21 gennaio 2005 n. 27 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 126 bis del codice della strada, nella parte in cui disponeva che la decurtazione dei punti dalla patente di guida, in caso di mancata individuazione del conducente e di omessa comunicazione della sua identità da parte del proprietario del veicolo, dovesse essere effettuata a carico di quest'ultimo. Pur dando atto di tale pronuncia, il Giudice di pace ha inspiegabilmente ritenuto che anche relativamente alla decurtazione dei punti “il provvedimento impugnato va convalidato”, facendo menzione di una circolare del Ministero dell'interno del 4 febbraio 2005, che invece aveva riconosciuto l'estensione degli effetti della citata sentenza a tutte le procedure ancora in corso:

estensione derivante peraltro dal disposto dell'art. 136 della Costituzione, che impedisce di fare applicazione di norme dichiarate costituzionalmente illegittime.

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, si deve decidere nel merito, annullando il verbale oggetto dell'opposizione, nella parte relativa alla decurtazione dei punti dalla patente di guida di D. L..

Stante la decisione adottata, occorre provvedere in questa sede sulle spese dell'intero giudizio, le quali vengono compensate tra le parti, stante la reciproca loro soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso; accoglie il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito, annulla il verbale oggetto dell'opposizione, nella parte relativa alla decurtazione dei punti dalla patente; compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.

venerdì 4 dicembre 2009

Urbanistica, modalità di determinazione del centro abitato e permesso di costruire in deroga

T.A.R. Sardegna - Cagliari Sezione II Sentenza 22 luglio 2009, n. 1375

"premesso che la definizione di centro abitato non è rinvenibile in termini univoci nel quadro normativo, soccorrono, allo scopo, l’esistenza di criteri empirici elaborati dalla giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto. In particolare, si è recentemente affermato che il centro abitato va identificato nella situazione di fatto determinata dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità.

Ai fini dell’applicazione della deroga di cui all’art. 14 del d.P.R. n. 380/2001, la questione della riconducibilità delle strutture alberghiere tra gli "edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico” è stata già affrontata e risolta dalla giurisprudenza amministrativa nel senso di ritenerle comprese nell’ambito di applicazione dell’anzidetta previsione, trattandosi di un servizio offerto alla collettività e caratterizzato da una pubblica fruibilità, con la correlativa possibilità di concessioni in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici in vigore.

Laddove il territorio interessato possieda una vocazione turistica prevalente, la riconduzione all'interesse pubblico dell'edificio alberghiero non richiede affatto un'interpretazione estensiva ed è anzi compatibile con una lettura restrittiva rispetto a diverse attività economiche che non presentino le medesime caratteristiche di rilevanza urbanistica e culturale, ma che solo possano accampare il loro peso economico.
"


T.A.R.

Sardegna - Cagliari

Sezione II

Sentenza 22 luglio 2009, n. 1375

(Pres. Panunzio, Est. Aru)

N. 01375/2009 REG.SEN.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 696 del 2005, proposto da:

sul ricorso n. 696/2005 proposto dai signori: [VARI], tutti rappresentati e difesi per procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio dall'avv. Gianmarco Tavolacci ed elettivamente domiciliati in Cagliari, via n. Carbonia n. 22, presso lo studio del medesimo legale, ed i signori D. V. e F. B., parimenti domiciliati, rappresentati e difesi dall’avv. Gianmarco Tavolacci in forza di procure speciali notarili allegate all’atto introduttivo del giudizio,

contro

il Comune di Sant’Anna Arresi, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso per procura a margine dell’atto di costituzione dagli avv.ti Corrado Murru e Paolo Sedda ed elettivamente domiciliato in Cagliari, via San Saturnino n. 85/A, presso il loro studio legale,

nei confronti di

- [VARI], non costituiti in giudizio,

- F. B., rappresentato e difeso per procura a margine dell’atto di costituzione dall’avv. Maria Grazia Longo ed elettivamente domiciliato in Cagliari, via G.B. Tuveri n. 54, presso lo studio dell’avv. Maria Elena Mameli;

- la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente in carica, non costituita in giudizio,

per l'annullamento

della delibera del Consiglio comunale di Sant’Anna Arresi n. 8 del 21 marzo 2005;

di ogni altro atto ad essa presupposto, conseguente o comunque connesso, ivi comprese:

- la delibera del Consiglio comunale di Sant’Anna Arresi n. 31 del 19.7.2004;

- la delibera del Consiglio comunale di Sant’Anna Arresi n. 60 del 23.12.2003;

- la delibera del Consiglio comunale di Sant’Anna Arresi n. 25 del 25.6.2004;

- la delibera del Consiglio comunale di Sant’Anna Arresi n. 37 del 6.10.2004;

- la convenzione stipulata tra il Comune di Sant’Anna Arresi e i controinteressati in data 5.11.2004,

nonché, nei limiti di cui alle censure, il piano di fabbricazione del Sant’Anna Arresi, comprese le norme di attuazione, il regolamento edilizio e gli elaborati cartografici, nella parte in cui classificano quale sottozona Br di risanamento e completamento urbanistico e viario il sito di Porto Pinetto;

nonché, con 1° ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento

- della concessione edilizia n. 22 del 6 maggio 2005;

- delle medesime delibere e della convenzione del 5.11.2004, già impugnate con l’atto introduttivo del giudizio, sotto diversi profili,

nonché, con 2° ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento

- della concessione edilizia n. 118 del 6 ottobre 2006;

- delle medesime delibere e della convenzione del 5.11.2004 già impugnate con l’atto introduttivo del giudizio, sotto diversi profili.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant'Anna Arresi;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. F. B.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 01/07/2009 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

I ricorrenti sono tutti proprietari di abitazioni site nel Comune di Sant’Anna Arresi, in località Porto Pinetto.

Nel dicembre 2004, a seguito di comunicazione degli uffici comunali, acquisivano conoscenza dell’istanza presentata da taluni proprietari di aree del comprensorio per il rilascio, in deroga rispetto allo strumento urbanistico vigente, del permesso di costruire un insediamento turistico alberghiero sulle loro proprietà.

A seguito di accesso presso i medesimi uffici venivano altresì a conoscenza che:

- con delibera 55/2003 i signori [VARI] erano stati autorizzati a procedere allo studio complessivo dei comparti F1-BR del vigente piano di fabbricazione ed alla presentazione di un piano attuativo avente valore di piano particolareggiato nella zona Br, preordinato al generale interesse dello sviluppo turistico del territorio;

- che con delibere n. 60/2003 e n. 25/2004 era stato adottato e approvato il piano attuativo di iniziativa privata con valenza di piano particolareggiato in zona Br per la realizzazione di un insediamento turistico-alberghiero e studio della viabilità e parcheggi dei comparti F1-Br;

- che con delibera n. 31/2004, su richiesta dei controinteressati, era stata autorizzata l’elevazione - in deroga - dell’indice di edificabilità dei loro terreni da mc/mq 0,4 a mc/mq 0,95;

- che con delibera n. 37/2004 era stata adottata una variante non sostanziale al piano attuativo di iniziativa privata di cui sopra;

- che con delibera n. 50/2004 era stata disposta la sospensione degli effetti della predetta delibera n. 31/2004, al fine di consentire la comunicazione dell’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, ai proprietari delle aree confinanti con quelle dei sigg.ri B. e più;

- che in data 5 novembre 2004, a rogito Notaio G. R., era stata stipulata la convenzione di lottizzazione tra il Comune di Sant’Anna Arresi e i controinteressati.

In relazione a tali riscontri, i ricorrenti formulavano delle osservazioni oppositive alla concessione della deroga agli indici di edificabilità delle aree interessate dall’intervento, contestando altresì la legittimità dell’insediamento turistico alberghiero approvato dal Comune di Sant’Anna Arresi.

Con delibera n. 8 del 14 marzo 2005, tuttavia, il consiglio comunale deliberava di rigettare le osservazioni di cui sopra e di revocare la sospensione della delibera n. 31/2004 disposta con la delibera n. 50/2004, stabilendo altresì:

I) di approvare e far propria la proposta presentata dal Sindaco avente per oggetto: "concessione (permesso di costruire) deroga indici di attuazione del PRG in zona Br per la realizzazione di un insediamento turistico-alberghiero" così come segue:

II) di autorizzare l’elevazione dell’indice di edificabilità del lotto di terreno distinto in catasto al foglio 508 mappali 66, 67, 254, 262, 687, 688, 685, 3ac, 253, interessante una superficie pari a mq. 12.972, ricadente in zona Br di proprietà dei signori [VARI] in deroga ai parametri di zona del P.R.G., così modificati: indice di edificabilità fondiaria = 0,95;

III) di dare atto che il potere di deroga non riguarda le modifiche di destinazione di zona;

Con ricorso notificato il 13 giugno 2005 e depositato il successivo giorno 21, i ricorrenti hanno impugnato l’anzidetta delibera, nonché gli atti presupposti precisati in epigrafe, assumendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

A) Violazione degli artt. 3 e 4 della legge regionale n. 8/2004 – Eccesso di potere per carenza dei presupposti – Difetto di istruttoria. Illogicità – Sviamento della causa tipica – Illogicità. Contraddittorietà – Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: in quanto l’insediamento per cui è causa dovrebbe essere realizzato in terreno costiero compreso nella fascia dei 2000 metri dalla battigia marina, in violazione dell’art. 3 punto a) della legge regionale n. 8/2004, che sottopone i citati ambiti al divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizia, nonché quello di approvare, sottoscrivere e rinnovare convenzioni di lottizzazione. Ed invero l’ambito territoriale interessato dall’intervento, costituito da un agglomerato di case sparse, non potrebbe definirsi "centro abitato" ai fini dell’operatività dell’eccezione di cui all’art. 4, comma 2°, della stessa legge n. 8/2004. In ogni caso sarebbe illegittima, ed espressamente si impugna, la delibera di approvazione del piano di fabbricazione del comune di Sant’Anna Arresi – comprese le norme di attuazione ed il regolamento edilizio - nella parte in cui classifica sottozona Br di risanamento e completamento urbanistico e viario il sito di Porto Pinetto;

B) Violazione dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 e succ. mod. – Difetto di istruttoria – Carenza dei presupposti – Illogicità – Sviamento della causa tipica: per insussistenza dei presupposti di interesse pubblico necessari ai fini del rilascio della concessione edilizia in deroga;

C) Violazione dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 e succ. mod. –– Eccesso di potere per carenza dei presupposti – Difetto di istruttoria – Sviamento della causa tipica: in quanto la destinazione turistico alberghiera dell’insediamento proposto dai controinteressati non consentirebbe comunque il rilascio di concessioni in deroga;

D) Violazione dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 e succ. mod. – Violazione dl D.Lgvo n. 152/99, del D.A. 21.1.1997 n. 34 e degli allegati 4 e 5 della Deliberazione Comitato per la Tutela delle Acque dall’inquinamento – Eccesso di potere per carenza di presupposti – Difetto di istruttoria – Violazione dell’art. 3 della legge reg. n. 14/2000: in relazione alla collocazione del depuratore previsto in progetto ad una distanza dalle abitazioni dei ricorrenti inferiore ai minimi previsti dalla normativa di settore;

E) Violazione dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 e succ. mod. e del D.Lgvo n. 42/2004 – Difetto di istruttoria: in quanto, malgrado l’intervento in questione debba realizzarsi entro il limite di 300 metri dalla battigia, il comune non avrebbe operato alcuna valutazione di tipo paesaggistico – ambientale;

F) Violazione del piano di fabbricazione del comune di Sant’Anna Arresi – Erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria: in quanto la destinazione turistico-alberghiera non rientrerebbe tra quelle consentite per la sottozona Br, limitata esclusivamente e residenze e servizi accessori;

G) Violazione delle disposizioni di cui alla legge n. 241/1990, con particolare riferimento all’art. 7 – Contraddittorietà interna ed esterna – Erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria: in quanto, dopo aver autorizzato i controinteressati a procedere allo studio complessivo dei comparti F1-Br del vigente PRG, il comune ha approvato il piano presentato di signori B. e più ancorché limitato ai terreni di loro proprietà. Inoltre non sarebbe stata data ai proprietari dei terreni ricadenti nell’ambito di sottozona Br tempestiva comunicazione dell’avvio del procedimento ai fini di una effettiva salvaguardia delle garanzie procedimentali;

H) Violazione degli artt. 20 e 21 della legge reg. n. 45/1989 – Erroneità dei presupposti: in quanto, nell’approvazione della variante al piano attuativo, avente valore di piano particolareggiato, non sarebbe stato rispettato il procedimento previsto dalla normativa regionale.

Concludevano quindi i ricorrenti chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese del giudizio.

Con 1° ricorso per motivi aggiunti, depositato l’11 ottobre 2006, i medesimi ricorrenti, ad eccezione dei signori Z. G. e O. P., hanno impugnato la concessione edilizia n. 22 del 6 maggio 2005, concernente le opere di urbanizzazione dell’intervento per cui è causa, ed hanno ulteriormente censurato gli atti deliberativi già oggetto di impugnazione con l’atto introduttivo del giudizio.

In particolare, rilevando l’avvenuta emanazione del Piano Paesaggistico Regionale (di seguito PPR) approvato con delibera della Giunta regionale n. 36/7 del 5 settembre 2006 e successivo decreto del Presidente della Regione n. 82 del 7 settembre 2006, hanno contestato, comunque, la realizzabilità dell’intervento in questione per contrasto con le previsioni di cui agli artt. 12, commi 2° e 3°, e 15 delle NTA del PPR. nella parte in cui stabiliscono l’assoluta inedificabilità dei terreni costieri per una fascia di profondità di 300 metri dalla linea di battigia.

Hanno, inoltre, proposto le seguenti ulteriori censure:

I) Violazione degli artt. 3 e 4 della legge reg. n. 8/2004 – Eccesso di potere per carenza di presupposti – Difetto di istruttoria – Illogicità – Sviamento della causa tipica – Contraddittorietà – Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio – Violazione del D.Lgvo n. 42/2004 – Difetto di istruttoria: in quanto il rilascio della concessione edilizia n. 22 del 6 maggio 2005, relativa alla realizzazione delle opere di urbanizzazione della lottizzazione, sarebbe in contrasto con l’art. 3, punto a) della legge n. 8/2004. I ricorrenti, in sostanza, riproducono la censura sub A), secondo la quale l’intervento in questione non rientrerebbe tra le eccezioni consentite dall’art. 4 dello stesso testo normativo.

Inoltre osservano, i ricorrenti, nell’ambito di tale motivo di censura:

I.2) il rilascio della concessione edilizia n. 22/2005 non sarebbe stato preceduto da valutazioni di tipo paesaggistico – ambientale, né tanto meno, dalle necessarie autorizzazioni paesaggistiche;

I.3) sarebbe illegittimo il piano di fabbricazione del comune di Sant’Anna Arresi nella parte in cui classifica sottozona Br di risanamento e completamento urbanistico e viario il sito di Porto Pinetto;

L) Violazione dell’art. 3 della legge n. 8/2004 - Eccesso di potere per carenza di presupposti – Illogicità - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: in quanto la convenzione di lottizzazione, stipulata in data 5 novembre 2005, sarebbe illegittima per violazione dell’art. 3, comma 1°, della cd. legge Soru che poneva, tra l’altro, il divieto di approvare, sottoscrivere e rinnovare convenzioni di lottizzazione fino all’approvazione del PPR (avvenuta, come detto, nel settembre 2006), senza che la fattispecie in esame rientrasse in nessuna delle deroghe applicative previste dalla stessa legge.

M) Violazione dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 e succ. mod. - Violazione dl D.Lgvo n. 152/99, del D.A. 21.1.1997 n. 34 e degli allegati 4 e 5 della Deliberazione Comitato per la Tutela delle Acque dall’inquinamento – Eccesso di potere per carenza di presupposti – Difetto di istruttoria – Violazione dell’art. 3 della legge reg. n. 14/2000: con il presente motivo i ricorrenti reiterano, anche alla luce di una nuova perizia dell’Ing. Todde, la censura sub D) relativa alla collocazione del depuratore a distanza inferiore a quella prevista dalla normativa di settore;

N) Erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria – Mancata e/o erronea valutazione degli interessi – Illogicità – Contraddittorietà - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: in quanto dall’esame delle tavole progettuali, ed in particolare dal Planovolumetrico (tavola 7 bis):

a) risulterebbero inclusi nel perimetro della lottizzazione porzioni di terreno di proprietà altrui;

b) risulterebbero inglobati all’interno della lottizzazione gli attuali passaggi comuni a servizio di tutti proprietari delle aree limitrofe, con illegittima acquisizione degli stessi da parte dei lottizzanti.

c) risulterebbe totalmente modificata la viabilità interna, con interclusione di alcuni lotti ed eliminazione degli attuali accessi al mare di uso comune.

d) risulterebbero non rispettate le distanze minime dal confine per l’edificazione dei fabbricati della lottizzazione;

O) Mancata e/o erronea valutazione degli interessi – Difetto di istruttoria – Illogicità - Contraddittorietà - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: con riguardo alla permuta di terreni di cui all’art. 4 della convenzione. In particolare sarebbero state cedute ai lottizzanti aree destinate, fin dal 1970, alla funzione di parcheggi pubblici e di stradello di comunicazione col passaggio di accesso al mare in cambio di terreni lontani dalle abitazioni e raggiungibili in via diretta solo dalla strada di percorrenza principale, risultando dunque dette aree, di fatto, ad uso esclusivo della lottizzazione anziché a quello di tutti i cittadini.

Inoltre, a compensare il diverso valore delle aree, pari a 26.400,00 euro in favore dei lottizzanti, si è prevista a carico della lottizzazione la realizzazione di infrastrutture primarie (rete idrica, rete fognaria, rete telefonica) che, a ben vedere, costituiscono lavori di urbanizzazione del comparto che sarebbero dovuti ricadere esclusivamente sui privati lottizzanti.

P) Violazione della legge 24 maggio 1989 n. 22 (cd. legge Tognoli) - Difetto di istruttoria – Illogicità - Contraddittorietà - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: in quanto la previsione di un parcheggio privato di cui all’art. 6 della convenzione non troverebbe riscontro nella tavola progettuale 7 bis, con violazione della disposizione che impone la realizzazione di parcheggi nella misura del 10% della volumetria insediata;

Q) Violazione degli artt. 20 e 21 della legge regionale n. 45/1989 – Erroneità dei presupposti – Violazione del giusto procedimento: si reitera la censura di cui al punto H) dell’atto introduttivo del giudizio in ordine al mancato rispetto, nell’approvazione della variante al piano attuativo avente valore di piano particolareggiato, del procedimento previsto dalla normativa regionale.

Concludevano quindi i ricorrenti chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese del giudizio.

Con 2° ricorso per motivi aggiunti, depositato il 7 giugno 2007, i ricorrenti, oltre a censurare nuovamente gli atti deliberativi citati in epigrafe, hanno impugnato anche la concessione edilizia n. 118 del 6 ottobre 2006 rilasciata per la realizzazione dell’insediamento urbanistico-alberghiero.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

R) Violazione degli artt. 12 e 15 del PPR - Erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria: si ripropone, nei medesimi contenuti, la censura del 1° ricorso per motivi aggiunti, con la quale si è contestata la realizzabilità dell’intervento in questione per contrasto con le previsioni di cui agli artt. 12, commi 2° e 3°, e 15 delle NTA del PPR. nella parte in cui stabiliscono l’assoluta inedificabilità dei terreni costieri per una fascia di profondità di 300 metri dalla linea di battigia.

S) Violazione dell’art. 15 del PPR - Erroneità dei presupposti – Difetto di istruttoria – Illogicità – Contraddittorietà – Violazione dei principi di buona amministrazione: in particolare:

S.1) Violazione dell’art. 15, comma 7°, nella parte in cui, salvo casi particolari non ricorrenti nella specie, non si ammette il rilascio di concessioni edilizie in deroga ai sensi dell’art. 14 del T.U. n. 380/2001;

S.2) la concessione n. 118/2006, rilasciata in deroga, diversamente da quanto richiesto, non richiama espressamente presupposti giustificativi che ne avrebbero potuto consentire il rilascio;

T) Violazione dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 e succ. mod. e del D.Lgvo – n. 42/2004 – Violazione del PPR e dei principi di buona amministrazione – Violazione del giusto procedimento – Difetto di istruttoria – Erroneità dei presupposti per la mancata valutazione dei profili paesaggistico – ambientali (censura analoga a quella sub I.1);

U) Erroneità dei presupposti - Difetto di istruttoria - Illogicità – Contraddittorietà - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: in quanto le tavole progettuali assentite dal comune quali elaborati allegati alla concessione edilizia n. 118/2006 non corrisponderebbero con quelli allegati alla convenzione;

V) Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto - Difetto di istruttoria – Violazione del D.A. 20.12.1983 n. 2266/U (cd. decreto Floris) - Illogicità – Contraddittorietà - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio, in particolare:

V.1) con riguardo alle modalità di calcolo delle volumetrie come risultanti dalle tavole progettuali allegate alla concessione n. 118/2006;

V.2) la cubatura effettiva sarebbe comunque superiore anche a quella consentita dalla concessione in deroga;

Z) Violazione della legge n. 447/1995 e del D.P.C.M. 14.11.1997 – Violazione della delibera della Giunta regionale n. 30.9 dell’8 luglio 2006 – Difetto di istruttoria - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: con riguardo alle carenze documentali, anche relative alle emissioni sonore, a corredo dell’impianto di condizionamento previsto per l’insediamento alberghiero;

W) Difetto di motivazione – Difetto di istruttoria – Illogicità – Contraddittorietà – Erroneità dei presupposti - Illogicità – Contraddittorietà - Violazione dei principi generali in tema di disciplina urbanistica del territorio: per la mancata indicazione degli atti presupposti giustificativi della concessa deroga.

Inoltre la concessione n. 118/2006 sarebbe illegittima in via derivata per i vizi inficianti gli atti indicati in epigrafe e anch’essi oggetto di gravame.

Concludevano, quindi, i ricorrenti chiedendo, previa sospensiva, l’annullamento degli atti impugnati, con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese del giudizio.

Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio sia il comune di Sant’Anna Arresi che il controinteressato B. F., che ne hanno chiesto il rigetto, vinte le spese.

Con ordinanza n. 291 del 12 luglio 2007 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare di sospensione proposta dai ricorrenti.

In vista dell’udienza di discussione tutte le parti hanno integrato, con memorie, le loro difese, insistendo, infine, nelle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 1° luglio 2009, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Dev’essere preliminarmente disattesa l’eccezione sollevata dalle parti resistenti circa la carenza di interesse dei ricorrenti all’annullamento degli atti impugnati.

Assumono, in particolare, le eccipienti che gli odierni ricorrenti non subirebbero alcun pregiudizio dagli atti dei quali chiedono l’annullamento e che, al contrario, trarrebbero un significativo vantaggio dalla realizzazione, nelle aree cedute dai controinteressati all’amministrazione, di servizi e di nuove opere di urbanizzazione di pubblica fruizione (ad es., il depuratore fognario a cui potranno allacciarsi tutti i proprietari interessati).

L’eccezione è priva di fondamento.

In tema di impugnazione di concessione edilizia rilasciata per la costruzione di un nuovo edificio, l'interesse a ricorrere del proprietario di un’area situata in prossimità del sito interessato dall’intervento edificatorio trova piena giustificazione quando esiste una situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con la zona coinvolta dalla costruzione e quest’ultima sia idonea ad arrecare, se illegittimamente assentita, un pregiudizio ai valori urbanistici della zona medesima.

Pertanto, la qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve di per sé ritenersi idonea a creare la legittimazione e l'interesse al ricorso, non occorrendo anche la verifica della concreta lesione di un qualsiasi altro interesse di rilevanza giuridica, riferibile a norme di diritto privato o di diritto pubblico (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007 n. 2849).

Con la conseguenza che, riconosciuta la legittimazione ad agire, la valutazione sull’utilità o meno dei provvedimenti impugnati al fine di chiederne o meno l’annullamento, non può che essere rimessa alle determinazioni insindacabili del titolare del diritto all’azione, non potendosi certamente ritenere insussistente l’interesse alla pronuncia caducatoria sulla base dei contrapposti apprezzamenti discrezionali delle parti resistenti.

Ciò premesso può passarsi all’esame del merito del ricorso che, tuttavia , è infondato.

Per ragioni di chiarezza espositiva si procederà, salvi gli accorpamenti legati all’omogeneità delle questioni da trattare, nel rispetto della classificazione alfabetica con la quale sono stati riportati i motivi di impugnazione.

A) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 3 lett. a) della legge regionale n. 8/2004, che sottopone i territori costieri compresi nella fascia entro i 2000 metri al divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizia, nonché a quello di approvare, sottoscrivere e rinnovare convenzioni di lottizzazione.

A loro avviso, infatti, nel caso di specie, non troverebbe applicazione l’eccezione di cui all’art. 4, comma 2° della medesima legge regionale n. 8/2004, ai sensi del quale negli ambiti territoriali di cui all’art. 3 sono ammissibili gli interventi edilizi nelle zone omogenee A e B dei centri abitati, giacchè l’ambito territoriale interessato dall’intervento, costituito da un agglomerato di case sparse prive di forme di urbanizzazione, non potrebbe definirsi "centro abitato".

Assumono ancora i ricorrenti che, comunque, sarebbe illegittimo lo strumento urbanistico del Comune di Sant’Anna Arresi che classifica quale sottozona Br di risanamento e completamento urbanistico e viario il sito di Porto Pinetto.

Il Collegio rileva, anzitutto, la tardività dell’impugnazione proposta avverso il piano di fabbricazione comunale nella parte in cui attribuisce la predetta classificazione urbanistica al sito di Porto Pinetto.

Ed invero, come risulta dalle difese dell’Amministrazione, i ricorrenti non solo erano da lungo tempo a conoscenza della destinazione urbanistica del sito come impressa dallo strumento urbanistico, ma loro stessi ne hanno consapevolmente beneficiato, addivenendo alla costruzione delle loro case in base al regime della concessione diretta proprio di tale classificazione.

Di qui, pertanto, la sicura tardività dell’impugnazione contro lo strumento urbanistico comunale.

Non trovano, inoltre, accoglimento, neppure le censure di merito proposte col motivo in esame.

Sostengono in particolare i ricorrenti che il sito di Porto Pinetto sarebbe costituito da un agglomerato di circa 30 abitazioni sparse per un vastissimo fronte e prive di qualsiasi forma di urbanizzazione, insuscettibile di essere classificato "centro abitato" ai fini dell’art. 4, comma 2°, della legge regionale n. 8/2004.

Osserva il Collegio che la definizione di centro abitato non è rinvenibile in termini univoci nel quadro normativo, soccorrendo, allo scopo, l’esistenza di criteri empirici elaborati dalla giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto.

In particolare, si è recentemente affermato che il centro abitato va identificato nella situazione di fatto determinata dalla presenza di un aggregato di case continue e vicine, con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità (cfr: TAR Lombardia, Sez. II, 20 marzo 2009 n. 1768).

Orbene, dalla documentazione in atti si evince - contrariamente a quanto asserito nel ricorso - che la zona in cui dovrebbe essere realizzato l’insediamento turistico alberghiero, considerata nel suo insieme, non è affatto priva di costruzioni, ma è già ampiamente edificata e parzialmente provvista delle opere di urbanizzazione.

Risultano, infatti in essa un alto numero di case di civile abitazione (34), nonché (cfr. le osservazioni alle perizie tecniche dell’ing. N. T., a firma dell’ing. G. S., con illustrazioni fotografiche, allegato n. 25 delle produzioni del controinteressato) la linea elettrica ENEL alla quale le stesse risultano allacciate, la linea telefonica della Telecom, la rete di acquedotto pubblico e la rete stradale pubblica a servizio di tutti i lotti privati.

Si deve quindi concludere che la zona in questione è senz’altro suscettibile di essere ricompresa, ai fini che qui rilevano, nella categoria di centro abitato, atteso che quest’ultimo non va inteso soltanto con riferimento al centro cittadino o ad un agglomerato edilizio organizzato mediante l'impianto di servizi essenziali ma in senso più ampio, comprendendo anche la zona che, essendo contigua ad essi, può considerarsi parte integrante del medesimo perché destinata alla sua espansione.

Di qui la reiezione del motivo.

B e C) Sostengono ancora i ricorrenti che nel caso di specie l’amministrazione intimata avrebbe fatto illegittimo uso dell’istituto della concessione edilizia in deroga, non sussistendo, nella specie, i presupposti di interesse pubblico che avrebbero potuto legittimare il rilascio di un titolo edilizio in contrasto con la normativa urbanistica comunale.

L’art. 14 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, che i ricorrenti assumono violato, stabilisce testualmente che "Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale, nel rispetto comunque delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia".

Osserva il Collegio che ai fini dell’applicazione della predetta deroga, la questione della riconducibilità delle strutture alberghiere tra gli "edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico" è stata già affrontata e risolta dalla giurisprudenza amministrativa nel senso di ritenerle comprese nell’ambito di applicazione dell’anzidetta previsione "trattandosi di un servizio offerto alla collettività e caratterizzato da una pubblica fruibilità, con la correlativa possibilità di concessioni in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici in vigore" (Cons. Stato, Sez. IV, 29 ottobre 2002 n. 5913).

Inoltre, nel caso di specie, con la delibera n. 31 del 19 luglio 2004, di approvazione della concessione della deroga recante l’elevazione dell’indice di edificabilità da 0,4 mc/mq a 0,95 mc/mq, il Consiglio comunale ha espressamente evidenziato, in termini affatto irragionevoli, ulteriori profili di interesse pubblico dell’opera, rilevando che la struttura alberghiera in questione è funzionale allo sviluppo economico del Comune di Sant’Anna Arresi con particolare riferimento all’incremento del settore turistico ed alle ricadute occupazionali dell’indotto; nonché con riguardo alla sviluppo ed alla valorizzazione dell’intera area.

In proposito la giurisprudenza ha altresì precisato che "laddove il territorio interessato possieda una vocazione turistica prevalente, la riconduzione all'interesse pubblico dell'edificio alberghiero non richiede affatto un'interpretazione estensiva ed è anzi compatibile con una lettura restrittiva rispetto a diverse attività economiche che non presentino le medesime caratteristiche di rilevanza urbanistica e culturale, ma che solo possano accampare il loro peso economico" (Consiglio Stato , sez. IV, 28 ottobre 1999 , n. 1641).

Di qui il rigetto della censura.

D) Con il presente motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 14, comma 1° e comma 3° del DPR n. 380/2001, laddove subordina il rilascio delle concessioni in deroga al rispetto delle normative di settore aventi incidenza sull’attività edilizia (1° comma) e delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza (3° comma).

In particolare sostengono che l’ubicazione del depuratore previsto dagli elaborati progettuali presentati dai controinteressati sarebbe in contrasto con gli artt. 4 e 5 della Deliberazione del Comitato per la tutela delle acque dall’inquinamento del 4 febbraio 1977, che prevedono per gli impianti quale quello che si intende realizzare, una fascia di rispetto assoluto, con vincolo d’inedificabilità dell’area circostante dell’impianto, non inferiore a 100 metri.

Dalla perizia redatta dall’ing. N. T., infatti, tale distanza sarebbe sensibilmente inferiore con riguardo alle abitazioni di taluni ricorrenti.

L’argomento non appare decisivo.

In conformità a quanto previsto dal combinato disposto degli articoli 2 e 3 della legge 10 maggio 1976 n. 319, come successivamente modificata e integrata, il Comitato dei Ministri per la Tutela delle Acque dall'Inquinamento, con delibera 4 febbraio 1977, ha proceduto, tra l’altro, alla determinazione di norme tecniche generali per la regolamentazione dell'installazione e dell'esercizio degli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione.

Secondo tale delibera, la scelta della localizzazione dell'impianto di depurazione deve essere effettuata in modo da proteggere i centri abitati da rumori ed odori molesti.

Prescrive inoltre tale delibera (Allegato 4, par. 1.2), per gli impianti di depurazione che trattino scarichi contenenti microrganismi patogeni e/o sostanze pericolose alla salute dell'uomo, una fascia di rispetto assoluto con vincolo di inedificabilità circostante l'area destinata all'impianto.

La larghezza della fascia è stabilita dall'autorità competente in sede di definizione degli strumenti urbanistici e/o in sede di rilascio della licenza di costruzione. In ogni caso tale larghezza non può essere inferiore ai 100 metri.

Orbene, la lettura organica dell’anzidetta delibera del comitato interministeriale induce il Collegio a ritenere che tali prescrizioni siano state dettate con riferimento agli impianti di depurazione a cielo aperto, per i quali effettivamente si pone la necessità di evitare la diffusione aerea di microorganismi o di sostanze potenzialmente pericolose per la salute o, più in generale, suscettibili di arrecare pregiudizio alla salubrità ambientale.

Per contro, nel caso di specie, è stata prevista la realizzazione di un impianto di smaltimento totalmente coperto e interrato, restando evidentemente inapplicabile, rispetto ad esso, il limite di distanza dalle abitazioni previsto dall’anzidetto atto deliberativo, in quanto queste ultime non subiscono dallo stesso alcun effetto pregiudizievole.

Non è superfluo inoltre rilevare quanto afferma, incontestato l’ing. S., perito di parte del controinteressato B., a pag. 9 della sua relazione, e cioè che il depuratore previsto in progetto a servizio dell’insediamento turistico-alberghiero :

- risulta perfettamente a norma, secondo le più restrittive recenti leggi;

- non emette in atmosfera odori fastidiosi o poco gradevoli;

- è completamente interrato e non presenta per i proprietari dei lotti contermini alcun impatto paesaggistico o visivo.

Di qui l’infondatezza anche di tale censura.

E) Con il motivo in esame i ricorrenti lamentano che il Comune di Sant’Anna Arresi avrebbe rilasciato ai controinteressati la concessione edilizia in deroga senza operare alcuna valutazione di tipo paesaggistico-ambientale, in spregio del D.Lgvo n. 42/2002.

L’infondatezza della censura discende pacificamente dal rilievo, evidenziato anche nelle difese delle parti resistenti, che l’art. 142, comma 2°, lett. A del D.Lgvo n. 42/2004 esclude l’interesse paesaggistico, ai fini dell’applicazione ex lege delle norme del titolo sulla tutela e valorizzazione dei bei paesaggistici, delle aree che alla data del 6 settembre 1985, erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B (il piano di fabbricazione del Comune di Sant’Anna Arresi, che classifica l’area in questione sottozona Br, risale al 1976).

F) Con questo motivo i ricorrenti lamentano l’illegittimità della delibera consiliare n. 25 del 25 giugno 2004 per violazione del piano di fabbricazione del Comune di Sant’Anna Arresi, in quanto tale strumento urbanistico prevede espressamente, quale destinazione per la sottozona Br, "residenze e servizi accessori", tra le quali non rientrerebbe quella turistico-alberghiera concessa ai contro interessati.

L’infondatezza nel merito della censura consente al Collegio di prescindere dall’esame dell’eccezione di tardività sollevata dalle parti resistenti nell’assunto che la delibera n. 25/2004 fosse conosciuta, e doveva essere immediatamente impugnata, fin dall’accesso del dicembre 2004.

Ed invero, la questione risulta essere già stata definita, con argomentazioni condivise dal Collegio, dalla Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato degli EE.LL., Finanze e Urbanistica, Direzione Generale della Pianificazione Urbanistica e della Vigilanza Edilizia, che, rispondendo ad un quesito posto da altra amministrazione comunale (nota n. 3048/D.G. del 24 ottobre 2002), ha rilevato che sulla base dei parametri della compatibilità (da valutarsi sotto diversi profili) e della complementarietà (da intendersi come attività che svolgono una funzione integrativa di quella principale) con la destinazione d’uso residenziale, "non sembrano sussistere incertezze sulla riconducibilità delle strutture alberghiere ai "servizi connessi", in quanto sono senza dubbio compatibili e complementari con la destinazione d’uso residenziale".

G) Con la censura in esame i ricorrenti lamentano che, dopo aver autorizzato (con delibera n. 55/2003) i controinteressati a procedere allo studio complessivo dei comparti F1-Br del vigente PRG, il comune ha approvato il piano presentato dai signori B. e più ancorché limitato ai terreni di loro proprietà. Inoltre non sarebbe stata data ai proprietari dei terreni ricadenti nell’ambito di sottozona Br tempestiva comunicazione dell’avvio del procedimento ai fini di una effettiva salvaguardia delle garanzie procedimentali.

Orbene, quanto alla ritenuta violazione del contraddittorio procedimentale, il Tribunale richiama, anzitutto, la propria sentenza Sez. II, 19 maggio 2006 n. 1022, ove ha precisato che "L’art 13 della legge n. 241 del 1990 dispone che le disposizioni di cui al capo III della legge, tra cui è ricompreso l’art. 7 ritenuto violato dalla parte ricorrente, "non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione".

In virtù della riportata disposizione non sussiste l’obbligo della previa comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato all’adozione e successiva approvazione di un piano particolareggiato, e ciò sia perché è un atto a contenuto generale e sia perché la disposizione vale per gli atti di pianificazione urbanistica generale come per quelli di pianificazione attuativa, per i quali esiste già una particolare disciplina (nella regione Sardegna artt. 20 e 21 della L.R. 22.12.1989), che assicura il contraddittorio tra le parti pubbliche e private nell’ambito delle scansioni in cui si articola il relativo procedimento di formazione: adozione, pubblicazione all’albo, affissione manifesti, presentazione di osservazioni, esame, controdeduzioni, approvazione".

Quanto, invece, alla ritenuta contraddittorietà delle deliberazioni comunali che, dopo aver autorizzato i contro interessati a procedere allo studio complessivo dei comparti F1-Br del vigente PRG, si sono limitate ad approvare il piano presentato dai signori B. e più ancorché limitato ai terreni di loro proprietà, non può che rilevarsi l’inammissibilità del motivo, non ravvisandosi nella mancata pianificazione del comparto F1, con riguardo all’interesse azionato in questo giudizio, alcun apprezzabile interesse dei ricorrenti alla proposizione della censura.

E ciò anche a prescindere dall’indagine dei motivi (indicati dall’amministrazione resistente nella sopravvenuta approvazione della legge c.d. salva coste), per i quali quest’ultima ha ritenuto di soprassedere, in occasione dell’approvazione del piano proposto dai contro interessati, al progetto di lottizzazione della zona F1.

H) Con l’ultimo motivo contenuto nell’atto introduttivo del giudizio, i ricorrenti lamentano che nell’approvazione (con delibera n. 37/2004) della variante al piano attuativo, avente valore di piano particolareggiato, approvato con la delibera n. 25/2004, non sarebbe stato rispettato il procedimento previsto dalla normativa regionale.

Osserva il Collegio che l’impugnata delibera di variante era esclusivamente finalizzata ad una nuova localizzazione dell’impianto di depurazione all’interno della zona Br, nonché alla realizzazione di alcune opere di manutenzione ordinaria e straordinaria nelle aree oggetto di cessione nell’adiacente zona F1, riguardanti la strada di collegamento e il parcheggio.

Ebbene, tale variante al piano particolareggiato, per le sue minime implicazioni rispetto a quanto originariamente assentito, ben può classificarsi come variante c.d. "non essenziale".

Essa, cioè, costituiva un mero sviluppo della pianificazione approvata, non richiedendosi, dunque, per essa, il rispetto dei passaggi procedimentali richiesti dalla normativa regionale invocata dai ricorrenti da applicarsi, invece, per le varianti c.d. essenziali, che sono quelle che introducono modifiche del progetto di pianificazione originariamente assentito le quali comportino aumenti della cubatura o delle superfici o, comunque, un mutamento sostanziale delle caratteristiche dell'intervento edilizio tale da implicare una nuova valutazione complessiva dell’amministrazione.

Anche tale censura deve, pertanto, respingersi.

Con il primo ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti hanno contestato, anzitutto, la realizzabilità dell’intervento in questione per contrasto con le previsioni di cui agli artt. 12, commi 2° e 3°, e 15 delle NTA del PPR. nella parte in cui stabiliscono l’assoluta inedificabilità dei terreni costieri per una fascia di profondità di 300 metri dalla linea di battigia.

La censura dev’essere dichiarata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, giacchè con sentenza n. 2241 del 13 dicembre 2007 di questo Tribunale (pagg. 68-71) sono stati annullati i commi 2 e 3 del citato art. 12, residuando l’art. 15, comma 2° , che consente l’attività edilizia assentita, l’amministrazione quindi per effetto della suddetta decisione non potrebbe che confermare, sotto questo profilo, il provvedimento contestato.

I) Con tale censura i ricorrenti, in sostanza, riproducono la censura sub A) secondo la quale l’intervento in questione non rientrerebbe tra le eccezioni consentite dall’art. 4, comma 2°, dello stesso testo normativo.

Ai fini della declaratoria della sua infondatezza, dunque, è sufficiente rinviare a quanto sopra esposto con riguardo al motivo sub A);

L) Con questo motivo i ricorrenti lamentano che la convenzione di lottizzazione, stipulata in data 5 novembre 2005, sarebbe illegittima per violazione dell’art. 3, comma 1°, della cd. legge Soru che poneva, tra l’altro, il divieto di approvare, sottoscrivere e rinnovare convenzioni di lottizzazione fino all’approvazione del PPR (avvenuta, come detto, nel settembre 2006), senza che la fattispecie in esame rientrasse in nessuna delle deroghe applicative previste dalla stessa legge.

In relazione a tale censura non può non trovare accoglimento l’eccezione di tardività sollevata dalle parti resistenti.

La stipulazione in data 5.11.2005 della convenzione edilizia costituiva circostanza di fatto ben conosciuta dai ricorrenti fin dalla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio (vedi epigrafe di tale atto).

Orbene, il vizio di legittimità denunciato col ricorso per motivi aggiunti (violazione dell’art. 3 della legge n, 8/2004) non costituisce, evidentemente, conseguenza delle acquisizioni di cui alla richiesta di accesso ai documenti cui fa riferimento il ricorrente, sicchè esso doveva essere dedotto con l’atto introduttivo del giudizio, restando dunque tardiva la sua proposizione col ricorso per motivi aggiunti.

M) Con questo motivo i ricorrenti ripropongono la questione della collocazione del depuratore previsto in progetto ad una distanza dalle abitazioni dei ricorrenti inferiore ai minimi previsti dalla normativa di settore.

La questione ha già costituito oggetto di disamina al punto D, alla quale può rinviarsi ai fini dell’esplicazione dell’infondatezza, giacché le nuove argomentazioni proposte con l’atto di motivi aggiunti costituiscono delle mere precisazioni in fatto della situazione ma non aggiungono nulla alle argomentazioni sostanziali della censura.

N) Il motivo in esame si articola in articolate censure, assumendosi che dall’esame delle tavole progettuali, ed in particolare dal Planovolumetrico (tavola 7 bis):

a) risulterebbero inclusi nel perimetro della lottizzazione porzioni di terreno di proprietà altrui;

b) risulterebbero inglobati all’interno della lottizzazione gli attuali passaggi comuni a servizio di tutti proprietari delle aree limitrofe, con illegittima acquisizione degli stessi da parte dei lottizzanti.

c) risulterebbe totalmente modificata la viabilità interna, con interclusione di alcuni lotti ed eliminazione degli attuali accessi al mare di uso comune.

d) risulterebbero non rispettate le distanze minime dal confine per l’edificazione dei fabbricati della lottizzazione;

Il motivo sub a) è inammissibile per genericità e carenza di interesse, giacché non risultano precisate né l’individuazione topografica né la titolarità delle aree di proprietà altrui che verrebbero incluse nel perimetro della lottizzazione, con conseguente non riconducibilità del danno lamentato e quindi dell’interesse azionato ai ricorrenti .

Il motivo sub b) è del pari inammissibile per genericità in quanto, a prescindere dal rilievo della censura e salvi gli eventuali diritti di passaggio maturati, gli stessi ricorrenti non assumono alcun titolo giuridico sulle aree comprese nella lottizzazione, non evidenziando in alcun modo quali passaggi comuni a servizio di tutti proprietari delle aree limitrofe "risulterebbero inglobati all’interno della lottizzazione… con illegittima acquisizione degli stessi da parte dei lottizzanti".

I motivi sub c) e d) sono del pari inammissibile per genericità, giacché anche in questo caso la contestazione dei ricorrenti circa il mancato rispetto delle distanze minime dal confine previste per l’edificazione dei fabbricati è fondata sulla mera affermazione che la sagoma del perimetro della lottizzazione, come riportata nella tavola di progetto n. 7 bis, sarebbe errata, senza tuttavia indicare sotto quali profili, e a danno di chi, sia stata eventualmente operata l’inclusione nella lottizzazione di aree di proprietà altrui, e fermo restando, in ogni caso, che eventuali lesioni dominicali potranno trovare tutela, su azione dei soggetti legittimati, nella competente sede giudiziaria.

O) Con la presente censura i ricorrenti contestano la legittimità della permuta di terreni di cui all’art. 4 della convenzione. In particolare lamentano che sarebbero state cedute ai lottizzanti aree destinate, fin dal 1970, alla funzione di parcheggi pubblici e di stradello di comunicazione col passaggio di accesso al mare, in cambio di terreni lontani dalle abitazioni e raggiungibili in via diretta solo dalla strada di percorrenza principale, risultando dunque dette aree, di fatto, ad uso esclusivo della lottizzazione anziché di tutti i cittadini.

Inoltre, a compensare il diverso valore delle aree, pari a 26.400,00 euro in favore dei lottizzanti, si sarebbe prevista, a carico della lottizzazione, la realizzazione di infrastrutture primarie (rete idrica, rete fognaria, rete telefonica) che, a ben vedere, costituiscono lavori di urbanizzazione del comparto che sarebbero dovuti ricadere esclusivamente sui privati lottizzanti

Il motivo, considerata la natura dell’interesse azionato dai ricorrenti, è inammissibile per carenza di interesse, giacchè, in ultima analisi, lo stesso, più che a contestare profili di illegittimità dell’atto deliberativo impugnato, appare diretto a perseguire il mantenimento di aree pubbliche, di comoda utilizzazione, a parcheggio di uso comune, contestando la decisione dell’amministrazione, tra l’altro insindacabile nel merito, di permutare dette aree di sua proprietà con altre, anch’esse da destinare a parcheggi, ma di meno comoda fruibilità.

In ogni caso, dalle produzioni dei controinteressati (in particolare, allegato n. 2, recante la tavola progettuale 5 bis "Organizzazione della viabilità e delle aree a parcheggi", risulta per tabulas l’agevole fruibilità per l’uso comune delle nuove aree destinate a parcheggi.

P) Con la censura in esame si contesta il fatto che la previsione di un parcheggio privato di cui all’art. 6 della convenzione non troverebbe riscontro nella tavola progettuale 7 bis, con violazione della disposizione che impone la realizzazione di parcheggi nella misura del 10% della volumetria insediata.

La censura è inammissibile.

Essa, infatti, più che profili di illegittimità degli atti impugnati, ipotizza la violazione dell’obbligo di cui all’art. 6 della convenzione, posto a carico dei lottizzanti, di realizzare un parcheggio privato di 3000 (tremila ) m.q. in adiacenza al parcheggio pubblico, secondo le misure indicate nella tavola 7 del progetto (ora 7 bis).

Essa pertanto, non vale a condurre alla declaratoria dell’illegittimità degli atti impugnati, fermo restando, naturalmente, il dovere del comune di vigilare sul corretto e puntuale adempimento di tutti gli obblighi contrattualmente assunti dai lottizzanti e posti alla base del rilascio del titolo edificatorio.

Q) Con questa censura i ricorrenti riproducono la medesima censura di cui al motivo H), ben potendosi dunque ad essa rinviare per le argomentazioni che ne comportano l’infondatezza.

Quanto al 2° ricorso per motivi aggiunti.

R) La censura proposta con questo motivo è sostanzialmente identica a quella contenuta nel 1° ricorso per motivi aggiunti, con la quale si contesta la realizzabilità dell’intervento in questione per contrasto con le previsioni di cui agli artt. 12, commi 2° e 3°, e 15 delle NTA del PPR. nella parte in cui stabiliscono l’assoluta in edificabilità dei terreni costieri per una fascia di profondità di 300 metri dalla linea di battigia.

Vale sul punto il medesimo rilievo d’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della censura, giacchè, come detto, con sentenza n. 2241 del 13 dicembre 2007 di questo Tribunale (pagg. 68-71) sono stati annullati i commi 2 e 3 del citato art. 12, residuando l’art. 15, comma 2° , che consente l’attività edilizia assentita in zona B, l’amministrazione quindi per effetto della suddetta decisione non potrebbe che confermare, sotto questo profilo, il provvedimento contestato.

S) Analogamente il presente motivo, concernente la ritenuta violazione dell’art. 15, comma 7°, del PPR va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse giacché questo TAR, con sentenza n. 498 del 10 aprile 2009 (pagg. 22/23), ha annullato proprio l’art. 15, comma 7°, ritenuto violato dai ricorrenti,

T) Con questa censura i ricorrenti riproducono la medesima censura di cui al motivo E), ben potendosi dunque ad essa rinviare per le argomentazioni che ne comportano l’infondatezza.

U) Con il presente motivo i ricorrenti lamentano che il Comune intimato avrebbe rilasciato la concessione edilizia n. 118/2006 per una volumetria totale edificabile pari a mc 9815, 90 (rectius: 9816,90), superiore a quella risultante dalle tavole progettuali allegate alla convenzione urbanistica stipulata.

Sul punto, in realtà, è sufficiente osservare che gli stessi ricorrenti mostrano di aver ben compreso le ragioni del differente dato volumetrico, restando sufficiente rilevare che il titolo edilizio è del tutto coerente con la convenzione edilizia come integrata per effetto della delibera del consiglio comunale n. 8/2005, recante l’elevazione degli indici di edificabilità.

V) Con quest’altro motivo i ricorrenti contestano, sotto diversi profili, le modalità con le quali i progettisti dei controinteressati hanno calcolato la volumetria dell’intervento, assumendo la sostanziale violazione dell’art. 4 del D.A. 22 dicembre 1983 n. 2266/U.

Neppure tale censura si rivela fondata.

La relazione tecnica dell’ing. G. S., consulente di parte dei controinteressati, prodotta in replica alle considerazioni dell’ing. N. T. poste a fondamento della argomentazioni dei ricorrenti, evidenzia, anche con richiamo alle circolari regionali esplicative del computo dei volumi edificabili, la legittimità dei criteri di calcolo posti a fondamento del titolo edilizio contestato.

Trova infatti applicazione, in questa materia, la Circolare dell’Assessore regionale degli EE.LL., Finanze e Urbanistica del 20 marzo 1978 n. 2-A, dettata nella vigenza del c.d. decreto S. di contenuto identico, sul punto, all’attuale decreto Floris, per la quale "Per il computo dei volumi si assume come altezza il segmento verticale che ha per estremi:

a) il punto medio della linea formata dall’intersezione del piano verticale esterno della muratura sul prospetto a monte con il piano di campagna naturale o, qualora questo venga modificato, con il piano di sistemazione definitivo del terreno o del marciapiede, purché la relativa quota altimetrica sia stabilita specificamente dall’Amministrazione comunale in relazione a proprie esigenze tecniche".

Ebbene, dalle stesse tavole progettuali indicate dal ricorrente si ricava che il calcolo dei volumi del fabbricato in questione è corretto ove riferito alla linea del terreno come risultante dopo la sua sistemazione secondo il progetto approvato, con reiezione anche di questa censura.

Z) Anche il presente motivo, concernente le asserite carenze documentali, relative, tra l’altro, alle emissioni sonore, a corredo dell’impianto di condizionamento previsto per l’insediamento alberghiero è infondato.

Ed invero (allegati 21 e 22 delle produzioni comunali) l’insediamento alberghiero per cui è causa ha ottenuto il parere favorevole sia del comando provinciale dei vigili del fuoco relativo agli impianti termici, che del dipartimento di prevenzione, servizio igiene pubblica, dell’Azienda USL n. 7 di Carbonia.

W) Con l’ultimo motivo i ricorrenti lamentano il difetto di motivazione e di istruttoria per la mancata indicazione, nel titolo edilizio assentito, degli atti presupposti giustificativi della concessa deroga.

Tale motivo, tuttavia, si rivela evidentemente infondato alla luce della stessa documentazione versata agli atti del giudizio, dalla quale emerge l’adeguata istruttoria svolta dall’amministrazione comunale e riportata, nelle sue risultanze finali, nella parte motiva

degli atti procedimentali finalizzati al rilascio del titolo impugnato.

Dalla reiezione di tutte le censure esaminate consegue, infine, l’infondatezza della censura di invalidità derivata dedotta contro la concessione n. 118 del 6 ottobre 2006.

In conclusione, quindi, il ricorso si rivela in parte irricevibile, in parte inammissibile, in parte improcedibile e per il residuo infondato, secondo quanto sopra precisato.

Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara in parte irricevibile, in parte inammissibile, in parte improcedibile e per il residuo respinge, secondo quanto precisato in motivazione, il ricorso in epigrafe.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 01/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente

Francesco Scano, Consigliere

Tito Aru, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 22/07/2009.

giovedì 3 dicembre 2009

RCA, necessaria la raccomandata anche per la riconvenzionale

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Sentenza 26 ottobre 2009, n. 22597

"Va, infatti, ricordato (anche sotto il profilo dell'art. 363, secondo comma, c.p.c.) che la condizione di proponibilità della domanda, costituita dall'assolvimento dell'onere della richiesta con raccomandata nei confronti dell'assicuratore secondo l'articolo 22 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (applicabile ratione temporis), opera sia nel caso di azione diretta, ai sensi dell'articolo 18 della legge suddetta, che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'articolo 2054 cod. civ.. Infatti detta condizione di proponibilità è posta dalla legge senza distinzione fra le persone contro cui l'azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente. Deve, in linea di principio, essere dichiarata improponibile anche la domanda formulata ai sensi dell'articolo 2054 cod. civ. contro il proprietario ed il conducente del veicolo, qualora non sia stata promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all'assicuratore r.c.a.."



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 26 ottobre 2009, n. 22597

Svolgimento del processo

L'Istituto (…) per assicurazioni, società mutua di assicurazioni (…) ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione del Giudice di pace di Napoli del 20-23 gennaio 2004 che ha dichiarato il pari concorso di colpa dei due conducenti R.V. e A.P. in ordine all'incidente stradale del 15 febbraio 2002 ed ha condannato attrice e convenuta (in solido con le rispettive compagnie di assicurazione) al risarcimento della metà dei danni subiti dalle rispettive vetture.

Il ricorso si articola in quattro, distinti motivi.

Le altre parti non hanno svolto difese.

Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso.

Motivi della decisione

Appare assorbente l'esame del primo motivo di ricorso con il quale la compagnia di assicurazione ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 22 della legge 990 del 1969 rilevando che la convenuta P. non aveva provveduto, a sua volta, ad inviare la richiesta di risarcimento del danno alla compagnia di assicurazione dell'attrice R.V., proponendo direttamente domanda riconvenzionale nei confronti della stessa attrice (la compagnia di assicurazione I. era stata chiamata in estensione della domanda riconvenzionale di danni nei confronti della V., come si desume dalla sua formulazione letterale).

Il motivo è fondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte (successiva a Cass. s.u. 12006 del 1991), secondo la quale nell'ambito della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti, per i quali vi è l'obbligo di assicurazione a norma della legge 24 dicembre 1969, n. 990, l'art. 22 di tale legge, il quale subordina la proponibilità dell'azione risarcitoria, inclusa quella formulata soltanto contro il responsabile, alla richiesta del danno all'assicuratore, nonché al decorso di sessanta giorni da tale richiesta, trova applicazione - tenendo conto del difetto di espresse limitazioni e della ratio della disposizione medesima (favore per il soddisfacimento stragiudiziale delle istanze di risarcimento) - anche con riguardo alla domanda riconvenzionale, avanzata dal convenuto che assuma - a sua volta - la responsabilità , esclusiva o concorrente, dell'attore (Cass. 1513 del 1993, 4411 del 1993, 10419 del 1994, 12189 del 2006).

A questo riguardo è stato anche di recente ribadito che l'onere imposto al danneggiato dall'art. 22 L. n. 990 del 1969 di richiedere all'assicuratore il risarcimento dei danni almeno sessanta giorni prima di proporre il relativo giudizio, costituisce condizione di proponibilità della domanda risarcitoria la cui mancanza è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, salva la preclusione del giudicato, anche implicito, restando tuttavia escluso che sia obbligo del giudice acquisire ex officio la relativa documentazione.

Ne consegue che il relativo mancato rilievo integra error in procedendo ed è deducibile con ricorso per cassazione anche contro le pronunzie rese dal giudice di pace secondo equità, attenendo alla tutela del diritto di difesa costituzionalmente protetto ai sensi dell'art. 24, secondo comma, Cost., mentre l'equità di tale giudice si riferisce alle sole norme sostanziali. (Cass. n. 18493 del 2006, 12537 del 2007).

Non vi sono ragioni per discostarsi da tale, consolidato, orientamento.

L'accoglimento di tale motivo, con assorbimento di tutte le altre censure (e tra queste anche di quelle riguardanti la validità della polizza assicurativa) determina la cassazione della sentenza impugnata per la sola parte riguardante la condanna dell'I. al pagamento dei danni subiti dalla convenuta, nei limiti dell'accertato, pari, concorso di colpa, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di merito.

La I. è stata chiamata in giudizio dalla propria assicurata R.V. a seguito della domanda riconvenzionale di danni svolta dalla P., la quale - in sede di conclusioni - ha richiesto la condanna al risarcimento dei danni dell'attrice ed, in via alternativa e solidale, la condanna della I.

Va, infatti, ricordato (anche sotto il profilo dell'art. 363, secondo comma, c.p.c.) che la condizione di proponibilità della domanda, costituita dall'assolvimento dell'onere della richiesta con raccomandata nei confronti dell'assicuratore secondo l'articolo 22 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (applicabile ratione temporis), opera sia nel caso di azione diretta, ai sensi dell'articolo 18 della legge suddetta, che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'articolo 2054 cod. civ.. Infatti detta condizione di proponibilità è posta dalla legge senza distinzione fra le persone contro cui l'azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente. Deve, in linea di principio, essere dichiarata improponibile anche la domanda formulata ai sensi dell'articolo 2054 cod. civ. contro il proprietario ed il conducente del veicolo, qualora non sia stata promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all'assicuratore r.c.a..

L'affermazione di tale principio è priva, tuttavia, di qualsiasi concreta conseguenza nel caso di specie, considerato che nessuna censura è stata rivolta dalla attrice, avverso la sua condanna diretta al pagamento della somma disposta dal primo giudice.

La sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, la domanda riconvenzionale, svolta nei confronti della I., deve essere dichiarata improponibile.

Quanto al regolamento delle spese, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra I. e tutte le altre parti, per l'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso (assorbiti gli altri).

Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, dichiara improponibile la domanda svolta nei confronti di I., compagnia assicuratrice della attrice, dalla convenuta.

Compensa le spese dell'intero giudizio tra I. e le altre parti.

martedì 1 dicembre 2009

Decreto penale di condanna per ubriachezza, si alla confisca del veicolo che non s'appartenga a terzi

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Sezione IV Sentenza 24 giugno - 12 luglio 2009, n. 32957

Anche in caso di emissione di decreto penale di condanna, si perfezionano gli effetti della confisca del veicolo purchè si appartenga al condannato per ubriachezza, con esclusione nel caso che la proprietà del veicolo sia riferibile a terzi, com'è pure nel caso di leasing. In tal senso, la Suprema Corte:

"La competenza attribuita al giudice dell'esecuzione dall'art. 676 c.p.p., comma 1 in materia di confisca e restituzione delle cose sequestrate riguarda infatti esclusivamente i casi nei quali alla confisca o alla restituzione non abbia provveduto il giudice della cognizione (in questo senso v. Cass., sez. 1^, 6 dicembre 2007 n. 3952, Rinaldi, rv. 238378; sez. 4^, 20 aprile 2000 n. 2552, El Yamini, rv. 216491) a meno che la richiesta di restituzione provenga da un terzo rimasto estraneo al giudizio di cognizione (v. Cass., sez. 1^, 16 maggio 2000 n. 3596, Campione, rv. 216101)."

"Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità in considerazione della palese violazione delle regole sul giudizio di legittimità."



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

Sezione IV

Sentenza 24 giugno - 12 luglio 2009, n. 32957

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

OSSERVA

1) Il 15 luglio 2008 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia emetteva decreto penale nei confronti di G.I. per il reato di cui all'art. 186 C.d.S. (guida in stato di ebbrezza) disponendo altresì la confisca dell'autoveicolo sequestrato all'imputata in occasione dell'accertamento del reato avvenuto in ****.

Contro il decreto penale di condanna ha proposto opposizione l'imputata che peraltro ha poi successivamente rinunziato all'opposizione; il giudice per le indagini preliminari ha conseguentemente ordinato l'esecuzione del decreto penale.

Con istanza separatamente presentata G.I. ha chiesto la restituzione dell'autovettura e il Giudice per le indagini preliminari, con ordinanza 4 dicembre 2008, ha rigettato la richiesta e ha ribadito la possibilità di disporre la confisca con il decreto penale e la natura obbligatoria di tale misura di sicurezza per il reato in esame.

2) Contro il provvedimento di diniego della restituzione ha proposto ricorso G.I. che, con l'unico e articolato motivo di censura, contesta la possibilità di applicare la confisca del veicolo con il decreto di condanna e sostiene la natura facoltativa, e non obbligatoria, della confisca dell'autoveicolo prevista dalla legge nel caso di guida in stato di ebbrezza.

3) Va preliminarmente rilevato che il ricorso è inammissibile.

Sebbene formalmente proposto contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che ha respinto la richiesta di restituzione del veicolo in realtà il ricorso investe una statuizione contenuta in un provvedimento (il decreto penale) ormai divenuta definitiva essendone stata ordinata l'esecuzione e non essendo stata proposta alcuna impugnazione contro la dichiarazione di esecuzione del medesimo provvedimento.

Contro il decreto penale di condanna la legge (art. 461 c.p.p.) prevede esclusivamente, come mezzo di impugnazione, l'opposizione dell'imputato e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

La rinunzia all'opposizione e la dichiarazione di esecuzione del decreto - dichiarazione non impugnata con il ricorso in cassazione previsto dall'art. 461 c.p.p., comma 6 - ha come conseguenza la formazione del giudicato conseguente alla natura sostanziale di sentenza del decreto penale di condanna; natura confermata sia dalla sua irrevocabilità nel caso non venga proposta opposizione (art. 648 c.p.p., comma 3) sia dalla possibilità di revisione prevista anche per questi decreti (art. 629 c.p.p.).

Essendosi formato il giudicato sulla disposta confisca il problema da esaminare - non preso in considerazione dal giudice per le indagini preliminari che ha deciso sul merito della richiesta - è costituito dalla risposta al quesito se, una volta disposta con sentenza irrevocabile la confisca, il giudice dell'esecuzione possa ordinare la restituzione delle cose sequestrate al condannato.

La risposta al quesito non può che essere negativa. La competenza attribuita al giudice dell'esecuzione dall'art. 676 c.p.p., comma 1 in materia di confisca e restituzione delle cose sequestrate riguarda infatti esclusivamente i casi nei quali alla confisca o alla restituzione non abbia provveduto il giudice della cognizione (in questo senso v. Cass., sez. 1^, 6 dicembre 2007 n. 3952, Rinaldi, rv. 238378; sez. 4^, 20 aprile 2000 n. 2552, El Yamini, rv. 216491) a meno che la richiesta di restituzione provenga da un terzo rimasto estraneo al giudizio di cognizione (v. Cass., sez. 1^, 16 maggio 2000 n. 3596, Campione, rv. 216101).

3) Peraltro se anche non dovesse ritenersi formato il giudicato sulla disposta confisca è da osservare che il motivo che si riferisce alla asserita non obbligatorietà della confisca dovrebbe comunque essere ritenuto infondato.

La disposta confisca si fonda sul nuovo testo del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2 (codice della strada) modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4 convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).

Con questa modifica legislativa sono stati introdotti i seguenti periodi nell'art. 186 C.d.S., comma 2: "Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato." Come è agevole verificare dal tenore della norma si tratta di confisca obbligatoria: ciò risulta sia dalla terminologia utilizzata ("è sempre disposta") sia dal richiamo all'art. 240 c.p., comma 2, che prevede, appunto, casi di confisca obbligatoria (in questo senso deve intendersi il richiamo all'art. 240: v. Cass., sez. 4^, 11 febbraio 2009 n. 13831, Fumagalli, rv. 242479).

La natura obbligatoria della confisca rende infondato anche il primo motivo di ricorso perchè l'art. 460 c.p.p., comma 2 prevede espressamente che con il decreto penale possa essere applicata la confisca obbligatoria nei casi previsti dall'art. 240 c.p., comma 2;

richiamo da intendersi riferito a tutti i casi di confisca obbligatoria.

4) Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.

Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità in considerazione della palese violazione delle regole sul giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2009.

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