giovedì 28 febbraio 2008

Abuso edilizio, condizioni per esclusione responsabilità del proprietario

TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. II, sentenza 26.09.2007 n° 2205

“Ove l’abuso consista nel mutamento di destinazione d’uso di un immobile, senza opere, la responsabilità va riferita al conduttore che è l’unico soggetto che ha la materiale detenzione del bene salvo che non emerga un coinvolgimento del proprietario che ha consentito il mutamento d’uso vietato.

Tali principi sono stati condivisi dalla Corte Costituzionale che ha escluso, ad esempio, la possibilità di procedere all’acquisizione gratuita da parte del Comune di un immobile, in caso di inottemperanza all’ordine di ripristino in presenza di un abuso edilizio, qualora il proprietario sia estraneo all’abuso in quanto il destinatario delle sanzioni edilizie deve essere il responsabile dell’abuso stesso (Corte Cost, 15 luglio 1991, n. 345).”

soggetto passivo dell’obbligo di demolizione? Consiglio di Stato 4008/2007.

T.A.R.

Emilia Romagna - Bologna

Sezione II

Sentenza 26 settembre 2007, n. 2205

N.685/2006
REG.RIC.
N.2205 REG.
SENT.
ANNO 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L'EMILIA-ROMAGNA

SEZIONE SECONDA

composto dai Signori:

Dott. Giancarlo Mozzarelli Presidente

Dott. Bruno Lelli Consigliere

Dott. Ugo Di Benedetto Consigliere Rel.Est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso N. 685/2006 proposto da D. E., rappresentato e difeso dagli Avv. ti B. G. elettivamente domiciliato presso il loro studio, in Bologna ;

contro

il Comune di K., costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. P. B. elettivamente domiciliato in Bologna;

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 3/UT prot. n. 3630 del 13/4/2006 di irrogazione della sanzione pecuniaria per abusiva modifica della destinazione d’uso di un capannone agricolo;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi all’udienza del 12 luglio 2007 gli Avv. ti presenti come risulta dal verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.Riferisce il ricorrente di avere locato al sig. V. A., con contratto del 7/5/1997, registrato all’ufficio atti privati di Bologna, un capannone agricolo prevedendo espressamente, all’articolo 2, la “destinazione ad uso magazzino agricolo”.

Riferisce il ricorrente di aver contestato, con lettera raccomandata A. R. del 23/1/1998, al conduttore di aver fatto del capannone un uso non conforme a quanto previsto dal contratto di affitto e di averlo invitato a desistere, senza ricevere alcuna risposta.

2. A seguito di un accertamento successivo, in data 12/2/1998, il Comune diffidava in data 6/8/1998 sia il locatore sia il conduttore al ripristino della destinazione d’uso consentita per il capannone in parola.

Il locatore diffidava nuovamente il conduttore al ripristino dell’uso consentito e contrattualmente definito ed informava il Comune, con atto stragiudiziale, di essere estraneo all’abuso e di aver preteso dal conduttore il ripristino richiesto dal Comune.

Successivamente, in data 29/12/2005 vendeva il capannone in questione informandone il Comune stesso.

Successivamente il Comune, previo avviso di avvio del procedimento e dopo aver acquisito le controdeduzioni dell’odierno ricorrente, emanava nei confronti del locatore, proprietario al momento dei fatti di causa, il provvedimento in epigrafe indicato di irrogazione di una sanzione edilizia di Euro 66.696.

3.Avverso detto provvedimento l’interessato notificava il ricorso al TAR deducendone l’illegittimità.

Si costituivano in giudizio il Comune che controdeduceva alle avverse doglianze e concludeva per la reiezione del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. 516/2006.

Le parti costituite hanno ulteriormente sviluppato le proprie difese con successive memorie e la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 12 luglio 2007.

4. Il ricorso è fondato.

In linea di diritto va rilevato che ogni sanzione amministrativa, anche in materia edilizia va comminata nei confronti del responsabile dell’abuso edilizio contestato che, ai sensi dell’articolo 29 del T. U. in materia edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001, è non soltanto il costruttore ma anche il committente delle opere edilizie abusive.

Il proprietario non autore dell’abuso e non committente delle opere può ritenersi corresponsabile soltanto ove emerga un suo coinvolgimento doloso o colposo nella realizzazione dell’abuso edilizio stesso. .

5.Ove l’abuso consista nel mutamento di destinazione d’uso di un immobile, senza opere, la responsabilità va riferita al conduttore che è l’unico soggetto che ha la materiale detenzione del bene salvo che non emerga un coinvolgimento del proprietario che ha consentito il mutamento d’uso vietato.

Tali principi sono stati condivisi dalla Corte Costituzionale che ha escluso, ad esempio, la possibilità di procedere all’acquisizione gratuita da parte del Comune di un immobile, in caso di inottemperanza all’ordine di ripristino in presenza di un abuso edilizio, qualora il proprietario sia estraneo all’abuso in quanto il destinatario delle sanzioni edilizie deve essere il responsabile dell’abuso stesso (Corte Cost, 15 luglio 1991, n. 345).

6. Nel caso concreto il Comune non ha tenuto conto di detti principi. Il provvedimento impugnato è diretto nei confronti del proprietario del capannone al momento dei fatti che viene indicato quale destinatario della sanzione per il solo fatto di essere proprietario. Ancorché in sede di partecipazione al procedimento, a seguito dell’avviso di avvio del procedimento, lo stesso avesse fatto presente di essere totalmente estraneo all’abuso, non vi è stata alcuna valutazione di dette circostanze da parte del Comune nel provvedimento impugnato.

7.Del resto il proprietario aveva già formalmente invitato il conduttore a ripristinare la destinazione d’uso contrattualmente prevista in luogo del mutamento effettuato il violazione del contratto stesso, registrato e quindi di data certa, e della destinazione urbanistica prevista.

Tutto ciò prima dell’accertamento dell’abuso da parte dell’Amministrazione.

Inoltre, anche dopo la diffida, il proprietario, impossibilitato a provvedere direttamente al ripristino in quanto privo della disponibilità del bene, si è ulteriormente attivato, informandone il Comune, sollecitando ulteriormente il conduttore a rispettare il provvedimento di diffida dell’Amministrazione.

8. In definitiva, non soltanto il provvedimento impugnato non indica alcun coinvolgimento del proprietario al mutamento di destinazione dell’immobile avvenuto ad opera del conduttore ma emerge una concreta attività dello stesso per ottenere dal conduttore il rispetto della destinazione urbanistica del capannone e dell’ordinanza di diffida al ripristino emanata dal Comune.

9. Ne’ è condivisibile la tesi comunale per cui le doglianze del proprietario avrebbero dovuto essere rivolte avverso il provvedimento di diffida in quanto, come sopra rilevato, il proprietario stesso aveva dimostrato interesse all’esecuzione di tale provvedimento diffidando, a propria volta, il conduttore a provvedervi per ripristinare, in tal modo, anche la destinazione dell’immobile contrattualmente impressa.

10. Va, comunque, osservato che la sanzione comminata dovrà essere applicata ed eseguita dal Comune nei confronti del conduttore che si è reso responsabile dell’abuso stesso.

11. Per tali ragioni il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato il provvedimenti impugnato.

12. Sussistono giustificate ragioni per la compensazione tra le parti delle spese di causanv.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione Seconda, accoglie il ricorso in epigrafe in indicato e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bologna, il giorno 12 luglio 2007

Presidente

Consigliere Rel.Est.

Depositata in Segretaria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186.

Bologna, li 26.09.07

lunedì 25 febbraio 2008

Scuola, genitore, vigilanza sull’andamento scolastico dei figli


Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 13.11.2008 n° 5825

Anche in caso di separazione dei coniugi, salvo diversa statuizione nella sentenza di separazione o divorzio, non può essere messo in discussione nè la facoltà e nè le modalità di esercizio dell’autonomo diritto/dovere di vigilare sulla istruzione ed educazione dei figli minori, da parte del genitore (ancorchè non affidatario dei figli ex art. 155 c.c.).

Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 13 novembre 2007, n. 5825

N.5825/2007
Reg.Dec.
N. 6091 Reg.Ric.
ANNO 2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto da C. M., rappresentato e difeso dagli avv.ti L N, M G e R M I, con domicilio eletto presso l’ ultimo in Roma, viale Angelico, n. 103;

contro

- il Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi n. 12;

- l’Azienda Sanitaria Locale n. 13 di Novara, non costituita;

e nei confronti

- P. M. A., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sez. I^, n. 2062 del 09.05.2007;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore per la camera di consiglio del 9 ottobre 2007 il Consigliere Polito Bruno Rosario;

Udito l’avv. Nizzola;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1). Con istanza del 28.12.2005 inoltrata al Provveditore agli Studi di Novara il dott. C. M. – legalmente separato dalla moglie P. M. A., alla quale con la sentenza di separazione sono stati affidati i due figli minori – chiedeva informazioni sul rendimento scolastico, sulle scuole frequentate cui risultavano iscritti i propri figli, nonché di essere ammesso ad estrarre copia della relativa documentazione.

Con nota del 20.02.2007 l’ Ufficio Scolastico Provinciale di Novara poneva il rilievo che il Servizio di Neuropsichiatria presso l’ A.S.L. n. 13 - al cui esame era stata sottoposta la domanda di accesso - aveva ribadito che ogni questione inerente alla collocazione dei minori doveva essere preventivamente filtrata” dal Servizio medesimo, in quanto deputato, in base alla sentenza di separazione emessa l’ 11.07.2002 dalla Corte di Appello di Novara – Sezione Famiglia,alla gestione dei rapporti padre figlio”. L’ Ufficio Scolastico forniva poi notizie sull’ andamento e sul profitto dei due minori, senza indicare le scuole frequentate

Avverso la statuizione di parziale reiezione dell’ istanza di accesso il dott. C. proponeva ricorso avanti al T.A.R. per il Piemonte assumendone l’ illegittimità per violazione degli artt. 155 e 317 cod. civ. e per eccesso di potere per contrasto con la circolare del M.I.U.R. n. 7657/A0 del 20.12.2005, insistendo per il riconoscimento del diritto alla cognizione ed ostensione di tutti gli atti ed elementi indicati nella domanda di accesso documentale.

Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. adito dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine all’insorta controversia, perché l’esercitato diritto di accesso coinvolge le modalità di espressione dei rapporti del padre separato con i figli minorenni, in merito ai quali è tenuto a pronunziarsi il Tribunale per i Minori.

Avverso detta decisione il dott. C. ha proposto atto di appello ed ha contrastato le conclusioni del T.A.R. circa il giudice competente a conoscere della domanda di accesso, insistendo per la pronunzia di illegittimità dell’atto preclusivo della conoscenza dei documenti richiesti.

Il Ministero della Pubblica istruzione si è costituito in resistenza.

Alla camera di consiglio del 9 ottobre 2007 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). E’ fondato il motivo di impugnazione con il quale si contesta la declinatoria di giurisdizione del T.A.R. in ordine al ricorso proposto dal dott. C. contro la decisione parzialmente negativa adottata dall’ Ufficio Scolastico Provinciale di Novara in merito alla domanda di accesso a documenti amministrativi relativi alla carriera scolastica dei figli minori.

Il contenzioso investe, invero, il diritto dell’appellante all’ostensione ed alla cognizione di documenti detenuti dall’ Amministrazione della Pubblica Istruzione ed è stato esercitato dall’ odierno appellante nella qualità di genitore separato non affidatario dei figli minori, al quale l’art. 155, terzo comma, cod. civ. riconosce “il diritto dovere di vigilare sulla loro istruzione”.

La disciplina dettata dal titolo V della legge n. 241/1990 assegna in via primaria all’ Amministrazione che detiene i documenti l’ obbligo di verifica della sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di accesso in relazione all’esistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata, che sorregga l’istanza al tal fine proposta (art. 22, lett. b), della legge n. 241/1990), nonché l’ assenza di condizioni a ciò ostative, quali identificate in via generale dall’art. 24 della legge predetta o in via regolamentare dalla stessa Amministrazione interessata.

L’art. 25, comma quarto, della legge n. 241/1990 attribuisce al giudice amministrativo la cognizione delle controversie relative al diniego di accesso, espresso o tacito, o al differimento dello stesso. Si tratta di un’area di giurisdizione esclusiva attribuita “ratione materiae” a tutela dell’ autonomo diritto di accesso quale configurato dal capo V dalla legge n. 241/1990, che si esercita attraverso un rito semplificato (essendo tra l’altro consentita la difesa in proprio del privato interessato) caratterizzato da specialità e da celerità della decisione quanto ai termini processuali, che non soffre deroghe in relazione alla competenza di altro giudice a conoscere della posizione soggettiva sostanziale cui l’esercizio del diritto di accesso si collega (cfr. Cons. St., Sez. IV^, n. 650 del 30.07.1994).

La circostanza che la domanda di accesso a documenti relativi alla posizione dei figli minori sia formulata da parte coniuge destinatario di provvedimento di separazione non fa, pertanto, venir meno l’ obbligo dell’ amministrazione adita di prenderla in considerazione e di vagliare i presupposti per il suo eventuale esito positivo. In tale sede si dovrà tener conto di ogni eventuale disposizione dettata dal provvedimento giudiziario che ha dichiarato alla separazione dei coniugi con riguardo ai rapporti dei genitori con la prole minorenne, ove possa assurgere a condizione preclusiva dell’ ostensione documentale.

Il controllo sul corretto esercizio del potere valutativo dell’ Amministrazione in sede di delibazione della domanda di accesso spetta al giudice amministrativo ed avviene in base ai dati obiettivi inerenti all’interesse alla conoscenza dei documenti, all’ assenza di preclusioni di legge o regolamentari ed ai limiti eventualmente stabiliti dall’autorità giudiziaria ordinaria nella sentenza che ha disposto la separazione dei coniugi e dettato le regole sull’affidamento e sui rapporti genitoriali con la prole minorenne.

Con specifico riferimento alla fattispecie di cui è controversia la Sentenza della Corte di Appello di Torino dell’ 11.07.2002 che ha dichiarato la separazione dei coniugi non mette in discussione e non pone limiti e condizioni quanto alle modalità di esercizio, da parte del genitore separato e non affidatario dei figli, dell’ autonomo diritto/dovere riconosciuto dall’ art. 155, comma terzo, cod. civ. di vigilare sulla loro istruzione ed educazione. Detta sentenza si limita, infatti, ad introdurre d’ufficio modifiche alle cadenze settimanale stabilite nella decisione di primo grado in ordine alla possibilità del padre di vedere e tenere presso di sé i due figli, recependo il diverso criterio della gradualità del riavvicinamento genitoriale, sotto il controllo delle esigenze psicologiche dei minori attraverso il supporto terapeutico del Servizio di Neuropsichiatria Infantile di Novara.

La pretesa del dott. C. di avere notizie sul profitto, inserimento scolastico ed impegno dei due figli, sugli istituti di iscrizione, nonché di disporre delle relative risultanze documentali si collega, quindi, in via astratta all’ autonoma potestà del genitore non affidatario - il cui esercizio è qualificato dall’art. 155 per di più come doveroso - di vigilare sui livelli di istruzione e di apprendimento dei figli e non implica, sul piano sociale, momenti di convivenza caratterizzati da contatti fisico/affettivi.

Il ricorso va quindi accolto e, per l’effetto, va annullata al sentenza appellata con rimessione del ricorso avanti al T.A.R. per il Piemonte per la decisione nel merito.

Le spese di causa possono essere compensate per la presente fase di giudizio stanti i particolari profili della materia del contendere.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta:

- accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata;

- dispone, ai sensi dell’art. 35, comma secondo, della legge n. 1034/1971, il rinvio della controversia al T.A.R. per il Piemonte;

- compensa fra le parti le spese di causa per la presente fase del giudizio.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 9 ottobre 2007 con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente

Carmine Volpe Consigliere

Domenico Cafini Consigliere

Francesco Caringella Consigliere

Bruno Rosario Polito Consigliere rel. ed est.

Presidente

Giovanni Ruoppolo

Consigliere Segretario

Bruno Rosario Polito Maria Rita Oliva

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13/11/2007.

mercoledì 20 febbraio 2008

Mediazione, per il diritto alla provvigione è richiesto il contratto preliminare


Tribunale Verona, sentenza 24.04.2007 n° 1270

“Infatti se è pur vero che per consolidata giurisprudenza ben può una proposta d’acquisto immobiliare avere valenza di vero e proprio contratto preliminare sussistendone i requisiti richiesti ex lege (forma scritta, descrizione dell’immobile, prezzo, accettazione del venditore, impegno ad addivenire a futura stipula - cfr recente Cass.civ. 20653/05) è altrettanto vero che nel caso in cui le parti acquirente/venditore abbiano tra loro espressamente concordato il differimento della stesura del contratto preliminare, riconoscendo il venditore al proponente la facoltà di recedere dalla proposta di acquisto superati i quindici giorni, non sorge il diritto alla provvigione.

Tribunale di Verona

Sentenza 24 aprile 2007, n. 1270

Il Tribunale di Verona, composizione monocratica

nella persona del Giudice monocratico Dott. Emanuela Sisa

- ritenuta la causa matura per la decisione,

visto l’art. 281 sexies cpc

pronuncia la seguente sentenza:

SENTENZA

Nella causa promossa da

LA XX (p.iva: XXXXXX)

In persona del legale rappresentante p.t.

con l’Avv. M. Y del Foro di Verona

Contro

C. AN. (cf: XXXXXX)

Con gli Avv.ti F.C. del Foro cli Venezia e C. S. del Foro di

Verona

Iscritta al n. 4829/06 RG-

Oggetto: Mediazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

-Richiamato il contenuto dell’atto di citazione e le conclusioni ivi riportate;

-richiamato il contenuto della comparsa di costituzione e risposta e le conclusioni ivi riportate;

-richiamato il contenuto degli ulteriori atti;

ritiene il decidente non accoglibile la domanda attorea.

Quanto all’eccezione sollevata dall’attore circa la tardiva costituzione del convenuto si rileva che tale eccezione è del tutto infondata.

Infatti se è vero che nel novellato art. 167 cpc (raccordato con gli artt. 166 e 171 cpc) il convenuto deve costituirsi ameno venti giorni prima dell’udienza fissata in citazione se intende proporre domanda riconvenzionale ed eccezioni di rito e merito non sollevabili d’ufficio; osserva il decidente che nel caso di specie il convenuto —costituitosi alla prima udienza dl 02/1012006 - non ha sollevato nessuna eccezione né di rito né di merito né ha svolto domanda riconvenzionale, limitandosi a chiedere il rigetto della domanda attorea sulla base dell’insussistenza del preteso diritto di credito (argomentando tale insussistenza sul mancato perfezionamento del contratto preliminare e sull’accordo pattizio ìntercorso tra attore e convenuto) sicchè, dal contenuto della comparsa di costituzione emergono semplici “difese”.

Quanto al merito, osserva il decidente la natura prettamente documentale della presente causa.

Infatti se è pur vero che per consolidata giurisprudenza ben può una “proposta d’acquisto immobiliare” avere valenza di vero e proprio “contratto preliminare” sussistendone i requisiti richiesti ex lege (forma scritta, descrizione dell’immobile, prezzo, accettazione del venditore, impegno ad addivenire a futura stipula - cfr recente Cass.civ. 20653/05) è altrettanto vero che nel caso di specie le parti acquirente/venditore (C. An. / Ca. + 1) avevano tra loro espressamente concordato il differimento della stesura del contratto preliminare, che sarebbe stato redatto SOLO all’atto del versamento dell’ulteriore somma di €20.000,00 (doc, 1-prodotto da entrambi le parti), riconoscendo il venditore al proponente la facoltà di recedere dalla proposta di acquisto superati i quindici giorni (come in effetti avvenuto - cfr doc. 5 convenuto).

Peraltro ulteriore prova che nessun preliminare era stato redatto (e quindi nessun correlato diritto alla mediazione) è fornita anche dallo stesso accordo, perfezionato tra il potenziale acquirente (C. An.) e l’agenzia di mediazione (odierna attrice) con il quale —coerentemente con quanto stabilito con il venditore- le parti stabilivano che anche il riconoscimento del diritto alla mediazione a favore dell’agenzia sarebbe maturato solo al “preliminare” (cfr doc. 2 —prodotto da entrambi le parti): si osserva che detto documento è firmato oltre che dal C. An. anche dal titolare dell’agenzia di mediazione e la firma non è stata disconosciuta (cfr memoria Avv. Masè del 31/1/06).

Sicchè detti documenti, esaminati e raccordati tra loro, fanno ritenere che sia tra le parti acquirente/venditore sia tra le parti acquirente/agenzia di mediazione vi era l’espresso intendimento che nessun preliminare fosse intervenuto tra le parti e che la formazione dello stesso andava differita solo e se fosse intervenuto il versamento dell’ulteriore somma di €20.000,00 (mai versata in quanto è intervenuta —nelle more- la revoca della proposta di acquisto nei termini e la risoluzione “consensuale” del rapporto tra potenziale acquirente e venditore) così come, analogamente, il diritto alla provvigione per l’agenzia si sarebbe perfezionato solo alla redazione del preliminare.

Alla luce di tali prove “per tabulas” non va accolta la domanda attorea tesa al pagamento della provvigione (potendo semmai l’agenzia di mediazione richiedere il rimborso delle sole eventuali spese sostenute).

L’intera vicenda tuttavia —stante l’articolazione e la complessità- fa ritenere al decidente sussistenti i giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

IL Tribunale di Verona, terza sezione civile, definitivamente respinta ovvero assorbita ogni diversa domanda ed eccezione

-respinge la domanda attorea;

-compensa le spese dì lite.

Sentenza esecutiva.

Così deciso in data 24/04/2007-

Il Giudice avv. Emanuela Sisa

giovedì 14 febbraio 2008

Autorizzazione paesaggistica, obbligo di comunicazione ex art. 7 legge n. 241/1990


Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 07.01.2008 n° 30

“deve considerarsi quindi abrogato, per incompatibilità con una norma sopravvenuta di rango superiore, l’art.4, comma 1 bis del D.M 13.6.1994, n.495, come modificato dal D.M. 19.6.2002, n.165, secondo cui la comunicazione ex art.7 L. n.241/1990 non è dovuta per i procedimenti disciplinati dall’art. 151 del T.U. n.490/1999, ritenendosi così non necessaria la comunicazione di avvio del procedimento all’atto dell’invio al controllo dell’Autorità statale delle autorizzazioni paesaggistiche.”

In senso conforme, Consiglio di Stato , sez. VI, sentenza 11.05.2007, n. 2299.

Consiglio di Stato

Sezione VI

Sentenza 7 gennaio 2008, n. 30

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.9014 del 2006 proposto dal

Ministero per i beni e le attività culturali in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n.12;

contro

Ser.pe.co s.r.l., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Sasso, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, al Lungotevere Flaminio n.46, presso il dott. Gianmarco Grez;

e nei confronti

del Comune di Torre del Greco in persona del Sindaco p.t.;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo della Campania, Napoli Sezione III, n. 3965 del 2006, in data 4 maggio 2006, resa tra le parti;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

all’udienza pubblica del 30 ottobre 2007, relatore il Consigliere Domenico Cafini, uditi l’avv. Chierroni per delega dell’avv. Sasso e l’avv. dello Stato Massarelli;

considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

1. Con ricorso depositato il 9.2.2006 al TAR per la Campania, Napoli, la società Ser.pe.co a r.l. - premesso che aveva ottenuto dal Comune di Torre del Greco l’autorizzazione n. 59/2005 per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti, con annessi servizi accessori e commerciali - impugnava il decreto del Soprintendente per i beni architettonici ed il paesaggio di Napoli e provincia del 14.11.2005, la nota del medesimo Soprintendente 15.11.2005 n. 24675, nonché la nota del dirigente del settore urbanistica del Comune di Torre del Greco 29.11.2005 n.74431/05, concernenti l’annullamento del provvedimento comunale 10.8.2005 n.59, di rilascio in favore della ricorrente dell’autorizzazione ex art.146 D.Lgs. n, 42/2004 per l’esecuzione dei lavori di realizzazione del menzionato impianto.

Nel chiedere l’annullamento degli atti anzidetti - e, in particolare, del decreto con il quale la Soprintendenza aveva annullato l’autorizzazione avanti indicata - la società ricorrente deduceva i seguenti motivi di diritto:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e dell’art. 146 D.Lgs. n. 42/2004, atteso che il provvedimento soprintendentizio impugnato era stato adottato senza comunicare l’avviso di avvio del procedimento e senza garantire, quindi, all’interessato la partecipazione al procedimento stesso;
b) violazione e falsa applicazione art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, risultando il detto provvedimento “adottato in assenza di qualsivoglia motivazione … senza alcuna concreta indicazione degli effettivi elementi di contrasto e di pregiudizio dell’opera con l’ambiente circostante nonché dei caratteri del paesaggio che si intendono violati”.

2. Con la sentenza in epigrafe specificata, il TAR adito accoglieva il ricorso, ritenendo fondata la dedotta censura di violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990, con assorbimento degli ulteriori motivi; e ciò in quanto l’Amministrazione dei beni e le attività culturali, mentre era tenuta a comunicare all’interessato l’avvio del procedimento, onde consentirgli di valutare l’opportunità di parteciparvi e tutelare quindi le proprie posizioni giuridiche soggettive, nella specie invece non avrebbe provveduto a tale comunicazione.

3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello, con il quale il Ministero ricorrente ha criticato la predetta statuizione, ritenuta ingiusta e lesiva, deducendo che, nel caso specifico, la comunicazione del Comune di Torre del Greco n. 56059 in data 21.9.2005, recava, tra i destinatari, oltre alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e provincia, anche la società Ser.pe.co. e che, pertanto, l’obbligo di comunicazione era stato compiutamente assolto nel caso in esame, sulla base di quanto disposto dal Codice dei beni culturali e ambientali n.42/2004, entrato in vigore il 1°.5.2004 (e quindi prima dell’autorizzazione rilasciata dal Comune alla società interessata il 10.8.2005), che stabilisce espressamente che la Regione o il Comune comunichino alla Soprintendenza le autorizzazioni rilasciate e che tale comunicazione vada contestualmente inviata agli interessati e costituisca avvio del procedimento ai sensi della legge n.241/1990, ed osservando, inoltre, nel merito, che nel Comune suddetto era in vigore uno strumento vigente di pianificazione territoriale paesaggistica; approvato con D.M. 4.7.2002, per effetto del quale, ogni valutazione logico-discrezionale deve cedere il passo alla palese violazione della norma.

Nelle conclusioni l’Amministrazione per i beni e le attività culturali ha chiesto, quindi, l’accoglimento dell’appello, con conseguente annullamento della sentenza di primo grado Ricostituitosi, nell’attuale fase di giudizio, il contraddittorio, la società Ser.pe.co ha controdedotto ai motivi ex adverso svolti, rappresentando tra l’altro - in relazione al primo motivo del ricorso in appello - che la nota del Comune di Torre del Greco in data 21.9.2005, indicata nell’appello stesso, non risultava ad essa società pervenuta, nonostante che nella nota medesima venisse precisato che la si trasmetteva pure alla Ser.pe.co. s.r.l. e che tale trasmissione costituiva invio dell’avviso di procedimento, con la conseguenza che il decreto impugnato sarebbe stato dunque illegittimo, come rilevato dal TAR, per violazione dell’art.7 L. n.241/1990 nonché dell’art.146 del D.Lgs. n.42/2004.

Alla camera di Consiglio del 21.11.2006 l’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n.6142/2006.

4. Con decisione interlocutoria n. 3091 del 2007 questa Sezione, ritenuto necessario ai fini della pronuncia definitiva, conoscere dal Comune di Torre del Greco gli estremi di comunicazione e di ricezione da parte della Ser.pe.co. s.r.l. della nota n. 56059 in data 21.9.2005 a firma del dirigente del 6° Settore – Ambiente e territorio di detto Comune, nonché ogni ulteriore elemento o documento ritenuto utile per la pronuncia definitiva sulla controversia in esame, ha ordinato al Comune stesso di depositare presso la Segreteria della Sezione la menzionata documentazione.

Tale documentazione è stata poi depositata dall’ente locale intimato in data 16.7.2007.

5. La società appellata, con memoria successivamente depositata, ha ulteriormente argomentato le proprie tesi (alla luce anche della documentazione trasmessa in esito alla suddetta decisione interlocutoria e, in particolare, della nota 5.7.2007 n. 45673 del dirigente comunale preposto al Settore Urbanistica del Comune di Torre del Greco), insistendo per la reiezione del ricorso in esame.

La causa è stata, infine, assunta in decisione alla pubblica udienza del 30 ottobre 2007.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Come emerge della esposizione in fatto, la controversia odierna concerne essenzialmente la legittimità del decreto in data 14.11.2005 del Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio storico e artistico di Napoli e provincia - di annullamento dell’’autorizzazione n. 59/2005 per la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti, con annessi servizi accessori e commerciali rilasciata dal Comune di Torre del Greco all’odierna società appellata, sicchè la disciplina procedimentale nella specie applicabile, ai sensi dell’art. 183, comma 7, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22.1. 2004, n.42), è quella stabilita dall’art. 159 del medesimo Codice, entrato in vigore appunto in data anteriore (1.5.2004).

Deve osservarsi, peraltro, che, in relazione alla disciplina riferita al regime dell’avviso di inizio del procedimento, nella fase di competenza dell’Autorità statale dopo l’avvenuto esame da parte dell’ente territoriale sub-delegato (nella specie, appunto, il Comune di Torre del Greco) della domanda della società interessata, va fatto riferimento anche al momento di adozione dei provvedimenti comunali annullati, adottati pur’essi nella vigenza della nuova normativa.

Ora, con riguardo a quanto esposto, va evidenziato che il citato art. 159 del D.Lgs. n.42/2004, dispone, al comma 1, che la comunicazione, da parte dell’ente sub-delegato competente, delle autorizzazioni rilasciate, debba essere inviata “contestualmente……agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n.241”.

Dal tenore di tale disposizione emerge chiaramente la scelta operata in sede legislativa nel senso di una sorta di “dualità” del procedimento riguardante l’esame complessivo della conformità paesaggistica dell’iniziativa edilizia del richiedente il provvedimento comunale in sanatoria.

Può individuarsi, infatti, nella legge stessa, da una parte, un momento iniziale di ordine autorizzatorio, di competenza dell’ente territoriale delegato, dall’altra, un momento successivo, di verifica dell’autorizzazione rilasciata, appartenente alla competenza dell’Autorità statale, con conseguente autonomia del procedimento innanzi quest’ultima e prerogative connesse di partecipazione, attribuite specificamente al soggetto interessato, prerogative in certo senso rinnovate, rispetto a quelle della precedente fase svoltasi a seguito della sua domanda di autorizzazione innanzi all’ente territoriale delegato.

Alla stregua di siffatta scelta legislativa deve considerarsi quindi abrogato, per incompatibilità con una norma sopravvenuta di rango superiore, l’art.4, comma 1 bis del D.M 13.6.1994, n.495, come modificato dal D.M. 19.6.2002, n.165, secondo cui la comunicazione ex art.7 L. n.241/1990 non è dovuta per i procedimenti disciplinati dall’art. 151 del T.U. n.490/1999, ritenendosi così non necessaria la comunicazione di avvio del procedimento all’atto dell’invio al controllo dell’Autorità statale delle autorizzazioni paesaggistiche.

2. Tale essendo il quadro normativo di riferimento, la contestata sentenza non appare tuttavia censurabile per avere escluso la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’ avvio del procedimento di competenza dell’Autorità statale, atteso che dalla documentazione depositata agli atti di causa in data 16.7.2007 dal Comune di Torre del Greco - in adempimento alla decisione interlocutoria di questa Sezione n 3091/2007 - risulta inclusa, in particolare, la nota 5.7.2007 n. 45673, a firma del dirigente del Settore Urbanistica del Comune predetto, secondo cui agli atti di ufficio “non risultano gli estremi di ricezione della nota n. 56059 del 16.5.2005. Dal contenuto della nota e dall’assenza dei surriferiti estremi, si presume che la stessa sia stata trasmessa all’istante a mezzo di lettera ordinaria”.

In relazione a ciò - poiché la Società appellata insiste nella sua dichiarazione di non avere mai ricevuto l’apposita comunicazione del Comune e poiché la documentazione depositata non è in grado di smentire quanto dalla stessa affermato, non traendosi dai documenti acquisiti la dimostrazione della data di trasmissione e di ricezione della suddetta nota n.56059/2005 del Comune di Torre del Greco n. 56059 (recante, tra i destinatari, oltre alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Napoli e provincia, anche la società Ser.pe.co.) - il Collegio deve ritenere, diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione appellante, che nella specie l’obbligo di comunicazione non sia stato compiutamente assolto sulla base di quanto disposto dal Codice dei beni culturali e ambientali n.42/2004, e che, non essendo stato provato in alcun modo il contrario, si debba dare ingresso a quanto affermato dall’appellata società circa il fatto di non avere ricevuto la comunicazione del Comune del 16.9.2005, acquisita invece dalla Soprintendenza in data 21.9. 2005.

3. Ciò stante, deve convenirsi con quanto statuito nella impugnata sentenza, con la quale è stato accolto il ricorso della società Ser.pe.co., per essere stata ritenuta fondata la dedotta violazione dell’art.7 della legge n.241/1990, con assorbimento degli ulteriori motivi, in relazione alla mancata comunicazione alla società medesima dell’avvio del procedimento. Il ricorso in appello all’esame deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Sussistono, tuttavia, giustificati motivi per disporre, tra le parti, l’integrale compensazione delle spese per entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), decidendo definitivamente sul ricorso in epigrafe specificato, lo respinge, per l’ effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2007, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente
Giuseppe Romeo Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Domenico Cafini Consigliere est.
Francesco Caringella Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 7/01/2008.

Limiti dei poteri per l’Ordinanze di necessità ed urgenza e responsabilità dell’amministratore


Corte dei Conti , sez. Campania, sentenza 27.12.2007 n° 4174

Si riafferma che i limiti sono:

- rispetto dei principi generali dell’ordinamento

- l’obbligo di motivazione

- l’indicazione delle principali norme giuridiche cui si intende derogare

- il rispetto degli stabiliti limiti temporali.

I fini devono consistere

“nella predisposizione ed organizzazione di misure necessarie ad affrontare situazioni di grave pericolo o evitare maggiori danni a persone o cose non altrimenti affrontabili con i “normali” poteri amministrativi e quando vi è l’effettiva sussistenza di una situazione di fatto, calamità naturali, catastrofi ed altri eventi emergenziali, tali da giustificare l’utilizzo di mezzi e di poteri straordinari.”

Nel caso trattato è stato rilevato che “ i poteri de quo erano stati utilizzati in carenza di potere in concreto in quanto non vi erano i presupposti per la loro adozione secundum legem.”

Corte dei Conti

Sezione giurisdizionale per la Regione Campania

Sentenza 27 dicembre 2007, n. 4174

composta dai seguenti magistrati:

dott. Salvatore STARO Presidente

dott. Federico LUPONE Consigliere

dott. Rossella CASSANETI Primo Referendario relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n° 51003 del registro di Segreteria, instaurato ad istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Campania nei confronti del signor A.B., nato xxxx, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione, dagli avvocati Giuseppe Abbamonte e Felice Laudadio e con gli stessi elettivamente domiciliato in Napoli.

VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale il 27 dicembre 2006;

VISTA la memoria di costituzione depositata presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale il 23 ottobre 2007 dalla difesa del signor A.B.;

VISTI gli atti di giudizio;

CHIAMATA la causa nella pubblica udienza del giorno 6 dicembre 2007, con l’assistenza del segretario dr. Sabina Pinto, sentiti il relatore primo referendario Rossella Cassaneti, gli avvocati Felice Laudadio e Raimondo Nocerino (quest’ultimo per delega dell’avv. Giuseppe Abbamonte) ed il rappresentante del pubblico ministero in persona del Vice Procuratore Generale dott. Maurizio Stanco;

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione depositato presso la Segreteria di questa Sezione in data 27.12.2006 la Procura regionale ha evocato in giudizio il signor A.B. per sentirlo condannare al pagamento in favore dell’Erario dell’importo di euro 3.921.304,17, o alla diversa somma determinata dal Collegio, oltre rivalutazione monetaria e spese di giustizia, a titolo di risarcimento del danno provocato alla Regione Campania mediante l'adozione degli atti relativi alla costituzione della società mista X. S.p.A. (indicata in seguito nell'atto scritto come X.), finalizzata all'attuazione del progetto, approvato dal Commissario di Governo con ordinanza n. 601 del 21 dicembre 2001, denominato “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” presentato dal Consorzio X. di Napoli (indicato in seguito come X.) per la realizzazione di talune strutture di informazione ambientale nell’ottica del miglioramento dei servizi resi all’utenza; per l'attuazione del progetto in questione, la X. avrebbe dovuto provvedere anche all'assunzione di cento lavoratori socialmente utili.

Di tale vicenda la Procura contabile è venuta a conoscenza attraverso la relazione, trasmessa con nota n. 22356 del 10.02.2006 del Servizio Ispettivo dell’I.G.F. - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - Ministero dell’Economia e della Finanze, del Dirigente dei Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica dr. N. M. relativa alla verifica amministrativo-contabile al Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania eseguita dal 25.05.2004 al 04.03.2005 e datata 14.12.2005.

Con ordinanza commissariale n. 14/2002 – espone la Procura - è stato approvato lo schema di statuto della società per azioni denominata “X. S.p.A.” e con la n. 116/2002 è stata disposta l’acquisizione del 51 per cento del capitale della società medesima, del valore di € 255.000 (corrispondenti a 51.000 azioni), atteso che il capitale sociale ammontava ad € 500.000, suddiviso in 100.000 azioni nominali del valore unitario di € 5,00.

Il pacchetto azionario detenuto dal Commissariato è stato poi trasferito, con vari provvedimenti adottati tra il 2002 ed il 2004, a titolo gratuito, ad altri soggetti, di modo che l'investimento di € 255.000 effettuato nel 2002 risulta trasferito completamente, nel 2004, all'Amministrazione Provinciale di Napoli ed all'A.R.P.A.C. (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), a seguito di parere favorevole dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato del 6 novembre 2002.

La Procura riferisce, inoltre, che la relazione ispettiva si conclude osservando che “risorse pubbliche affidate, tra l’altro, ad una struttura caratterizzata dalla straordinarietà non potevano essere sottratte per altre finalità non espressamente individuate che non fossero connesse all’immediato superamento della fase emergenziale nello smaltimento dei rifiuti in Campania tenendo altresì presente che non appaiono fondati i richiami normativi sui quali il Commissario ha basato le proprie ordinanze per procedere ad operazioni di tipo societario”.

Il requirente ha quindi evidenziato l'improprietà del richiamo, effettuato in sede di approvazione dello schema di statuto e di formalizzazione dell’atto costitutivo della predetta società mista avvenute con ordinanza commissariale n. 14/2002, all'art. 10 del d.lgs. 01.12.1997 n. 468 (dettato nell'ambito della revisione della disciplina sui lavori socialmente utili cui il d.lsg. 468/97 ha riguardo ed intitolato “Occupazione dei soggetti già impegnati nei lavori socialmente utili”), in quanto tale norma consente alle PP.AA. di promuovere la costituzione di società miste “allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili, facendo contemporaneamente fronte a proprie esigenze istituzionali per l’esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o concessione”, società aventi “ad oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti” in corso; il richiamato art. 10 d.lgs. 468/97, dunque, ha riguardo – osserva la Procura attrice – alle “attività che rientrano più che altro nella gestione ordinaria delle regioni e degli enti locali e che esulano certamente dalla gestione straordinaria dell’emergenza rifiuti, considerati i caratteri di eccezionalità e temporaneità che dovrebbero contraddistinguerla”, con il risultato che il Commissariato di Governo per l'Emergenza Rifiuti della Regione Campania ha ingiustificatamente travalicato, adottando la suddetta iniziativa, i propri compiti istituzionali.

Inoltre, l'atto introduttivo del giudizio si sofferma sulle osservazioni contenute nella “Relazione Territoriale sulla Campania”, trasmessa alle Presidenze delle Camere il 01.02.2006 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31.10.2001 n. 399.

Tale relazione, in parte testualmente riportata nell'atto introduttivo del giudizio, si è soffermata ad osservare che nelle seguenti ordinanze:

· n. 14/2002 (con cui è stato approvato lo schema di statuto della società per azioni mista X., fatto pervenire dal Consorzio X. con nota del 07.01.2002);

· n. 228/2002 (con cui si è approvato lo schema di convenzione tra il Commissario e la società mista X., autorizzando la liquidazione in favore di quest’ultima, a titolo di acconto, della somma di un milione di euro, su un impegno di spesa totale di euro 3.098.741,39, cui si sarebbero aggiunti i costi per i lavoratori socialmente utili da assumere);

· nn. 228/2002 e 409/2002, con cui è stato previsto il trasferimento a titolo gratuito delle quote all’ARPAC, alla Giunta Regionale della Campania ed alla Provincia di Napoli;

le rispettive motivazioni si diffondono “ampiamente sulla legislazione comunitaria in tema di accesso alle informazioni in materia ambientale, con abbondanza di riferimenti normativi e pattizi, senza tuttavia tenere minimamente in conto i vincoli di pubblicità e concorsualità, sempre di fonte comunitaria ... regolanti la scelta del partner privato chiamato a formare la società mista di gestione del progetto” e trascurando, inoltre, che l'art. 5 T.U.E.L. (pur richiamato nella motivazione dell'ordinanza n. 228/2002) impone “«l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza», ai fini della scelta del socio privato”.

Peraltro – prosegue ancora la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti riportata dalla Procura attrice in citazione - nella vicenda in questione, l’emergenza, pure invocata, sembra essere riferibile piuttosto alla necessità di assumere e stabilizzare una folta schiera di lavoratori socialmente utili che all’urgenza di avviare il call-center ambientale ... A tale ultimo riguardo, infatti, deve rilevarsi che, per esplicita ammissione dei vertici attuali della società mista, il call center in questione è pressoché inattivo (quattro o cinque chiamate al giorno) e del tutto sconosciuto agli stessi interlocutori istituzionali della struttura commissariale, quali, ad esempio, i consorzi di bacino”.

La Guardia di Finanza, Comando Nucleo Reg.le di Polizia Tributaria, G.S.V. – ARADE, di Napoli, incaricata dall'Ufficio di Procura di svolgere indagini sugli aspetti rilevati dalla predetta relazione ispettiva, ha reso documentata relazione in merito con nota n. 9299/dau del 30.08.2006 integrata per lo specifico aspetto della X. dalla successiva nota n. 5644/GTSP/A.D.E. del 10.10.2006.

Da tali risultanze istruttorie è emersa la pendenza di giudizio civile, instaurato dalla X. nei confronti del Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania con citazione notificata in data 09.09.2006, in cui si lamenta, in particolare, che una serie di inadempimenti da parte del Commissario Straordinario di Governo – specificamente, la mancanza di certezze in ordine al conseguimento di entrate effettive relative alle commesse di parte e competenza Pubblica (come la commessa "progetto S.O.S. Ambiente") - ha determinato ingenti perdite, tali da causare, secondo le previsioni normative vigenti, lo scioglimento della società X. Invero, a seguito dell'inadempimento degli impegni del Commissario di Governo finalizzati al ripianamento delle perdite subite dalla X. negli anni 2004 e 2005, “in data 16 marzo 2006 il Consorzio X. diffidava e metteva in mora il Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque, e stante il comportamento inerte del Commissario, non essendo più tollerabile la “pericolosa” situazione di perdite descritta, decideva di non ricapitalizzare le perdite, ..., uscendo, quindi, dalla compagine sociale di X.”.

Nell’assemblea straordinaria della X. del 12.05.2006 – riferisce il requirente contabile - vista la perdita al 31.12.2005 di € 2.344.449,00, si è deliberato di azzerare il capitale sociale di € 500.000,00 riducendo la perdita a € 1.844.449,00 e di ricostituire contestualmente il capitale sociale aumentandolo fino a € 2.344.449,00; la X. ha rinunciato al diritto di opzione ed è uscita dalla società, e la sottoscrizione del capitale è avvenuta per € 107.610,21 dall’ARPAC (4,59% del capitale sociale) e per € 2.236.838,79 dal Commissariato di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque (95,41% del capitale sociale), con commesse in portafoglio rappresentate da un progetto di monitoraggio ambientale dell’Amministrazione provinciale di Napoli, dal progetto "camini" assegnato dall’ARPAC e dai progetti del Commissario di Governo per interventi di caratterizzazione Napoli Est e per interventi di monitoraggio ambientale sanitario.

La Procura attrice ha, dunque, delineato i profili d'illiceità amministrativo-contabile della vicenda X. evidenziando, in primo luogo, le gravi anomalie del procedimento di adozione dell’ordinanza n. 601 del 21 dicembre 2001, con la quale il Commissario di Governo ha approvato il progetto denominato “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” presentato dalla X., anomalie sintetizzabili come segue:

· il progetto non è stato acquisito il 11.12.2001, data di protocollo della nota X. datata 03.12.2001, ma solo successivamente, presumibilmente soltanto in un momento immediatamente precedente al 21.12.2001, data di adozione dell’ordinanza di approvazione, secondo varie emergenze documentali;

· l’unico dato comprovato è l’allegazione del progetto alla convenzione stipulata il 31.12.2001 tra Consorzio X. e Commissariato, registrata al n. 94 del 31 dicembre 2001 del registro di repertorio dell’Ufficiale rogante del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti, numero che, peraltro, era stato in origine assegnato ad altro contratto, con registrazione annullata per essere assegnata alla convenzione X. e con assegnazione all'altro contratto (convenzione con la Società xxx S.r.l.) del n. 96 del 11.01.2002, secondo una procedura peculiare ed affetta da singolari anomalie, tanto che la G.d.F. ha segnalato che per essa è stata informata l’A.G. ordinaria;

· la proposta progettuale della X. risulta acquisita in varie e diverse versioni, presentandosi comunque gravemente carente riguardo agli aspetti economico-finanziari, poiché, da quanto rinvenuto agli atti, tali aspetti sono trattati in maniera estremamente succinta e superficiale;

· i tempi di approvazione della proposta progettuale appaiono ingiustificatamente rapidi, penalizzanti in ordine al corretto esame della proposta stessa, e rispondenti soltanto all’esigenza di perfezionare gli atti anteriormente alla scadenza del 31.12.2001, termine (poi prorogato) della vigenza della disciplina di cui si intendeva dare applicazione.

Il requirente, quindi, ha riportato integralmente la parte di maggior rilievo del testo dell'ordinanza commissariale n. 601/2001, passando poi a sottolinearne i molteplici aspetti di illegittimità.

In primo luogo, la Procura attrice ha osservato che l'ordinanza in parola è fondata sull’applicazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 468/1997 – già dianzi richiamato – inteso a disciplinare la costituzione di società miste ad opera delle PP.AA. allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili per far fronte a proprie esigenze istituzionali mediante l’esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o in concessione, i cui primi tre commi hanno trovato applicazione, ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 81/2000, fino al 31.12.2001, termine prorogato al 31.12.2002 dal comma 71 dell’art. 52, legge n. 448/2001.

Orbene, la Procura ha rilevato che l’operazione commissariale non è in armonia con il d.lgs. n. 81/2000, contenente norme per la disciplina dei lavori socialmente utili, di modo che il richiamo alle disposizioni contenute nell'art. 10 d.lgs. 468/1997 (per lo più abrogate, anche con riferimento alle procedure per l’approvazione dei progetti, dalla modifica del 2000) si rivela inutile, non sussistendone i presupposti, perché si è proceduto alla costituzione di una società mista senza un individuato e preesistente progetto di lavori socialmente utili, in relazione al quale tale costituzione si doveva porre “in continuità” a tenore sia del dato testuale della norma dianzi richiamata e sia secondo l’interpretazione resa nella circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 100/1998.

La mancanza di qualsivoglia progetto LSU ultimato che legittimasse l'avvio dell'operazione esaminata emerge anche – ricorda la Procura – da varie risultanze documentali risalenti alla stessa X..

In secondo luogo, il requirente ha rilevato consistenti aspetti d'illegittimità anche con riferimento alla fase della scelta del socio della società mista, “allorché si è proceduto all’individuazione diretta della X. quale socio privato senza l’osservanza del generale principio concorsuale”, perché, difformemente a quanto prescritto ancora dall'art. 10 d.lgs. 468/1997 dianzi richiamato, la X. non ha precedentemente curato la gestione e realizzazione del progetto di lavori socialmente utili prima della promozione della X., né appaiono fondati i richiami, contenuti nella deliberazione Commissariale, alla legge 16.03.2001 n. di ratifica in Italia della Convenzione di Aarhus del 1998, alla Relazione sulla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, nonché alla precedente direttiva del 1990. Invero, la Convenzione di Aarhus (riguardante l’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini, l’accesso alla giustizia in materia di ambiente) firmata ad Aarhus nel 1998 (poi ratificata con la legge 108/2001) è rivolta, in termini di adempimenti attuativi, al Ministero dell’Ambiente, mentre non ha attribuito alcuna funzione in merito a carico dell’organo straordinario Commissario di Governo. Il d.lgs. 24.02.1997 n. 39, attuativo della pur invocata direttiva europea 90/313/CEE, non è a sua volta affatto richiamato dal provvedimento commissariale in parola, e, in ogni caso – osserva il requirente - il richiamo alla proposta di direttiva europea non sembra poter contribuire ad una migliore legittimazione dell’iniziativa, perché, in ogni caso, il provvedimento di che trattasi non sembra “diretto a far <> del Commissario di Governo, secondo quanto richiesto dall’art. 10 cit., ma pretende di porre in essere una progettazione di ben più vasta portata e non finalizzata al superamento dell’emergenza, con un’estensione all’intero complesso delle PP.AA.” senza una verifica preventiva – e nemmeno successiva - di interesse o disponibilità in tal senso di altri soggetti pubblici.

L’art. 2, comma 1, dell’O.M. 25 febbraio 1999, n. 2948 (punto 16.1, aggiunto dall’O.M. 21 ottobre 1999) ha previsto che il Commissario delegato - Presidente della Regione Campania dispone “la formazione e l’informazione ambientale, e la promozione del rispetto dei valori naturali ed ambientali, avvalendosi degli esperti di cui all’art. 12, comma 3, della presente ordinanza”; ma prosegue precisando che la finalità da perseguire è sempre quella del superamento dell’emergenza, che circoscrive la funzione e le attività dell’organo Commissariale.

Ha evidenziato, ancora, la Procura attrice che all'art. 3 della convenzione n. 94/2001 stipulata tra il Commissario delegato ed il Consorzio X., che ripropone le lettere d) ed e) del dispositivo dell’ordinanza 601, si precisa che da altre Amministrazioni Pubbliche vi dovrà essere uno stanziamento di bilancio per l’informazione ambientale, dovendosi dunque constatare “che sono indefiniti i soggetti che dovrebbero garantire l’esecuzione e, conseguentemente, la copertura finanziaria del progetto, quale realizzata da un ipotizzato stanziamento per l’informazione ambientale”, di modo che la surrichiamata disposizione convenzionale risulta violativa della disposizione dell’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 468/1997, che prescrive che i progetti di lavori di pubblica utilità, predisposti dalle PP.AA. e dagli enti pubblici economici, vengano corredati dalle “delibere di cui all’articolo 10, comma 1, recanti gli impegni in ordine alle opzioni ivi previste e ai conseguenti stanziamenti di bilancio”, nel caso di specie assenti.

Il requirente ha, quindi, conclusivamente rilevato come sia stata gravemente carente da parte del Commissario la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per dare vita al progetto e sulla sua effettiva utilità e attuabilità nonché il palese ed ingiustificato travalicamento dei propri compiti istituzionali diretti al superamento dell’emergenza, cui è conseguita la grave illegittimità dell'iniziativa, “a fronte della quale si è avuto un rilevante impegno finanziario senza che vi sia stata una corrispondente utilità per la collettività amministrata”.

Invero, il progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente”, non ha avuto sostanziale esecuzione, poiché il medesimo call center è oggi pressoché inattivo e sconosciuto agli stessi interlocutori istituzionali della struttura commissariale, oltre ad essere difforme rispetto a quello approvato dal Commissariato, essendo stato realizzato in attuazione di una ulteriore elaborazione progettuale svolta nel 2002 su incarico dell'ARPAC, che con propria delibera n. 690/2002, tenuto conto che la società X. aveva elaborato un nuovo progetto tecnico-economico di creazione e gestione del Call Center, conferiva alla X. medesima l’incarico per la realizzazione di tale progetto, riconoscendole un compenso pari a complessivi € 206.582,76.

In relazione ad irregolarità nel procedimento presso l’ARPAC aventi rilevanza penale, emerse nel corso degli accertamenti curati su delega dell'Ufficio di Procura, la G.d.F. ha provveduto ad informare la competente A.G.

Neanche il progetto denominato “S.I.R.E.N.E.T.T.A.”, del resto, ugualmente indicato tra le attività che avrebbe potuto svolgere la società mista, ha avuto buon esito.

Il mancato decollo del centro servizi sull’informazione ambientale, sulla cui base è stata costituita la società mista, è stato causato, deve ritenersi, dagli evidenziati vizi ed aspetti critici dell’iniziativa”, circostanza confermata anche dallo stesso piano industriale economico anno 2005 della X. allegato all’ordinanza n. 14/2005 del Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania, con la quale si è effettuato un primo ripianamento e ricapitalizzazione della società X., piano in cui si è evidenziato come la mancata definizione contrattuale e conseguente assegnazione delle commesse, sulle quali la società avrebbe dovuto svolgere la sua attività, condiziona fortemente la necessaria copertura dei costi. Le elevate perdite della società e le assai poco confortanti prospettive future sono state “tali da provocare recentemente la fuoriuscita del socio privato (con il successivo strascico della richiesta risarcitoria nei confronti del Commissario di Governo), nonostante si denotino tentativi di assicurare nuovi lavori da far svolgere alla X. nell’intento di salvaguardarne l’aspetto occupazionale”, che però si delineano a loro volta – rileva ancora il requirente - di limitato orizzonte temporale ed assorbenti notevoli risorse pubbliche, sottratte ad altre destinazioni.

Il danno derivato all'erario dall'inutilità delle spese conseguenti all’illegittima approvazione del progetto presentato dalla X. ed alla costituzione della X. viene quantificato dalla Procura attrice in € 3.921.304,17, risultante dalla somma di € 3.667.470,67, esborso costituito dalla sommatoria dei mandati/bonifici relativi alla X. e riguardanti il progetto di call center ambientale, fuoriusciti dal patrimonio commissariale con mandati emessi tra il 2003 ed il 2005, e di € 253.833,50, pagati nel 2005 alla X. a titolo di spese e commissioni bancarie nonché interessi passivi dovuti in virtù del decreto Commissariale n. 519 del 01.12.2003.

Il danno in questione, derivato ad avviso del requirente in relazione all’attuazione dell’ordinanza commissariale n. 601 del 2001, deve quindi essere ascritto al Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania “che ha adottato gli atti relativi all’approvazione del progetto presentato dalla X. ed alla costituzione della X., individuato nella persona del Presidente della Regione Campania A.B.” - cui è stato pertanto notificato invito a dedurre in data 18.10.2006 - il cui comportamento si delinea – secondo la prospettazione attrice – come gravemente colposo, senza che possano costituire cause esimenti o giustificative la sostanziale finalizzazione dell'iniziativa all’esigenza di assumere e stabilizzare lavoratori socialmente utili anziché alla risoluzione di problematiche emergenziali in materia ambientale (rifiuti, bonifiche e tutela delle acque) oppure l’asserita – in sede di controdeduzioni - attribuzione al Commissario di un novero di poteri e funzioni, tra cui anche il servizio di informazione ambientale. Con riferimento a tale ultima argomentazione, la Procura ha osservato, richiamando sentenze del G.A., che “i poteri attribuiti al Commissario trovano non solo giustificazione nell’emergenza ma, in funzione di quest’ultima, anche una naturale limitazione, dettata dalla ragione stessa della particolare legittimazione dell’intervento straordinario”, non potendosi “assegnare all’organo straordinario l’intero settore dell’informazione ambientale, con estensione in via generale della competenza svincolata dalle finalità emergenziali cui lo stesso è chiamato a far fronte, con la conseguenza di introdurre in tal modo un’inammissibile deroga, con violazione dei principi costituzionali, all’ordinaria ripartizione delle competenze amministrative”.

Si è costituito, con memoria depositata in Segreteria il 23.10.2007 per il tramite dei difensori incaricati avv.ti Giuseppe Abbamonte e Felice Laudadio, il convenuto A.B., chiedendo il proprio proscioglimento da ogni addebito, in ragione della dedotta insussistenza del nesso eziologico e dell'elemento soggettivo (colpa grave, nel caso di specie) dell'illecito amministrativo-contabile. A tal fine ha evidenziato, in primo luogo, che la formazione e l'informazione ambientale, perseguita dal Commissario di Governo con l'approvazione del progetto X. relativo ad un call center ambientale, rappresenta un compito istituzionale obbligatorio affidato al predetto organo dalla O.M. del 21.10.1999, finalizzato “al superamento definitivo dello stato di emergenza e ad un ritorno alla normalità”, di modo che non potrebbe ravvisarsi alcun travalicamento dai fini istituzionali commissariali (ha richiamato, in proposito, la relazione di questa Corte riguardante la gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Campania relativa agli anni 1999-2000, la direttiva 90/313/CEE, la giurisprudenza amministrativa citata dal requirente nell'atto introduttivo ed altra inerente aspetti della fattispecie esaminata, nonché l'art. 2 legge 290/2006). In secondo luogo, ha posto in rilievo che l'ordinanza commissariale n. 601/2001 era inidonea ad ingenerare in capo all'organo che l'ha adottata alcuno specifico obbligo giuridico e – dunque – d'impegno di spesa, trattandosi di “atto meramente programmatorio e di indirizzo”, costituente adesione alla proposta progettuale della X., da distinguere dalla convenzione successivamente stipulata, integrante invece “atto vincolante da cui discendono obblighi per i contraenti”, di modo che alcun rilievo di illegittimità-illiceità potrebbe essere mosso a carico del provvedimento in parola. Inoltre, non sussisterebbe alcuna violazione del disposto dell'art. 10 d.lgs. 468/1997, correttamente interpretato, in particolare perché la X. aveva già realizzato e gestito un progetto di call center per il Servizio Sanitario Regionale comportante la stabilizzazione di LSU, la convenzione quadro n. 94/2001 prevedeva anche la gestione del progetto S.I.R.E.N.E.T.T.A. ed il Progetto SOS Ambiente preesisteva alla costituzione della società mista X.; ad avviso della difesa, quindi, non sussisterebbe alcuna illegittimità dell'azione commissariale intrapresa nella costituzione della X., né in termini di applicazione della disciplina concernente l'impiego di LSU né sotto il profilo della scelta del socio privato, illegittimità, del resto, non deducibile né dal richiamo preteso erroneo di testi normativi, né dall'omesso riferimento a disposizioni di legge e neppure, da ultimo, dall'esistenza di contenziosi civili X. /Commissariato di Governo. Conseguentemente, e posta la legittimità dell'azione intrapresa dal Commissario di Governo con l'adozione dell'ordinanza n. 601/2001, dovrebbe rilevarsi come quest'ultima risponda ad una scelta discrezionale insuscettibile di sindacato giurisdizionale. Infine, la difesa del convenuto ha evidenziato che il malfunzionamento della società mista X. è dipesa dalle omissioni, perpetrate dall'ARPAC, dall'Amministrazione provinciale di Napoli e dagli altri Enti coinvolti, in ordine alla garanzia delle commesse assegnate alla X., il che condurrebbe, non solo a negare la sussistenza del nesso eziologico condotta/evento, ma anche a richiedere – come in effetti si richiede – l'integrazione del contraddittorio mediante vocatio in ius degli amministratori degli Enti dianzi citati e della stessa X..

Alla pubblica udienza odierna l’avv. Felice Laudadio, confermando integralmente le deduzioni scritte, ha precisato ed ulteriormente rimarcato quanto segue:

1. la scelta commissariale inerente la costituzione della X., rientra senz’altro nell’ambito del ruolo affidato al Commissariato di Governo di superamento della situazione emergenziale, poiché la realizzazione di tale obiettivo non avrebbe potuto essere conseguita se non mediante lo svolgimento di un programma di “educazione”, sia delle PP.AA. e sia dei cittadini, ad esempio alle modalità della raccolta differenziata dei rifiuti, come, del resto, è dato dedurre dalla lettura dell’ordinanza ministeriale n. 2848/1999;

2. il danno rilevato dalla Procura contabile, anche a volerne per assurdo ammettere la sussistenza, non potrebbe mai essere addebitato soltanto all’ex Commissario di Governo, odierno convenuto, ma all’intero sistema ordinamental-burocratico, ivi compresi coloro che hanno adottato le ordinanze ministeriali emanate a disciplina dei suoi compiti;

3. la scelta commissariale è coerente, nei fini, anche rispetto alle norme comunitarie, puntualmente richiamate nell’articolata premessa dell’ordinanza n. 601/2001;

4. la legittimità delle procedure e delle attività ritenute illecite dal requirente è deducibile anche dalla lettura della relazione 1999/2000 di questa Corte – Sezione del Controllo per la Regione Campania - e del parere all’uopo richiesto – ed acquisito agli atti di causa – dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

5. il dispositivo dell’ordinanza n. 601/2001 testimonia una scelta dettata da motivi emergenziali e, dunque, adottata secondo modalità improntate alla straordinarietà ed alla deroga delle disposizioni generali: le irregolarità procedurali afferenti l’introito del progetto agli atti del Commissariato esulano dalle funzioni del convenuto e non sono, pertanto, a lui contestabili;

6. analogamente, non è addebitabile all’ex Commissario di Governo il malfunzionamento gestionale della X., la cui costituzione ha risposto ad un criterio di imprenditorialità nella relativa conduzione.

L’avv. Laudadio ha, dunque, concluso evidenziando il difetto di nesso di causalità condotta/evento – non essendovi alcuna relazione tra l’ordinanza n. 601/2001 ed il malfunzionamento gestionale della X. - con conseguente difetto di legittimazione passiva del convenuto nel presente giudizio; ulteriormente, ha rilevato la mancanza del requisito dell’antigiuridicità della sua condotta, con conseguente insussistenza dell’illecito contestato. Pertanto, ha chiesto il proscioglimento del B. da ogni addebito.

L’avv. Raimondo Nocerino ha, a sua volta, evidenziato la legittimità dell’iniziativa finalizzata alla stabilizzazione di LSU, in quanto le disposizioni che regolano i poteri del Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti consentono sia l’impiego di LSU e sia la costituzione di società miste, anche senza voler fare specifico riferimento all’art. 10 d.lgs. 468/1997, la cui corretta applicazione nel caso di specie l’avv. Nocerino ha provveduto a rimarcare ed a meglio specificare, confermando, a sua volta, la richiesta di proscioglimento del convenuto.

Il P.M. di udienza, dopo aver comunicato di non avere specifiche e recenti notizie dell’avvenuta instaurazione di procedimenti penali riguardanti la vicenda oggetto del presente giudizio ed aver richiamato integralmente l’atto scritto al fine di disconoscere la valenza sostanziale delle argomentazioni difensive, ha precisato, altresì, quanto segue:

1. il progetto S.I.R.E.N.E.T.T.A., richiamato dalla difesa per sostenere la corretta applicazione dell’art. 10 d.lgs. 468/1997, non ha previsto l’impiego di LSU, né risulta che ve ne fossero altri preesistenti all’iniziativa relativa alla X., tant’è vero che non vi è alcun richiamo in proposito nell’ordinanza n. 601/2001;

2. la temporaneità delle funzioni affidate al Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti per la Regione Campania è inconciliabile con la pretesa stabilizzazione di LSU cui la X. è stata finalizzata;

3. l’attribuzione delle funzioni d’informazione ambientale al Commissariato va letta come ristretta al superamento dell’emergenza rifiuti, come del resto è dato chiaramente dedurre dalla lettura delle ordinanze ministeriali che ne hanno disciplinato i poteri, non come estesa a qualsiasi settore di rilievo ambientale, come invece stabilito dall’ordinanza commissariale 601/2001;

4. riguardo il difetto di nesso di causalità condotta/evento, risulta, invece, che gli enti di cui la difesa del convenuto adombra la responsabilità per l’insuccesso dell’iniziativa – e cioè per la determinazione del danno dedotto dal requirente - non sono stati, in realtà, mai coinvolti nella progettazione e nell’impegno finanziario relativi alla X..

Ha concluso confermando la domanda di condanna esplicitata in citazione e non opponendosi, tuttavia, all’applicazione del potere riduttivo dell’importo addebitato al convenuto, in considerazione delle finalità occupazionali dell’iniziativa.

L’avv. Laudadio ha negato, in sede di replica, che si sia fatto riferimento, nelle premesse dell’ordinanza, a settori d’informazione ambientale esulanti dall’emergenza rifiuti.

Considerato in

DIRITTO

1. Il Collegio deve anzitutto pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla domanda d'integrazione del contraddittorio avanzata dalla difesa del convenuto con riferimento agli amministratori dell'ARPAC, dell'Amministrazione provinciale di Napoli, e degli altri Enti coinvolti nella vicenda all'attenzione della Sezione, ivi compresa la stessa X. s.p.a., atteso che trattasi di questione che investe il regolare instaurarsi del rapporto processuale.

Sul punto, deve evidenziarsi che a seguito delle innovazioni legislative all'istituto della responsabilità amministrativa recate dalla legge 14 gennaio 1994 n. 20, come poi modificata dalla l. 20 dicembre 1996, n. 639, con l'introduzione del principio della personalità e parziarietà in luogo di quello previgente della solidarietà (fatta eccezione soltanto per il caso del dolo con illecito arricchimento), al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all'art. 102 c.p.c. - che presuppone l'unicità e l'inscindibilità del rapporto giuridico sostanziale - l'integrazione cosiddetta “facoltativa” del contraddittorio (artt. 107 c.p.c. e 47 R.D. n. 1038 del 1933) è rimessa alla valutazione di opportunità del Collegio ove si versi in una fattispecie di comunanza di cause, cioè quando dall'impianto accusatorio (ed entro i limiti dallo stesso imposti, ai sensi dell'art. 112 c.p.c.) emergano condotte autonome di terzi che abbiano potuto incidere sul processo di causazione del danno, sovrapponendosi o unendosi alla condotta degli evocati in giudizio, in tal modo rendendosi opportuna la loro chiamata per ragioni di economia processuale, anche al fine di evitare conflitto di giudicati (cfr. solo alcune fra le più recenti pronunce sul punto: Sezione Giurisdizionale Campania, sentenza n. 1135/2007; Sezione III Centrale, sentenza n. 419/2007; Sezione II Centrale, sentenza n. 234/2007; Sezione Giurisdizionale Umbria, sentenza n. 223/2007).

In ogni caso, la Sezione può attribuire al soggetto convenuto esclusivamente la quota di danno allo stesso imputabile, secondo quanto previsto dall'art. 1 quater della legge n. 20 del 1994, che impone al giudice contabile, nell'ipotesi di danno determinato da più persone, di valutare le singole responsabilità e condannare “ciascuno per la parte che vi ha preso”.

Orbene, nel caso in esame la domanda risarcitoria risulta promossa con l'intera intestazione del debito erariale al solo convenuto.

Spetta al Collegio, pertanto, stabilire, non più se vi siano i presupposti per la chiamata in giudizio anche dei soggetti indicati – oltretutto in modo piuttosto generico - dalla difesa del B., bensì pronunciarsi nel merito della riferibilità al convenuto dell'integrale somma riportata nell'atto introduttivo del giudizio, ovvero di altra somma che costituisca (eventualmente) danno erariale in rapporto alla condotta tenuta come fonte della “singola responsabilità” nel senso indicato dalla legge.

Per quanto dianzi esposto, la richiesta d'integrazione del contraddittorio deve essere respinta.

2. Il Collegio può ora esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella premessa in fatto.

Deve quindi procedersi alla verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalità tra il predetto comportamento e l'evento dannoso, nonché nella sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e l'ente che lo ha subito.

3. Con riferimento, in primo luogo, all’elemento oggettivo del danno pubblico, la domanda attrice assume che esso sia stato patito dalle pubbliche finanze a seguito della costituzione della società X.; orbene, l'analisi inerente la relativa sussistenza richiede l'accurato esame degli elementi di fatto e delle argomentazioni giuridiche caratterizzanti la fattispecie.

3.1 A tal fine, va posto preliminarmente in rilievo, visto quanto incontrovertibilmente risulta dagli atti di causa, che il procedimento di approvazione del progetto denominato “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” (cd. anche brevemente progetto SOSA) presentato dal Consorzio Sviluppo Tecnologie Ambientali di Napoli, che rappresenta il punto A del dispositivo dell’ordinanza n. 601 del 21 dicembre 2001 (all. n. 5A al fascicolo di Procura) del Commissario di Governo, presenta molteplici anomalie.

In primo luogo, il progetto in questione non risulta acquisito agli atti del Commissariato il 11 dicembre 2001, per quanto esplicitato nella stessa nota X. recante come oggetto “Call Center Regionale Ambientale (protocollo n. 37665 del 03.12.2001), in cui si “ … richiede, vista la delicatezza e l’urgenza dell’argomento trattato, la possibilità di presentare con immediatezza il proprio progetto per la creazione di un “CALL-CENTER AMBIENTALE” in grado di …” (cfr. all. n. 6A al fascicolo di Procura).

Non vi è alcun riscontro documentale dell’avvenuta presentazione del progetto di che trattasi, inoltre, precedentemente all’allegazione di esso alla convenzione rep. n. 94 del 31 dicembre 2001 (all. n. 5D al fascicolo di Procura; cfr. relazione G.d.F. n. 5644/GTSP/A.D.E. del 10.10.2006, all. n. 6 al fascicolo, e pagina 38 della Relazione Territoriale sulla Campania trasmessa alle Presidenze delle Camere il 01.02.2006, all. n. 7 al fascicolo di Procura), laddove l’ordinanza n. 601 è datata, come dianzi evidenziato, 21.12.2001, dovendosi, pertanto, concludere che il provvedimento commissariale è stato adottato in presenza di valutazione quanto meno sommaria dell’elaborato progettuale o, addirittura, in totale assenza di tale valutazione.

Per quanto, poi, concerne la registrazione di tale convenzione al repertorio dell’Ufficiale rogante del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti (cfr. relazione G.d.F. n. 10751/GTSP/A.D.E. del 10.11.2006, all. n. 16 al fascicolo di Procura ed all. n. 18 al medesimo fascicolo) risulta, attraverso la disamina del registro di che trattasi, che il numero di repertorio 94 (assegnato alla predetta convenzione) corrispondeva precedentemente (registrazione del 13.12.2001) al altro negozio (Convenzione con la Società FERT S.r.l.), al quale, a seguito dell’annullamento di tale assegnazione per consentire la registrazione della Convenzione con la X. al 31.12.2001 – sempre al n. 94 - è stato poi assegnato il numero progressivo 96 del 11.01.2002.

Orbene, le anomalie rilevate nell’ambito di tale procedimento di annullamento/riassegnazione di numeri di registro di repertorio rilevate dalla G.d.F. e fatte proprie dalla Procura attrice (mancanza nell’intero registro di repertorio di altri esempi di annullamento di atto e riassegnazione del medesimo numero ad altro negozio, mancata conservazione al fascicolo della copia annullata dell’atto repertoriato, riutilizzazione del numero progressivo annullato per repertoriare altro negozio, nonché annullamento della registrazione e riassegnazione appena successiva di altro numero di repertorio ad un negozio pur in presenza del fatto che la registrazione di che trattasi può essere effettuata soltanto a seguito della effettiva stipula del contratto) sono senz’altro condivisibili su di un piano strettamente formale ma, soprattutto, rappresentano grave e preoccupante indizio, su di un piano più squisitamente sostanziale, di una frettolosità nella conclusione del procedimento di approvazione del progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” e di affidamento della realizzazione e della gestione dello stesso alla X. conciliabile, assai più che con la corretta e diligente valutazione degli atti, con la necessità di ottenere un determinato risultato entro e non oltre la data del 31.12.2001.

Sul punto, valga osservare che non è condivisibile l’assunto difensivo secondo cui le suevidenziate irregolarità non costituirebbero null’altro che sintomo di scarsa attenzione e di poca precisione da parte dei soggetti addetti alla tenuta dei registri di protocollo e di repertorio del Commissariato di Governo, in quanto tali insuscettibli di essere posti in relazione sostanziale con la rilevata negligenza valutativa degli atti relativi al progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” sottostante all’adozione dell’ordinanza commissariale n. 601/2001, rilevata dalla Procura; invero, le irregolarità dianzi evidenziate costituiscono incontestabile sintomo, proprio delle gravissime carenze procedimentali che hanno condotto all’emanazione del predetto provvedimento, da cui è disceso l’impiego di risorse economiche pubbliche in un’iniziativa che non ha prodotto alcuna utilità per la collettività.

Inoltre, la “facoltà di derogare riguardo la competenza, i tempi e le modalità procedimentali”, attribuita al Commissario di Governo, cui ha fatto riferimento nel corso dell’odierna udienza l’avv. Felice Laudadio e che legittimerebbe le predette – a suo dire – mere semplificazioni procedurali finalizzate allo svolgimento dei compiti istituzionali, è prevista dall’art. 3 dell’ordinanza M.I. – Delegato per il coordinamento della Protezione Civile n. 2560 del 02.05.1997 (depositata nel corso dell’odierna udienza dall’avv. Raimondo Nocerino) soltanto “nei limiti necessari all’espletamento delle funzioni e dei poteri dell’ordinanza”, la quale, intitolata “Ulteriori integrazioni e modifiche alle precedenti ordinanze concernenti gli interventi intesi a fronteggiare la situazione di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania”, prevede all’art. 1, comma 4°, i predetti funzioni e poteri, che riguardano esclusivamente la raccolta differenziata, lo smaltimento, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, senza che alcun riferimento sia reperibile nel testo dell’ordinanza ministeriale di che trattasi all’informazione ambientale, né di carattere generale né specificamente inerente l’emergenza rifiuti.

Impostazione del tutto analoga è dato reperire anche nelle successive ordinanze ministeriali (art. 18 ord. M.I. 2948/1999, art. 5 ord. M.I. 3031/1999, art. 4 ord. M.I. 3032/1999, art. 6 ord. M.I. 3060/2000 art. 17 ord. M.I. 3100/2000 ed art. 5 ord. M.I. 3104/2001, tutte depositate agli atti del fascicolo nel corso dell’odierna udienza dall’avv. Raimondo Nocerino), che attribuiscono, sì al commissario delegato – presidente della regione Campania la facoltà di adottare “provvedimenti in deroga” ad una serie di disposizioni normative, ma ciò consentono sempre nel “rispetto dei principi generali dell’ordinamento” e “nei limiti necessari per la realizzazione degli interventi di emergenza”, che riguardano, ora la raccolta differenziata, lo smaltimento, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, ora il “consolidamento del sottosuolo e dei versanti della città di Napoli” ed ora vari eventi di dissesto idrogeologico, ma mai l’informazione ambientale, soprattutto se caratterizzata dalla realizzazione di una struttura di call center avente caratteri di stabilità e non di temporaneità.

Si deve – conclusivamente sul punto - sottolineare come i principi costituzionali e quelli generali dell'ordinamento costituiscono limiti ai poteri derogatori, espressamente conferiti al commissario straordinario, il quale può emanare i provvedimenti opportuni e necessari per fronteggiare particolari eventi, sostituendosi agli enti pubblici che, nella situazione di ordinarietà, sono titolari dei diritti, poteri e funzioni nelle diverse materie che si trovano ad essere coinvolte dall'azione del Commissario.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 127/1995, ha sottolineato l'eccezionalità del potere di deroga della normativa primaria, conferito ai commissari straordinari - autorità amministrative munite di poteri di ordinanza - sulla base dei presupposti di emergenza indicati dall'articolo 5 della legge n. 225/1992. Tale eccezionalità si collega ad un presupposto di fatto (qualità e natura degli eventi) e richiede la necessaria presenza di tre requisiti. Innanzitutto la deroga deve essere temporalmente delimitata; inoltre deve essere specifica, nel senso che i poteri commissariali devono essere ben definiti nel loro contenuto; infine, le norme delle quali è consentita la sospensione di applicazione, per effetto dei poteri attribuiti al commissario straordinario, devono risultare legate con la situazione di emergenza da un nesso di strumentalità.

La delimitazione temporale dei poteri straordinari conferiti nei casi di emergenza dal Governo al Commissario per ragioni di protezione civile, consente anche di non comprimere illimitatamente quell'autonomia regionale, garantita a livello costituzionale già prima della modifica dell'articolo 117 della Costituzione. La regione, infatti (che pure è chiamata a specifici interventi organizzativi ed attuativi delle attività di protezione civile) si trova, a seguito della dichiarazione della calamità naturale od altri gravi eventi, ad essere l'ente «sostituito» da un soggetto delegato a livello statale a svolgere interventi territoriali, i quali restano comunque nella titolarità del Presidente del Consiglio dei Ministri.

La giurisprudenza (Cons. Stato 22 gennaio 1999, n. 52) ha affermato che il Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti (figura dotata di ulteriore specificità rispetto al Commissario straordinario per la protezione civile) non è titolare di una potestà direttamente conferita dalla norma, ma resta un'autorità delegata, alla quale sono trasferiti poteri gestionali, ma non la titolarità dell'intervento che rimane in capo al Presidente del Consiglio dei ministri. È quest'ultimo, o il ministro delegato per la protezione civile, che stabilisce le norme che possono essere derogate e, conseguentemente, circoscrive e specifica il potere di ordinanza del quale il commissario, in quanto organo amministrativo delegato, può avvalersi.

Conseguentemente, il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti deve ritenersi destinatario di un potere di deroga tutt'altro che generale ed indiscriminato, bensì circoscritto entro i suindicati limiti.

Dell’insufficiente – se non addirittura assente – valutazione degli atti dianzi rilevata nel caso di specie costituiscono, inoltre, conferma l’avvenuto reperimento di varie versioni del progetto acquisito presso il Commissariato (una di 75 pagine, mancante delle pagine da 3 a 6, una di 82 pagine, mancante delle pagine finali relative al quadro economico, pur evidenziate nell’indice, ed altra ancora di 22 pagine: cfr, all.ti 5D e 5I al fascicolo di Procura) e dei tre fogli inoltrati al Commissariato via fax in data 24.12.2001 riguardanti la proiezione economico-finanziaria del progetto, dal che è dato dedurre, non solo – secondo quanto già dianzi osservato – che l’adozione dell’ordinanza commissariale è avvenuta in data precedente a quella dell’acquisizione completa ed esaustiva dell’elaborazione progettuale con essa approvata, ma anche che tale proposta progettuale risulta gravemente carente riguardo agli aspetti economico-finanziari, che, invero, sono stati evidenziati in modo molto breve e schematico, unitamente a quelli relativi alla dotazione organica della società mista deputata alla gestione del progetto (cfr. all. n. 6B al fascicolo di Procura).

Tanto ciò è vero, che il progetto poi effettivamente realizzato e gestito non è quello approvato dal Commissariato, ma quello affidato alla X. dall’ARPAC con delibera n. 690 del 30.12.2002, tenuto conto del fatto che la società X. aveva elaborato un nuovo progetto tecnico-economico di creazione e gestione del Call Center, relativamente al quale la società X. ha inviato all’ARPAC la progettazione esecutiva con nota n. 59/U/SM del 27.02.2003 (cfr. all.ti nn. da 3 a 10 alla relazione G.d.F. Del 10.10.2006).

Quanto appena evidenziato conferma le gravi perplessità, già precedentemente rilevate, circa, non solo la brevità del periodo temporale in cui si è svolta l’analisi degli atti relativi al progetto approvato con l’ordinanza commissariale n. 601/2001, ma soprattutto riguardo l’effettivo esame della proposta, elementi che mostrano un procedere estremamente affrettato da cui è discesa un valutazione degli atti insufficiente ed illegittima, in quanto non giustificata neppure da ragioni di effettiva emergenza o pericolo, ma soltanto dall’esigenza di perfezionare gli atti anteriormente alla data del 31.12.2001, termine – successivamente prorogato – entro il quale poteva beneficiarsi della vigenza della disciplina normativa di cui s’intendeva dare applicazione (disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 10 d.lgs. 468/1997, di cui si dirà oltre, che avrebbero trovato applicazione, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 81/2000, appunto fino al 31 dicembre 2001, e poi, con la modifica recata dal comma 71 dell’art. 52, l. n. 448/2001, fino al 31 dicembre 2002).

3.2 Sotto un secondo profilo, e passando ad esaminare la congruenza delle finalità esplicitate nell’ordinanza commissariale n. 601/2001 dianzi citata, dalla lettura del testo del provvedimento emerge una lunga articolata e generale premessa inerente l’obbligo posto da varie disposizioni comunitarie (citate nella premessa in fatto della presente sentenza) in capo alle Autorità Pubbliche di predisporre tempestive ed esaustive informazioni inerenti le problematiche ambientali sia di tipo ascendente – destinate, cioè, “a fornire dati e conoscenze alle svariate sedi decisionali” – e sia di tipo discendente – aventi, cioè, come destinatari “le conoscenze, la partecipazione e la responsabilità degli utenti di determinati beni o del pubblico in generale”; dopo di che, la prefata ordinanza, richiamando più volte le ordinanze ministeriali attributive dei poteri e delle funzioni del Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti, Bonifiche e tutela delle Acque e le relative prescrizioni, nonché “ritenuto potersi avvalere dei poteri cui si è facultati”, pone in evidenza “il sussistere di un obbligo istituzionale di attivare, anche un complesso sistema d’informazione integrato “informatico” da mettere a servizio ed a supporto delle esigenze della P.A. e, in particolar modo, dei Cittadini residenti e dell’U.E.”. A seguire, menziona il progetto fatto pervenire dal Consorzio X. "xxx" relativo alla realizzazione di un Call Center Ambientale, denominato SOS. A. <> - recando testualmente la dicitura “LETTO il progetto”, lettura che in ragione delle considerazioni riportate al punto 3.1 che precede, è seriamente da escludere che sia realmente avvenuta in epoca precedente a quella di emanazione dell’ordinanza in esame – ed espone che esso fa riferimento ad un apparato strutturale di supporto finalizzato “alla riduzione dei tempi di accesso dei Cittadini dell’Unione e della P.A. alle varie strutture di informazione ambientale ed al miglioramento dell’efficienza nell’erogazione dei servizi”.

Dopo aver, quindi, preso atto del fatto che il Consorzio si è impegnato a realizzare il progetto impegnando lavoratori c.d. "socialmente utili" e ad effettuare attività di formazione professionale ed aggiornamento professionale, nonché del fatto che il progetto sarà conforme alle prescrizioni del d.lgs. 468/1997 (così come successivamente modificato ed integrato) recante disposizioni in materia di disciplina del lavoro socialmente utile, stabilisce di costituire, sempre con le modalità previste dal d.lgs. 468/1997 (articolo 10 tutti i commi), una Società Consortile mista, alla quale affidare il compito di gestire lo strategico servizio “informatico”.

Dopodichè, evidenziato ulteriormente che la realizzazione di siffatto sistema informatico avrebbe consentito di contribuire, “senza ulteriore dispendio di risorse finanziarie, alla rimozione delle cause concorrenti il grave rischio al quale è soggetta la Collettività” e di adempiere “l’obbligo istituzionale di garantire, …, il rispetto delle Direttive comunitarie”, ha disposto:

1. di approvare il progetto, denominato “Call Center Ambientale - SOS.A - S.O.S. Ambiente", presentato dal Consorzio X. -;

2. che la X. avrebbe realizzato le strutture previste, curandone la gestione, unitamente al progetto c.d. S.I.R.E.N.E.T.T.A.;

3. che il Consorzio, ovvero la Società Consortile "mista" da costituire, avrebbe provveduto all’assunzione, alla formazione ed all’aggiornamento professionale, nel corso delle varie fasi di realizzazione ed attivazione delle strutture programmate, di almeno 100 l.s.u.;

4. l’assunzione di un impegno finanziario, da parte del Commissario delegato, sino al 31.12.2002, per € 3.098.741,39 (lire 6.000.000.000), importo comprensivo della quota di partecipazione al capitale sociale della "Consortíle" da costituire e dell’onere scaturente dall’acquisizione della proprietà delle strutture da realizzare;

5. la fissazione degli ulteriori termini attinenti la gestione delle strutture realizzate (a far data dal 01 gennaio 2003) “con successivo provvedimento da emanare, sentite e d’intesa con le altre Amministrazioni Pubbliche interessate”;

6. il rinvio all’Ufficiale Rogante per la redazione della Convenzione.

Orbene, visto il contenuto dell’ordinanza 601/2001 come dianzi in dettagliata sintesi riportato, vanno operati tre ordini di considerazioni.

3.2. A In primo luogo, si osserva che il progetto promosso, volto ad assicurare l’informazione ambientale in generale per tutte le amministrazioni pubbliche ed anche per gli utenti privati, è stato approvato facendo specifico richiamo al rispetto della legge 108/2001 di ratifica in Italia della Convenzione di Aarhus del 1998, alla Relazione sulla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, oltre che alla precedente direttiva del 1990.

Orbene, come giustamente rilevato dalla Procura attrice, i riferimenti normativi sui quali è stato costruito il provvedimento in questione non appaiono idonei a legittimare l’iniziativa commissariale.

In primo luogo, la Convenzione internazionale di Aarhus (ratificata in Italia con la legge n. 108/2001) riguarda l’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini, l’accesso alla giustizia in materia di ambiente ed ha l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini sui problemi ambientali favorendo l’accesso all’informazione e la loro partecipazione al processo decisionale, ma la sua attuazione è stata affidata al Ministero dell’Ambiente, ed in ogni caso ha imposto diretti obblighi agli Stati, affidando alle autorità nazionali il compito di attuare il diritto all’informazione ivi contemplato, non prevedendo alcun adempimento a carico dell’organo straordinario Commissario di Governo.

In linea con le indicazioni della convenzione del 1998 dianzi ricordata, poi, si pongono, nel senso di affidare compiti relativi alle informazioni in materia ambientale alle amministrazioni statali – e non certamente al Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti in Campania – sia la direttiva europea 90/313/CEE (attuata con il d.lgs. n. 39/1997) e sia la proposta di direttiva europea, cui si riferisce il provvedimento n. 601, successivamente attuata dal nostro legislatore con il d.lgs. n. 195/2005.

La circostanza, peraltro, che il provvedimento in esame non è stato diretto a far “fronte a proprie esigenze istituzionali” del Commissario di Governo, ma ha inteso realizzare una progettazione di ben più vasta portata e non finalizzata al superamento dell’emergenza, oltretutto con un’estensione all’intero complesso delle PP.AA., risulta ancor più evidente dalla lettura delle ordinanze ministeriali che hanno disciplinato i poteri e le facoltà, nonché le relative modalità di esercizio, attribuiti al Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti nella Regione Campania. Invero, tali ordinanze – come già precedentemente osservato al punto 3.1 - hanno attribuito a tale organo straordinario funzioni inerenti la promozione e l’attuazione della raccolta differenziata, dello smaltimento, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti secondo procedimenti tecnologicamente evoluti, nonché il consolidamento del sottosuolo in presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico, cioè poteri temporanei e straordinari, perché strettamente finalizzati al superamento della situazione emergenziale in esse descritta.

Orbene, è pur vero che l’art. 2, comma 1°, dell’ord. M.I. n. 2948/1999, prevede, al punto 1.16 siccome aggiunto dall’ord. M.I. n. 3011/1999, che il Commissario delegato - Presidente della Regione Campania dispone “la formazione e l’informazione ambientale, e la promozione del rispetto dei valori naturali ed ambientali”; è altrettanto vero, però, che tale funzione dev’essere esercitata sempre “ai fini del superamento dell’emergenza” (comma 1° del medesimo art. 2 dianzi citato) ed “avvalendosi degli esperti di cui all’art. 12, comma 3°, della presente ordinanza”, cioè del personale posto a disposizione del Ministero per l’Ambiente per le attività di sua competenza “connesse alle situazioni di emergenza socio-ambientali per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza”, il che incontrovertibilmente circoscrive la funzione e le attività dell’organo Commissariale.

L’informazione considerata nel progetto, invece, è relativa a tutta la materia ambientale, non essendo soltanto limitata agli specifici settori di emergenza ai quali è finalizzata l’attività Commissariale, come deducibile dal dato testuale del provvedimento n. 601/2001, dianzi riportato (punto 3.2), e diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del convenuto, secondo cui sia le “semplificazioni” procedurali che hanno dato luogo all’adozione dell’ordinanza n. 601/2001 del Commissariato di Governo e sia il merito delle disposizioni in essa contenute sarebbero derivabili – e dunque legittimate – dalla realizzazione ad ampio spettro degli scopi emergenziali dell’organo commissariale.

Del resto, anche l'art. 3 dello statuto della X. – riportato testualmente a pagina 9 del tomo n. 1 della relazione sulla verifica amministrativo-contabile del 15.12.2005 dell'I.G.F. già citata in premessa: cfr. all. n. 1 al fascicolo di Procura - che ne definisce l'oggetto sociale, è di amplissimo respiro, concernendo l'utilizzo, la progettazione e la gestione di sistemi informatizzati nonché di programmi di formazione professionale inerenti l'informazione ambientale in genere e non facendo alcuno specifico riferimento al superamento della situazione emergenziale dei rifiuti nella regione campana.

Di conseguenza, risultano senz’altro condivisibili le osservazioni riportate a pagina 12 della predetta relazione, ove si evidenzia che “risorse pubbliche affidate, tra l'altro, ad una struttura caratterizzata dalla straordinarietà non potevano essere sottratte per altre finalità non espressamente individuate che non fossero connesse all'immediato superamento della fase emergenziale nello smaltimento dei rifiuti in Campania”. Del pari, risultano fondate, alla luce delle suesposte osservazioni, le argomentazioni della Relazione Territoriale sulla Campania del 01.02.2006, anch'essa già sopra citata, in cui, alla pagina 39, si evidenzia che “nella vicenda in questione, l'emergenza, pure invocata, sembra essere riferibile piuttosto alla necessità di assumere e stabilizzare una folta schiera di lavoratori socialmente utili che all'urgenza di avviare il call-center ambientale: la X., infatti, attualmente conta 210 dipendenti, di cui 34 per call-center ambientale (LSU regionali) e 150 per progetto MONAI della provincia di Napoli ...”.

Per contro, risulta chiaramente infondato l’assunto difensivo, secondo cui seri motivi per ritenere legittima l'iniziativa commissariale in esame sarebbero ravvisabili nella Relazione sulla gestione degli interventi straordinari in materia di smaltimento dei rifiuti in Campania affidati al Presidente della giunta regionale della Campania (anni 1999-2000), approvata con deliberazione n. 7/2002 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato - I Collegio (adunanza dell’11 dicembre 2001).

Invero, tale Relazione osserva, al punto 1.2, quanto di seguito si riporta testualmente:

“Per quanto riguarda gli obiettivi assegnati alla gestione in esame, va premesso che l’ordinanza di nomina a Commissario straordinario del Presidente della Giunta regionale della Campania in data 18.3.1996, come integrata da quella del 31.12.1996, previde gli interventi ritenuti necessari per superare l’emergenza ma dispose che gli interventi specifici venissero compresi in un Piano di emergenza da elaborare da parte del Commissario delegato entro il 31.12.1996.

Detto piano, formulato il 31 dicembre 1996 e promulgato il 14 luglio 1997, tuttavia, ha subito successive modificazioni in corrispondenza delle variazioni normative intervenute nella legislazione nazionale dei rifiuti (segnatamente, il D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22) o contenute nelle ordinanze della Presidenza del Consiglio, di disciplina della gestione.

In armonia con tale disciplina, sono stati affidati al Commissario delegato i compiti di:

· realizzare impianti definitivi, per il recupero di materie, combustibili ed energia dai rifiuti”; a tale obiettivo di fondo, sono stati associati quello, propedeutico, di realizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti e quelli connessi di

· incentivazioni per il sistema di trasporto dei rifiuti e di fissazione delle tariffe , nonché quello di messa in sicurezza di discariche, anche abusive”.

La Relazione medesima prosegue, quindi, osservando che “a decorrere dall’ordinanza del 31.3.1998, sono stati inseriti nelle attività di emergenza del settore dei rifiuti rilevanti interventi di bonifica ambientale” e che:

“Con l’ordinanza del 21.10.1999, è stato inserito tra gli obiettivi del Presidente della Giunta regionale nella qualità di Commissario delegato anche (art. 1, comma 6) “la formazione e la informazione ambientale” ed è stato dato incarico ai commissari (art. 3) di realizzare “attività di ricerca e di sperimentazione e sviluppo anche mediante la costituzione di un Centro” relativamente ai predetti interventi di natura ambientale”.

Ha, infine, concluso, sul punto, evidenziando che “non può sottacersi che tali interventi in materia ambientale non appaiono riconducibili alla emergenza dei rifiuti e, quindi, alla dichiarazione dello stato di emergenza del settore operata nel 1994 dal Consiglio dei ministri, per cui le predette ordinanze - per la parte relativa al risanamento ambientale - devono ritenersi in contrasto con l’art. 5 della legge n. 225 del 1992”.

Il referto di che trattasi, dunque, ha dettagliatamente osservato come agli organi commissariali istituiti per lo svolgimento di tutti gli adempimenti inerenti il superamento della situazione emergenziale riguardante i rifiuti, sono stati successivamente affidati anche compiti riguardanti interventi urgenti di bonifica ambientale, ai quali deve comunque ritenersi riferito (e limitato) il compito di formazione e d'informazione ambientale affidato agli organi in questione dall'ordinanza M.I. n. 2948/1999, stanti le risultanze del dato testuale di tali provvedimenti ministeriali, dianzi riportate ed analizzate, senza che la funzione informativa di che trattasi possa giammai ritenersi estensibile – come preteso dall'ordinanza commissariale – a qualsivoglia settore concernente la tutela dell'ambiente.

La Relazione in esame, infatti, evidenzia, al punto 3 (Conclusioni) che “alcune attività di ricognizione o di diffusione di informazioni o notizie utili per la formazione della cultura della raccolta differenziata, peraltro, avrebbero potuto essere già svolte in passato, ponendosi come interventi caratterizzati da sufficiente autonomia gestionale e non comportanti grandi problemi tecnici. Proprio in relazione a tale aspetto, è mancata una idonea azione di diffusione, che sarebbe stata utile per concretizzare una differenziazione anche domestica dei rifiuti”. In tal modo, il referto ha prospettato ed auspicato, del tutto condivisibilmente, un utilizzo della funzione informativa connessa ai compiti commissariali, improntati alla straordinarietà ed all'emergenza, avente tipologia, modalità di svolgimento ed obiettivi che nulla hanno a che vedere con la realizzazione e con la gestione del call center ambientale per cui è stata costituita la X. in attuazione dell'ordinanza commissariale n. 601/2001.

Per quanto dianzi considerato, il Collegio ritiene che quest'ultimo provvedimento abbia riguardato un'iniziativa che ha dato luogo ad ingente dispendio di risorse pubbliche, in assenza di qualsivoglia legittimazione normativa e, per quanto oltre si osserverà, del tutto priva di utilità per la collettività cui appariva destinata.

Del resto, l'art. 2 della legge 6 dicembre 2006, n. 290 ("Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania"), richiamato dalla difesa del convenuto ed intitolato “Informazione e partecipazione dei cittadini - Consulta regionale per la gestione dei rifiuti nella regione Campania”, dispone, al primo comma (il secondo disciplina i compiti della Consulta regionale) che “Il Commissario delegato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta, con propria ordinanza, le misure volte ad assicurare l'informazione e la partecipazione dei cittadini in conformità ai principi della «Carta di Aalborg», ... Le iniziative di informazione sono attuate in collaborazione con il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in conformità alle disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Tale disposizione, quindi, non fa altro che imporre al commissario delegato l'obbligo d'informazione, nel quadro dei principi di sostenibilità ambientale dello sviluppo dei centri urbani recati dalla carta di Aalborg, relativamente e limitatamente, peraltro, ai già conferiti compiti di gestione e superamento della situazione emergenziale concernente i rifiuti, cioè, in buona sostanza, in una prospettiva del tutto analoga a quella adombrata nella Relazione sulla gestione degli interventi straordinari in materia di smaltimento dei rifiuti in Campania riguardante gli anni 1999-2000, di cui si è detto in precedenza. Tanto ciò è vero, che il legislatore ha previsto che tale obbligo d'informazione venisse adempiuto “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, nonché “in collaborazione con il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, requisiti entrambi mancanti nel caso all'esame, visto che il provvedimento commissariale in merito al quale si controverte è stato adottato senza alcuna collaborazione con altri Enti – per quanto oltre si dirà – ed in presenza dell'assunzione di un rilevante impegno finanziario per la struttura commissariale.

3.2. B Sempre in punto di elemento oggettivo, deve ora analizzarsi la riconducibilità – in termini di legittimità – dell'iniziativa di che trattasi, al disposto dell’art. 10 del decreto legislativo n. 468 del 1997, rubricato “Occupazione dei soggetti già impegnati nei lavori socialmente utili”, cui essa fa esplicito riferimento. Tale norma consente alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 … di far “fronte a proprie esigenze istituzionali per l'esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o in concessione”, allo scopo di “creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili”, mediante la “costituzione di apposite società miste che abbiano ad oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti” LSU in corso, “a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia inizialmente costituita, nella misura non inferiore al 40 per cento, dai lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi”, effettuando la scelta - a tale scopo - del socio privato, anche senza l'osservanza delle procedure di evidenza pubblica, purché si tratti di “società di capitale, anche in forma cooperativa, che risultino aver collaborato sin dall'inizio alla promozione, gestione e realizzazione dei progetti di lavori socialmente utili che hanno preceduto la costituzione delle società miste”. Il comma quarto della norma richiamata ha previsto che i commi secondo e terzo dovessero trovare applicazione fino al 31.12.1999, ma l'art. 6, d.lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, come modificato dal comma 71 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448, ha stabilito che le disposizioni di cui ai commi primo, secondo e terzo avrebbero trovato applicazione fino al 31.12.2002.

Nella vicenda che si esamina, il ricorso all’art. 10 d.lgs. n. 468/1997 (così come successivamente modificato dal d.lgs. 81/2000) contenuto nell'ordinanza commissariale n. 601/2001 risulta infondato, poiché non sussistevano, nella specie, i presupposti per la sua applicazione.

Nella caso in esame, invero, si è proceduto alla costituzione di una società mista senza un individuato e preesistente progetto di lavori socialmente utili, in relazione al quale, secondo la surriportata previsione normativa, tale costituzione si doveva porre “in continuità”, secondo quanto, del resto, confermato dalla norma stessa, quando discorre di occupazione dei lavoratori “già impegnati nei progetti stessi”; inoltre, come giustamente evidenziato dalla procura attrice, anche la circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 100 del 26 luglio 1998, intitolata “Lavori Socialmente Utili. Decreto Legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e Decreto Interministeriale 21-5-1998. Prime direttive attuative" (all. n. 19 al fascicolo di Procura), ha contribuito a legittimare siffatta interpretazione del testo normativo, che in essa viene fedelmente – pur se sinteticamente – riportato al punto 2.2.1, in cui si chiarisce, inoltre, che: “Tale previsione normativa si applica alla società o ai terzi costituiti "ex novo" al termine dei progetti LPU” (14° par. punto 2.2.1. della circolare 100/1998): nel caso all'esame, invece, non risulta la presenza di alcun progetto LPU ultimato in funzione del quale applicare l'art. 10 d.lgs. 468/1997, non potendosi, quindi ritenere che l’operazione condotta sia corredata da liceità.

La gestione di un call-center affidata da Italia Lavoro, nel corso del 1999, ad una società facente parte del medesimo Consorzio (di cui si fa menzione nella memoria prodotta alla G.d.F. dalla X. nel settembre 2006: cfr. all. n. 6R al fascicolo di Procura) nell’ambito delle attività del Servizio Sanitario, in scadenza al 31.12.2001 ed impegnante oltre 32 unità di personale del bacino dei LSU, non trova alcun riferimento né negli atti commissariali e né nella progettazione approvata.

Sotto ulteriore profilo, deve evidenziarsi, per quanto concerne la scelta del socio della società mista, che si è proceduto all’individuazione diretta della X. quale socio privato senza l’osservanza del generale principio concorsuale, a dispetto del fatto che l'art. 10 d.lgs. 468/1997 consente la deroga alle procedure di evidenza pubblica, nella fase inerente la scelta di che trattasi, soltanto ove si tratti di “società di capitale, ..., che risultino aver collaborato sin dall’inizio alla promozione, gestione e realizzazione dei progetti di lavori socialmente utili che hanno preceduto la costituzione delle società miste”.

Orbene, non risulta che la X. abbia curato la gestione e realizzazione di analogo progetto di lavori socialmente utili precedentemente alla costituzione della X., in primo luogo, perché, come già dianzi osservato, il progetto di realizzazione e di gestione di un call center per il Servizio Sanitario Regionale affidato nel 1999 ad una società facente parte del medesimo Consorzio non viene in alcun modo richiamato nel provvedimento commissariale 601/2001 ed, in secondo luogo, perché il progetto S.I.R.E.N.E.T.T.A. (avente ad oggetto un sistema di monitoraggio informatico del trasporto di rifiuti), richiamato dalla difesa per sostenere la corretta applicazione dell’art. 10 d.lgs. 468/1997 non ha previsto – come giustamente ricordato dal P.M. di udienza - l’impiego di LSU.

Risultano, dunque, anche sotto questo profilo, condivisibili le osservazioni, correttamente fatte proprie dal requirente, contenute nella Relazione Territoriale sulla Campania presentata il 01.02.2006, secondo cui (pagine 38 e 39) la struttura commissariale, a dispetto del copioso riferimento testuale a disposizioni comunitarie, non abbia tuttavia tenuto “minimamente in conto i vincoli di pubblicità e concorsualità, sempre di fonte comunitaria ..., regolanti la scelta del partner privato chiamato a formare la società mista di gestione del progetto”, nonostante la giurisprudenza del G.A., allineata sotto tale profilo a quella della Corte di Giustizia C.E., abbia rimarcato “che l'affidamento diretto di un appalto pubblico ad una società mista pubblico-privata, pregiudica l'obiettivo di una effettiva e libera concorrenza tra le imprese e contrasta con il principio della parità di trattamento degli interessati”; eppure – prosegue la Relazione – l'art. 5 T.U.E.L. (d.lgs. 267/2000) impone, ai fini della scelta del socio privato, lo svolgimento di apposite gare secondo procedure ad evidenza pubblica, idonee a garantire l'osservanza delle disposizioni interne e comunitarie in materia di concorrenza.

Come, poi, giustamente posto in rilievo nella Relazione sulla verifica amministrativo-contabile eseguita dall'I.G.F. e datata 15.12.2005, le attività per le quali è consentito, ai sensi dell'art. 10 d.lgs. 468/1997, costituire società miste preposte a gestire progetti prevedenti l'impiego di LSU sono quelle che “rientrano ... nella gestione ordinaria delle regioni e degli enti locali e che esulano certamente dalla gestione straordinaria dell'emergenza rifiuti, considerati i caratteri di eccezionalità e temporaneità che dovrebbero contraddistinguerla”.

Conseguentemente, ed anche sotto il profilo appena posto in rilievo, appare evidente l'ingiustificato travalicamento dei propri compiti istituzionali in cui si è concretata l'emissione dell'ordinanza commissariale n. 601/2001, risultando infondata la deduzione difensiva, proposta dall'avv. Raimondo Nocerino nel corso dell'odierna udienza, secondo cui al Commissario Straordinario di Governo per l'Emergenza rifiuti è riconosciuta la generale facoltà di predisporre progetti socialmente utili e di promuovere la costituzione di società miste, poiché tale facoltà, prevista dall'art. 2 dell'ordinanza M.I. n. 2560 del 02.05.1997 (depositata in copia dal medesimo difensore in udienza), limita la predisposizione di progetti LSU all'”attuazione degli interventi di propria competenza, con specifico riguardo al conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata” e, per quanto concerne la promozione della costituzione di società miste, prevede che essa sia finalizzata all'”attuazione di quanto previsto dal comma 21 dell'articolo 1 del decreto legge 1 ottobre 1996 n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608”, disposizione che, dettata nell'ambito delle “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”, riproduce in modo pressoché pedissequo le disposizioni dettate dall'art. 10 d.lgs. 468/1997, già dianzi riportate.

Infine, sul punto, non si ritiene di poter condividere l'ulteriore assunto difensivo, secondo cui il parere reso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato in data 06.11.2002 legittimerebbe l'iniziativa sotto il significativo aspetto della costituzione della società mista con contestuale impiego di LSU, perché l'Avvocatura Distrettuale, interpellata specificamente sulla cedibilità gratuita alla Regione di quote societarie di proprietà del Commissariato di Governo, si esprime positivamente esclusivamente sul punto, osservando che “l'istituzione di un commissariato straordinario governativo non implica una stabile avocazione di competenza allo stato”, ma rappresenta “un ausilio dell'amministrazione centrale a quella locale, per l'avvio di un processo che da quest'ultima deve essere recepito e condotto in regime ordinario”, e non riguardando affatto la legittimità dell'iniziativa intrapresa con l'ordinanza commissariale n. 601/2001 (cfr. all. n. 1 bis al fascicolo di Procura).

3.2.C Ancora in ordine all'illecito depauperamento del patrimonio pubblico derivato dalla costituzione della X. al fine di gestire il cd. Progetto SOSA approvato con l'ordinanza commissariale n. 601/2001, va osservato che ha fortemente inciso sull'inutile dispendiosità dell'iniziativa l’estensione della progettazione oggetto dell’ordinanza stessa all’intero complesso delle PP.AA. in assenza di qualsivoglia coinvolgimento delle stesse nelle fasi sia di programmazione delle commesse e sia di assunzione dei necessari impegni finanziari, cui si è accennato al punto 3.2.A che precede.

Invero, soltanto nelle premesse dell'atto si dice “RITENUTO che sia doveroso fornire il necessario impulso, i mezzi, le professionalità e le energie agli Enti pubblici e Privati istituzionalmente impegnati”, mentre alla lettera E del dispositivo è affermato che “con successivo provvedimento da emanare, sentite e d’intesa con le altre Amministrazioni Pubbliche interessate, saranno fissati gli ulteriori termini attinenti la gestione delle strutture realizzate a far data dal 01 gennaio 2003”.

L’estensione in parola, che è di natura sia soggettiva e sia oggettiva, avrebbe dovuto essere preventivamente delineata e successivamente attuata, poiché senz'altro qualsivoglia progetto di “call center”, nella sua ideazione, richiede, per essere realizzato e fornire le informazioni ambientali, che si ineragisca con le varie PP.AA. e che ci si avvalga del collegamento con le varie strutture di competenza ambientale per ottenere le informazioni da rendere al cittadino.

Tuttavia, nel caso di specie, risulta assente una qualsiasi preventiva verifica di interesse o disponibilità in tal senso di altri soggetti pubblici potenzialmente interessati (quali Comuni, Province, AASSLL, Autorità di Bacino, Arpac, Enti di ricerca etc.). Neanche successivamente, del resto, si è avuta una corrispondenza con altre pubbliche amministrazioni in merito all’attuazione della progettata “informazione ambientale” (cfr. relazione G.d.F. del 10.10.2006, pag. 4, punto 2 ed all. n. 17 alla stessa).

Nella convenzione n. 94 stipulata in forma pubblica amministrativa in data 31 dicembre 2001 tra il Commissario delegato ed il Consorzio X., viene data attuazione alla citata ordinanza n. 601/2001, precisandosi all’art. 2 che il progetto della X. approvato sarà curato dal Consorzio, e per esso dalla Società mista, per il periodo di 60 mesi, mentre all’art. 3, in cui è fissato l’impegno assunto a carico del Commissario, così si dispone: “L’impegno finanziario assunto, giusta Ordinanza 601/2001, dal Commissario delegato, sino al 31.12.2002, ammonta ad Euro 3.098.741,39 (lire 6 miliardi), tale importo è comprensivo della quota di partecipazione al capitale sociale della “Società mista” da costituire e dell’onere scaturente dall’acquisizione della proprietà delle strutture da realizzare; con successivo provvedimento da emanare, sentite e d’intesa con le altre Amministrazioni Pubbliche interessate che, giusta la legislazione comunitaria, dovranno provvedere all’iscrizione nei propri Bilanci della voce stanziamento per la “informazione ambientale”, saranno fissati gli ulteriori termini attinenti la gestione delle strutture realizzate a far data dal 01 gennaio 2003”.

Il riportato art. 3 della convenzione ripropone le lettere d) ed e) del dispositivo dell’ordinanza 601, precisando, in aggiunta, che da altre Amministrazioni Pubbliche vi dovrà essere uno stanziamento di bilancio per l’informazione ambientale.

Quindi, giustamente la Procura attrice ha rilevato che “sono indefiniti i soggetti che dovrebbero garantire l’esecuzione e, conseguentemente, la copertura finanziaria del progetto, quale realizzata da un ipotizzato stanziamento per l’informazione ambientale” e che la predetta previsione convenzionale è violativa della disposizione dell’art. 2, comma 5, del d. lgs. 468/1997, ove si prevede che: “ … i progetti di lavori di pubblica utilità, predisposti dalle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e dagli enti pubblici economici, sono corredati dalle delibere di cui all’articolo 10, comma 1, recanti gli impegni in ordine alle opzioni ivi previste e ai conseguenti stanziamenti di bilancio”.

Conferma di tali osservazioni è individuabile nel piano industriale economico anno 2005 della X. allegato all’ordinanza n. 14/2005 del Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania, con la quale si è effettuato un primo ripianamento delle perdite societarie con conseguente ricapitalizzazione della società X..

Nel piano, invero, si legge che: “I limiti al lavoro sono relativi non solo all’urgenza relativa all’elaborazione del “piano” ma soprattutto alla carente definizione della commessa a cui fare riferimento per la costruzione del piano stesso. Infatti, la società come è noto, è fortemente caratterizzata dalla dipendenza dagli Enti locali ed in particolare dall’attribuzione di specifiche commesse da parte soprattutto dei soci committenti. Allo stato la mancata definizione contrattuale e conseguente assegnazione delle commesse, sulle quali la società dovrà svolgere la sua attività, condiziona fortemente il giudizio sulla continuità delle attività dell’azienda, e ciò indipendentemente da un altro fattore e cioè quello relativo alla perdita conseguita nell’esercizio 2004 che erode completamente il capitale sociale, con la conseguente necessità di ripianare la perdita e ricostituire il capitale sociale almeno al minimo legale. Solo la puntuale definizione delle commesse può dare la necessaria copertura dei costi” (cfr. all. n. 19 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006).

La gestione della X., dunque, è risultata enormemente fallimentare, con perdite elevate e con prospettive future più che desolanti, tali da provocare di recente la fuoriuscita del socio privato, con la successiva instaurazione di contenziosi con scopo risarcitorio nei confronti del Commissario di Governo, come già anticipato nella premessa in fatto.

Infatti, le attività attribuite alla società si delineano a loro volta di limitato orizzonte temporale, non certamente a causa della mala gestio di carattere esclusivamente imprenditoriale imputabile ad avviso della difesa del convenuto agli amministratori della X., ma a cagione dell'assunzione dell'iniziativa in tempi che è eufemistico definire estremamente brevi, per realizzare scopi di stabilizzazione occupazionale estranei alla gestione commissariale caratterizzata da temporaneità e da straordinarietà, nonché in assenza di qualsivoglia assenso-assunzione d'impegno finanziario da parte di altri organismi pubblici.

Inoltre, il provvedimento commissariale ha trascurato di considerare due fondamentali aspetti:

A. Ai sensi dell'art. 3 della legge n. 61/1994 sono le A.R.P.A. (Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale) che “ devono fornire il supporto tecnico scientifico necessario per la pianificazione e gli interventi a livello regionale, gestire l’informazione ambientale regionale, organizzare programmi di educazione e formazione ambientale e soprattutto, effettuare i controlli e le azioni di prevenzione ambientale tramite le proprie strutture tecniche presenti sul territorio”, e, secondo l'art. 5 della legge regionale n. 10/1998, che disciplina le funzioni dell'A.R.P.A.C. (Ente strumentale della Regione Campania), l'Agenzia in parola è preposta, oltre che allo svolgimento delle attività e dei compiti di interesse regionale di cui all’art. 1 legge n. 61 /1994, anche dell’attività finalizzata a fornire previsioni, informazioni ed elaborazioni microclimatiche e metereologiche, dell'attività di sensibilizzazione e informazione dell’opinione pubblica sui temi ambientali, nonché all’organizzazione e gestione del sistema informatico regionale per l’ambiente ed a qualsiasi altra attività collegata alle competenze regionali in materia ambientale. Non a caso, infatti, con nota n. 278/S.P. del 28.01.2004, indirizzata al Commissario di Governo, l’Assessore alle Politiche Territoriali e Ambiente della Regione Campania suggerisce il trasferimento all'A.R.P.A.C. della quota di azioni assegnate a titolo gratuito alla Regione con ordinanza commissariale n. 228/2002 (cfr. all. n. 5G al fascicolo di Procura).

B. La costituzione della X. per la realizzazione e la gestione del cd. Progetto SOSA, inoltre, risulta illegittimamente sovrapporsi rispetto alle funzioni destinate agli Uffici per le Relazioni con il Pubblico istituiti presso le PP.AA., cui l'art. 8 della legge n. 150/2000 (recante la disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni) affida il compito di garantire l’esercizio dei diritti di informazione, con adozione di sistemi di interconnessione telematica, nonché la reciproca informazione fra l’URP stesso e le altre strutture operanti nell’amministrazione, oltre che fra gli UU.RR.PP. delle varie amministrazioni (cfr. artt. 10 e 11 del d.lgs. 165/2001).

Il requirente ha giustamente rilevato, “pertanto, come sia stata gravemente carente da parte del Commissario la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per dare vita al progetto e sulla sua effettiva utilità e attuabilità, anche in relazione alle competenze ed al concorso della altre amministrazioni”, il che conferma la condivisibilità della prospettazione attorea in punto di illecito travalicamento, da parte del Commissario Delegato, dei propri compiti istituzionali specificamente diretti al superamento della situazione emergenziale.

4. L'iniziativa, la cui illiceità è ampiamente descritta nelle considerazioni che precedono, ha dato luogo ad un rilevante impegno finanziario cui non è corrisposta alcuna utilità per la collettività amministrata, di modo che deve ravvisarsi la sussistenza, nel caso all'esame del Collegio, di un danno ingiusto e risarcibile subito dalla collettività amministrata.

Il progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente”, infatti, è rimasto privo di sostanziale esecuzione, com'è dato chiaramente dedurre sia dalla lettura della citata Relazione della Commissione parlamentare, secondo cui “… per esplicita ammissione dei vertici attuali della società mista, il call center in questione è pressoché inattivo (quattro o cinque chiamate al giorno) e del tutto sconosciuto agli stessi interlocutori istituzionali della struttura commissariale, quali, ad esempio, i consorzi di bacino” (pag. 39), e sia da quanto accertato in sede d'indagine dalla G.d.F., la quale ha specificamente riportato che il periodo di effettiva operatività del call center in questione è da individuare soltanto nei mesi di settembre-ottobre 2003, dovendosi per il resto constatare una desolante inattività (4-5 chiamate al giorno, appunto): cfr. all. nn. 10 e 17 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006 (prospetto delle chiamate ricevute dal call center e dichiarazioni rese dal dr. R. B., presidente C.d.A. X. in data 03.10.2006).

L'illecito esborso derivato dalla costituzione della società mista Società Protezione Ambiente e Natura S.p.A. (cd. X.) è stato correttamente quantificato dalla Procura come segue:

A. € 3.667.470,67, importo costituito dalla sommatoria dei mandati/bonifici relativi a X. e riguardanti il progetto di call center ambientale. Il mandato di pagamento è il n. 362 del 03.08.2005, effettuato per € 3.167.457,27 dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania, mentre i bonifici disposti in favore di X. da Pomigliano Ambiente S.p.A., su disposizione del Commissario Governo Emergenza rifiuti, sono il n. 68483218612 del 24.03.2003 per € 100.003,10, il n. 66843166505 del 29.04.2003 per € 100.004,10 ed il n. 15613400703 per € 300.006,20 (cfr. all. n. 19 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006).

B. € 253.833,50, importo corrisposto alla X., con il mandato di pagamento del Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania n. 363 del 03.08.2005, a titolo di spese, commissioni bancarie ed interessi passivi dovuti in virtù del decreto Commissariale n. 519 del 01.12.2003 (all. n. 5F al fascicolo di Procura) con il quale, nel riconoscere il debito nei confronti della X., si dà anche atto, in presenza di una cessione del credito della società mista, “che eventuali oneri accessori, quali interessi e spese da quantificare a seguito del soddisfacimento dell’anticipazione erogata dall’Istituto di Credito, saranno posti a carico della struttura Commissariale e riguardano esclusivamente le somme anticipate” (cfr. all. n. 19 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006).

Il danno derivante dalla somma di tali importi, disposti dal Commissariato in relazione all’attuazione dell’ordinanza n. 601 del 2001, è pari ad € 3.921.304,17.

5. In punto di nesso di causalità, e ritenuta ovviamente in re ipsa la sussistenza del rapporto di servizio tra il Commissario delegato dal Governo per l’Emergenza rifiuti-Presidente della Regione Campania e l’Amministrazione regionale danneggiata, non può revocarsi in dubbio, come validamente posto in rilievo dal requirente, che “il mancato decollo del centro servizi sull’informazione ambientale, sulla cui base è stata costituita la società mista, è stato causato, ..., dagli evidenziati vizi ed aspetti critici dell’iniziativa, tra cui emerge l’incauto, insufficientemente ponderato e non consentito intervento dell’organo straordinario governativo, avvenuto presupponendo l’interesse e collaborazione, anche e soprattutto finanziaria, di altre non preventivamente sentite né individuate amministrazioni”.

Tale ponderazione, effettuata con le vistose ed illecite carenze precedentemente evidenziate, era rimessa in via esclusiva all'ex Commissario delegato dal Governo al superamento della situazione emergenziale, in ragione delle considerazioni che seguono.

L'istituto del commissariamento in materia di rifiuti rappresenta un modello di azione amministrativa straordinaria nel campo della gestione dei rifiuti, che non trova una fonte normativa specifica, ma viene adottato in riferimento agli interventi urgenti in materia di protezione civile. Esso è stato successivamente pienamente legittimato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 127 del 1995, con la quale è stato stabilito che spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorrere allo stato di emergenza, a norma dell'articolo 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in ordine alla situazione socio-economico-ambientale di una regione, sulla base degli elementi evidenziati dai competenti organi statali e regionali.

Il ricorso alla nomina di un «Commissario straordinario» rientra nell'ambito dell'organizzazione amministrativa come evento di controllo sostitutivo tra enti; esso acquista un carattere peculiare quando riguarda competenze attribuite dalla legge alle Regioni. Ulteriore specificità deve essere attribuita alla figura del Commissario straordinario per la protezione civile, al cui fondamento normativo si richiamano le numerose ordinanze del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri che, nel corso degli anni, sono intervenute per nominare commissari straordinari per l'emergenza rifiuti, prorogare il loro mandato, specificare limiti e modalità dei compiti attribuiti.

La gestione commissariale, in altri termini, si caratterizza per la sua centralizzazione e per la sua concentrazione in capo, inizialmente, al solo Prefetto, ritenuto il solo organo di Governo in grado di sostituirsi a livello territoriale a tutti gli altri enti territoriali coinvolti a vario titolo e preposto quindi a gestire i poteri commissariali straordinari, e successivamente, con l'affiancamento del Presidente della Giunta della regione «commissariata», al fine di personalizzare, contemporaneamente concentrandola in un organo unisoggettivo munito di investitura governativa, l'effettiva partecipazione delle entità regionali all'esercizio «emergenziale» della gestione del ciclo dei rifiuti.

Per quanto osservato, non può che ravvisarsi sussistente l'ascrivibilità in via esclusiva dell'insorgenza dell'illecito esborso dianzi descritto e quantificato, alla condotta avventata e negligente tenuta nella conduzione della vicenda all'esame dall'ex Commissario delegato dal Governo all'emergenza rifiuti in Campania A.B..

6. La responsabilità dell’indicato danno viene ritenuta attribuibile a titolo di colpa grave, secondo la prospettazione della Procura, al predetto Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania, avendo egli adottato gli atti relativi all’approvazione del progetto presentato dalla X. ed alla costituzione della X., cioè, in particolare, l'ordinanza n. 601/2001 più volte dianzi citata.

In effetti, in considerazione delle notevoli anomalie e rilevanti illegittimità precedentemente evidenziate, il comportamento tenuto dall'ex Commissario per l'emergenza rifiuti A.B. è da qualificare quale gravemente colposo.

Invero, dagli atti di causa, dettagliatamente sopra analizzati, risulta, in buona sostanza, che nel periodo intercorrente tra la metà di dicembre del 2001 ed il 1° gennaio 2002 è stata concentrata tutta l'acquisizione/valutazione degli atti relativi all'affidamento del progetto cd. SOSA, prevedente l'impiego di almeno cento LSU, ad una società mista da costituire (poi denominata X.): il commissariato ha accolto il progetto, ne ha riconosciuto la validità, ha adottato l'ordinanza ed ha dato il via libera a costituire una società in meno di quindici giorni.

E' questo il quadro sintetico che descrive la vicenda oggetto del giudizio.

La circostanza che l’iniziativa in contestazione, intrapresa in tempi deliberativi assai ristretti per l’approssimarsi della scadenza del 31 dicembre 2001 (solo successivamente prorogata), risponda essenzialmente all’esigenza di assumere e stabilizzare lavoratori socialmente utili e non a problematiche emergenziali in materia ambientale (rifiuti, bonifiche e tutela delle acque), così come rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nella menzionata relazione, non consente di riconoscerne la legittimità, bensì, al contrario, impone ancor più di evidenziare come l’ampia portata dell’iniziativa di cui all’ordinanza 601/01 palesemente non rientri nei compiti istituzionali del Commissario.

Come giustamente rilevato nell'atto introduttivo del giudizio, “i poteri attribuiti al Commissario trovano non solo giustificazione nell’emergenza ma, in funzione di quest’ultima, anche una naturale limitazione, dettata dalla ragione stessa della particolare legittimazione dell’intervento straordinario”.

Valga richiamare, in proposito, le disposizioni contenute nell'art 5 della legge 225/1992, istitutiva della Protezione Civile, riguardanti “Stato di emergenza e potere di ordinanza”, secondo cui, una volta deliberato dal Consiglio dei ministri (o, per sua delega, dal Ministro per il coordinamento della protezione civile) lo stato di emergenza in presenza del verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) (calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari), la medesima Autorità ministeriale può avvalersi, per l'attuazione degli interventi previsti dai commi 2° e 3° dello stesso articolo (interventi di emergenza ed altri comunque intesi a scongiurare ulteriori situazioni di pericolo per persone e cose), di commissari delegati, con provvedimento di delega che “deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio”. L'attuazione degli interventi di che trattasi – prosegue l'art. 5 in parola – legittima il Ministro preposto o il Commissario all'uopo delegato ad adottare “ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente”, purché emanate “nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico”, nonché “motivate” ed indicative “delle principali norme a cui si intende derogare”.

Orbene, così richiamata la disposizione attributiva ai commissari delegati per stati di emergenza del potere di emanare ordinanze “in deroga”, appare immediatamente evidente l'infondatezza dell'assunto difensivo, secondo cui, posto che l'ordinanza n. 601/2001 dovrebbe ritenersi intesa ad attuare una finalità emergenziale, il medesimo provvedimento costituirebbe mero “atto di indirizzo e programmatorio”, privo di immediata efficacia vincolante per i contraenti, da attribuire, invece alla convenzione successivamente stipulata e registrata al n. 94 del 31.12.2001 del repertorio. Invero, siffatti provvedimenti sono così strutturati proprio per disciplinare con efficacia immediata e diretta situazioni abbisognevoli di rapide soluzioni.

Le ordinanze extra ordinem, infatti, possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente, ma soggiacciono, nel contempo, a precisi limiti, quali il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, l’obbligo di motivazione, l’indicazione delle principali norme giuridiche cui si intende derogare, il rispetto degli stabiliti limiti temporali. Si tratta di impedire che le deroghe apportate al quadro normativo vigente, finiscano nella sostanza per determinare uno stravolgimento dello stesso. Ed invero, il potere di adottare ordinanze in deroga non può che dar luogo a “deroghe temporalmente limitate non anche ad abrogazione o modifica di norme vigenti” (Corte Costituzionale, sentenze nn. 127/1995, 418/1992, 201/1987, 4/1977 e 8/1956; Cons. di Stato, Sez. V, sentenze nn. 6809 e 6280/2002; Cons. di Stato, Sez. IV, sentenza n. 197/98).

Orbene, la sussistenza in capo al convenuto dell'elemento soggettivo della colpa grave è testimoniata dal fatto che egli non poteva non essere consapevole della propria investitura, quale organo commissariale, finalizzata alla gestione dell'emergenza mediante l'esercizio dei poteri attribuitigli, ivi compresa l'emanazione di ordinanze extra ordinem, da adottare, peraltro, nel rispetto dei principi, individuati dalla Consulta e dalla giurisprudenza amministrativa, dianzi ricordati.

Quindi, delle due l'una: o l'ordinanza n. 601/2001 non si strutturava sul modello e sull'efficacia dell'ordinanza cd. “in deroga”, ed allora non avrebbe mai potuto prescindere dall'attenta valutazione degli atti relativi all'esame del progetto cd. SOSA ed all'affidamento della sua realizzazione e gestione ad una società mista prevedente l'impiego di un certo numero di LSU – cioè dalla corretta applicazione delle disposizioni normative dianzi richiamate ed analizzate e che sono state, nella specie, palesemente disattese; oppure si trattava di un'ordinanza extra ordinem, ed in tal caso non avrebbe potuto essere adottata se non al fine di fronteggiare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, mediante l’esercizio di un’amplissima potestà discrezionale, che trova un limite rigoroso, attesi i principi costituzionali in gioco, nell’effettiva esistenza di una situazione di fatto - consistente in calamità naturali, catastrofi o altri eventi emergenziali - richiedente, per intensità ed estensione, l'utilizzo di mezzi e di poteri straordinari, stante la comprovata impossibilità di potere altrimenti far fronte alla situazione medesima – la quale, nel caso di specie, era del tutto priva delle caratteristiche emergenziali di che trattasi, per quanto dianzi evidenziato.

Inoltre, va osservato, sempre in punto di elemento soggettivo dell'illecito amministrativo-contabile rilevato, che non solo l'ex Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti ha utilizzato il proprio potere di emanare ordinanze al di fuori dei limiti imposti dalle surrichiamate disposizioni attributive del potere medesimo e disciplinanti i presupposti e le modalità del relativo esercizio, ma anche, nel disporre la costituzione della società mista unitamente al socio privato Consorzio X. per la gestione del progetto cd. SOSA mediante l'impiego di LSU, ha assunto sostanzialmente l'impegno a prevederne la gestione mediante il coinvolgimento di altri Enti, gestione che, invece, è mancata del tutto, per cui attualmente X. non ha commesse a sufficienza neppure per sopravvivere, ed i lavoratori LSU preposti al progetto SOSA risultano quasi completamente inutilizzati; di modo che deve rilevarsi che anche l'impegno in parola è stato assunto con ingiustificabile avventatezza, improntata ad un evidente disinteresse circa il corretto uso dei propri poteri istituzionali ed in ordine alle conseguenze dannose per il patrimonio pubblico suscettibili di derivare da siffatta condotta negligente.

Per quanto dianzi osservato, il Collegio ritiene ravvisabile, nel caso all'esame, la sussistenza in capo al convenuto dell'elemento soggettivo della colpa grave.

7. Riconosciuta, quindi, la responsabilità amministrativa di A.B. in qualità di Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti, Bonifiche e Tutela delle Acque, il Collegio, nel procedere alla definitiva quantificazione dell'ammontare del danno che egli è tenuto e risarcire in favore dell'erario per effetto della presente pronuncia, ritiene, anche in accoglimento del rilievo operato in merito dallo stesso P.M. di udienza, che sussistano le condizioni per esercitare il potere riduttivo previsto dall'art. 52 del R.D. 12 luglio 1934 n.1214, in relazione alla obiettiva circostanza – certamente non rilevante al grado di completa esimente, per le considerazioni dianzi esposte - che l'iniziativa che ha costituito illecito depauperamento del patrimonio pubblico nei suindicati termini, aveva tuttavia finalità di stabilizzazione occupazionale, senz'altro non rientrante nelle finalità istituzionali del commissariato e sicuramente costituente illecito esborso erariale per la sostanziale inutilità per la collettività dell'impiego degli LSU chiamati a partecipare al progetto cd. SOSA, ma in concreto meritevole, per le ragioni solidaristiche sottostanti, di dare luogo ad equitativa riduzione dell'addebito da € 3.921.304,17 ad € 3.200.000,00, importo comprensivo di rivalutazione monetaria, ma gravato da interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.

9. Per quanto riguarda, infine, le spese di giudizio, queste, ai sensi dell'art. 97 c.p.c. seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte de Conti

Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania

1. respinge la richiesta d'integrazione del contraddittorio;

2. condanna il signor A.B. al pagamento, in favore della Regione Campania, della somma complessiva di € 3.200.000,00, determinata con esercizio del potere riduttivo e, dunque, comprensiva di rivalutazione monetaria.

Detta somma sarà gravata di interessi dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.

Il predetto soggetto è, poi, tenuto al pagamento, nei confronti dell'erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro 835,08.

Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2007.

Depositata in Segreteria il 27 Dicembre 2007.

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