martedì 18 settembre 2007

Misura cautelare, non è nullo il provvedimento amministrativo emesso in violazione

Nullità provvedimento, elusione del giudicato, misura cautelare, insussistenza
TAR Liguria, sez. II, sentenza 02.02.2007 n° 158

Nullità provvedimento – elusione del giudicato – misura cautelare – insussistenza [L. 241/1990]

Non sussiste la nullità del provvedimento emesso in violazione del giudicato di una misura cautelare, attestata la natura provvisoria e non definitiva di quest’ultima.

TAR Liguria

Sezione II

Sentenza 2 febbraio 2007, n. 158

N. 00158/2007 REG.SEN.
N. 01053/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1053 del 2005, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
X. S.n.c., rappresentato e difeso dall'avv. Gian Fausto Lucifredi, con domicilio eletto in Genova, via San Lorenzo 21/5;

contro

Comune di K., in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Granara, con domicilio eletto in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;
A.s.l. n.3 – Genovese, in persona del legale rappresentante non costituito in giudizio;

nei confronti di

R. M., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell'ordinanza 16/08/2005 n. 36 del responsabile dell'area del Comune stesso, notificata il 19/08/2000 recante sospensione dell'autorizzazione sanitaria e chiusura temporanea dell'esercizio di ristorazione ricorrente, limitatamente alle preparazioni gastronomiche che richiedono cottura e quindi implicano produzione di fumi e vapori, nonchè ordine di adeguamento ai rilievi sollevati dall'ASL ivi citato (proposta 22/06/2005 prot. 106967 A.S.L. 3 Genovese - Dirigente U.O. Igiene degli alimenti e nutrizione) e di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e/o conseguente, nonchè per il risarcimento del danno comunque derivato e derivando dai provvedimenti stessi; nonchè per la nuova ordinanza del 20/07/2006 n. 25 sugli stessi presupposti e con la stessa portata del provvedimento sospeso.

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di K.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21/12/2006 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti l’avv. G. F. Lucifredi per la ricorrente e l’avv. D. Granara per il Comune di K.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato in data 14 ottobre 2005 al Comune di K. e all’ASL n. 3 Genovese e depositato il successivo 19 ottobre 2005 la società X. s.n.c. impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, l'ordinanza 16/08/2005 n. 36 del responsabile dell'area del Comune stesso, recante sospensione dell'autorizzazione sanitaria e chiusura temporanea dell'esercizio di ristorazione ricorrente, limitatamente alle preparazioni gastronomiche che richiedono cottura e quindi implicano produzione di fumi e vapori.

Avverso il provvedimento impugnato venivano dedotti i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 15 della l.283/1962, degli artt. 22 e 25 del d.p.r. 327/1980 dell’art. 8 d.lgs. n. 507/98, in quanto l’amministrazione avrebbe utilizzato la previsioni legislative relative alla igiene degli alimenti per inibire l’emissione nell’aria di fumi provenienti dalla ottura dei cibi;

2) incompetenza, in quanto il provvedimento è stato adottato dal responsabile del servizio commercio privo di competenza in materia;

3) difetto di presupposti, violazione di legge, in quanto nessuna norma impone l’obbligo di un adeguato impianto di depurazione per la cottura dei cibi;

4) eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti atti , travisamento dei fatti, falsità dei presupposti, in quanto il provvedimento impugnato si fonda su un accertamento della ASL n. 3 che ha rilevato esclusivamente la mancanza del piano di autocontrollo;

5) violazione della normativa sull’accesso agli atti e partecipazione al procedimento, violazione dei principi generali sul diritto al contraddittorio, in quanto l’accesso agli atti è stato negato adducendo la mancata conclusione del procedimento;

6) eccesso di potere per falsità dei presupposti e travisamento e violazione di legge, in quanto la proposta dell’ASL n. 3 non vincolava il Comune che invece ha inteso ritenere la natura vincolata della stessa.

La ricorrente formulava altresì domanda risacitoria.

Si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale.

Con ordinanza 26 ottobre 2005 n. 516 il Collegio, rilevata la non rispondenza della violazione descritta nel provvedimento impugnato alla norma fondante il potere esercitato, accoglieva l’istanza incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Con successiva ordinanza n. 25 in data 20 luglio 2006 il Comune di K. ordinava alla ricorrente di provvedere alla installazione dell’impianto per la depurazione dei fumi e degli odori derivanti dalla preparazione dei cibi.

L’ordinanza veniva impugnata dalla ricorrente mediante la deduzione di motivi aggiunti con atto notificato in data 26 luglio 2006 e depositato in data 28 luglio 2006.

Con ordinanza 30 agosto 2006 n. 300 veniva accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

All’udienza pubblica del 21 dicembre 2006 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è proposto avverso l'ordinanza 16/08/2005 n. 36 del responsabile dell'area del Comune stesso, recante sospensione dell'autorizzazione sanitaria e chiusura temporanea dell'esercizio di ristorazione ricorrente, limitatamente alle preparazioni gastronomiche che richiedono cottura e quindi implicano produzione di fumi e vapori.

Il ricorso è fondato.

A seguito di un esposto di cittadini di K. l’Asl n. 3 Genovese effettuava in data 9 giugno 2005 ispezione presso i locali della ricorrente ad esito della quale l’Ispettore di igiene rimetteva gli atti per la valutazione in ordine alla richiesta di provvedimenti ingiuntivi "ai fini della predisposizione di idonei accorgimenti per far sì che il fumo non risulti nocivo".

In data 15. giugno 2005 sullo stesso verbale di ispezione veniva apposta l’annotazione "vista la relazione del 9.6.05 inviare al Comune di K. proposta di provvedimenti del Sindaco per l’adozione da parte della società ricorrente di piani di autocontrollo ai sensi del d.lgs. 155/97".

Con comunicazione in data 22 giugno 2005 inviata al Comune di K. l’Asl n. 3 proponeva al Sindaco l’adozione di provvedimento ingiuntivo per l’adozione di impianti per la depurazione dei fumi e degli odori provenienti dalla cucina.

Il Comune emetteva a questo punto l’ordinanza impugnata in principalità.

Il ricorso è fondato avuto riguardo alla censura di carenza di potere e di assenza di presupposti dedotta con il primo motivo.

Deve, invero, rilevarsi come anche dal sopralluogo dell’A.s.l. n. 3 in data 9.6.2005 non risultino in alcun modo irregolarità nella preparazione produzione manipolazione e vendita di sostanze alimentari essendo si rilevato soltanto l’emissione di fumi.

In particolare il citato verbale evidenzia che "la cottura degli alimenti viene effettuata mediante un grill alimentato a legna, ampiamente descritto a fascicolo e negli allegati, situato nei pressi del banco bar posizionato sotto il camino collegato a canna fumaria sfociante a tetto. Il tiraggio di tale impianto risulterebbe efficiente in quanto pur essendo acceso al momento della visita i fumi di combustione venivano completamente assorbiti. La legna repeR. nei pressi è di tipo non resinoso, ed asciutta. Nel momento in cui la combustione ha raggiunto un buon regime si è potuto accedere presso l’abitazione di uno dei reclamanti in via della Repubblica 123/4 da dove sono state scattate le foto… L’odore di fumo derivante dalla combustione di legna … effettivamente chiaramente accertibile già quando era meno visibile. In… l’odore diventava più penetrante e visibile …seguito del posizionamento sul grill di alimenti da …. I fumi di disperdevano nell’abitato circostante … camino".

Come è agevole rilevare nessuna irregolarità o infrazione nella produzione o manipolazione degli alimenti sussiste e soprattutto nessun elemento sussiste che consenta di ritenere il pericolo per la salute.

Ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 15 della l. 30 aprile 1962 relativa alla disciplina igienica della produzione e vendita delle sostanze alimentari e bevande e delle disposizioni del relativo regolamento attuativo d.p.r. 26.3.1980 n. 327.

L’art. 22 d.p.r. 327/1980 stabilisce:" i provvedimenti di chiusura temporanea o definitiva degli stabilimenti ed esercizi, previsti dall’art. 15 della legge, sono adottati con particolare riguardo allo stato di pericolo per la salute pubblica derivante dalla non igienicità delle operazioni di lavorazione o deposito, ovvero dalla natura o condizione delle sostanze prodotte o poste in vendita."

I due presupposti ai quali la norma subordina l’esercizio del potere sono costituiti dalla non igienicità delle lavorazioni od operazioni ovvero della natura e della condizione delle sostanze prodotte e dal pericolo per la salute pubblica.

Nel caso di specie non sussistono né l’uno né l’altro dei presupposti evidenziati.

L’unico elemento rilevato dalla Asl è costituito dalla presenza di fumo "molesto".

Elemento che non pare sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato.

A tal riguardo è agevole osservare che il principio di legalità e tipicità dei provvedimenti amministrativi non consente all’amministrazione di esercitare il potere al di fuori delle ipotesi previste dalla legge.

Donde la illegittimità del provvedimento impugnato.

Con motivi aggiunti la società ricorrente ha impugnato l’ordinanza 20 luglio 2006 n. 25 con veniva ingiunto alla società ricorrente l’installazione dell’apparecchiatura idonea all’abbattimento dei fumi e degli odori derivanti dalla preparazione dei cibi.

Deve preliminarmente essere disattesa la censura di nullità ai sensi dell’art. 21 septies l. 241/90.

Deve invero rilevarsi come l’ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo prevista dalla norma invocata attiene alle ipotesi di contrasto del provvedimento con un giudicato.

Ne consegue che la norma stessa non vale a disciplinare le ipotesi in cui il provvedimento contrasta con le statuizioni di un ordinanza cautelare ancorché non più soggetta a gravame. Ed invero la intrinseca provvisorietà delle misure cautelari, che possono essere modificate e revocate, non consente di attribuire alle stesse la definitività nella regolazione del rapporto proprie delle sentenze passate in cosa giudicata.

Peraltro il Collegio osserva che, essendo stata emanata anche l’ordinanza 20 luglio 2006 n. 25 sulla base degli stessi presupposti della precedente ordinanza la stessa si appalesa viziata.

Anche tale ordinanza deve essere pertanto essere annullata.

Deve esaminarsi la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente.

Sotto un primo profilo deve escludersi la risarcibilità di danni derivanti dalla diminuzione degli incassi correlativa alla perdita della clientela derivante dalla impossibilità di servire alla stessa cibi cotti atteso, da un lato, la tempestiva sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati e, dall’altro, la assenza di qualsivoglia prova del danno subito.

Sotto altro profilo la ricorrente chiede il risarcimento del danno conseguente al venir meno della possibilità di alienazione dell’esercizio alienazione ormai già concordata.

Anche questa voce di danno non appare suscettibile di risarcimento per difetto di elementi probatori.

Invero la documentazione prodotta dalla ricorrente copia proposta irrevocabile di acquisto in data 8.4.2005, copia assegno prima rata del prezzo e copia raccomandata 27.8.2005 di revoca delle proposta non appaiono sufficienti a ritenere al Collegio integrata la prova del chance della cui lesione si lamenta la ricorrente.

I documenti di cui sopra, infatti, costituiscono scritture private e come tali liberamente valutabili dal giudice.

Le stesse, peraltro, appaiono prive di data certa nonché di qualsivoglia elemento dal quale inferire l’autenticità della sottoscrizione.

L’assegno addirittura è sprovvisto di data.

Né sussiste alcun elemento per ritenere l’autenticità della raccomandata di disdetta.

Né tale dubbio in ordine alla autenticità può essere superato dal Colleigo atteso che la prova testimoniale, l’unica che nella specie potrebbe consentire di giungere alla conferma, da parte del sottoscrittore, della documentazione di cui si discute non è esperibile nella giurisdizione ammnistrativo generale di legittimità.

Ne consegue che in ossequio al principio dell’onere della prova la domanda risarcitoria deve essere respinta. .

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione seconda, definitivamente pronunciando accoglie il ricorso principale in epigrafe e gli accessivi motivi aggiunti e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Respinge la domanda risarcitoria.

Condanna l’amministrazione comunale resistente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi €. 2000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 21/12/2006 con l'intervento dei signori:

Paolo Peruggia, Presidente FF

Luca Morbelli, Primo Referendario, Estensore

Angelo Vitali, Referendario

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

IL SEGRETARIO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 02/02/2007.

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