Tribunale di Varese Sezione I Civile Ordinanza 18 novembre 2009
"A parere di questo giudice, va condivisa l’opinione di quanti in Dottrina hanno ritenuto che il rito sommario non possa iscriversi nell’alveo dei procedimenti a cognizione sommaria. Pare, in particolare, da condividere l’opinione di chi ha parlato di “rito semplificato” di cognizione. Diverse sono le ragioni che conducono a ritenere tale conclusioni l’unica corretta, all’esito del procedimento ermeneutico:
a) in primo luogo, è prevista espressamente la “comunicabilità” tra il rito sommario di cognizione e quello ordinario, atteso che la conversione determina il passaggio di una controversia tra binari paralleli, non ipotizzabile, certo, ove si trattasse di riti ontologicamente differenziati;
b) vi è, poi, che la delega legislativa contenuta nella Legge 69/2009 propone, de jure condendo, la concentrazione dei procedimenti civili in tre soli riti di cognizione ove spicca anche il sommario che è collocato nell’ambito dei procedimenti civili di natura contenziosa nei quali prevalgono caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione: aver richiamato, come uno dei tre modelli di riferimento, il procedimento “sommario” sta a significare che quest’ultimo si colloca al di fuori delle tutele sommarie;
c) l’ordinanza con cui viene definito il procedimento sommario di cognizione produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. (art. 702-quater, comma I, c.p.c.) e, dunque, come si è autorevolmente scritto, è un processo di cognizione speciale, alternativo al processo a cognizione piena ed idoneo ad impartire tutela dichiarativa nella stessa identica misura di quest’ultimo.
Ne segue – come si è abilmente sostenuto in dottrina - che il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702-bis ss. c.p.c. “è in realtà un processo a cognizione piena, poiché nella sua destinazione prevale la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, rispetto alle funzioni che sono proprie dei procedimenti sommari, ma sono completamente assenti dal profilo legislativo di questo istituto”.
Tribunale di Torino Ordinanza 11 febbraio 2010
Tribunale di Mondovì Sentenza 12 - 13 novembre 2009, n. 1891
la decisione ex art. 702 ter c.p.c. presuppone che le difese svolte dalle parti siano tali da implicare una istruzione “sommaria”
1)
Tribunale di Torino
Ordinanza 11 febbraio 2010
Il Giudice,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 20.1.2010 nella causa iscritta al n. RG 28416/2009, instaurata ai sensi e per gli effetti dell’art. 702 bis c.p.c.,
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
- rilevato che la COOPERATIVA DI VITTORIO corrente in Torino ha agito in giudizio nei confronti di F. R. nelle forme del procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c.;
- rilevato che la convenuta, pur comparendo all’udienza fissata, non si è formalmente costituita in giudizio;
- rilevato che la controversia in esame è relativa a rapporti societari tra la COOPERATIVA attrice e la socia F. R., esclusa e dichiarata decaduta dall’assegnazione dell’immobile sociale per aver cessato di corrispondere il canone mensile di godimento, comprensivo della quota delle spese (v. in termini App. Torino, 29.6-28.9.2995) ed in quanto tale rientrava pertanto nelle controversie assoggettate al cd. rito societario di cui al d.lgs. 5/2003;
- rilevato che per effetto dell’abrogazione di tale rito, ex art. 54, comma 5, l. 69/2009, la presente controversia è divenuta di competenza del Tribunale in composizione monocratica;
- rilevato che la decisione ex art. 702 ter c.p.c. presuppone che le difese svolte dalle parti non siano tali da implicare una istruzione “non sommaria”;
- rilevato da un lato che la COOPERATIVA attrice ha prodotto, a fondamento delle proprie allegazioni, ampia documentazione (in particolare inerente la qualità di socia di F. R., la morosità della stessa con il conteggio dei canoni dovuti, lo statuto della COOPERATIVA e la delibera di esclusione della socia inadempiente, il conteggio della indennità per occupazione senza titolo dell’immobile a suo tempo assegnato alla convenuta) e, dall’altro, che la convenuta F., comparsa in udienza, ha espressamente riconosciuto la morosità, soltanto adducendo giustificazioni in ordine alla propria precaria situazione finanziaria (v. verbale dell’udienza 20.1.2010);
- ritenuto pertanto di aderire all’orientamento (v. Trib. Mondovì. 16.11.2009) secondo cui “la non sommarietà dell’istruzione debba valutarsi non tanto con riferimento all’oggetto della domanda, quanto, piuttosto, in relazione alle prove necessarie per la decisione sulla base delle difese assunte dalle parti” ed evidenziato che nel caso di specie la copiosa documentazione prodotta dalla COOPERATIVA attrice ed il comportamento processuale di parte convenuta rendono irrilevante l’espletamento della prova orale per interpello e testi dedotta da parte attrice medesima e consentono la decisione immediata della causa sulla base degli atti;
- ritenuto quindi: 1) che debba essere accertata e dichiarata la legittima esclusione di F. R. da socia della COOPERATIVA, stante la sua grave situazione di morosità, nonché la legittima intervenuta decadenza della stessa dalla assegnazione in godimento dell’alloggio sociale in Settimo T.se, via Montenero n. 5/B meglio descritto in ricorso ex art. 702 bis c.p.c.; 2) che per l’effetto F. R. debba essere dichiarata tenuta e condannata a rilasciare il predetto alloggio con i relativi box e cantina, liberi da persone e da cose; 3) che F. R. debba essere dichiarata tenuta e condannata F. R. a corrispondere alla COOPERATIVA attrice l’importo di Euro 4.602,64 per i canoni di assegnazione per i mesi da maggio 2008 a marzo 2009 compresi, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo; 4) che F. R. debba essere dichiarata tenuta e condannata a corrispondere alla COOPERATIVA attrice l’importo di Euro 3.573,63 per l’indennità di occupazione senza titolo da aprile 2009 (e cioè successivamente alla sua espulsione dalla COOPERATIVA) sino a dicembre 2009, oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo dal decimo giorno di ogni mese per ciascuna mensilità ed agli interessi di mora al saggio legale dalle medesime date sulle somme via via rivalutate annualmente;
- ritenuto invece di non poter accogliere le ulteriori domande della COOPERATIVA in quanto integranti inammissibili condanne in futuro, stante l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 644 c.p.c.;
- ritenuto infine di dover liquidare (d’ufficio in difetto di notula) nella misura indicata in dispositivo, come espressamente prescritto dall’art. 702 ter, VII comma, c.p.c., le spese della presente procedura, e che le stesse debbano seguire la pressoché integrale soccombenza di parte convenuta;
P.Q.M.
Il Tribunale di Torino, Sezione I Civile
Visto l’art. 702 bis c.p.c.,
ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e/o assorbita,
- Accerta e dichiara la legittimità dell’esclusione di F. R. da socia della COOPERATIVA, stante la sua grave situazione di morosità, e la legittima intervenuta decadenza della stessa dalla assegnazione in godimento dell’alloggio sociale in Settimo T.se, via MOntenero n. 5/B meglio descritto in ricorso ex art. 702 bis c.p.c.;
- Dichiara tenuta e condanna, per l’effetto, F. R. a rilasciare il predetto alloggio con i relativi box e cantina, liberi da persone e da cose;
- Dichiara tenuta e condanna F. R. a corrispondere alla COOPERATIVA attrice l’importo di Euro 4.602,64, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo;
- Dichiara tenuta e condanna F. R. a corrispondere alla COOPERATIVA attrice l’importo di Euro 3.573,63, oltre alla rivalutazione secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo dal decimo giorno di ogni mese per ciascuna mensilità ed agli interessi di mora al saggio legale dalle medesime date sulle somme via via rivalutate annualmente;
- Condanna F. R. a rimborsare alla COOPERATIVA attrice le spese di lite, che vengono liquidate, d’ufficio in difetto di notula, in complessivi Euro 1.950,00, di cui Euro 1.200,00 per onorari ed Euro 750,00 per diritti, oltre rimborso forfettario, CPA ed IVA come per legge.
Si comunichi alle parti costituite.
Torino, 11.2.1010
Il Giudice Unico
2)
Tribunale di Mondovì
Sentenza 12 - 13 novembre 2009, n. 1891
Svolgimento del processo
Il Giudice Istruttore
sciogliendo la riserva assunta all'udienza in data 3.11.2009 nella causa iscritta al n. **** RG, promossa con RITO SOMMARIO DI COGNIZIONE ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Rilevato che il sig. **** ha promosso azione revocatoria nei confronti di ****, nelle forme del nuovo rito sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c.;
Considerato che i convenuti, costituendosi, non hanno sollevato eccezioni circa il rito scelto;
Rilevato che la controversia rientra nella competenza del giudice monocratico;
Considerato che l'art. 702-ter presuppone - per l'utilizzabilità del rito sommario - che le difese svolte dalle parti non richiedano un'istruzione “non sommaria”;
Ritenuto che la non sommarietà dell'istruzione debba valutarsi non tanto con riferimento all'oggetto della domanda, quanto, piuttosto, in relazione alle prove necessarie per la decisione, sulla base delle difese assunte dalle parti. Questa affermazione si giustifica con la considerazione che ai fini del rito in esame le cause non devono essere divise tra cause oggettivamente complesse e cause semplici, ma tra cause in cui l'istruttoria può essere complessa e lunga ed altre cause in cui l'istruttoria può essere condotta in modo deformalizzato e con rapidità. La differenza tra le due tipologie può dipendere dalla natura della lite (che non richiede accertamenti in fatto, o li richiede in misura limitata), ovvero, spesso, dalle posizioni assunte dalle parti, dal momento che esse determinano la quantità e la qualità di domande ed eccezioni (che vanno ad integrare il thema decidendum) e, soprattutto, la quantità di istruttoria necessaria, attraverso le contestazioni o meno dei fatti allegati dalla controparte. Poiché nel giudizio civile opera il principio di disponibilità della prova, è attraverso le difese delle parti che si può accrescere o diminuire il carico istruttorio della causa, cosicché anche una causa teoricamente complessa - quale può essere una causa di responsabilità professionale o, come nel caso di specie, un'azione revocatoria - può essere decisa senza fare luogo ad un'istruttoria lunga e “formale”. Nel caso in esame, la causa ha prevalente natura documentale e necessita esclusivamente di ctu sul valore dell'immobile, che può essere eseguita con rapidità e senza necessità di complessi accertamenti.
Quanto alle prove orali dedotte, esse si palesano inammissibili, per i seguenti motivi:
l'attore non ha provveduto né ad idonea capitolazione delle circostanze di fatto di cui chiede l'accertamento, né all'indicazione nominativa dei testimoni. L'art. 702-bis c.p.c., mediante il rinvio all'art. 163 n. 5 c.p.c., richiede anche nel procedimento sommario di cognizione l'indicazione specifica dei mezzi di prova, il che non significa che l'attore può limitarsi ad una generica indicazione del mezzo di prova richiesto (prova testimoniale, giuramento, ...), ma deve invece specificarlo, delimitandone l'oggetto e indicando le persone che devono compierlo. Oltre a ciò, non pare comunque che nella narrativa dell'atto di citazione vi siano circostanze di fatto rilevanti per la decisione, che siano state oggetto di specifica contestazione (ex art. 115 novellato) da parte dei convenuti.
Le capitolazioni di prova enumerate dai convenuti, invece, sono inammissibili ai sensi dell'art. 2722 cod. civ. perché tendono a provare l'esistenza di un patto aggiunto - in relazione alla compravendita del 3.12.2008 - con stipulazione dello stesso antecedentene al rogito notarile. Quanto alla scrittura privata prodotta sub. 3 da parte convenuta, essa è priva di data certa, non è sottoscritta da parte di **** e non fornisce elementi validi ai fini della decisione in mancanza della produzione dell'atto di divisione cui fa riferimento.
In relazione all'istanza di esibizione della documentazione bancaria, svolta da parte attrice, si rileva che la stessa è eccessivamente indeterminata e che, comunque, era onere dei convenuti dare la prova di aver realmente provveduto al pagamento del corrispettivo della vendita, dal momento che appare assai singolare un pagamento in contanti per una cifra non certo modesta (10.000 euro), considerato anche che non sono state indicate le modalità di reperimento della somma (peraltro prossima all'importo massimo movimentabile - ex lege anti riciclaggio - senza necessità di ricorrere ad assegni o bonifici).
È ammissibile e rilevante, invece, la richiesta di ctu sul valore commerciale del bene oggetto di causa; sulla richiesta formulata dall'attore, peraltro, non vi è stata opposizione da parte dei convenuti. L'accertamento oggettivo del valore dell'immobile fornirà un elemento determinante ai fini della decisione della controversia.
Ai fini di quanto previsto al punto che precede, si nomina consulente tecnico il geom. ****, con studio in Mondovì, autorizzandolo fin d'ora all'uso del mezzo proprio ed all'uso dell'aereo, per raggiungere il luogo ove si trova l'immobile (Regione Calabria). Ne dispone la comparizione per il giuramento per l'udienza del 10.11.2009 h. 10,30, avvisando le parti che - data la struttura deformalizzata dell'istruttoria e considerata la celerità che deve contraddistinguere il procedimento svolto nelle forme del rito sommario di cognizione - saranno accettate nomine di ctp solo fino all'udienza di giuramento e non saranno osservate le nuove procedure di cui all'art. 195 c.p.c., anche in virtù della semplicità ed unitarietà del quesito proposto. I ctp, dunque, avranno l'onere di partecipare attivamente al sopralluogo con il ctu e di evidenziare, in quella sede, le loro osservazioni in relazione al valore commerciale del bene.
Il ctu avrà termine di giorni 30 dal giuramento per il deposito in cancelleria della relazione contenente una sommaria descrizione dell'immobile, la riproduzione fotografica dello stesso e la sua valutazione, con la motivazione delle conclusioni assunte e delle osservazioni svolte dai CTP nel corso delle operazioni peritali.
P.Q.M.
ogni altra istanza respinta,
DISPONE
Ctu per la valutazione dell'immobile sito in **** alla via ****, censito al catasto al n. ****, particella ****.
Convoca il ctu Geom. **** per il giuramento per l'udienza del 10.11.2009 h. 10,30.
Pone fin d'ora a carico solidale delle parti un anticipo di euro 800,00, in considerazione delle elevate spese di trasferta.
Avvisa le parti che le stesse saranno invitate alla discussione immediata all'udienza successiva al deposito della ctu, che fin d'ora si fissa, anche ai sensi di quanto previsto dall'art. 81-bis disp. att. c.p.c., al 18.12.2009 h. 11.00. Si adotta, pertanto, l'allegato calendario del processo. Si comunichi alle parti costituite ed al ctu nominato.
3)
Tribunale di Varese
Sezione I Civile
Ordinanza 18 novembre 2009
(giudice G. Buffone)
Ordinanza
ex art. 702-ter, comma V, c.p.c.
***
L’attrice evoca in giudizio la convenuta assumendo di avere versato a favore di quest’ultima la complessiva somma di euro 8.120,00 ma di non avere ricevuto, come previsto dal sinallagma pattuito, la controprestazione pari ad una partita di fornitura di capi di abbigliamento. Chiede, per l’effetto, il risarcimento del danno (in via equitativa) e la ripetizione dell’importo versato a titolo di corrispettivo, previa declaratoria dell’inadempimento del partner negoziale.
1. Verifichi preliminari
L’odierna controversia rientra tra quelle indicate nell’art. 702-bis, comma I, c.p.c. e, prima facie, è sussistente la competenza territoriale di questo Tribunale.
Preliminare alla decisione in ordine alle richieste istruttorie è la previa qualificazione giuridica del rito sommario di cognizione, nel senso di procedimento di plena cognitio ovvero nel senso di tutela sommaria. Come noto, la dottrina sul punto è divisa. Secondo taluni il rito sommario dovrebbe farsi confluire nei procedimenti sommari non cautelari, tenuto conto della sua collocazione topografica nel codice di rito e vista la sua stessa definizione legislativa. Alcuni commentatori, peraltro, qualificano il suddetto rito come bifasico: il primo grado sarebbe la fase sommaria del giudizio; il secondo grado sarebbe la fase a cognizione piena e, dunque, non un appello.
Altra dottrina reputa che il rito sommario sia a tutti gli effetti un rito ordinario a cognizione piena, atteso che, tra l’altro, si conclude con un provvedimento che passa in giudicato.
A parere di questo giudice, va condivisa l’opinione di quanti in Dottrina hanno ritenuto che il rito sommario non possa iscriversi nell’alveo dei procedimenti a cognizione sommaria. Pare, in particolare, da condividere l’opinione di chi ha parlato di “rito semplificato” di cognizione. Diverse sono le ragioni che conducono a ritenere tale conclusioni l’unica corretta, all’esito del procedimento ermeneutico:
a) in primo luogo, è prevista espressamente la “comunicabilità” tra il rito sommario di cognizione e quello ordinario, atteso che la conversione determina il passaggio di una controversia tra binari paralleli, non ipotizzabile, certo, ove si trattasse di riti ontologicamente differenziati;
b) vi è, poi, che la delega legislativa contenuta nella Legge 69/2009 propone, de jure condendo, la concentrazione dei procedimenti civili in tre soli riti di cognizione ove spicca anche il sommario che è collocato nell’ambito dei procedimenti civili di natura contenziosa nei quali prevalgono caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione: aver richiamato, come uno dei tre modelli di riferimento, il procedimento “sommario” sta a significare che quest’ultimo si colloca al di fuori delle tutele sommarie;
c) l’ordinanza con cui viene definito il procedimento sommario di cognizione produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. (art. 702-quater, comma I, c.p.c.) e, dunque, come si è autorevolmente scritto, è un processo di cognizione speciale, alternativo al processo a cognizione piena ed idoneo ad impartire tutela dichiarativa nella stessa identica misura di quest’ultimo.
Ne segue – come si è abilmente sostenuto in dottrina - che il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702-bis ss. c.p.c. “è in realtà un processo a cognizione piena, poiché nella sua destinazione prevale la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra le parti, rispetto alle funzioni che sono proprie dei procedimenti sommari, ma sono completamente assenti dal profilo legislativo di questo istituto”.
2. Istruzione sommaria
Reputa, preliminarmente, questo giudice, che le difese svolte dalle parti non richiedano una istruzione non sommaria e che, per l’effetto, l’attuale controversia possa essere decisa con le forme del processo sommario di cognizione.
Si badi: se il giudice deve decidere sulle sorti del sommario alla prima udienza (fissata ex art. 702-bis, comma III, c.p.c.), ciò vuol dire che la piattaforma probatoria deve essersi per tale momento processuale già stabilizzata, quanto fa ritenere che la natura fisiologica del rito e la sua auspicata celerità impongano alle parti di individuare il thema probandum già negli scritti introduttivi del giudizio, seppur nelle forme snelle del sommario e, dunque, senza le solennità tipiche del giudizio ordinario (ad es., articolazione dei capitoli per i testi). Si vuol dire che l’ultimo momento utile per delimitare il ventaglio delle richieste istruttorie è l’udienza di prima comparizione, ove le parti possono specificare le prove già richieste nei propri atti o formulare istanza per quelle determinate dall’altrui difesa; si può dubitare circa l’articolazione – solo all’udienza di prima comparizione - di “nuove prove” dirette, diverse da quelle già previste negli atti introduttivi, atteso che il sommario, se è snello nell’istruzione, è formale e procedimentalizzato nell’introduzione. E, però, ragioni di ordine sistematico e di coerenza con il rito, impongono di ritenere che le parti possono formulare richieste istruttorie sino alla pronuncia del giudice in ordine alla decidibilità della controversia con le forme del sommario (art. 702-ter, comma V, c.p.c.) e, dunque, sino all’ordinanza che provvede sulle richieste di prova indicando gli atti di istruzione ritenuti rilevanti. Oltre tale sbarramento, alle parti non è consentito dedurre nuovi mezzi di prova poiché si incorrerebbe nel rischio di favorire atteggiamenti difensivi secundum eventum litis, ovvero meramente orientanti a provocare una conversione del rito ove al percorso scelto dal giudice per l’istruzione del sommario si ritenga di preferire il procedimento ordinario. Resta salvo il potere di provvedere a nuovi mezzi di prova ex officio, anche su impulso delle parti, dopo o durante l’istruzione probatoria, ove il giudice lo ritenga necessario, ma senza che possa più provvedersi alla conversione del rito.
Quanto alla valutazione in ordine alla decidibilità nelle forme del sommario, questo giudice reputa di dovere aderire ai suggerimenti dei primi commentatori della riforma (legge 18 giugno 2009 n. 69), secondo i quali il giudice è chiamato a valutare nell’ordine:
a. l’oggetto “originario” del processo ed i fatti costitutivi della domanda (anche in relazione al valore della causa);
b. le eventuali domande riconvenzionali e quelle nei confronti di terzi e le difese svolte in sede di costituzione dal convenuto e dai terzi;
c. l’impostazione complessiva del sistema difensivo del convenuto (e dei terzi), da cui desumere le questioni, di fatto e di diritto, controverse tra le parti, tenendo anche conto di singole eccezioni di rito e di merito, nonché delle richieste istruttorie già formulate o comunque prospettate quale thema probandum.
Il parametro valutativo da assumere quale primario riferimento per il giudizio di “decidibilità” nelle forme del sommario è, dunque, sicuramente l”oggetto” della causa ed il complesso articolato di difese ed eccezioni introitate nel giudizio, passando, anche, per le richieste istruttorie articolate dalle parti e le eventuali istanze per la estensione del contraddittorio ad altri soggetti. Non è un caso che l’art. 702-ter, comma III, c.p.c. richiami espressamente “le difese svolte dalle parti”, ai fini della eventuale conversione.
All’esito delle valutazioni che precedono, il giudice, tenuto conto della complessità oggettiva e soggettiva della causa, deve prefigurarsi il percorso che, a suo giudizio, si prospetta per la decisione e, dunque, verificarne la sua compatibilità con le forme semplificate. La compatibilità va esclusa ove venga meno uno degli assi portanti del giudizio sommario e, cioè: I) celerità dei tempi e II) snellezza delle forme.
Sulla scorta delle osservazioni dell’autorevole dottrina, il giudice, però, può anche valutare tout court l’eventuale manifesta fondatezza/infondatezza della domanda (detto a contrario, la manifesta infondatezza/fondatezza della difese del convenuto) ove, ad esempio, nonostante la complessità globale del giudizio, una questione di diritto sia idonea a risolvere la lite.
Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte, l’istruzione sommaria è quella che dà la stura ad un processo (in concreto) veloce e snello, a prescindere dall’eventuale complessità (in astratto) del fascicolo del procedimento.
Orbene, applicando le regole di diritto sin qui illustrate al caso di specie, è chiaro che sia non solo possibile ma anche opportuna una istruzione sommaria. Ed, infatti, va in primo luogo osservato che l’azione esperita può beneficiare di un riparto degli oneri probatori di favore per il creditore (art. 1218 c.c. come interpretato dalle SS.UU. 13533/2001), cosicché l’istruzione è circoscritta ad una verifica del titolo negoziale (documentale) e dell’esatto adempimento (onere probatorio gravante sul debitore). Va, poi, rilevato che il processo presenta un indice minimo di complessità soggettiva (due parti) e che non è stato esteso il perimetro del procedimento, vuoi in senso soggettivo (vocatio in ius di terzi), vuoi in senso oggettivo (domande riconvenzionali).
Per tali motivi, non va disposta la conversione ex art. 702-ter, comma III, c.p.c. e può provvedersi alla decisione in ordine agli atti di istruzione cui provvedere.
3. Atti di istruzione
L’attore ha dedotto ed allegato documentalmente il proprio adempimento, avendo fornito prova scritta del bonifico effettuato nei confronti della convenuta. Ha, poi, dato prova documentale del rapporto intercorso tra le parti, anche allegando la corrispondenza in itinere intervenuta trai contraenti ed avente, essenzialmente, ad oggetto le ragioni per cui, a fronte del pagamento anticipato della merce, il debitore non provvedesse ad eseguire la sua prestazione.
La convenuta non si è costituita
Orbene, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca ai sensi dell’art. 1218 c.c. deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite, 30/10/2001, n. 13533 in Corriere Giur., 2001, 12, 1565; Cass. civ., Sez. Unite, 24/03/2006, n. 6572). Ed, infatti, la disciplina dell’onere della prova assume un rilievo particolare nell'ambito dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ove il Codice civile (art. 1218) introduce una presunzione – definita dalla dottrina - "semplificante", in deroga alla regola generale dell'art. 2697 c.c., accollando al debitore, che non abbia eseguito esattamente la prestazione dovuta, l'onere di provare che l'inadempimento o il ritardo siano stati provocati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (salvo, ovviamente, provare fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell’altrui pretesa; es. l’avvenuto esatto adempimento).
Alla luce delle considerazioni che precedono, va rigettata la richiesta di prova orale formulata dall’attrice atteso che, fornita prova documentale del rapporto ed allegato l’altrui inadempimento, è onere del debitore fornire prova liberatoria ex art. 1218 c.c.
4. Calendario del processo
La Legge 18 giugno 2009 n. 69 ha introdotto nelle disposizione di attuazione al codice di rito, l’art. 81-bis c.p.c., in virtù del quale, il giudice, quando provvede sulle richieste istruttorie, sentite le parti e tenuto conto della natura, dell’urgenza e della complessità della causa, fissa il calendario del processo con l’indicazione delle udienze successive e degli incombenti che verranno espletati. Reputa questo Tribunale che il calendario del processo non sia applicabile al rito semplificato di cognizione. La funzione della calendarizzazione delle udienze, infatti, risponde all’esigenza di “programmare”, con le parti, la durata del procedimento civile, con indicazione dei singoli arresti procedimentali che si andranno a seguire nel tempo e tanto al fine di garantire un tempo ragionevole di definizione del giudizio. Se, allora, questa è la ratio essa non si rileva sintonica con il giudizio sommario ove, come già si è detto, il rito è già per sua natura celere e snello. Ma vi è di più: l’introduzione del calendario andrebbe a vulnerare la stessa natura ontologica del rito sommario. Si andrebbe, infatti, ad introdurre un elemento di rigidità nell’istruttoria deformalizzata del procedimento semplificato (“il giudice provvede nel modo che ritiene più opportuno”). Non va sottaciuto, poi, che l’art. 81-bis cit. segue all’art. 81 il quale è chiaramente modellato sul processo ordinario di cognizione atteso che regola la fissazione delle singole udienze di istruzione.
Per i motivi illustrati, nel giudizio sommario il giudice non deve provvedere alla fissazione del calendario del processo, atteso che il suddetto incombente non è compatibile con “i procedimenti, anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa” (secondo la dizione della delega legislativa conferita per la riorganizzazione dei riti civili, v. legge 69/2009).
Ad ogni modo, non essendovi istruttoria nel caso di specie, il calendario, comunque, non dovrebbe essere annesso alla odierna pronuncia.
La causa va rinviata per la discussione finale, abilitando il difensore a produrre, entro quella data, uno scritto difensivo conclusivo e riepilogativo delle richieste.
P.q.m.
letto ed applicato l’art. 702-ter, comma V, c.p.c.
rinvia
la causa per la discussione all’udienza del 18 dicembre 2009 ore 10.30.
Ordinanza letta in udienza
Varese, lì 18 novembre 2009
Il Giudice
dott. Giuseppe Buffone
4)
Tribunale di Varese
Sezione I Civile
Ordinanza 18 dicembre 2009
Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in persona del giudice designato, dott. Giuseppe Buffone,
ha pronunciato, dandone lettura in udienza, la seguente
ORDINANZA
EX ART. 702-TER, COMMA V, C.P.C.
nel procedimento sommario di cognizione n. 4658 dell’anno 2009, pendente
TRA
K., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Varese alla via …….., presso lo studio dell’Avv. ……. e rappresentata e difesa dall’Avv. …… del foro di Milano, in forza di procura a margine dell’atto di ricorso
ATTORE
CONTRO
Z., in persona del rappresentante legale pro-tempore, con sede legale in Varese alla via …..
CONVENUTA
all’esito dell’udienza del 18 dicembre 2009,
IN FATTO
E’ emerso all’esito del giudizio, come tra le parti sia intercorso un rapporto contrattuale di compravendita avente ad oggetto la cessione di merce di abbigliamento in luogo della complessiva somma di euro 8.120,00 a titolo di corrispettivo.
L’attrice ha evocato in giudizio la convenuta assumendo di non avere mai ricevuto l’oggetto della vendita (e, cioè, i capi di abbigliamento) ed, anzi, di avere assistito ad una condotta del partner negoziale chiaramente orientata a non onorare agli impegni obbligatori assunti.
IN DIRITTO
La domanda deve trovare accoglimento.
Come già osservato nell’ordinanza del 18 novembre 2009, resa in questo procedimento, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca ai sensi dell’art. 1218 c.c. deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera
allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite, 30/10/2001, n. 13533 in Corriere Giur., 2001, 12, 1565; Cass. civ., Sez. Unite, 24/03/2006, n. 6572). Ed, infatti, la disciplina dell’onere della prova assume un rilievo particolare nell'ambito dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ove il Codice civile (art. 1218) introduce una presunzione – definita dalla dottrina - "semplificante", in deroga alla regola generale dell'art. 2697 c.c., accollando al debitore, che non abbia eseguito esattamente la prestazione dovuta, l'onere di provare che l'inadempimento o il ritardo siano stati provocati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (salvo, ovviamente, provare fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell’altrui pretesa; es. l’avvenuto esatto adempimento).
Nel caso di specie, parte ricorrente ha prodotto prova documentale del rapporto contrattuale, allegando anche gli ordini di pagamento effettuati in favore della convenuta, con indicazione del titolo giustificativo del trasferimento di denaro (v. docc. n. 1 e 2).
Vi è, poi, agli atti, emersione di elementi fattuali idonei ad illuminare una condotta della convenuta chiaramente restia ad onorare gli impegni negoziali assunti (v. doc. 3) e vi è, anche, peraltro, prova della intervenuta scadenza del termine per l’adempimento esatto che doveva avvenire entro il febbraio del 2009.
La convenuta non ha inteso resistere alla domanda della ricorrente ma, con ciò, non offrendo alcuna prova liberatoria che ai sensi dell’art. 1218 c.c. gravitava sulla stessa ove allegato il contratto e dedotto l’inadempimento.
Il mancato totale inoltro della merce oggetto di contratto, a fronte dell’integrale pagamento del prezzo, costituisce grave inadempimento che legittima e giustifica la risoluzione del contratto.
Per tali motivi, in accoglimento della domanda attrice, va dichiaro risolto il contratto e la convenuta va condannata alla restituzione del corrispettivo percepito.
Nessun danno può essere, però, riconosciuto atteso che non è stata fornita prova come gli artt. 1223, 2697 c.c. imponevano, non potendo il giudice desumerlo in via equitativa trattandosi di danno a contenuto patrimoniale.
Sulla somma vanno aggiunti, come richiesti, gli interessi moratori dal 10 giugno 2009, da calcolare ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. 231/2002 trattandosi di transazioni commerciali tra imprese. Il saggio degli interessi, pertanto, deve essere determinato in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di 7 punti percentuali.
Vanno aggiunte le spese della lite da liquidare ai sensi dell’art. 702-ter, ult. comma, c.p.c.
Quanto all’ammontare della liquidazione, va ricordato quanto affermato dalle Sezioni Unite dell’11 settembre 2007 n. 19014: le spese di lite vanno liquidate giusta la natura ed il valore della controversia, l’importanza ed il numero delle questioni trattate, nonché la fase di chiusura del processo. Il principio di adeguatezza e proporzionalità impone, peraltro, una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito processuale e l'entità degli onorari per l'attività professionale svolta. Il decisum prevale quindi, di regola, sul disputatum (Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza 11 settembre 2007, n. 19014). Nel caso di specie non vi è stata attività istruttoria e la procedura è stata definita in due udienza cosicché la nota spese del difensore va ridotta non apparendo in linea con i principi di diritto sopra illustrati. Le spese vanno liquidate in Euro 2.000,00 di cui: Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576.
P.Q.M.
Il Tribunale di Varese, sezione Prima Civile, in persona del giudice dott. Giuseppe Buffone
letto ed applicato l’art. 702-ter, comma V, c.p.c.
ACCOGLIE
la domanda della parte ricorrente avente ad oggetto la risoluzione del contratto e la restituzione del corrispettivo versato, e per l’effetto
DICHIARA
risolto il contratto intercorso tra le parti e per cui è causa
CONDANNA
la convenuta alla restituzione, in favore della ricorrente, della somma di Euro 8.120,00 maggiorata degli interessi di mora ex artt. 4,5 d.lgs. 231/2002 con decorrenza dal 10 giugno 2009 e sino al soddisfo
CONDANNA
la convenuta al rimborso delle spese di lite in favore della attrice che liquida in complessivi Euro 2.000,00 di cui: Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576.
MANDA
alla cancelleria per quanto di competenza.
L’ordinanza, letta in udienza, è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione
Varese, lì 18 dicembre 2009
IL GIUDICE
DOTT. GIUSEPPE BUFFONE
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
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