martedì 13 aprile 2010

Processo penale, legittimo il consenso del difensore per acquisire atti del fascicolo del Pubblico Ministero

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE VI PENALE, Sentenza 11-22 febbraio 2010, n. 7061

"Il consenso all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (nonchè di documentazione relativa all'attività difensiva), previsto dall'art. 493 c.p.p., comma 3, può infatti efficacemente essere espresso dal difensore."



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Sentenza 11-22 febbraio 2010, n. 7061

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza con cui in data 12.2 - 13.5.2009 la Corte d'appello di Lecce sez. dist. Di Taranto confermava la sentenza 18.1.2005 del locale Tribunale di condanna di M.C. per il delitto di evasione, consumato il ****, ricorre il difensore fiduciario con due motivi:

- violazione di legge in relazione all'art. 191 c.p.p. e art. 111 Cost., perchè nel dibattimento di primo grado sarebbe stata acquisita la relazione di servizio dei verbalizzanti, assente l'imputato assistito da un difensore d'ufficio: secondo il ricorrente il consenso dato da quest'ultimo all'acquisizione non sarebbe stato efficace, risolvendosi nel caso di specie - con tale acquisizione - il giudizio nella sostanziale celebrazione di un rito abbreviato, sicchè il consenso all'utilizzazione di atti ai sensi dell'art. 493 c.p.p., comma 3 sarebbe atto personalissimo dell'imputato;

- vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione agli artt. 191 e 195 c.p.p., in relazione all'utilizzazione della relazione di servizio e dell'elemento indiziario costituito dal "presunto avvistamento" fatto dall'app. D.N.: secondo il ricorrente la Corte d'appello avrebbe dato per scontati elementi di fatto del tutto incerti nel processo, alla luce del tenore della relazione di servizio acquisita ed unica prova fondante la decisione del Tribunale, in particolare in ordine al fatto che il controllo dei carabinieri C. e B. fosse stato eseguito proprio presso l'effettiva abitazione del "nostro" M. e non di un omonimo e che proprio l'imputato fosse stato protagonista dell'incidente a bordo della moto con cui sarebbe stato visto in giro dall'app. D. N..

Motivi della decisione

2.1 Il primo motivo è infondato.

Il consenso all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (nonchè di documentazione relativa all'attività difensiva), previsto dall'art. 493 c.p.p., comma 3, può infatti efficacemente essere espresso dal difensore.

Tale acquisizione infatti - pur costituendo eccezione al principio dell'assunzione diretta dei mezzi di prova per il giudizio in dibattimento - innanzitutto costituisce estrinsecazione del generale potere di indicazione dei fatti che si intendono provare e delle prove di cui si chiede l'ammissione (disciplinato dall'art. 493 c.p.p., comma 1 e certamente appartenente al difensore anche dell'imputato, come espressamente previsto da tale comma); in secondo luogo, in assenza di una norma che riservi specificamente al solo imputato l'esercizio di tale facoltà (come invece avviene per il rito abbreviato), è congrua al principio generale di rappresentanza dell'imputato assente o contumace, previsto dall'art. 484 c.p.p., comma 2 bis in relazione all'art. 420 quater c.p.p., comma 2 e art. 420 quinquies c.p.p., comma 1, ultima parte e comma 2.

Nè la natura del rapporto di assistenza tecnica tra il difensore e l'imputato - d'ufficio piuttosto che fiduciario - ha alcun rilievo:

perchè l'imputato contumace che non abbia nominato un proprio difensore fiduciario, ovvero non si sia attivato per assicurarsi della presenza effettiva del difensore fiduciario nominato, ha notizia dell'assistenza officiosa e, specialmente, perchè l'attuale sistema che disciplina la difesa officiosa - pressochè interamente devoluta agli organi rappresentativi della classe forense - non può che garantirne l'idoneità tecnica.

2.2 Il secondo motivo è inammissibile perchè diverso da quelli consentiti: il ricorrente, infatti, a fronte di una ricostruzione operata dai Giudici del merito congrua ai dati probatori richiamati, sorretta da motivazione non apparente ed immune da vizi di contraddittorietà o manifesta illogicità, si limita in realtà a proporre una diversa valutazione delle prove, preclusa in questa fase di legittimità. 2.3 Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010.

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