mercoledì 29 ottobre 2008

Divorzio, è reato la mera omissione della corresponsione dell'assegno di mantenimento

Cassazione penale , sez. VI, sentenza 23.06.2008 n° 25591

"Il reato previsto dall'art. 12 sexsies citato si configura per la semplice omissione della corresponsione dell'assegno nella misura disposta dal giudice, indipendentemente dalla circostanza che tale omissione comporti il venir meno dei mezzi di sussistenza per il beneficiario dell'assegno (cfr, ex plurimis Cass. sez. 6^, 6.7.00, n 7910 "

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Sentenza 13 marzo - 23 giugno 2008, n. 25591

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con il provvedimento indicato in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza in data 25 novembre 2003 del Tribunale di Agrigento, che aveva condannato R.V. alla pena di quindici giorni di reclusione e Euro 500,00 di multa, in continuazione con la pena inflitta dalla Corte di appello di Palermo in data 18 marzo 2002, divenuta irrevocabile il 5 marzo 2003, nonchè al risarcimento dei danni in favore della parte civile, rimettendo le parti innanzi al competente giudice civile, e al pagamento di una provvisionale pari ad Euro 21.691,11, con riferimento al reato di cui alla L. n. 897 del 1970, art. 12 sexsies, e art. 570 c.p., contestato per avere omesso di corrispondere alla moglie C.A. quanto necessario per il suo sostentamento. Ha proposto ricorso per cassazione il R., denunciando:

- la violazione dell'art. 414 c.p.p., erroneamente disattesa dai giudici di appello, poichè, una volta archiviata il 19 giugno 2002 la denuncia presentata dalla C. per mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento dal mese di marzo 2001, non poteva procedersi a nuova iscrizione dello stesso fatto sia pure qualificato diversamente;

- la violazione dell'art. 522 c.p.p. e il vizio della motivazione sul punto, non risultando enunciato con chiarezza nel capo d'imputazione il fatto addebitato, specie con riferimento alla sentenza di divorzio e all'obbligo di corrispondere l'assegno divorsile;

- la violazione dell'art. 570 c.p. e L. n. 898 del 1970, 12 sexsies non essendo stato dimostrato lo stato di bisogno del soggetto favorito;

- la carenza della motivazione in ordine all'esistenza di un credito nei confronti dell'ex-coniuge e all'esclusione della punibilità per errore sul fatto ex art. 47 c.p..

Il ricorso è inammissibile per la palese inconsistenza di tutti i motivi dedotti.

Innanzi tutto è priva di qualsiasi fondamento la denunciata violazione dell'art. 414 c.p.p., poichè, come opportunamente evidenziato dalla Corte territoriale, l'efficacia preclusiva derivante dall'emissione di un decreto di archiviazione non opera in presenza della contestazione di un fatto qualificato come oggettivamente diverso da quello cui si riferiva il provvedimento di archiviazione e conseguente alla denuncia per fatti avvenuti successivamente all'adozione di quel provvedimento. Alle stesse conclusioni di manifesta infondatezza si deve pervenire in riferimento alla pretesa violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., correttamente esclusa dai giudici di merito sul rilievo che la formula del capo d'imputazione conteneva un chiaro riferimento alla condotta contestata, sulla quale l'imputato ha avuto modo di svolgere le difese ritenute opportune.

Venendo quindi all'affermazione di responsabilità in ordine alla mancata corresponsione dell'assegno divorsile, sono ancora manifestamente infondate e, per altro verso, generiche tutte le censure proposte dal ricorrente, stante sia l'assoluta mancanza di qualsiasi riscontro probatorio, giustamente ritenuto decisivo dalla Corte di appello, a sostegno della tesi concernente la mancata dimostrazione dell'impotenza economica del R., sia l'irrilevanza dello stato di bisogno della persona offesa, comunque priva di autonome fonti di reddito e che si avvale del sostegno economico offertole dalla madre, dal momento che il reato previsto dall'art. 12 sexsies citato si configura per la semplice omissione della corresponsione dell'assegno nella misura disposta dal giudice, indipendentemente dalla circostanza che tale omissione comporti il venir meno dei mezzi di sussistenza per il beneficiario dell'assegno (cfr, ex plurimis Cass. sez. 6^, 6.7.00, n 7910 ), sia il generico riferimento - come tale correttamente non apprezzato ex art. 47 c.p. - ad un eventuale credito, di imprecisato tenore, dell'imputato.

All'inammissibilità del ricorso segue a norma di legge la condanna del R. al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa stante il tenore dell'impugnazione, di 1000,00 euro alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2008.

lunedì 20 ottobre 2008

Giudice di Pace, sempre inapplicabile il rito del lavoro, lesioni col rito ordinario

Innanzi al Giudice di Pace non è applicabile il rito del lavoro, per cui nel caso di lesioni l’azione di risarcimento va proposta con rito ordinario.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Ordinanza 7 agosto 2008, n. 21418

Composta dagli III.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Paolo VITTORIA - Presidente -

Dott. Maurizio MASSERA - Consigliere -

Dott. Antonio SEGRETO - Consigliere -

Dott. Roberta VIVALDI - Consigliere -

Dott. Raffaele FRASCA. - ReI. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Sul REGOLAMENTO DI COMPETENZA richiesto d'ufficio dal Tribunale di REGGIO CALABRIA, con ordinanza del 03/10/07, nella causa iscritta al nr26347/2007 vertente

tra

M. S. V.;

e

HDI ASSICURAZIONI SPA, + altri;

udita la relazione della causa svolta nella camera di

consiglio il 03/07/0:8 dal Consigliere Dott. Raffaele FRASCA.

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonietta CARESTIA.

Oggetto

Ritenuto quanto segue:

§ 1. Con ordinanza del 3 ottobre 2007 il Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato conflitto di competenza d'ufficio avverso la sentenza con la quale il Giudice di Pace di Reggio Calabria ha declinato la competenza sulla controversia introdotta da S. V. M. contro ALTRI + la HDI Assicurazioni s.p.a. - rispettivamente nella qualità di proprietario, di conducente e di assicuratrice per la r.c.a. di un veicolo con il quale, alla guida dell' autovettura di proprietà della figlia, era venuta a collisione - per ottenere la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni per sofferte lesioni personali, quantificati in euro 4532,29 (al netto di un importo di euro 1.900 corrisposti dalla società assicuratrice.

La declaratoria di incompetenza vemva fatta dal Giudice di Pace nel presupposto che la norma dell'art. 3 della l. n. 102 del 2006 avesse attribuito al Tribunale la competenza sulle controversie relative ad incidenti stradali causative di lesioni o della morte, così sottraendole alla previsione di competenza di cui all'art. 7, secondo comma, c.p.c.

A seguito della declinatoria il giudizio veniva riassunto dinanzi al Tribunale, che nella stessa udienza ai sensi dell'art. 420 c.p.c. riteneva erronea la declinatoria della competenza e, quindi con la detta ordinanza elevava il conflitto.

§2. Il Tribunale ha soillevato il conflitto adducendo che erroneamente il Giudice di Pace ha attribuito all'art. 3 della l. n. 102 del 2006 l'efficacia di incidere sull'assetto delle competenze, in particolare per effetto del richiamo tra le norme del libro II, titolo IV, capo I de:! codice di rito anche dell'art. 413 c.p.c., il quale invece attribuisce alla competenza del tribunale soltanto le controversie di lavoro e non tutte le controversie soggette al rito del lavoro. Secondo il Tribunale sarebbe, del resto, irragionevole che - fra l'altro senza alcun riscontro in sede di lavori parlamentari – si sia sottratta al giudice di pace una considerevole parte della sua competenza con

conseguente aumento del carico di lavoro dei tribunali.

§3. Nessuna delle parti ha svolto attività difensiva.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all'art. 380-bis C.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata ritualmente notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Considerato quanto segue:

§ 1. La relazione redatta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. è stata del seguente tenore:

«[ ... ] 4.- L'istanza di regolamento di competenza d'ufficio è fondata.

La norma dell'art. 3 della l. n. 102 del 2006 recita testualmente che «alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile».

La norma, per assumere il significato voluto dal Giudice di Pace, dovrebbe avere la natura di norma sulla competenza di carattere speciale rispetto alla norma di cui al secondo comma dell'art. 7 C.p.c., perché avrebbe sottratto alla competenza del giudice di pace per materia con limite di valore, di cui a tale norma, una parte delle controversie da essa considerate, cioè quelle rientranti nel limite del valore indicato riconducibili alla circolazione stradale (tale nozione evocando l'improprio riferimento gli incidenti stradali) ed aventi ad oggetto pretese risarcitorie per lesioni personali e per morte. L'art. 3 dovrebbe pertanto interpretarsi in ossequio al criterio ermeneutico per cui lex posterior specialis derogat legi priori generali.

Ora, nella norma dell'art. 3 non v'è alcun indizio - specie tenendo conto della sua da più parti segnalata pessima fattura - idoneo ad attribuirle l'efficacia di norma speciale in detto senso. Ed anzi ve ne sono di contrari.

In primo luogo va riilevato che la norma è formulata nel senso di disporre l'applicazione di altre nomle ad una determinata tipologia di cause. E' vero che fra tali norme vi è anche una norma sulla competenza, quella dell'art. 413 c.p.c., che allude solo ad una competenza del tribunale. Tuttavia, va dato rilievo alla circostanza che l'art. 3 dispone l'applicazione non delle norme di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile nella loro interezza, bensì con una specificazione: si deve trattare di "nonne processuali". Poiché tutte le nonne contenute nel detto capo sono certamente "nonne processuali" il senso di tale precisazione da parte del legislatore verrebbe a mancare se non si attribuisse ad essa il significato di non rendere applicabili alla tipologia di controversie in discorso tutte le nonne del capo in questione, bensÌ soltanto alcune. Se cosÌ è, bisogna intendere la disposizione in commento come detenni nativa soltanto dell'applicabilità delle nonne di quel capo che non presentano oggetti di disciplina che impediscano la loro diretta applicazione nel loro contenuto di disposizioni alle controversie contemplate dalla nonna dell'art. 3. Si deve trattare, cioè, di norme che abbiano un contenuto dispositivo tale da poter essere applicate direttamente alle controversie indicate nell'art. 3. E' quanto dire che l'espressione "nonne processuali" va intesa tendenzialmente come omologa di quella di "rito processuale" ed in riferimento a tale nozione come comprensiva solo di norme sul rito che si presentino automaticamente applicabili alle controversie indicate dall' art. 3.

Ora, la nonna dell'art. 413 c.p.c. contiene una disciplina, relativa alla competenza per materia e per territorio, che pertiene esclusivamente alle controversie di cui all'art. 409 C.p.c. e, pertanto, non può considerarsi una delle "norme processuali" cui allude l'alt. 3, atteso che in alcun modo è possibile postularne la diretta applicazione alle controversie ivi contemplate. In particolare, per quanto attiene alla competenza per materia sulle controversie relative ad "incidenti stradali" detenninativi di danni da morte o lesioni, occorrerebbe postulare la sostituzione nella nonna del riferimento alle controversie di cui all'art. 409 c.p.c. con un riferimento a dette controversie, cioè compiere un' operazione enneneutica che va ben al di là dell'applicazione diretta dell'art. 413 C.p.c. e suppone un'operazione di vero e proprio adattamento. Inoltre, sarebbe necessario escludere anche il riferimento all'essere il tribunale "giudice del lavoro".

Discende da questi rilievi che non è possibile attribuire alla norma ora detta l'efficacia di nonna speciale derogatoria della competenza di cui all'art. 7, secondo comma, del giudice di pace. E semmai l'interprete è indotto ad affacciare un dubbio interpretativo diverso, che è nel senso di postulare l'applicazione delle norme sul rito del lavoro esclusivamente quando le controversie indicate neIl'art. 3 della legge n. 102 del 2006 si trovino a dover essere trattate dal tribunale. Il rito di cui al capo I del titolo IV, del libro II del codice di procedura civile è, infatti, rito speciale applicabile direttamente nei giudizi dinanzi al tribunale in alternativa a quello ordinario parimenti applicabile dinanzi al tribunale e non è un rito speciale rispetto a quello dinanzi al giudice di pace. Onde potrebbe anche sostenersi che il legislatore abbia inteso dettare la disposizione esclusivamente per il caso che una controversia relativa ad incidente stradale relativa a danni da morte o lesioni sia di competenza del tribunale e non anche per il caso in cui sia di competenza del giudice di pace. Tanto più ove si consideri che, se: l'intento perseguito dal legislatore con l'estensione alla tipologia di controversie in discorso del rito del lavoro è stato quello di rendere applicabile tale rito perché (ipoteticamente: ma è dato smentito dall'esperienza) più rapido di quello ordinario, tale intento anche astrattamente sarebbe contraddetto dall'ipotesi dell'estensione della norma anche ai giudizi dinanzi al giudice di pace, atteso che il rito dinanzi al giudice di pace, in ragione della sua deformalizzazione, risponderebbe ad esigenze di celerità certamente maggiori di quelle di cui è (astrattamente) capace il rito del lavoro. Non solo: l'estensione al giudice onorario di un rito "formalizzato" come quello del lavoro sarebbe in manifesta contraddizione con le minore garanzie di tecnicismo che quel giudice offre. Si aggiunga ancora che un effetto dell'estensione del rito alle controversie in discorso pur se di competenza del giudice di pace sarebbe quello di renderle sempre decidibili solo secondo diritto e non secondo equità entro il limite della giurisdizione equitativa.

Si potrebbe, dunque, ritenere che l'art. 3 trovi applicazione solo alle controversie in questione di valore superiore al limite indicato dal secondo comma deIl'art. 7 c.p.c. e, quindi, di competenza del tribunale.

In disparte questa questione l'istanza di regolamento di competenza andrà accolta ed andrà dichiarata la competenza per materia con limite di valore sulla controversia del Giudice di Pace di Reggio Calabria.».

§2. Il Collegio condivide le argomentazioni della relazione sul punto relativo alla statuizione da rendere sulla competenza e, pertanto, ritiene debba affermarsi il seguente principio di diritto: «Deve escludersi che la norma dell'art. 3 della l. n. 102 del 2006, nel prevedere che alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro Il, titolo IV, capo I del codice di procedura civile, abbia attribuito al Tribunale la competenza su tali cause, così sottraendole alla previsione di competenza del giudice di pace per materia con limite di valore, di cui all'art. 7, secondo comma, c.p.c.».

§3. Sciogliendo la riserva formulata nella relazione il Collegio ritiene, inoltre, è opportuno chiarire se il rito speciale richiamatli da detta norma debba trovare applicazione quando le cause indicate dal citato art. 3 siano di competenza del giudice di pace e debbano essere da tale giudice trattate. Il chiarimento va dato nel senso che deve escludersi che l'intentio legis di cui è espressione l'art. 3 si sia voluta indirizzare nel senso di disporre l'applicabilità delle norme del c.d. rito del lavoro anche quando le cennate controversie debbano essere trattate dinanzi al giudice di pace, onde la norma in discorso si deve intendere riferita soltanto all'ipotesi di causa davanti al Tribunale.

Inducono a tale conclusione le seguenti considerazioni:

a) la circostanza che il rito del lavoro è rito estremamente formalizzato e, quindi, per definizione poco compatibile con l'esercizio della giurisdizione da parte di un giudice onorario;

b) l'argomento della coerenza con lo scopo del legislatore, che, nell'intento di introdurre per le controversie in questione un rito - almeno in astratto (posto che è notorio che il rito del lavoro è ormai gestito con tempi non diversi da quelli del rito ordinario e considerato che anche quest'ultimo, a far tempo dalla l. n. 353 del 1990, ha tornato ad essere imperniato sul sistema delle preclusioni, pur temperate dal principi di eventualità, formalmente consacrato nell'art. 183 c.p.c.) - più celere di quello ordinario, avrebbe non solo attribuito al giudice di pace la gestione di uno strumento processuale più sofisticato e, quindi, più difficile da gestire per il giudice non togato, ma anche perseguito l'intento con l'adoperare uno strumento alla prova dei fatti inidoneo;

c) un ulteriore argomento di coerenza del legislatore, desumibile dalla circostanza che il rito dinanzi al giudice di pace è di per sé ispirato da un'esigenza di concentrazione e speditezza, peraltro congiunta ad una notevole semplificazione delle forme, si che l'ipotetica e discutibile idoneità del rito del lavoro ravvisata per il caso delle controversie dinanzi al tribunale rispetto al rito ordinario dinanzi a quell 'ufficio applicabile sarebbe stata e sarebbe insussistente;

d) il rilievo che l'attribuire alla norma del citato art. 3 la valenza di riferirsi anche alle controversie davanti al giudice di pace, come dimostra la pratica, comporta anche l'effetto di determinare l'operare del rito del lavoro anche quando i danni siano lamentati non solo alla persona, sia pure in misura minima, ma anche alle cose, ipotesi non considerata dal legislatore, ma che dovrebbe essere regolata dall'art. 40, terzo comma c.p.c.;

e) in fine - e trattasi di argomento decisivo - la circostanza che in ordine al rito da applicarsi dinanzi al giudice di pace il nostro codice di rito contiene una previsione che ha natura di c.d. metanorma, cioè di norma sul modo di legiferare in ordine al rito processuale applicabile in genere dinanzi a quel giudice: l'art. 311 c.p.c., infatti, sotto la rubrica «Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale», dispone che «il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica» .

La norma, dopo avere disposto in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo che vengono di seguito espressamente dettate e, per ciò che esse non regolano, da quelle sul procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica (di cui al capo terzo del titolo primo di detto libro), pone una vera e propria metanorma, là dove esige che un diverso regolamento risulti da "altre espresse disposizioni". Ne discende che, quando il legislatore detta una norma sul rito potenzialmente idonea ad essere applicata - come l'art. 3 di cui si discorre - anche al processo dinanzi al giudice di pace, perché la potenzialità sia effettiva e la norma possa essere interpretata nel senso d'essere applicabile anche dinanzi al giudice di pace, è necessario che essa disponga in tale senso "in modo espresso", cosa che il detto art. 3 non ha fatto in alcun modo, non contenendo alcun riferimento al processo dinanzi al giudice di pace.

§4. E' da notare che nessun lume sulle questioni interpretative qui esaminata è venuto dalla recente ord. n. 280 del 2008 della Corte costituzionale, poiché la questione decisa è stata dichiarata inammissibile.

Inoltre, è anche da rikvare che correttamente, sia nella relazione, sia nelle considerazioni svolte in qUi~sta sede non si è fatto alcun riferimento ai lavori parlamentari, atteso che essi non considerano le problematiche esaminate.

§5. Conclusivamente è dichiarata la competenza per materia con limite di valore

del Giudice di Pace di Reggio Calabria.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza del Giudice di Pace di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, neilla Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 3 luglio 2008.

Pubblicata il 7 agosto 2008.

domenica 5 ottobre 2008

Processo civile, norme per l'uso di strumenti telematici

Decreto Ministero Giustizia 17.07.2008, G.U. 02.08.2008




MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DECRETO 17 luglio 2008

Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, in sostituzione del decreto del Ministro della giustizia 14 ottobre 2004, pubblicato nel supplemento ordinario n. 167 alla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004.

(G.U. n. 180 del 2-8-2008)

IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

Visto il decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, recante «Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 2, comma 1, lettera mm), della Legge 23 ottobre 1992, n. 421» e successive modificazioni;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A) e successive modificazioni;

Visto il decreto ministeriale 27 marzo 2000, n. 264, recante «Regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123, recante «Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti» e successive modificazioni;

Visto il decreto ministeriale 24 maggio 2001;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante «Codice in materia di protezione dei dati personali» e successive modificazioni;

Visto il decreto del Ministro della Giustizia 14 ottobre 2004, recante «Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile» e, in particolare, l'articolo 61, secondo il quale «le regole tecnico-operative sono adeguate all'evoluzione scientifica e tecnologica, con cadenza almeno biennale».

Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale e successive modificazioni;

Rilevata la necessità di adeguare le regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, sostituendo il decreto del Ministro della Giustizia 14 ottobre 2004;

Sentito il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione; Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

DECRETA

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

Art. 1
(Ambito di applicazione)

1. Il presente decreto stabilisce le regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001 n. 123.

Art. 2
(Definizioni)

1. Ai fini del presente decreto si intendono per:

a) SICI: sistema informatico civile come definito nel decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123;
b) gestore centrale: struttura tecnico-organizzativa che, nell'ambito del dominio giustizia, come definito all'articolo 1, comma 1, lettera e) del D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, fornisce i servizi di accesso al SICI ed i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali fra il SICI ed i soggetti abilitati, secondo le norme riportate nel presente decreto;
c) gestore locale: sistema informatico che fornisce i servizi di accesso al singolo ufficio giudiziario o all'ufficio notifiche esecuzioni e protesti (UNEP), ed i servizi dì trasmissione telematica dei documenti informatici processuali fra il gestore centrale ed il singolo ufficio giudiziario o UNEP;
d) certificazione del difensore: attestazione al difensore di iscrizione all'albo, all'albo speciale, al registro dei praticanti abilitati ovvero di possesso della qualifica che legittima l'esercizio della difesa e l'assenza di cause ostative allo svolgimento dell'attività difensiva;
e) punto di accesso: struttura tecnico-organizzativa che fornisce ai soggetti abilitati, esterni al SICI, i servizi di connessione al gestore centrale e di trasmissione telematica dei documenti informatici relativi al processo, nonché la casella di posta elettronica certificata, secondo le regole tecnico-operative riportate nel presente decreto;
f) autenticazione: operazione di identificazione in rete del titolare della carta nazionale dei servizi o di altro dispositivo crittografico, contenente un certificato di autenticazione, secondo la previsione dell'art. 62.
g) firma digitale: firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato, e generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, di cui al decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10.
h) fascicolo informatico: versione informatica del fascicolo d'ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, ovvero le copie informatiche dei medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto cartaceo.
i) soggetti abilitati: tutti i soggetti abilitati all'utilizzo dei servizi di consultazione di informazioni e trasmissione di documenti informatici relativi al processo. In particolare si intende per:
1.1 soggetti abilitati esterni privati: i difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice.
1.2 soggetti abilitati esterni pubblici: gli avvocati, i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di amministrazioni statali.
1.3 soggetti abilitati esterni: i soggetti abilitati esterni privati e i soggetti abilitati esterni pubblici.
1.4 soggetti abilitati interni: i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP
j) casella di posta elettronica certificata per il processo telematico (CPECPT): indirizzo elettronico, per il processo telematico, dei soggetti abilitati.

Art. 3
(Gestore centrale)

1. Il gestore centrale è il punto unico di interazione, a livello nazionale, tra il SICI ed í soggetti abilitati esterni.

2. Il gestore centrale è attivo presso il Ministero della giustizia.

Art. 4
(Gestore locale)

1. Il gestore locale è parte del sistema informativo dell'ufficio giudiziario e dell'UNEP, come definito nel decreto ministeriale del 24 maggio 2001, e rispetta i requisiti tecnici ed organizzativi definiti in tale ambito.

2. I gestori locali sono attivi presso le sale server dove sono gestiti i sistemi informativi degli uffici giudiziari e degli UNEP.

Art. 5
(Sistemi informatici di gestione della cancelleria e dell'UNEP)

1. Il sistema informativo di gestione delle cancellerie civili è costituito dall'infrastruttura hardware e software di gestione dei registri e dei fascicoli informatici.

2. Il sistema informativo di gestione degli UNEP è costituito dall'infrastruttura hardware e software per la gestione delle notifiche.

Art. 6
(Punto di accesso)

1. I soggetti abilitati esterni accedono al SICI tramite un punto di accesso, che può essere attivato esclusivamente dai soggetti pubblici di cui al comma 5 e dai soggetti privati di cui al comma 6. Ciascun soggetto può avvalersi di un solo punto di accesso.

2. I punti di accesso forniscano un'adeguata qualità dei servizi, dei processi informatici e dei relativi prodotti, idonea a garantire la sicurezza del sistema e a non comprometterne i livelli di servizio, nel rispetto dei requisiti tecnici di cui all'articolo 30.

3. La violazione, da parte di un punto di accesso, dei livelli di sicurezza e di servizio, comporta la sospensione ad erogare i servizi fino al ripristino di tali livelli.

4. Il Ministero della giustizia dispone ispezioni tecniche, anche a campione, per verificare l'attuazione delle prescrizioni di sicurezza.

5. I soggetti pubblici che possono attivare e gestire uno o più punti di accesso sono:

a) I consigli dell'ordine degli avvocati, ciascuno limitatamente ai propri iscritti;
b) Il Consiglio nazionale forense, limitatamente ai propri iscritti e agli iscritti dei consigli dell'ordine degli avvocati che gliene fanno delega;
c) Il Consiglio nazionale del notariato, limitatamente ai propri iscritti;
d) L'Avvocatura dello Stato, le amministrazioni statali o equiparate, e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti;
e) Il Ministero della giustizia per i soggetti abilitati interni e, in via residuale, ove sussistano oggettive difficoltà per l'attivazione del servizio da parte dei soggetti di cui ai punti a) e b);
f) Il Ministero della giustizia, in via residuale, ove sussistano oggettive difficoltà per l'attivazione del servizio da parte dei soggetti di cui al comma 6, al solo fine di garantire l'accesso agli esperti e ausiliari del giudice.

6. I soggetti privati che attivano e gestiscono un punto di accesso hanno i seguenti requisiti:

a) forma di società per azioni;
b) capitale sociale e requisiti di onorabilità di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, articolo 25, comma 1.

Art. 7
(Certificazione dei difensori)

1. La certificazione del difensore è svolta dal punto di accesso, qualora questo sia gestito da un Consiglio dell'ordine degli avvocati o dal Consiglio nazionale forense, oppure dal gestore centrale sulla base di copia dell'albo fornita al Ministero della giustizia dai consigli dell'ordine degli avvocati e dal Consiglio nazionale forense.

2. L'aggiornamento della copia dell'albo avviene entro 72 ore dalla comunicazione, dei provvedimenti di pertinenza, all'interessato.

3. Il Consiglio nazionale forense compie il servizio di certificazione dei difensori per i propri iscritti o per gli iscritti dei consigli dell'ordine, su delega di questi ultimi.

Art. 8
(Accesso dei soggetti abilitati esterni privati)

1. Per il difensore delle parti è necessaria, ai fini dell'accesso al SICI, l'autenticazione presso il punto di accesso di cui al capo quarto e la certificazione di cui all'articolo 7.

2. Il SICI consente al difensore l'accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è costituito e permette, negli altri casi, l'acquisizione delle sole informazioni necessarie per la costituzione in giudizio.

3. In caso di delega, rilasciata ai sensi dell'articolo 9 regio decreto legislativo 27 novembre 1933, n. 1578, il SICI consente all'avvocato delegato l'accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dall'avvocato delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell'ufficio giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L'accesso è consentito fino alla comunicazione della revoca della delega.

4. La delega, sottoscritta con firma digitale, è rilasciata in conformità al modello previsto dall'articolo 56.

5. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedono al SICI nel limite dell'incarico ricevuto e della autorizzazione, concessa dal giudice, alla consultazione e alla copia degli atti.

6. A seguito dell'autenticazione, viene trasmesso al gestore centrale il codice cascale del soggetto abilitato esterno privato.

Art. 9
(Accesso dei soggetti abilitati esterni pubblici)

1. Il punto di accesso autentica il soggetto abilitato esterno pubblico e trasmette il relativo codice fiscale al gestore centrale.

2. I dati, di cui al comma 1, sono utilizzati per individuare i privilegi di accesso alle informazioni contenute nel SICI.

3. Il SICI consente agli avvocati e procuratori dello Stato l'accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte una pubblica amministrazione.

Art. 10
(Accesso dei soggetti abilitati interni)

1. I soggetti abilitati interni accedono al SICI attraverso il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e attraverso il punto di accesso del Ministero della giustizia.

CAPO II

GESTIONE DELLA POSTA ELETTRONICA

Art. 11
(Casella di posta elettronica certificata del processo telematico)

1. I soggetti abilitati esterni, per utilizzare i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici, dispongono di un indirizzo elettronico e della relativa casella di posta elettronica certificata del processo telematica, CPECPT, forniti e gestiti dal punto di accesso, nel rispetto dei requisiti di cui all'articolo 12.

2. Ogni indirizzo elettronico, come definito nel decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n.123, corrisponde ad una CPECPT.

3. Ad ogni soggetto che interagisce per via telematica con il SICI corrisponde un solo indirizzo elettronico.

4. Ogni CPECPT è abilitata a ricevere messaggi provenienti unicamente da altri punti di accesso e dal gestore centrale.

Art. 12
(Requisiti del servizio di gestione della CPECPT)

1. La CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilità per trenta giorni, successivamente il messaggio è archiviato e sostituito da un avviso contenente i seguenti dati: identificativo univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo.

2. L'avviso di cui al comma I, contenente i riferimenti per il reperimento del messaggio, rimane disponibile per sei mesi.

3. Il servizio di posta elettronica certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico reso disponibile al destinatario, cui è associata l'attestazione temporale di cui all'articolo 45.

4. Salvo quanto previsto nel presente decreto, la posta certificata del processo telematico si conforma al D.P.R. 11 febbraio 2005 e alle relative regole tecniche.

Art. 13
(Registro generale degli indirizzi elettronici)

1. II registro generale degli indirizzi elettronici, attivo presso il gestore centrale, contiene l'elenco di tutti gli indirizzi elettronici attivati dai punti di accesso.

2. Il registro generale degli indirizzi elettronici è accessibile ai soggetti abilitati esterni per il tramite dei punti di accesso e a tutti i soggetti abilitati interni, secondo le modalità. previste dall'articolo 19.

3. All'indirizzo elettronico delle persone fisiche, sono associate le seguenti informazioni:

a) nome e cognome;
b) luogo e data dì nascita;
c) codice fiscale
d) data, ora e minuti dell'ultima variazione dell'indirizzo elettronico;
e) residenza;
f) domicilio;
g) stato dell'indirizzo: attivo, non attivo;
h) certificato digitale relativo alla chiave pubblica, da utilizzare per la cifratura;
i) consiglio dell'ordine o ente di appartenenza;
j) stato del difensore: attivo, non attivo.

4. All'indirizzo elettronico degli enti collettivi, siano essi non riconosciuti ovvero persone giuridiche, sono associate le seguenti informazioni:

a) denominazione sociale;
b) codice fiscale;
c) data, ora e minuti dell'ultima variazione dell'indirizzo elettronico;
d) sede legale;
e) certificato digitale relativo alla chiave pubblica da utilizzare per la cifratura;
f) stato dell'indirizzo: attivo, non attivo.

Art. 14
(Registrazione dei soggetti abilitati esterni al SICI)

1. L'accesso al SICI e la casella di posta elettronica si ottengono previa registrazione presso un punto di accesso.

2. La registrazione si ottiene con richiesta scritta, che il punto d'accesso conserva per almeno dieci anni.

3. Al momento della registrazione, il punto di accesso verifica l'identità del richiedente ed il relativo codice fiscale, e acquisisce i dati di cui all'articolo 13, commi 3 e 4.

4. I difensori delle parti presentano, all'atto della registrazione, un certificato, rilasciato in data non anteriore a venti giorni, in cui il consiglio dell'ordine di appartenenza attesta l'iscrizione all'albo, all'albo speciale, al registro dei praticanti abilitati, oppure la qualifica che legittima all'esercizio della difesa e l'assenza di cause ostative allo svolgimento dell'attività difensiva.

5. Gli esperti e gli ausiliari del giudice presentano, all'atto della registrazione, il certificato della iscrizione all'albo dei consulenti tecnici o copia della nomina da parte del giudice dalla quale risulta che l'incarico non è esaurito.

6. Al momento della registrazione, i soggetti abilitati esterni comunicano al punto dì accesso le seguenti informazioni:

a) nome e cognome;
b) luogo e data di nascita;
c) codice fiscale
d) residenza;
e) domicilio;
f) certificato digitale, relativo alla chiave pubblica, per la cifratura.
g) consiglio dell'ordirle di appartenenza.
I soggetti abilitati esterni comunicano al punto di accesso ogni variazione delle informazioni di cui alle lettere d), e), lj e g).

7. Le informazioni di cui al comma 6, unitamente alla qualità di difensore delle parti, di esperto o ausiliario del giudice, ed all'indirizzo elettronico assegnato e ad eventuali varia doni del suo stato, sono trasmesse dal punto di accesso al gestore centrale e, per i difensori delle parti, anche al consiglio dell'ordirle di appartenenza.

Art. 15
(Obbligo di informazione)

1. I punti di accesso informano i titolari dì indirizzi elettronici degli obblighi assunti in relazione al servizio offerto.

Art. 16
(Registro degli indirizzi elettronici del punta di accesso)

1. Il punto di accesso attiva un registro degli indirizzi elettronici che contiene l'elenco di tutti gli indirizzi elettronici emessi, revocati o sospesi dal punto di accesso.

2. Ad ogni indirizzo elettronico di persona fisica sono associate le informazioni di cui all'articolo 13, comma 3.

3. L'indirizzo elettronico di enti collettivi, siano essi non riconosciuti ovvero persone giuridiche, associa le informazioni di cui all'articolo 13, comma 4.

4. Il difensore comunica al consiglio dell'ordine di appartenenza il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso, unitamente al proprio codice fiscale e ai dati identificativi del punto di accesso, ove tale comunicazione non sia stata fatta per suo nome e conto dal punto di accesso medesimo.

5. L'esperto o l'ausiliario del giudice comunica alla cancelleria competente il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso.

6. Il punto di accesso consente la consultazione del registro generale degli indirizzi elettronici di cui all'articolo 13 a tutti i soggetti abilitati ad accedere attraverso il punto di accesso stesso, nella propria area riservata, secondo le modalità previste dall'articolo 19.

7. Peri soggetti abilitati esterni pubblici, ciascun punto di accesso comunica al Ministero della giustizia, per via telematica, tutte le informazioni di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, ed ogni loro variazione, al fine dell'inserimento nel registro generale degli indirizzi elettronici.

Art. 17
(Comunicazioni dei consigli dell'ordine degli avvocati e del Consiglio nazionale forense)

1. Al fine dell'inserimento nei registri degli indirizzi elettronici, i consigli dell'ordine degli avvocati e il Consiglio nazionale forense comunicano al Ministero della giustizia ed ai punti di accesso di riferimento, le seguenti informazioni e le loro variazioni, per via telematica, relative ai difensori:

a) nome e cognome;
b) luogo e data di nascita;
c) codice fiscale;
d) domicilio;
e) indirizzo elettronico, dichiarato e fornito dal punto di accesso;
f) data, ora e minuti dell'ultima variazione dell'indirizzo elettronico;
g) dati identificativi del punto di accesso che fornisce il servizio di posta elettronica;
h) stato del difensore: attivo, sospeso, cancellato, radiato; con indicazione di inizio efficacia del provvedimento e di fine efficacia nell'ipotesi di provvedimento temporaneo.

2. La comunicazione di cui al comma 1 è sottoscritta, con firma digitale, dal presidente del consiglio dell'ordine ovvero del Consiglio nazionale forense, o da un loro delegato.

3. La comunicazione di cui al comma 1 é strutturata in linguaggio XML, secondo il formato definito nel decreto ministeriale di cui all'articolo 52.

4. La comunicazione fatta dal punto di accesso gestito dal Consiglio dell'ordine degli avvocati o dal Consiglio Nazionale Forense vale quale adempimento degli obblighi di cui al comma 1.

5. La comunicazione di cui al comma 1 è inviata da una casella di posta elettronica certificata, univoca per ciascun consiglio dell'ordine degli avvocati, aderente alle specifiche tecniche riportate nell'allegato A, indicata con atto sottoscritto dal Presidente del Consiglio dell'Ordine.

Art. 18
(Requisiti teorici dei registri degli indirizzi elettronici)

1. Il gestore centrale e i punti di accesso rendono disponibile una copia operativa dei propri registri degli indirizzi elettronici e mantengono l'originale inaccessibile dall'esterno.

2. Il gestore centrale ed i punti di accesso garantiscono la conformità tra la copia operativa e l'originale dei propri registri e risolvono tempestivamente qualsiasi difformità, registrandola in un apposito giornale dì controllo.

3. Le operazioni che modificano il contenuto dei registri sono consentite unicamente al personale espressamente autorizzato e sono registrate in un apposito giornale di controllo.

4. La data, l'ora e i minuti, iniziali e finali, di ogni intervallo di tempo nel quale i registri non risultano accessibili dall'esterno, oppure sono indisponibili in una loro funzionalità, sono registrate in un apposito giornale di controllo.

5. Almeno una copia dei registri è conservata in locali di sicurezza, ubicati in luoghi diversi da quelli ove sono custoditi gli originali.

Art. 19
(Modalità di accesso ai registri degli indirizzi elettronici)

1. L'accesso ai registri degli indirizzi elettronici avviene secondo una modalità compatibile con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica RFC 1777 e successive modificazioni.

2. Il gestore centrale dell'accesso e i punti di accesso possono fornire modalità di accesso al proprio registro aggiuntive rispetto a quella prevista dal comma 1.

3. La struttura LDAP è specificata nei decreti ministeriali di cui all'articolo 62, comma 2.

CAPO III

ATTIVITA' DEL SICI

Art. 20
(Funzionamento e gestione del SICI)

1. La direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA) cura il funzionamento e la gestione del gestore centrale.

2. Il coordinamento interdistrettuale dei sistemi informativi automatizzati (CISIA) cura, attraverso l'amministratore di sistema, il funzionamento del gestore locale degli uffici di competenza.

3. Il dirigente amministrativo dell'ufficio giudiziario e dell'UNEP curano e sono responsabili, per l'ufficio di propria competenza, della consistenza dei dati.

Art. 21
(Attività del gestore centrale)

1. Il gestore centrale fornisce il servizio di consultazione del SICI e il servizio di trasmissione telematica degli atti. I soggetti abilitati esterni accedono ai servizi del gestore centrale esclusivamente attraverso il proprio punto di accesso.

2. Il gestore centrale è connesso ai punti di accesso mediante canali sicuri.

3. Nelle comunicazioni o notificazioni al difensore, il gestore centrale controlla, mediante il registro generale degli indirizzi elettronici, la certificazione del difensore. In caso di esito negativo del controllo, il gestore centrale inoltra la comunicazione o notifica, e trasmette all'ufficio giudiziario o all'UNEP un messaggio contenente l'esito del controllo.

4. Il gestore centrale associa automaticamente, ad ogni documento informatico pervenuto da un punto di accesso, una attestazione temporale della ricezione del documento informatico, contenente data, ora e minuti, che è inserita in un messaggio inviato all'indirizzo elettronico del mittente.

5. Il gestore centrale associa automaticamente, ad ogni ricevuta di avvenuta consegna breve pervenuta da un punto di accesso, una attestazione temporale, comprensiva di data, ora e minuti di ricezione del relativo documento informatico da parte del destinatario, e trasmette questi dati al gestore locale dell'ufficio giudiziario competente.

6. Il gestore centrale utilizza, per gli adempimenti di cui ai commi 4 e 5, un servizio di attestazione temporale basato, con una differenza non superiore ad un minuto primo, sulla scala di tempo UTC (IEN), determinata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 273.

7. Il gestore centrale verifica l'assenza di virus informatici per ogni messaggio, in arrivo e in partenza.

8. Il gestore centrale, se riceve un messaggio privo dei dati necessari all'instradamento verso l'ufficio giudiziario o l'UNEP, genera e invia automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l'avviso del rifiuto del messaggio e l'indicazione degli elementi mancanti.

9. Il gestore centrale inoltra automaticamente tutti i documenti informatici provenienti dall'esterno del SICI e diretti verso il gestore locale dell'ufficio giudiziario o dell'UNEP, ed associa la attestazione temporale.

10. Il gestore centrale fornisce un servizio di inoltro automatico di tutti i documenti informatici ricevuti dall'interno del SICI verso l'indirizzo elettronico di destinazione.

11. Il gestore centrale fornisce il servizio di conservazione di tutti i messaggi inviati e ricevuti, associati alle relative attestazioni temporali, con le modalità previste dalla delibera CNIPA del 19 febbraio 2004, n. 11. I supporti sono inviati, con periodicità mensile, ad un apposito centro di conservazione presso il Centro di gestione centralizzata del Ministero della giustizia, che ne assicura la conservazione per un periodo di cinque anni.

12. Il gestore centrale esegue la certificazione del difensore, qualora non sia già stata compiuta dal punto d'accesso.

13. Il gestore centrale fornisce un servizio per verificare lo stato delle notifiche e delle relative ricevute brevi di avvenuta consegna.

Art. 22
(Attività del gestore locale)

1. Il gestore locale fornisce il servizio di consultazione del sistema informatico dell'ufficio giudiziario, per i soggetti abilitati collegati attraverso il gestore centrale.

2. Il gestore locale, mediante il sistema informatico di gestione della cancelleria, fornisce il servizio di consultazione nei limiti dei privilegi di accesso dell'utente.

3. Il gestore locale trasmette i documenti tra i sistemi informatici dell'ufficio giudiziario o dell'UNEP ed il gestore centrale.

4. Il gestore locale fornisce una verifica della ricezione di tutti i documenti informatici ricevuti dal gestore centrale e delle relative attestazioni temporali.

5. Il gestore locale decifra i messaggi crittografati ricevuti, secondo le regate previste all'articolo 42.

6. Il gestore locale cifra, con le modalità di cui all'articolo 43, i documenti in uscita, facenti parte del fascicolo informatico, quando sono destinati a soggetti abilitati esterni.

7. Il gestore locale verifica automaticamente, con il controllo della firma digitale, l'autenticità e l'integrità di ogni documento informatico ricevuto.

8. Il gestore locale verifica il rispetto dei formati e l'assenza di virus.

9. Il gestore locale rende disponibile il documento ricevuto al sistema informatico di gestione delle cancellerie civili o dell'UNEP, associandovi le informazioni dell'attività di verifica di cui al comma 8, per valutarne la ricevibilità.

10. Il gestore locale mantiene traccia, nei log di sistema, delle operazioni di consultazione da parte degli utenti e di eventuali interventi modificativi di atti e documenti, in conformità a quanto previsto per il monitoraggio del sistema dal D.M. 24 maggio 2001 e successive modificazioni.

Art. 23
(Attività del sistema informatico di gestione della cancelleria)

1. Il sistema informatico di gestione delle cancellerie civili cura l'accettazione del documento ricevuto, aggiornando il relativo registro ed il fascicolo informatico.

2. Il sistema informatico di gestione delle cancellerie civili invia, tramite il gestore locale ed il gestore centrale, all'indirizzo elettronico del mittente, una comunicazione di accettazione del documento informatico da parte della cancelleria oppure i motivi della mancata accettazione. La comunicazione contiene, se possibile, il numero di iscrizione a ruolo.

Art. 24
(Attività del sistema informatico di gestione dell'UNEP)

1. Il sistema informatico di gestione degli UNEP acquisisce i documenti informatici da notificare, procede alla loro notifica e li restituisce con la relata di notifica.

Art. 25
(Orario di disponibilità dei servizi)

1. Il gestore centrale ed i gestori locali garantiscono la disponibilità del servizio nei giorni feriali dalle ore otto alle ore ventitrè, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre.

Art. 26
(Requisiti tecnici di sicurezza)

1. Al gestore centrale si applicano le regole di sicurezza stabilite per il SICI e per il Sistema Pubblico di Connettività.

2. Per il gestore locale e per il fascicolo informatico si applicano le norme sulla sicurezza previste dal decreto del Ministero della giustizia del 24 maggio 2001.

Art. 27
(Requisiti tecnici relativi all'infrastruttura di comunicazione)

1. Il gestore centrale ed i gestori locali comunicano, tra loro, esclusivamente mediante il Sistema Pubblico di Connettività.

2. Il gestore centrale utilizza l'infrastruttura tecnologica resa disponibile nell'ambito del Sistema Pubblico di Connettività per le comunicazioni con l'esterno del dominio giustizia.

CAPO IV

ACCESSO AL SICI

Art. 28
(Funzionamento e gestione del punto di accesso)

1. Il funzionamento e la gestione dei punti di accesso è a carico dei soggetti pubblici o privati, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 6.

Art. 29
(Funzionalità del punto di accesso)

1. Il punto di accesso fornisce ai soggetti abilitati esterni i servizi di consultazione del SICI e di trasmissione telematica degli atti.

2. Il punto di accesso fornisce il servizio di autenticazione dei soggetti abilitati, per l'accesso al SICI. Il punto di accesso, gestito dal consiglio dell'ordine degli avvocati di appartenenza o dal Consiglio nazionale forense, con l'autenticazione del difensore, esegue la certificazione di cui all'articolo 7.

3. La comunicazione tra la postazione informatica del soggetto abilitato esterno e il punto di accesso avviene mediante canale sicuro.

4. Il punto di accesso mantiene in linea i documenti informatici inviati fino a quando non riceve un avviso di consegna dal gestore centrale o dal punto di accesso di destinazione.

5. Il punto di accesso fornisce il servizio di ricezione, inviando, in risposta ad ogni documento informatico ricevuto dal gestore centrale o da un altro punto di accesso, una ricevuta breve di avvenuta consegna.

6. Il punto di accesso verifica l'assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza.

7. Il punto di accesso garantisce, per un periodo di cinque anni, la conservazione di tutti i messaggi inviati e ricevuti.

8. Il punto di accesso mette a disposizione dei propri iscritti e del Ministero della Giustizia le statistiche di utilizzo dei propri servizi.

Art. 30
(Requisiti tecnici del punto di accesso)

1. L'autenticazione dei soggetti abilitati esterni avviene secondo le specifiche previste dalla carta nazionale dei servizi.

2. I punti di accesso stabiliscono le connessioni con il gestore centrale mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione come specificato nell'allegato A.

3. Ciascun punto di accesso stabilisce con il gestore centrale un canale sicuro di comunicazione, che consente la reciproca autenticazione e riservatezza.

4. Il punto di accesso garantisce un livello di disponibilità del servizio pari al 99,5 per cento, su base quadrimestrale, dalle ore otto alle ore ventidue, nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre.

5. Le procedure per la fornitura dei servizi attuate dal punto di accesso sono dettagliatamente documentate sul manuale operativo, previsto dall'articolo 33.

6. Tutte le azioni e le procedure di sicurezza attivate dal punto di accesso sono dettagliatamente documentate nel piano per la sicurezza, previsto dall'articolo 34.

7. La frequenza di salvataggio dei dati è almeno giornaliera.

8. Gli eventi significativi nel funzionamento del punto di accesso, sono registrati sul giornale di controllo, di cui all'articolo 35.

9. I canali di autenticazione del presente regolamento sono in SSL versione 3, con chiave a 1024 bit.

10. Il Punto di accesso deve verificare, prima di consentire qualunque operazione, la presenza della smart card nel lettore collegato alla postazione dell'utente, qualora la smart card risulti non inserita la sessione deve essere terminata immediatamente. Il punto di accesso deve gestire correttamente la chiusura della sessione.

11. Il punto di accesso mette a disposizione dei suoi utenti i servizi di consultazione esposti dal gestore locale a beneficio dei soggetti abilitati esterni.

Art. 31
(Elenco pubblico dei punti di accesso)

1. L'elenco pubblico dei punti di accesso, attivo presso il Ministero della giustizia, comprende le seguenti informazioni:

a) identificativo del punto di accesso;
b) sede legale del soggetto titolare del punto di accesso;
c) nome secondo lo standard X.500;
d) indirizzo internet;
e) dati relativi al legale rappresentante del punto di accesso o a un suo delegato, comprendenti: nome, cognome, codice fiscale, indirizzo elettronico, numero di telefono e di fax;
f) elenco dei numeri telefonici di accesso;
g) manuale operativo;
h) data di cessazione dell'attività.

Art. 32
(Iscrizione nell'elenco pubblico dei punti di accesso)

1. Il soggetto che intende costituire un punto di accesso inoltra, alla DGSIA, domanda di iscrizione nell'elenco pubblico dei punti di accesso.

2. Alla domanda sono allegate le dichiarazioni di:

a) possesso dei requisiti di cui all'articolo 6;
b) attestazione di affidabilità organizzativa e tecnica necessaria per svolgere il servizio di punto di accesso;
c) attestazione relativa all'impiego di personale dotato delle conoscenze specifiche, dell'esperienza e delle competenze necessarie per i servizi forniti;
d) obbligo di fornirsi di: manuale operativo, piano per la sicurezza e giornale di controllo, secondo quanto previsto dagli articoli 33, 34 e 35;
e) obbligo di garantire la sicurezza e l'integrità del servizio e dei dati di propria competenza;
f) obbligo di compiere il processo di autenticazione dei soggetti abilitati ad esso afferenti, su mandato del Ministero della giustizia, conformemente all'articolo 30, comma 1;
g) obbligo di comunicare, al Ministero della giustizia, la data di cessazione del servizio, con preavviso di sei mesi;
h) informazione dei dati di cui all'articolo 31.

3. Il Ministero della giustizia decide sulla domanda, con provvedimento motivato, anche sulla base di apposite verifiche, effettuabili anche da personale esterno all'Amministrazione, da questa delegato, con costi a carico del richiedente.

4. Con il provvedimento di cui al comma 3, il Ministero della giustizia delega la responsabilità del processo di autenticazione dei soggetti abilitati esterni al punto di accesso.

5. Il Ministero della giustizia può verificare l'adempimento degli obblighi assunti da parte del gestore del punto di accesso, di propria iniziativa oppure su segnalazione. In caso di violazione si applicano le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 3.

Art. 33
(Manuale operativo)

1. Il punto di accesso utilizza un manuale operativo in cui sono definite le procedure applicate per effetto del presente decreto.

2. Il manuale operativo è pubblicato a cura del punto di accesso, per la consultazione in via telematica.

3. Il manuale operativo contiene almeno le seguenti informazioni:

a) dati identificativi del punto di accesso e del relativo gestore;
b) dati identificativi della versione del manuale operativo;
c) responsabile del manuale operativo;
d) definizione degli obblighi del titolare del punto di accesso e di coloro che vi accedono per l'utilizzo dei servizi;
e) definizione delle responsabilità e delle eventuali limitazioni agli indennizzi;
f) tariffe;
g) modalità di autenticazione, registrazione e gestione degli utenti;
h) modalità di attivazione e gestione degli indirizzi elettronici;
i) modalità di gestione del registro degli indirizzi elettronici;
j) modalità di accesso al registro degli indirizzi elettronici;
k) politiche e procedure di sicurezza;
l) procedure di gestione delle anomalie relative ai flussi di interfaccia con il gestore centrale.

Art. 34
(Piano per la sicurezza)

1. Il punto di accesso individua ed iscrive, nel giornale di controllo, il responsabile per la sicurezza, individuato nel responsabile del trattamento dei dati, ove designato.

2. Il responsabile di cui al comma 1 definisce il piano per la sicurezza che contiene almeno i seguenti elementi:

a) struttura generale, modalità operativa e struttura logistica dell'organizzazione;
b) descrizione dell'infrastruttura di protezione per ciascun immobile rilevante ai fini della sicurezza;
c) collocazione dei servizi e degli uffici negli immobili dell'organizzazione;
d) elenco del personale e sua distribuzione negli uffici;
e) ripartizione e definizione delle responsabilità;
f) descrizione delle procedure utilizzate nell'attività di attivazione delle utenze e, limitatamente ai punti di accesso, di rilascio di indirizzi elettronici;
g) descrizione dei dispositivi installati;
h) descrizione dei flussi di dati;
i) procedura di gestione delle copie di sicurezza dei dati;
j) procedura di gestione dei disastri;
k) analisi dei rischi;
l) descrizione delle contromisure;
m) specificazione dei controlli.

Art. 35
(Giornale di controllo)

1. Il punto di accesso attiva il giornale di controllo, contenente l'insieme delle registrazioni effettuate automaticamente allorché si verificano le condizioni previste dal presente decreto.

2. Le registrazioni possono essere effettuate in modo indipendente, anche su distinti supporti e di diverso tipo.

3. La registrazione associa la data, l'ora e i minuti in cui è effettuata.

4. Il giornale di controllo è tenuto in modo da garantire l'autenticità delle annotazioni e da consentire la ricostruzione accurata di tutti gli eventi rilevanti per la sicurezza.

5. L'integrità del giornale di controllo è verificata con frequenza almeno mensile.

6. Le registrazioni contenute nel giornale di controllo sono archiviate con le modalità previste dal presente decreto e conservate per un periodo di cinque anni.

Art. 36
(Postazioni di lavoro dei soggetti abilitati esterni)

1. La postazione di lavoro dei soggetti abilitati esterni è l'insieme delle risorse hardware, software e di rete da loro utilizzate direttamente per la formazione dei documenti informatici, per l'inoltro e la ricezione dei messaggi e per la consultazione del SICI.

2. La postazione di lavoro dei soggetti abilitati esterni è dotata dell'hardware e del software necessario alla gestione della firma digitale su smartcard, e all'autenticazione nei confronti del punto di accesso, secondo le caratteristiche tecniche della carta nazionale dei servizi.

3. La postazione di lavoro dei soggetti abilitati esterni è dotata di software idoneo a verificare l'assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza.

CAPO V

TRASMISSIONE DI DOCUMENTI INFORMATICI TRA IL SICI ED ENTITÀ ESTERNE

Art. 37
(Principi normativi)

1. Nella trasmissione di documenti informatici nell'ambito del processo civile, trovano applicazione tutte le prescrizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nel decreto legislativo 23 gennaio 2002 n. 10 e successive modificazioni.

2. I documenti informatici prodotti nel processo civile sono sottoscritti con firma digitale, nei casi previsti dall'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123.

Art. 38
(Ricezione del documento informatico)

1. Il documento informatico inviato da un soggetto abilitato esterno è ricevuto dal SICI nel momento in cui il gestore centrale lo accetta e associa l'attestazione temporale di cui all'articolo 21, comma 4.

2. Il documento informatico inviato da un soggetto abilitato interno è ricevuto dal soggetto abilitato esterno nel momento in cui il gestore centrale riceve la ricevuta di avvenuta consegna breve relativa al documento e associa l'attestazione temporale di cui all'articolo 21, comma 5.

Art. 39
(Orario dei servizi telematici di cancelleria)

1. Il SICI fornisce i servizi telematici di cancelleria, nei giorni feriali, dalle ore otto alle ore ventidue, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre.

Art. 40
(Iscrizione a ruolo generale)

1. Il sistema informatico dell'ufficio giudiziario invia al difensore, che iscrive la causa a ruolo per via telematica, una comunicazione, recante il numero di ruolo del procedimento assegnato dall'ufficio.

Art. 41
(Dimensione del messaggio)

1. La dimensione massima del messaggio è di 10 Mb.

Art. 42
(Crittografia del messaggio)

1. Al fine della riservatezza del documento da trasmettere, il soggetto abilitato esterno utilizza un meccanismo di crittografia basato sulla chiave pubblica del gestore locale cui è destinato il messaggio.

2. Le caratteristiche tecniche specifiche della crittografia dei documenti sono definite nell'allegato A del presente decreto.

3. I certificati digitali relativi alle chiavi pubbliche dei gestori locali sono pubblicate in un registro del gestore centrale dell'accesso.

4. Il registro di cui al comma 3 è accessibile in modalità LDAP.

Art. 43
(Trasmissione e consultazione dei fascicoli)

1. Nel caso di richiesta di trasmissione o di consultazione, totale o parziale, di un fascicolo, il gestore locale, per garantire la riservatezza della comunicazione, utilizza un meccanismo di crittografia basato sulla chiave pubblica di cifratura del soggetto abilitato esterno di destinazione.

2. Nel caso di richiesta di copia conforme del fascicolo, totale o parziale, il cancelliere ne attesta la conformità all'originale sottoscrivendola con la propria firma digitale.

3. I certificati digitali relativi alle chiavi pubbliche dei soggetti abilitati esterni sono disponibili nel registro generale degli indirizzi di cui all'art. 13.

4. Le caratteristiche tecniche specifiche della crittografia dei documenti sono definite nell'allegato A, del presente decreto.

Art. 44
(Trasmissione delle sentenze)

1. L'originale della sentenza, redatta in formato elettronico dal giudice estensore o, ai sensi dell'articolo 119 delle norme di attuazione del codice di procedura civile, dal cancelliere o dal dattilografo da questi incaricato, è sottoscritta con firma digitale dall'estensore, previa verifica della conformità dell'originale alla minuta.

2. In caso di giudice collegiale, l'originale della sentenza è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente e, a tal fine, la sentenza gli è trasmessa, in formato elettronico, dal giudice estensore o dal cancelliere.

3. Il cancelliere attesta il deposito della sentenza apponendo la data e sottoscrivendo la sentenza con la propria firma digitale.

Art. 45
(Comunicazioni e notificazioni)

1. La comunicazione per via telematica di documenti informatici dall'ufficio giudiziario ad un soggetto abilitato esterno avviene mediante inoltro del documento dal gestore locale al gestore centrale, che lo invia alla CPECPT del destinatario.

2. La notificazione telematica di documenti informatici tra difensori avviene, ove sussistano i presupposti di cui alla legge 21 gennaio 1994, n. 53, mediante inoltro del documento dal punto di accesso del mittente alla CPECPT del destinatario. A tale scopo il punto di accesso trasmette il messaggio con il documento da notificare al gestore centrale che, a sua volta, inoltra il messaggio ricevuto al punto di accesso di destinazione.

3. Le richieste di un'attività di notifica telematica da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate, mediante SPC, al sistema informatico dell'UNEP. Le richieste dei difensori sono inoltrate all'UNEP per il tramite del punto di accesso del mittente e del gestore centrale, nel rispetto dei requisiti dei documenti informatici provenienti dall'esterno. La notificazione di documenti informatici da parte dell'UNEP rispetta i requisiti richiesti per la comunicazione da ufficio giudiziario verso soggetti abilitati esterni.

4. Il sistema informatico dell'UNEP, eseguita la notifica, trasmette per via telematica, a chi ha richiesto il servizio, il documento informatico con la relata di notifica, costituita dalla ricevuta elettronica, sottoscritta dall'ufficiale giudiziario con firma digitale.

5. Nell'ipotesi di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001 n. 123, l'ufficiale giudiziario provvede a notificare il duplicato del documento informatico, su supporto ottico non riscrivibile.

6. La consegna del documento informatico alla CPECPT del soggetto abilitato esterno è assicurata dai punti di accesso mediante l'invio al mittente di una ricevuta di avvenuta consegna breve.

7. Il gestore centrale, nella trasmissione di documenti informatici dall'ufficio giudiziario ad un soggetto abilitato esterno, associa automaticamente ad ogni ricevuta breve di avvenuta consegna una attestazione temporale contenente data, ora e minuti della ricezione che inoltra al gestore locale per l'inserimento nel fascicolo informatico.

8. Nelle notifiche tra difensori, il gestore centrale, ricevuto dal mittente il messaggio da notificare, associa automaticamente ad esso una prima attestazione temporale, che viene spedita alla CPECPT del mittente e, unitamente al messaggio, alla CPECPT del destinatario. La CPECPT del destinatario, ricevuto il messaggio, invia al gestore centrale la ricevuta breve di avvenuta consegna; il gestore centrale associa a quest'ultima una seconda attestazione temporale, che viene spedita alla CPECPT del destinatario e, unitamente alla ricevuta di avvenuta consegna breve, alla CPECPT del mittente.

CAPO VI

PAGAMENTI

Art. 46
(Pagamenti)

1. I pagamenti per via telematica, relativi agli atti giudiziari, si effettuano mediante il modello definito dal Ministero dell'economia e delle finanze.

2. Il pagamento può anche avvenire nelle forme di cui all'articolo 1 del D.P.R. del 1 marzo 2001, n. 126.

3. Gli estremi del pagamento sono allegati alla nota di iscrizione a ruolo o ad altra istanza inviata all'ufficio giudiziario.

4. Se il pagamento è effettuato a norma dei comma 2 e con sistemi non telematici, l'originale cartaceo dell'attestazione di pagamento deve, in ogni caso, essere presentato per la prima udienza.

Art. 47
(Diritto di copia)

1. Il difensore nella richiesta di copia può chiedere l'indicazione dell'importo del diritto corrispondente che gli è comunicato, senza ritardo, dall'ufficio giudiziario.

2. Alla richiesta di copia è associato un numero identificativo che, in caso di pagamento dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel fascicolo informatico per consentire il versamento secondo le modalità previste dal D.P.R. 1 marzo 2001 n. 126.

Art. 48
(Registrazione, trascrizione e voltura degli atti)

1. La registrazione, la trascrizione e la voltura degli atti avvengono, in via telematica, nelle forme previste dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Art. 49
(Pagamento dei diritti di notifica)

1. Il pagamento dei diritti di notifica viene effettuato nelle forme previste dall'articolo 46.

2. L’UNEP rende pubblici, attraverso il gestore locale dell'ufficio, gli importi dovuti a titolo di anticipazione. Eseguita la notifica, l’UNEP comunica l'importo definitivo e restituisce il documento informatico notificato previa definizione del conguaglio dovuto dalla parte oppure unitamente al rimborso del maggior importo versato in acconto.

CAPO VII

ARCHIVIAZIONE E CONSERVAZIONE DELLE INFORMAZIONI

Art. 50
(Gestione del fascicolo informatico)

1. Il sistema di gestione del fascicolo informatico è la parte del sistema dell'ufficio giudiziario dedicata all'archiviazione e al reperimento di tutti i documenti informatici, prodotti sia all'interno che all'esterno dell'ufficio giudiziario.

2. Il fascicolo informatico contiene i documenti informatici e le relative informazioni quali: allegati, ricevute brevi di avvenuta consegna e attestazioni temporali.

Art. 51
(Archiviazione e conservazione dei documenti informatici degli uffici giudiziari e degli UNEP)

1. I fascicoli informatici relativi ai procedimenti in corso sono archiviati, per tutta la durata del procedimento, nell'archivio in linea dell'ufficio giudiziario secondo le modalità previste dal decreto ministeriale del 24 maggio 2001.

2. I fascicoli informatici relativi ai procedimenti esauriti sono soggetti a conservazione, presso il competente ufficio giudiziario, secondo le modalità previste dalla deliberazione del CNIPA del 19 febbraio 2004, n. 11, per il periodo previsto dall'art. 41 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fatte salve le operazioni di scarto ivi previste.

3. I documenti informatici degli UNEP sono soggetti a conservazione, presso il competente ufficio, secondo le modalità e termini di cui al comma 2.

CAPO VIII

STANDARD E MODELLI DI RIFERIMENTO

Art. 52
(Formato dei documenti informatici)

1. Gli atti del processo in forma di documenti informatici sono redatti in formato PDF e sono corredati di informazioni in formato XML, secondo le specifiche tecniche determinate a norma dell'articolo 62, comma 2.

2. L'atto del processo in formato PDF, di cui al comma precedente, deve essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale e non deve avere restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti (non è ammessa la scansione di immagini).

Art. 53
(Formato dei documenti informatici allegati)

1. I documenti informatici allegati sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, ed hanno i seguenti formati: .pdf, .odf, .rtf; .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml.

2. E' consentito l'utilizzo dei formati compressi .zip, .rar .e .arj, purché contenenti file nei formati previsti dal comma precedente.

Art. 54
(Documenti probatori e allegati non informatici)

1. I documenti probatori e gli allegati depositati in formato non elettronico, sono identificati e descritti in una apposita sezione del documento informatico, secondo le specifiche tecniche determinate a norma dell'articolo 62, comma 2, e comprendono, per l'individuazione dell'atto di riferimento, i seguenti dati: numero di ruolo della causa, progressivo dell'allegato e indicazione della prima udienza successiva al deposito.

Art. 55
(Servizio di posta elettronica)

1. Il servizio di posta elettronica utilizzato dal gestore centrale dell'accesso e dai punti di accesso è conforme agli standard dei sistemi di posta elettronica compatibili con il protocollo di trasporto SMTP ed il formato dei messaggi S/MIME.

Art. 56
(Modelli di documenti informatici prodotti dai difensori)

1. I modelli dei documenti informatici prodotti dai difensori, riportati nei decreti ministeriali di cui all'articolo 62, comma 2, sono relativi ai seguenti atti:

a. atto introduttivo (citazione, ricorso, ricorso cautelare, ricorso per decreto ingiuntivo);
b. nota di iscrizione a ruolo;
c. comparsa di costituzione e risposta con eventuale domanda riconvenzionale ed eventuale richiesta di rinvio della prima udienza per la chiamata in causa del terzo;
d. deduzioni istruttorie a norma dell'articolo 184 del codice di procedura civile;
e. note autorizzate ex articolo 183, comma 5, del codice di procedura civile;
f. memorie autorizzate;
g. chiamata in causa del terzo;
h. istanza;
i. reclamo;
j. atti conclusivi (comparsa conclusionale, memoria di replica);
k. atto di pignoramento;
l. atto di intervento nell'esecuzione;
m. osservazioni al progetto di distribuzione;
n. istanza di fallimento;
o. istanza di insinuazione al passivo;
p. ricorso per insinuazione tardiva;
q. ricorso per opposizione allo stato passivo;
r. istanza di ammissione alla procedura di amministrazione controllata;
s. istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
t. istanza di concordato fallimentare;
u. dichiarazione di voto nelle procedure di amministrazione controllata o di concordato;
v. delega rilasciata ai sensi dell'articolo 9 del R.D. legislativo 27 novembre 1933, n. 1578.

Art. 57
(Modelli di documenti informatici prodotti dalla cancelleria)

1. I modelli dei documenti informatici prodotti dalla cancelleria, riportati nei decreti ministeriali di cui all'articolo 62, comma 2, sono relativi ai seguenti atti:

a. verbale di udienza;
b. biglietto di cancelleria;
c. richiesta di notifica;
d. richiesta di informazione o ordine di esibizione.

Art. 58
(Modelli di documenti informatici prodotti dal giudice)

1. I modelli dei documenti informatici prodotti dal giudice, riportati nei decreti ministeriali di cui all'articolo 62, comma 2, sono relativi ai seguenti atti:

a. provvedimento (sentenza, ordinanza, decreto);
b. dispositivo sentenza;
c. verbale di conciliazione.

Art. 59
(Modelli di documenti informatici prodotti dal consulente tecnico di ufficio)

1. I modelli dei documenti informatici prodotti dal consulente tecnico di ufficio, riportati nei decreti ministeriali di cui all'articolo 62, comma 2, sono relativi ai seguenti atti:

a. modello generico di consulenza;
b. stima di beni mobili;
c. stima di beni immobili;
d. stima di azienda.

Art. 60
(Modelli di documenti informatici prodotti dall'UNEP)

1. Il modello dei documenti informatici prodotti dall'UNEP, riportati nei decreti ministeriali di cui all'articolo 62, comma 2, sono relativi al seguente atto: relata di notifica.

CAPO IX

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 61
(Adeguamento delle regole tecnico-operative)

1. Le regole tecnico-operative sono adeguate all'evoluzione scientifica e tecnologica, con cadenza almeno biennale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 62
(Disposizioni transitorie)

1. L'attivazione del processo telematico è preceduta da un decreto dirigenziale, che accerta l'installazione e l'idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio.

2. Le caratteristiche specifiche della strutturazione dei modelli informatici saranno pubblicate, con uno o più decreti ministeriali, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. L'autenticazione dei soggetti abilitati esterni avviene secondo le specifiche della Carta Nazionale dei Servizi; possono essere utilizzati i dispositivi crittografici non conformi alla Carta Nazionale dei Servizi, purché emessi entro il 31 dicembre 2008.

4. L'art. 22, comma 6, e l'art. 43, comma 1, hanno efficacia a decorrere dall'entrata in vigore del decreto dirigenziale, che accerta l'idoneità delle attrezzature informatiche preposte allo scopo.

5. Gli atti del processo che hanno forma di documento informatico possono essere depositati anche nel formato disciplinato dall'art. 52, comma 1, del decreto ministeriale 14 ottobre 2004, fino al 31/12/2008.

Art. 63
(Efficacia)

1. Il presente decreto acquista efficacia il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e dalla stessa data sostituisce il decreto del Ministro della giustizia 14 ottobre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 19 novembre 2004, n. 272.

Roma, 17 luglio 2008

Il Ministro: Alfano


Allegato A

sabato 4 ottobre 2008

Puglia, nuove norme per l'opera di coinvolgimento degli abitanti per interventi di miglioramento degli insediamenti urbani

LEGGE REGIONALE 29 luglio 2008, n. 21


“Norme per la rigenerazione urbana”.


IL CONSIGLIO REGIONALE

HA APPROVATO

IL PRESIDENTE
DELLA GIUNTA REGIONALE

PROMULGA

La seguente legge:

ART. 1
(FINALITÀ E AMBITI DI APPLICAZIONE)
1. La Regione Puglia con la presente legge promuove la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani in coerenza con strategie comunali e intercomunali finalizzate al miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio-economiche, ambientali e culturali degli insediamenti umani e mediante strumenti di intervento elaborati con il coinvolgimento degli abitanti e di soggetti pubblici e privati interessati.

2. I principali ambiti d’intervento sono i contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi, degrado degli edifici e degli spazi aperti e processi di esclusione sociale, ivi compresi i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale; i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione; le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate.

ART. 2
(PROGRAMMI INTEGRATI DI RIGENERAZIONE URBANA)
1. I programmi integrati di rigenerazione urbana sono strumenti volti a promuovere la riqualificazione di parti significative di città e sistemi urbani mediante interventi organici di interesse pubblico. I programmi si fondano su un’idea-guida di rigenerazione legata ai caratteri ambientali e storico-culturali dell’ambito territoriale interessato, alla sua identità e ai bisogni e alle istanze degli abitanti. Essi comportano un insieme coordinato d’interventi in grado di affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e disagio socio-economico che, in relazione alle specificità del contesto interessato, includono:
a) la riqualificazione dell’ambiente costruito, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, garantendo la tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico-culturale, paesaggistico, ambientale;
b) la riorganizzazione dell’assetto urbanistico attraverso il recupero o la realizzazione di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi e la previsione delle relative modalità di gestione;
c) il contrasto dell'esclusione sociale degli abitanti attraverso la previsione di una molteplicità di funzioni e tipi di utenti e interventi materiali e immateriali nel campo abitativo, socio-sanitario, dell’educazione, della formazione, del lavoro e dello sviluppo;
d) il risanamento dell’ambiente urbano mediante la previsione di infrastrutture ecologiche quali reti verdi e blu finalizzate all’incremento della biodiversità nell’ambiente urbano, sentieri didattici e mussali, percorsi per la mobilità ciclabile e aree pedonali, spazi aperti a elevato grado di permeabilità, l’uso di fonti energetiche rinnovabili e l’adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella realizzazione delle opere edilizie.

2. I programmi sono predisposti dai comuni singoli o associati o sono proposti ai comuni da altri soggetti pubblici o privati, anche fra loro associati. I programmi assumono gli effetti di strumenti urbanistici esecutivi. A quelli di iniziativa privata si applica la previsione di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 16 della legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio).

3. I programmi devono interessare ambiti territoriali totalmente o prevalentemente edificati. I programmi non possono comportare varianti urbanistiche per trasformare in aree edificabili aree a destinazione agricola, comunque definite negli strumenti urbanistici comunali, fatta eccezione per quelle contigue necessarie alla realizzazione di verde e servizi pubblici nella misura massima del 5 per cento della superficie complessiva dell’area d’intervento. Tale variante deve comunque essere compensata prevedendo una superficie doppia rispetto a quella interessata dal mutamento della destinazione agricola, destinata a ripermeabilizzare e attrezzare a verde aree edificate esistenti.

ART. 3
(DOCUMENTO PROGRAMMATICO PER LA RIGENERAZIONE URBANA)
1. I comuni definiscono gli ambiti territoriali che, per le loro caratteristiche di contesti urbani periferici e marginali interessati, rendono necessari interventi di rigenerazione urbana. A tal fine predispongono un documento programmatico per la rigenerazione urbana, da mettere a punto con la partecipazione degli abitanti, tenendo conto anche delle proposte di intervento avanzate da altri soggetti pubblici e da soggetti privati, e da approvarsi con apposito atto deliberativo del consiglio comunale applicando le procedure previste dai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 11 della l.r. 20/2001. In sede di prima applicazione, tale approvazione deve essere effettuata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme. La mancata approvazione entro tali termini non impedisce la presentazione di proposte di programmi integrati di rigenerazione urbana da parte di soggetti pubblici o privati, sulle quali il consiglio comunale deve pronunciarsi entro novanta giorni.

2. La definizione degli ambiti territoriali da assoggettare ai programmi integrati di rigenerazione urbana può avvenire anche nell’ambito del documento programmatico preliminare del piano urbanistico generale previsto dalla l.r. 20/2001.

3. Il documento programmatico per la rigenerazione urbana individua parti significative di città o sistemi urbani aventi le caratteristiche elencate al comma 1 dell’articolo 1, che richiedono interventi prioritari di riqualificazione urbana. Basandosi sull’analisi dei problemi di degrado fisico e disagio abitativo e socio-economico e in coerenza con gli indirizzi dettati dal documento regionale di assetto generale (DRAG), il documento definisce:
a) gli obiettivi di riqualificazione urbana, inclusione sociale e sostenibilità ambientale da perseguire a livello comunale o intercomunale;
b) gli ambiti territoriali da sottoporre a programmi integrati di rigenerazione urbana;
c) le politiche pubbliche, in particolare abitative, urbanistiche, paesaggistico-ambientali, culturali, socio-sanitarie, occupazionali, formative e di sviluppo, che concorrono al conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera a);
d) le iniziative per assicurare la partecipazione civica e il coinvolgimento di altri enti e delle forze sociali, economiche e culturali alla elaborazione e attuazione dei programmi;
e) i criteri per valutare la fattibilità dei programmi;
f) i soggetti pubblici che si ritiene utile coinvolgere nella elaborazione, attuazione e gestione dei programmi e le modalità di selezione dei soggetti privati.

4. La mancata approvazione del documento programmatico per la rigenerazione urbana nei comuni con popolazione inferiore a 20 mila abitanti non impedisce la presentazione di proposte di programmi integrati di rigenerazione urbana da parte di soggetti pubblici o privati, sulle quali il consiglio comunale deve pronunciarsi entro novanta giorni.

ART. 4
(CONTENUTI DEI PROGRAMMI INTEGRATI DI RIGENERAZIONE URBANA)
1. Il programma integrato di rigenerazione urbana deve fondarsi su un’idea-guida capace di orientare il processo di rigenerazione urbana e di legare fra loro interventi diversi afferenti alle politiche abitative, urbanistiche, ambientali, culturali, socio-sanitarie, occupazionali, formative e di sviluppo. Il programma riguarda prioritariamente:
a) il recupero, la ristrutturazione edilizia e la ristrutturazione urbanistica di immobili destinati o da destinare alla residenza, con particolare riguardo all’edilizia residenziale sociale, garantendo la tutela del patrimonio storico-culturale, paesaggistico, ambientale e l’uso di materiali e tecniche della tradizione;
b) la realizzazione, manutenzione o adeguamento delle urbanizzazioni primarie e secondarie;
c) l’eliminazione delle barriere architettoniche e altri interventi atti a garantire la fruibilità di edifici e spazi pubblici da parte di tutti gli abitanti, con particolare riguardo ai diversamente abili, ai bambini e agli anziani;
d) il miglioramento della dotazione, accessibilità e funzionalità dei servizi socio-assistenziali in coerenza con la programmazione dei piani sociali di zona;
e) il sostegno dell’istruzione, della formazione professionale e dell’occupazione;
f) la rigenerazione ecologica degli insediamenti finalizzata al risparmio delle risorse, con particolare riferimento a suolo, acqua ed energia, alla riduzione delle diverse forme di inquinamento urbano, al miglioramento della dotazione di infrastrutture ecologiche e alla diffusione della mobilità sostenibile;
g) la conservazione, restauro, recupero e valorizzazione di beni culturali e paesaggistici per migliorare la qualità insediativa e la fruibilità degli spazi pubblici;
h) il recupero e riuso del patrimonio edilizio esistente per favorire l'insediamento di attività turistico-ricettive, culturali, commerciali e artigianali nei contesti urbani interessati da degrado edilizio e disagio sociale.

2. Il programma integrato di rigenerazione urbana è costituito da elaborati scritto-grafici atti a descrivere e rappresentare in scala adeguata al carattere operativo degli interventi previsti:
a) l’area d’intervento e le relative caratteristiche economico-sociali, paesaggistico-ambientali, urbanistiche, dimensionali, proprietarie;
b) le soluzioni progettuali proposte con particolare riferimento ai caratteri morfologici degli insediamenti e all’integrazione nel tessuto urbano, alle destinazioni d’uso e ai tipi edilizi e insediativi, ai requisiti di qualità e di sostenibilità edilizia e urbana, al risparmio dell'uso delle risorse, con particolare riferimento al suolo, all’acqua e all’energia, alla dotazione di spazi pubblici o riservati ad attività collettive, verde pubblico o parcheggi nel rispetto degli standard urbanistici, specificando gli impatti attesi dalle soluzioni stesse;
c) le misure adottate per rispondere ai bisogni abitativi espressi dai soggetti svantaggiati e per contrastare l'esclusione sociale degli abitanti, con particolare riguardo a interventi e servizi socio-assistenziali e sanitari e a sostegno dell’istruzione, della formazione professionale e dell’occupazione, in coerenza con rispettivi programmi e politiche di settore;
d) l’esistenza di eventuali vincoli normativi gravanti sull’area d’intervento, con particolare riferimento a quelli storico-culturali, paesaggistici, ambientali, urbanistici, idrogeologici e sismici, e le misure di salvaguardia e prevenzione adottate;
e) gli alloggi eventualmente necessari per l’allocazione temporanea degli abitanti degli edifici da risanare;
f) gli alloggi destinati a edilizia residenziale sociale da realizzare, recuperare o ristrutturare, eventualmente previa acquisizione degli stessi al patrimonio pubblico;
g) le iniziative assunte per assicurare la partecipazione civica all’elaborazione e attuazione del programma, con particolare riferimento agli abitanti che risiedono o operano nel contesto da riqualificare o negli ambiti ad esso contigui e il grado di condivisione da parte degli stessi, opportunamente documentati;
h) le iniziative assunte per coinvolgere le forze sociali, economiche, culturali all’elaborazione e attuazione del programma e il grado di condivisione da parte delle stesse, opportunamente documentate;
i) l’eventuale articolazione in fasi dell’attuazione del programma, cui possono corrispondere anche diversi strumenti esecutivi;
j) i soggetti pubblici e privati partecipanti alla realizzazione e gestione degli interventi previsti dal programma o i criteri di selezione degli stessi, secondo principi di concorrenzialità e trasparenza;
k) i costi dei singoli interventi e le relative fonti di finanziamento e modalità gestionali, specificando la ripartizione degli stessi tra i soggetti coinvolti nel programma;
l) lo schema di convenzione che disciplina i rapporti tra il comune e gli altri soggetti pubblici e privati coinvolti nell’attuazione del programma e nella gestione delle iniziative da questo previste.

ART. 5
(PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE DEI PROGRAMMI INTEGRATI DI RIGENERAZIONE URBANA CONFORMI AGLI STRUMENTI URBANISTICI GENERALI COMUNALI)
1. I programmi integrati di rigenerazione urbana conformi ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o ai piani urbanistici generali comunali vigenti sono adottati con atto deliberativo del consiglio comunale tenendo conto delle proposte avanzate dalle forze sociali, economiche, culturali e dagli abitanti che risiedono o operano nel contesto da riqualificare e negli ambiti ad esso contigui.

2. Entro trenta giorni dalla data di adozione, il programma e i relativi elaborati sono depositati, per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del comune, in libera visione al pubblico. Del deposito è dato avviso sull'albo comunale e su almeno due quotidiani a diffusione provinciale.

3. Entro il termine di quindici giorni dalla data di scadenza del periodo di deposito di cui al comma 2, chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni, anche ai sensi dell'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n.241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

4. Qualora il programma riguardi aree sulle quali insistono vincoli specifici, decorso il termine per le osservazioni, il sindaco indice una conferenza di servizi alla quale partecipano rappresentanti delle amministrazioni competenti per l'emanazione dei necessari atti di consenso, comunque denominati.

5. Entro trenta giorni dalla data di acquisizione degli atti di consenso di cui al comma 4, il consiglio comunale approva in via definitiva il programma, pronunciandosi altresì sulle osservazioni presentate.
6. La deliberazione di approvazione è pubblicata, anche per estratto, sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia (BURP).

7. Il programma acquista efficacia dal giorno successivo a quello di pubblicazione di cui al comma 6.

ART. 6
(PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE DEI PROGRAMMI INTEGRATI DI RIGENERAZIONE URBANA IN VARIANTE AGLI STRUMENTI URBANISTICI GENERALI COMUNALI)
1. I programmi integrati di rigenerazione urbana non conformi ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o alle previsioni strutturali dei piani urbanistici generali comunali vigenti sono adottati con atto deliberativo del consiglio comunale sulla base di quanto stabilito dal documento programmatico per la rigenerazione urbana e tenendo conto delle proposte avanzate dalle forze sociali, economiche e culturali e dagli abitanti che risiedono o operano nel contesto da riqualificare e negli ambiti ad esso contigui.

2. Il sindaco, dopo l’adozione del programma integrato di rigenerazione urbana, convoca una conferenza di servizi, ai sensi del comma 3 dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni competenti per l'acquisizione dei necessari atti di consenso, comunque denominati, per verificare la possibilità di concordare il successivo accordo di programma.

3. In sede di conferenza di servizi le amministrazioni partecipanti, nel rispetto del principio di copianificazione, devono indicare le ragioni ostative o, ove possibile, le modifiche necessarie ai fini della conclusione positiva dell’iter del programma mediante l’approvazione dell’accordo di programma.

4. In caso di approvazione da parte della conferenza, lo schema di accordo di programma, sottoscritto dai soggetti intervenuti alla conferenza di servizi e corredato della documentazione tecnica e grafica prescritta, ivi compresa quella prevista dalle vigenti norme urbanistiche, è depositato per trenta giorni consecutivi presso la segreteria del comune interessato, durante i quali chiunque può prenderne visione.

5. L’effettuato deposito è tempestivamente reso noto al pubblico mediante la pubblicazione sul BURP e su almeno due quotidiani a diffusione provinciale, nonché mediante l’affissione di un avviso all'albo pretorio con l’annotazione degli estremi di pubblicazione nel BURP.

6. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nel BURP gli interessati possono presentare al comune le proprie osservazioni.

7. Entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il soggetto proponente presenta le proprie deduzioni sulle osservazioni pervenute.

8. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 7, il sindaco del comune interessato chiede al Presidente della Giunta regionale la convocazione dei soggetti invitati alla conferenza di cui al comma 2 per la valutazione delle osservazioni pervenute e la conclusione dell’accordo.

9. L’accordo, approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale entro i trenta giorni successivi, produce effetto di variante allo strumento urbanistico comunale con l’adozione della deliberazione consiliare di ratifica dell'adesione del sindaco all'accordo. Tale ratifica deve intervenire, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla stipula dell’accordo.

ART. 7
(INCENTIVI)
1. L’inclusione degli interventi in programmi integrati di rigenerazione urbana e la previsione di programmi intercomunali sono criteri di valutazione assunti dalla Regione nell’erogazione di finanziamenti destinati alla riqualificazione urbana.
2. Non costituisce variante ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o alle previsioni strutturali dei piani urbanistici generali comunali vigenti l’approvazione di programmi integrati di rigenerazione urbana che comportino:
a) adeguamento e/o rettifica di limitata entità del perimetro delle aree assoggettate a piani urbanistici esecutivi dovuti alla maggiore scala di rappresentazione grafica;
b) modifiche del perimetro di comparti o unità di minimo intervento stabiliti dagli strumenti urbanistici generali.

3. I comuni, in base ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme, possono prevedere in favore di coloro che effettuano gli interventi di cui alla presente legge riduzioni dell’ICI o di altre imposte comunali e degli oneri di urbanizzazione secondaria e del costo di costruzione di cui agli articoli 16, come modificato dagli articoli 40, comma 9, della legge 1° agosto 2002, n. 166 e 1 del decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, e 17 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), graduando gli stessi allo scopo di favorire la realizzazione di edilizia residenziale sociale e insediamenti sostenibili sotto il profilo energetico-ambientale.

4. In aggiunta agli incentivi di cui al comma 3, per favorire la realizzazione di edilizia residenziale sociale nell’ambito dei programmi integrati di rigenerazione urbana, compatibilmente con i caratteri culturali e ambientali degli edifici e dei luoghi e nel rispetto dei limiti di densità edilizia fissati dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), e delle quantità complessive minime fissate dall’articolo 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modifiche e integrazioni, i comuni possono prevedere senza che ciò configuri variante urbanistica:
a) mutamenti di destinazione d’uso di immobili dismessi o da dismettere riservati all’edilizia residenziale sociale;
b) incrementi fino al 10 per cento della capacità insediativa residenziale prevista dagli strumenti urbanistici generali vigenti riservati a interventi di edilizia residenziale sociale.

5. Gli incentivi previsti dal presente articolo sono cumulabili con altri contributi compatibilmente con i criteri di cumulabilità previsti dagli incentivi nazionali.

La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell’art. 53, comma 1 della L.R. 12 maggio 2004, n. 7 “Statuto della Regione Puglia”. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.

Data a Bari, addì 29 luglio 2008

VENDOLA

INDICE
Art. 1 pag. 14294
(Finalità e ambiti di applicazione)
Art. 2 pag. 14294
(Programmi integrati di rigenerazione urbana)
Art. 3 pag. 14295
(Documento programmatico per la rigenerazione urbana)
Art. 4 pag. 14296
(Contenuti dei programmi integrati di rigenerazione urbana
Art. 5 pag. 14297
(Procedimento di approvazione dei programmi integrati di rigenerazione urbana conformi agli strumenti urbanistici generali comunali)
Art. 6 pag. 14298
(Procedimento di approvazione dei programmi integrati di rigenerazione in variante agli strumenti generali comunali
Art. 7 pag. 14298
(Incentivi)


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