Cassazione penale , sez. VI, sentenza 23.06.2008 n° 25591
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 13 marzo - 23 giugno 2008, n. 25591
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con il provvedimento indicato in epigrafe
- la violazione dell'art. 414 c.p.p., erroneamente disattesa dai giudici di appello, poichè, una volta archiviata il 19 giugno 2002 la denuncia presentata dalla C. per mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento dal mese di marzo 2001, non poteva procedersi a nuova iscrizione dello stesso fatto sia pure qualificato diversamente;
- la violazione dell'art. 522 c.p.p. e il vizio della motivazione sul punto, non risultando enunciato con chiarezza nel capo d'imputazione il fatto addebitato, specie con riferimento alla sentenza di divorzio e all'obbligo di corrispondere l'assegno divorsile;
- la violazione dell'art. 570 c.p. e L. n. 898 del 1970, 12 sexsies non essendo stato dimostrato lo stato di bisogno del soggetto favorito;
- la carenza della motivazione in ordine all'esistenza di un credito nei confronti dell'ex-coniuge e all'esclusione della punibilità per errore sul fatto ex art. 47 c.p..
Il ricorso è inammissibile per la palese inconsistenza di tutti i motivi dedotti.
Innanzi tutto è priva di qualsiasi fondamento la denunciata violazione dell'art. 414 c.p.p., poichè, come opportunamente evidenziato dalla Corte territoriale, l'efficacia preclusiva derivante dall'emissione di un decreto di archiviazione non opera in presenza della contestazione di un fatto qualificato come oggettivamente diverso da quello cui si riferiva il provvedimento di archiviazione e conseguente alla denuncia per fatti avvenuti successivamente all'adozione di quel provvedimento. Alle stesse conclusioni di manifesta infondatezza si deve pervenire in riferimento alla pretesa violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., correttamente esclusa dai giudici di merito sul rilievo che la formula del capo d'imputazione conteneva un chiaro riferimento alla condotta contestata, sulla quale l'imputato ha avuto modo di svolgere le difese ritenute opportune.
Venendo quindi all'affermazione di responsabilità in ordine alla mancata corresponsione dell'assegno divorsile, sono ancora manifestamente infondate e, per altro verso, generiche tutte le censure proposte dal ricorrente, stante sia l'assoluta mancanza di qualsiasi riscontro probatorio, giustamente ritenuto decisivo dalla Corte di appello, a sostegno della tesi concernente la mancata dimostrazione dell'impotenza economica del R., sia l'irrilevanza dello stato di bisogno della persona offesa, comunque priva di autonome fonti di reddito e che si avvale del sostegno economico offertole dalla madre, dal momento che il reato previsto dall'art. 12 sexsies citato si configura per la semplice omissione della corresponsione dell'assegno nella misura disposta dal giudice, indipendentemente dalla circostanza che tale omissione comporti il venir meno dei mezzi di sussistenza per il beneficiario dell'assegno (cfr, ex plurimis Cass. sez. 6^, 6.7.00, n 7910 ), sia il generico riferimento - come tale correttamente non apprezzato ex art. 47 c.p. - ad un eventuale credito, di imprecisato tenore, dell'imputato.
All'inammissibilità del ricorso segue a norma di legge la condanna del R. al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa stante il tenore dell'impugnazione, di 1000,00 euro alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2008.
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