lunedì 1 marzo 2010

Accesso agli atti tributari, sì purchè il procedimento tributario si sia concluso

Consiglio di Stato Sezione IV Sentenza 13 gennaio 2010, n. 53

"... anche nel caso in esame, possa trovare conferma l’avviso già espresso dalla Sezione con la decisione n. 5144 del 21 ottobre 2008, in tema di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art. 24 della legge n. 241 del 1990, e cioè che occorre accedere ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta, alla stregua della quale l’inaccessibilità agli atti di cui trattasi è limitata, temporalmente, alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di "segretezza" nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo.

Infatti, diversamente opinando si perverrebbe alla singolare conclusione che il cittadino possa subire ulteriori incisioni nella propria sfera giuridica in conseguenza di un procedimento tributario, pur conclusosi in sede giustiziale con accordo tra le parti, qualora gli fosse impedito di accedere a tutti gli atti che lo riguardano, al fine di difendersi in un parallelo procedimento pendente per gli stessi fatti, quale quello penale nella specie instauratosi a seguito della verifica tributaria.

Del resto, come ha già chiarito la Sezione, è lo stesso articolo 24, al settimo comma, che, con norma di chiusura, garantisce comunque l’accesso a quei documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, individuando come unico limite i documenti contenenti dati sensibili e giudiziari.

Orbene, facendo applicazione, nel caso in esame, delle considerazioni sin qui svolte non può non riconoscersi in capo all’appellante un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario in questione, tenuto conto che lo stesso appellante è chiamato a difendersi nel parallelo procedimento penale iniziato nei suoi confronti per il reato di cui agli articoli 110 e 81 cpv del codice penale ed all’articolo 3 del d.lgs. n. 74 del 2000.

Infatti, diversamente, risulterebbe difficile comprendere come Caio possa altrimenti far fronte alla necessità, costituzionalmente garantita, di difendersi concretamente in sede penale se non gli venisse consentito di accedere agli atti tributari in correlazione ai quali l’Autorità giudiziaria penale ha deciso di procedere nei suoi confronti""""



Consiglio di Stato

Sezione IV

Sentenza 13 gennaio 2010, n. 53

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 6741 del 2009, proposto da:

N. P. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della X. s.r.l. (già X. di P. N. & C. s.a.s.), rappresentati e difesi dagli avvocati Marco Miccinesi e Francesco Pistolesi, con domicilio eletto presso l’avv. P. Fiorilli in Roma, via Cola di Rienzo 180;

contro

Agenzia delle Entrate, Ufficio Firenze 2 e Direzione Regionale delle Entrate per la Toscana, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Toscana -Sezione I^- n. 1215 del 9 luglio 2009, resa tra le parti, concernente l’accesso agli atti relativi ad un avviso di accertamento fiscale;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, dell’Ufficio Firenze 2 della stessa Agenzia e della Direzione Regionale delle Entrate per la Toscana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2009 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati Avvocato dello Stato Perotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Il sig. P. N., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della X. s..r.l. (già X. di P. N. & C. s.a.s.) ha impugnato la sentenza del TAR per la Toscana, sezione 1^, n. 1215 del 9 luglio 2009 con la quale è stato rigettato il ricorso giurisdizionale proposto per l’annullamento dei provvedimenti, entrambi datati 26 marzo 2009, con i quali l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Firenze e Direzione Regionale Toscana, hanno denegato l’accesso alla documentazione richiesta con istanza datata 12 marzo 2009.

Espone, in punto di fatto:

- di avere ricevuto, inizialmente, dall’Agenzia delle Entrate, due “…inviti a comparire…”, ex art. 5 del D.Lgs. n. 218 del 1997 per l’instaurazione del contraddittorio ai fini del procedimento di accertamento con adesione e di avere ricevuto, altresì, successivamente, dall’Ufficio fiorentino delle Entrate avviso di accertamento n. R5H010300721, in materia di IRPEF e di im,posta sostitutiva sulle plusvalenze azionarie per il periodo di imposta 2003, nonché altro avviso di accertamento n. R5H020300714, a carico della X. s.r.l in materia di accertamento del reddito per lo stesso anno 2003;

- di avere, dapprima, impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale tali avvisi di accertamento e poi proposto anche istanza di annullamento in via di autotutela dei predetti avvisi di accertamento;

- di avere aderito alla conciliazione giudiziale, ex art. 48 del D.Lgs. n. 546 del 1992, che, essendo stata perfezionata tramite il versamento della prima rata dovuta e la prestazione di idonea fideiussione, ha comportato, su concorde richiesta delle parti, “…l’estinzione dei due giudizi pendenti mediante declaratoria di cessata materia del contendere, pronunziata con sentenza n. 54/10/09;

- di avere successivamente chiesto, sia all’Ufficio Regionale delle Entrate, sia a quello fiorentino, l’accesso alla documentazione richiesta con l’istanza datata 12 marzo 2009, in vista dell’udienza preliminare del procedimento penale instaurato nei propri confronti, in relazione alle anzidette vicende tributarie, su richiesta della competente Procura della Repubblica;

- di avere proposto, a seguito dei dinieghi opposti alla citata istanza di accesso, ricorso al TAR della Toscana che, con la sentenza indicata in epigrafe, lo ha respinto ritenendo conclusivamente che la norma dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990, come sostituita dall’art. 16, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15, escluda l’accesso agli atti dei procedimenti tributari, anche quando essi si siano conclusi, prevedendosi espressamente che, per tali procedimenti, “…restano ferme le particolari norme che li regolano…”.

Con la sentenza appellata il Giudice di prime cure ha affermato che non è revocabile in dubbio che la norma dell'art. 24 della legge n. 241 del 1990 (come sostituito dall'art.16, comma 1, della legge 11 febbraio 2005 n. 15), già secondo la sua formulazione letterale, oltre che secondo una lettura sistematica della stessa, avuto riguardo alle analoghe disposizioni riguardanti gli atti amministrativi generali e programmatori, prevede inequivocamente l'esclusione dall'accesso agli atti del procedimento tributario, senza alcuna distinzione relativa al conclusione o meno di quest’ultimo, tenuto conto della significativa precisazione fatta dal legislatore che detto divieto ha effetto "…nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano…".

Parte appellante con il gravame in esame ha dedotto che i contestati dinieghi di accesso violerebbero i principi di eguaglianza, di inviolabilità del diritto di difesa, di trasparenza, di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione, in quanto sarebbero fondati su di un’errata interpretazione della norma dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990, come sostituita dall’art. 16, comma 1, lettera b), della legge 11 febbraio 2005, n. 15 e che avrebbe errato il giudice di prime cure a condividere tale interpretazione poiché la citata norma, come chiarito dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV^, n. 5144 del 21 ottobre 2008) non esclude l’interessato dall’accesso agli atti del procedimento tributario che lo riguardano, le quante volte detto procedimento sia stato già definito con apposito provvedimento. In sintesi, dovrebbe accedersi, a parere dell’appellante, ad una lettura costituzionalmente orientata della norma perché soltanto essa offrirebbe “…un’equilibrata composizione di due contrapposte esigenze, entrambe costituzionalmente tutelate, e cioè, da un lato, l’esigenza di non compromettere l’efficacia dell’azione accertatrice dell’Amministrazione finanziaria, facendo sì che sia rispettato il precetto costituzionale del concorso di tutti i cittadini alla spese pubbliche secondo la loro singola capacità contributiva e, dall’altro, l’esigenza che ciascuno possa difendersi in giudizio, disponendo di tutti gli strumenti e tutti gli atti necessari per la più efficace tutela dei propri interessi (art. 24 Costituzione)…”.

Di qui la sussistenza dei vizi, già dedotti in primo grado, di violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 24 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 7, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione ai principi di eguaglianza, inviolabilità del diritto di difesa, di trasparenza, di buona amministrazione e di imparzialità, di cui rispettivamente agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione, nonché eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, anche con riferimento alla motivazione resa, in particolare, sia per gli atti del procedimento di verifica ed accertamento fiscale, sia per quelli concernenti l’accertamento con adesione, sia, infine, per quelli relativi alla richiesta di annullamento in autotutela del diniego di accesso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio e con memoria ha confutato le tesi dell’appellante sostenendo, conclusivamente, che sarebbe corretta e pienamente aderente alla volontà del legislatore l’interpretazione della norma in questione fornita dal giudice di prime cure.

Ritiene il Collegio che, anche nel caso in esame, possa trovare conferma l’avviso già espresso dalla Sezione con la decisione n. 5144 del 21 ottobre 2008, in tema di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art. 24 della legge n. 241 del 1990, e cioè che occorre accedere ad una lettura costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta, alla stregua della quale l’inaccessibilità agli atti di cui trattasi è limitata, temporalmente, alla fase di pendenza del procedimento tributario, non rilevandosi esigenze di "segretezza" nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo.

Infatti, diversamente opinando si perverrebbe alla singolare conclusione che il cittadino possa subire ulteriori incisioni nella propria sfera giuridica in conseguenza di un procedimento tributario, pur conclusosi in sede giustiziale con accordo tra le parti, qualora gli fosse impedito di accedere a tutti gli atti che lo riguardano, al fine di difendersi in un parallelo procedimento pendente per gli stessi fatti, quale quello penale nella specie instauratosi a seguito della verifica tributaria.

Né possono rinvenirsi elementi interpretativi di senso contrario nella diversità testuale tra l’articolo 24 nella sua formulazione originaria -che stabiliva che "…non è comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'art. 13…", tra i quali erano contemplati anche quelli tributari- e quella, invece, introdotta per effetto della sostituzione operata dall'art. 16, comma 1, lettera b), della legge n. 15 del 2005, tenuto conto che la ratio della modifica -che la difesa erariale individua nella volontà legislativa di estendere, rispetto al passato, la regola dell’inaccessibilità in campo tributario a tutti i documenti, anche quelli relativi a procedimenti già conclusi- ben può essere ricercata, per converso, nell’esigenza di armonizzazione lessicale tra i ridetti articoli.

Del resto, come ha già chiarito la Sezione, è lo stesso articolo 24, al settimo comma, che, con norma di chiusura, garantisce comunque l’accesso a quei documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, individuando come unico limite i documenti contenenti dati sensibili e giudiziari.

Orbene, facendo applicazione, nel caso in esame, delle considerazioni sin qui svolte non può non riconoscersi in capo all’appellante un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario in questione, tenuto conto che lo stesso appellante è chiamato a difendersi nel parallelo procedimento penale iniziato nei suoi confronti per il reato di cui agli articoli 110 e 81 cpv del codice penale ed all’articolo 3 del d.lgs. n. 74 del 2000.

Infatti, diversamente, risulterebbe difficile comprendere come il sig. N. possa altrimenti far fronte alla necessità, costituzionalmente garantita, di difendersi concretamente in sede penale se non gli venisse consentito di accedere agli atti tributari in correlazione ai quali l’Autorità giudiziaria penale ha deciso di procedere nei suoi confronti.

In conclusione, l’appello è fondato per cui, in riforma dell’appellata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado proposto dal sig. N. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della X. s.r.l. con conseguente riconoscimento del suo diritto di accedere agli atti richiesti con l’istanza del 12 marzo 2009.

Le spese del doppio grado possono essere compensate, sussistendo giusti motivi per disporre in tal modo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione IV), accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti di diniego di accesso ai documenti impugnati.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2009 con l'intervento dei Signori:

Costantino Salvatore, Presidente

Luigi Maruotti, Consigliere

Goffredo Zaccardi, Consigliere

Armando Pozzi, Consigliere

Guido Romano, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13/01/2010.

Nessun commento:

Address

Studio Legale avv. Santo De Prezzo Erchie (Brindisi - Italy) via Principe di Napoli, 113
DPR SNT 58E29 L280J - P.I. 00746050749 - phone +39 0831 767493 - mob. +39 347 7619748