venerdì 5 marzo 2010

Lottizzazione abusiva, concorso nel reato per l'aquirente che non dimostri la buona fede

CORTE DI CASSAZIONE SEZ III PEN Sentenza 4 novembre 2009 - 18 gennaio 2010, n. 3910
L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benchè compartecipe ai medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad una operazione di illecita lottizzazione.



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 4 novembre 2009 - 18 gennaio 2010, n. 3910

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

OSSERVA

1) Con ordinanza in data 23.2.2009 il Tribunale di Massa rigettava l'appello proposto ex art. 322 bis c.p.p. nell'interesse di C. L. ed altri avverso il provvedimento del GIP con cui era stata respinta in data 14.1.2009 l'istanza di dissequestro delle unità abitative di loro proprietà, facenti parte del complesso immobiliare RTA "****".

Premetteva il Tribunale che il suddetto complesso immobiliare era stato sottoposto a sequestro preventivo con decreto del GIP del Tribunale di Massa del 5-10/7/2006, ipotizzandosi il reato di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) a carico dei legali rappresentanti della "Coifi s.p.a." per mutamento della destinazione d'uso delle singole unità immobiliari edificate, da alberghiera in residenziale (il GIP riteneva sussistente il reato di lottizzazione abusiva in quanto, attraverso la vendita parcellizzata delle unità abitative si mutava la destinazione d'uso della struttura alberghiera). Il decreto di sequestro preventivo era stato impugnato davanti al Tribunale del riesame, che l'aveva respinto in data 3.8.2006 (ordinanza non impugnata con ricorso per cassazione). Successivamente venivano respinte dal GIP tre istanze di dissequestro, tutte confermate dal Tribunale e non impugnate con ricorso per cassazione.

In data 9.1.2009 era presentata istanza di dissequestro da parte di soggetti che si definivano acquirenti in buona fede di singole unità abitative del complesso immobiliare sequestrato. Tale istanza veniva respinta dal GIP, la cui ordinanza era impugnata ex art. 322 bis c.p.p..

Tanto premesso, riteneva il Tribunale, dopo aver richiamato i giudicati cautelari precedenti in ordine alla sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva e delle esigenze cautelari, che sussistesse la necessità di mantenimento del sequestro. Il sequestro andava mantenuto ex art. 321 c.p.p., comma 1, ma anche ex art. 321 c.p.p., comma 2, in quanto funzionale alla successiva confisca obbligatoria. Come affermato dalla Suprema Corte la confisca va applicata anche nei confronti dei terzi acquirenti in buona fede, i quali potranno far valere i propri diritti in sede civile, trattandosi di sanzione amministrativa di natura reale e non personale. Del resto il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 non prevede come requisito della confisca la sussistenza del dolo o della colpa in capo al proprietario dell'immobile da confiscare, richiedendo come unico presupposto l'accertamento giurisdizionale di una lottizzazione abusiva eventualmente commessa da terzi.

Peraltro anche facendo riferimento al diverso orientamento di cui alla sentenza della Corte di cassazione n. 42741/2008, l'immobile dovrebbe essere ritenuto ugualmente confiscabile, emergendo sotto il profilo del fumus la colpa degli acquirenti delle singole unità abitative.

2) A.M., G.A., Ca.Ma.

R., F.P., S.E., M.M., Fu.Pa.Ma., R.A.M., V.L., a mezzo del difensore, ricorrono per cassazione, denunciando l'erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2.

L'orientamento giurisprudenziale seguito dal Tribunale è stato superato dalla sentenza n. 42741/2008 della terza sezione penale della Suprema Corte. Tale diverso recente orientamento trova fondamento nell'interpretazione costituzionalmente compatibile del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 con l'art. 7 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Nè hanno consistenza i sospetti sulla effettiva buona fede, tenuto conto che è lo stesso GIP ad escludere tale eventualità e che il P.M. non ha mai esercitato l'azione penale nei confronti degli acquirenti chiedono pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

C.L., a sua volta, propone separato ricorso con gli stessi motivi degli altri ricorrenti.

3) I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.

3.1) Anche di recente questa Corte (cfr. sent. n. 1024 del 13.7.2009- Apponi ed altri), nel ricordare che il reato di lottizzazione abusiva - secondo la concorde interpretazione giurisprudenziale - nella molteplicità delle forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, purchè ciascuno di essi apporti un contributo causale alla verificazione dell'illecito (sia pure svolgendo ruoli diversi, ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcun necessità di un accordo preventivo, ha ribadito che il terzo acquirente non può di per sè essere considerato "estraneo" al reato. Infatti, "La condotta dell'acquirente non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perchè anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quegli (vedi Cass., sez. unite, 27.3.1992 n. 4708, ric. Fogliani) e, per la cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. (vedi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli interessi dell'altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica).

L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benchè compartecipe ai medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad una operazione di illecita lottizzazione. Quando invece l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell'intervento - o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio. Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei venditori che, traendo in inganno gli acquirenti, li convincono della legittimità dell'operazione (vedi Cass. sez. 3^, 22.5.1990, Oranges e 26.1.1998, Cusimano). Neppure l'acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità, allorchè si consideri che l'utilizzazione delle modalità dell'acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato verificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale (vedi Cass, sez. 3, 8.11.2000, Petracchi)". Tali principi non sono in contrasto con quanto affermato nella sentenza n. 42741/2008 (ric. Silvioli ed altri. dep. il 17.11.2008), richiamata anche dai ricorrenti, "le cui statuizioni restitutorie si connettono ad una situazione di fatto in cui il tribunale del riesame aveva espressamente affermato (sia pure con valutazioni ovviamente limitate alla propria cognizione incidentale) che gli acquirenti degli immobili compendio della lottizzazione abusiva valutata in quella sede erano "soggetti in buona fede estranei alla commissione del reato" e che ciò spiegava il mancato esercizio dell'azione penale nei loro confronti. Quella sentenza, dunque, si è conformata alle peculiarità del caso ma non ha inteso affatto affermare un assiomatica e generalizzata posizione di buona fede dei terzi acquirenti degli immobili in ogni vicenda di lottizzazione abusiva". 3.1.1) I giudici del Tribunale hanno escluso, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in questa sede di legittimità (a norma dell'art. 325 c.p.p. è consentito il ricorso solo per violazione di legge, cui può essere ricondotta ex art. 125 c.p.p., comma 3 solo la motivazione apodittica o apparente) che i ricorrenti fossero in buona fede.

Hanno affermato, infatti, che nei contratti di compravendita si rinviava ad un regolamento in cui si disciplinavano le parti comuni, costituendosi così un vero e proprio condominio composto di singoli appartamenti di proprietà individuale destinati ad abitazione, mentre le previsioni del regolamento di condominio riguardanti la residenza turistico alberghiera erano prive di qualsiasi effetto giuridico sostanziale. Peraltro già questa contraddizione (contemporaneamente era prevista sia la vendita di unità immobiliari a singoli acquirenti sia la realizzazione di una residenza turistico alberghiera relativa allo stesso complesso immobiliare) evidenziava di per sè un profilo di colpa. La colpa era aggravata dal fatto che gli acquirenti potevano conoscere le previsioni dei vigenti strumenti urbanistici e rendersi conto che poteva essere realizzata solo una residenza turistico - alberghiera.

3.2) Peraltro il sequestro è stato disposto, come sottolineato dal Tribunale, anche a norma dell'art. 321 c.p.p., comma 1.

E secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte "oggetto del sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1 può essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato - purchè esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (vedi cass. n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992)". (cfr. Cass. pen. sez. 3^ n. 1022 del 13.7.2009, ric. Berardi ed altri). Ed ha ineccepibilmente rilevato il Tribunale che, qualora i ricorrenti rientrassero in possesso delle singole unità immobiliari, sarebbe lecito presumere l'utilizzazione da parte loro degli immobili, con conseguente prosecuzione del reato o quantomeno protrazione ed aggravamento delle sue conseguenze dannose.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010.

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