L’adunanza plenaria ritiene che quanto statuito dalla stessa sia anche in sintonia con la recente evoluzione giurisprudenziale e, in particolare, con le seguenti affermazioni:
a) «il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una "nuova materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione» (Corte cost. n. 204/2004);
b) la giurisdizione del giudice amministrativo resta in ogni caso delimitata dal collegamento con l'esercizio in concreto del potere amministrativo secondo le forme tipiche previste dall'ordinamento: ciò sia nella giurisdizione esclusiva che nella giurisdizione di annullamento (Corte cost. n. 204/2004);
c) «al precedente sistema che, in considerazione della natura intrinseca di diritto soggettivo della situazione giuridica conseguente all'annullamento del provvedimento amministrativo, attribuiva al giudice ordinario le controversie sul risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti amministrativi (così l’art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7, lettera c della legge n. 205 del 2000), il legislatore ha sostituito (appunto con l'art. 35 cit.) un sistema che riconosce esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche il potere di risarcire, sia per equivalente sia in forma specifica, il danno sofferto per l'illegittimo esercizio della funzione» (Corte cost. n. 191/2006);
d) «la tutela giurisdizionale contro l'agire illegittimo della pubblica amministrazione spetta al giudice ordinario, quante volte il diritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo o, se lo sopporti, quante volte l'azione della pubblica amministrazione non trovi rispondenza in un precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile come tale, perchè a sua volta deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento e non come mera via di fatto». Non si verifica il collegamento con l’esercizio del potere «quando l'amministrazione agisca in posizione di parità con i soggetti privati, ovvero quando l'operare del soggetto pubblico sia ascrivibile a mera attività materiale, con la consapevolezza che si verte in questo ambito ogni volta che l'esercizio del potere non sia riconoscibile neppure come indiretto ascendente della vicenda» (Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2006, n. 13911, nonché 13 giugno 2006, nn. 13660 e 13659);
e) il venire meno, per annullamento giurisdizionale, di atti che sono espressione di una posizione di autorità, non rende rilevanti solo come comportamenti gli effetti "medio tempore" prodottisi in loro esecuzione, ma determina la concentrazione della cognizione dinanzi allo stesso giudice amministrativo, il quale verifica il corretto esercizio del potere (Cons. Stato, ad. plen., n. 2/2006);
f) va considerata come controversia riconducibile all'esplicazione del pubblico potere qualunque lite suscitata da lesioni del diritto di proprietà provocate dall’esecuzione di provvedimenti autoritativi degradatori, venuti meno o per annullamento o per sopraggiunta inefficacia (Cons. Stato, ad. plen., n. 4/2005).
Consiglio di Stato
Adunanza plenaria
Decisione 30 luglio 2007, n. 10
(Presidente Schinaia – Relatore Volpe)
Fatto e diritto
1.1. Il sindaco di Palermo, con ordinanza 6 febbraio 1999, n. 540/OS, disponeva la requisizione con effetto immediato, per il periodo di dodici mesi, dell’edificio in proprietà di Villa Heloise s.p.a. in liquidazione, sito in Palermo, via Brigata d’Aosta, complesso di via dei Cantieri scale C-D-E, per complessivi 64 alloggi, 11 locali destinati a uffici e 5 locali destinati a negozi; da adibire a temporanea abitazione dei nuclei familiari in situazione di grave disagio abitativo e in attesa della concessione del contributo alloggiativo. Il sindaco definiva altresì l’indennità di requisizione degli alloggi applicando il valore di mercato e fissava l’esecuzione per il giorno 12 febbraio 1999.
L’ordinanza veniva impugnata, con separati ricorsi, da Villa Heloise s.p.a., in liquidazione, e dal Banco di Sicilia s.p.a., Filiale di Palermo, che chiedevano anche, la prima società a mezzo di motivi aggiunti successivamente notificati, il risarcimento dei danni subiti.
Il primo giudice, con la sentenza 5 giugno 2003, n. 853, ha accolto in parte il ricorso di Villa Heloise s.p.a. e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento impugnato e condannato il Comune di Palermo al risarcimento dei danni in favore della società ricorrente, da determinarsi con i criteri e nei termini di cui in motivazione, nonché lo ha dichiarato inammissibile per la restante parte. Lo stesso ha affermato:
a) l’infondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune di Palermo, sollevata dallo stesso, per non trovare il provvedimento impugnato supporto nell’art. 38 della l. 8 giugno 1990, n. 142, in quanto i provvedimenti contingibili e urgenti possono essere emanati «in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica» e poiché la requisizione di immobili privati disposta dal sindaco, quale ufficiale del Governo e ai sensi dell’art. 7 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione a urgenti necessità abitative degli abitanti del Comune, soddisfa un interesse che fa capo al Comune stesso, il quale assume la veste di beneficiario;
b) l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum proposto dal Banco di Sicilia, vantando esso invece interesse per avere concesso alla società ricorrente un mutuo di credito fondiario ed edilizio per la realizzazione dell’immobile requisito;
c) la fondatezza del primo motivo di gravame, attinente l’incompetenza, nonché la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, poiché il potere di requisizione di cui alla norma stessa spetta in generale al prefetto, mentre il sindaco può farne uso, in via sostitutiva, solo nei casi in cui l’urgenza e l’imprevedibilità della situazione venutasi a creare siano tali da non consentire al capo dell’amministrazione comunale, ancorché nella veste di ufficiale di Governo, di promuovere il naturale intervento del prefetto;
d) l’insussistenza, nella specie, di situazioni di urgenza e imprevedibilità;
e) l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità della domanda di risarcimento dei danni, dedotta dal Comune di Palermo nella prospettazione che essa si sarebbe dovuta proporre con l’atto introduttivo del giudizio;
f) il parziale difetto di giurisdizione del giudice adito e la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo alla domanda risarcitoria per il periodo successivo alla scadenza dei dodici mesi previsti nel provvedimento impugnato, dovendosi l’occupazione successiva a tale periodo ritenersi "sine titulo" e quindi fatto illecito;
g) la sussistenza dei presupposti per condannare il Comune di Palermo al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2043 del c.c., conseguente all’illegittimo esercizio della funzione pubblica, con riguardo al periodo di dodici mesi previsto nell’ordinanza impugnata;
h) di avvalersi del meccanismo previsto dall’art. 35, comma 2, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, stabilendo i seguenti criteri in base ai quali l'amministrazione dovrà proporre a favore dell'avente titolo il pagamento di una somma:
h.a) «parziale deprezzamento degli immobili occupati, derivante anche dai danni dagli stessi subiti»;
h.b) «maggiori somme dovute dalla società ricorrente all’istituto di credito interveniente a titolo di interessi maturati».
1.2. Il primo giudice, con la sentenza 5 giugno 2003, n. 854, ha accolto, nei limiti indicati in motivazione, il ricorso del Banco di Sicilia s.p.a., Filiale di Palermo e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento impugnato. Lo stesso ha affermato:
a) l’infondatezza dell’eccezione di carenza di legittimazione a ricorrere in capo al Banco di Sicilia s.p.a., sollevata dal Comune di Palermo, in quanto, avendo la banca concesso alla costruttrice Villa Heloise s.p.a., per la realizzazione del complesso edilizio requisito, mutui di credito fondiario ed edilizio per oltre 40 miliardi di lire, garantiti da ipoteche, la stessa può vantare un interesse qualificato alla rimozione del provvedimento di requisizione, atteso il pregiudizio patrimoniale discendente dalla sottrazione (seppure temporanea) del bene, che impedisce la soddisfazione delle regioni creditorie;
b) quanto esposto alle lettere a), c), d) e f) del paragrafo 1.1. della presente decisione;
c) l’inammissibilità della domanda risarcitoria per non essere supportata da alcuna prova del danno effettivamente subito e della sua entità, nonché per genericità.
2.1. La sentenza n. 853/2003 viene appellata dal Comune di Palermo, con ricorso n. 1235/2003 e n. 5/2007 del ruolo dell'adunanza plenaria, per i seguenti motivi:
1) avuto riguardo alla titolarità del potere in concreto esercitato dal sindaco, il provvedimento impugnato e gli effetti giuridici a esso connessi sarebbero riconducibili alle funzioni attribuite al sindaco medesimo in qualità di ufficiale di Governo, ai sensi dell’art. 38 della l. n. 142/1990, applicabile nella Regione Siciliana; anche se si ritenesse, come affermato dal primo giudice, che le funzioni nella specie esercitate dal sindaco siano riconducibili al potere di requisizione di cui all’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, si tratterebbe pur sempre di funzioni svolte in qualità di organo di Governo e, in quanto tali, non imputabili all’amministrazione comunale; con il conseguente difetto, nel giudizio di primo grado, della legittimazione passiva del Comune, che non potrebbe considerarsi beneficiario della requisizione;
2) omessa pronuncia sull’eccezione, sollevata dal Comune di Palermo, di difetto di legittimazione passiva ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, come modificato dall’art. 4 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 342 (oggi art. 191 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), data la non imputabilità allo stesso di ogni conseguenza derivante dall’inosservanza delle norme di contabilità pubblica e la responsabilità diretta, nei confronti del terzo, dei soggetti che abbiano consentito la prestazione. Nella specie, avendo il Comune, con la deliberazione consiliare 30 maggio 2001, n. 207, non impugnata dagli interessati, riconosciuto la legittimità del debito fuori bilancio conseguente all’ordinanza impugnata e all’occupazione "sine titulo" per il periodo successivo alla vigenza della stessa, e corrisposto, sino al 31 dicembre 2002, un indennizzo per l’utilizzazione dei locali di cui trattasi, solo a seguito dell’intervento della detta deliberazione sarebbe sorta, per il Comune, l’obbligazione di pagare la somma in essa liquidata; così che si dovrebbe escludere che al Comune siano imputabili oneri diversi e ulteriori rispetto a quelli che esso ha volontariamente assunto con la deliberazione da ultimo citata. L’ente, quindi, sarebbe privo della legittimazione passiva in ordine alle domande avversarie, tendenti a conseguire indennizzi ulteriori per l’occupazione degli immobili in questione;
3) il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto l’ammissibilità della domanda di risarcimento dei danni proposta da Villa Heloise s.p.a. con il ricorso per motivi aggiunti (notificato il 12 marzo 2002), trattandosi, invece, di "mutatio libelli" non consentita dall’ordinamento;
4) inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum del Banco di Sicilia s.p.a., poiché tale società intenderebbe fare valere una posizione giuridica autonoma e sarebbe portatrice di un interesse non riconducibile a quello della ricorrente; la banca, inoltre, ha anche proposto autonomo ricorso in primo grado;
5) il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto l’ammissibilità della domanda del Banco di Sicilia s.p.a. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’ordinanza impugnata;
6) il primo giudice avrebbe errato nel condannare il Comune al risarcimento dei danni in favore della società ricorrente, in mancanza di alcun principio di prova sulla sussistenza di un danno risarcibile e di un accertamento giudiziale al riguardo. Avendo la società ricorrente conseguito sino al 31 dicembre 2002 l’indennità di occupazione, determinata applicando i valori correnti di mercato, essa non avrebbe subito alcun pregiudizio risarcibile. E comunque nessuna prova sarebbe stata fornita sulla sussistenza e sull’entità del danno subito, oltre che sull’esistenza di un nesso eziologico tra il pregiudizio e l’illegittimità del provvedimento impugnato. Infine, i criteri di stima del danno, come fissati dal primo giudice, sarebbero assolutamente generici e arbitrari, oltre che inapplicabili siccome del tutto avulsi dalle risultanze processuali, con riguardo in particolare alle «maggiori somme dovute dalla società ricorrente all’istituto di credito interveniente a titolo di interessi maturati».
2.2. La sentenza n. 854/2003 viene appellata dal Comune di Palermo, con ricorso n. 1300/2003 e n. 6/2007 del ruolo dell'adunanza plenaria, per i seguenti motivi:
1) il primo giudice avrebbe errato nel dichiarare la legittimazione a ricorrere del Banco di Sicilia s.p.a., in quanto l’ordinanza impugnata non sarebbe idonea a incidere sulla posizione giuridica della ricorrente, titolare di un diritto reale di garanzia sugli immobili requisiti, avendo determinato soltanto la temporanea perdita del possesso dei beni da parte della società proprietaria e non avendo sottratto in alcun modo i beni stessi alla garanzia creditoria. Sarebbe irrilevante, inoltre, la circostanza che l’immobile, prima della requisizione, non aveva ospitato alcuno e, comunque, gli interessi di natura economica della banca avrebbero conseguito (dalla requisizione) un beneficio avendo il Comune corrisposto alla società proprietaria l’indennità di requisizione e, per il periodo successivo, l’indennità di occupazione "sine titulo", entrambe commisurate al valore di mercato del bene; consentendo in tal modo la solvibilità della debitrice. La sentenza, infine, sarebbe anche in contrasto con quanto affermato dal primo giudice con la sentenza n. 853/2003, che ha ritenuto ammissibile l’intervento ad adiuvandum del Banco di Sicilia s.p.a., il quale aveva proposto le medesime domande oggetto del giudizio poi instaurato in via autonoma;
2) sussistenza delle esigenze che hanno determinato il ricorso alla requisizione, anche sulla base dei successivi provvedimenti emessi dall’amministrazione statale, concernenti la dichiarazione dello stato di emergenza per fare fronte alle esigenze abitative di soggetti in stato di povertà estrema e senza dimora, e dei conseguenti provvedimenti di conferimento al sindaco di poteri straordinari (decreto del presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2000, n. 18 e ordinanza in pari data); medesime censure dedotte dal Comune nel primo motivo del ricorso in appello principale proposto avverso la sentenza n. 853/2003;
3) stesse censure dedotte dal Comune nel secondo motivo del ricorso in appello principale proposto avverso la sentenza n. 853/2003.
2.3. La medesima sentenza n. 854/2003 viene appellata anche da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l., cessionaria (in virtù di contratto in data 31 dicembre 2001) del credito ipotecario vantato dal Banco di Sicilia s.p.a. nei confronti di Villa Heloise s.p.a., con ricorso n. 1482/2003 e n. 7/2007 del ruolo dell'adunanza plenaria, che la contesta nella parte in cui, in relazione alla propria domanda di condanna del Comune di Palermo al risarcimento dei danni subiti:
a) si è dichiarato il difetto di giurisdizione per il periodo successivo alla scadenza del termine di dodici mesi previsto dall’ordinanza di requisizione;
b) non sono state accolte le domande risarcitorie per pretesa carenza di prova e genericità;
c) non si è emessa alcuna statuizione sulle domande subordinate di condanna del Comune al risarcimento dei danni in misura equitativa, ai sensi dell’art. 1226 del c.c..
Sono dedotti i seguenti motivi:
1) sussistenza della legittimazione a proporre l’appello;
2) sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda risarcitoria per il periodo successivo al termine previsto per la requisizione, sia se si ritenga che la controversia, rientrando nella materia dell’urbanistica e dell’edilizia, sia devoluta alla giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 80/1998, sostituito dall’art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205, sia se la si consideri appartenere alla giurisdizione generale di legittimità;
3) la richiesta risarcitoria non sarebbe stata sfornita di prova, avendo la ricorrente quantificato e documentato il danno, e comunque il primo giudice, così come richiesto, avrebbe potuto liquidarlo con valutazione equitativa.
3.1. Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. si è costituita nei giudizi relativi ai primi due ricorsi in appello principale, chiedendo il rigetto degli stessi.
3.2. Villa Heloise s.p.a. e Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. hanno proposto ricorsi in appello principale in forma di appello incidentale, rispettivamente, nell’ambito dei giudizi relativi al primo e al secondo ricorso in appello principale.
Villa Heloise s.p.a. contesta la sentenza n. 853/2003 nella parte in cui, in relazione alla propria domanda di condanna del Comune di Palermo al risarcimento dei danni subiti, si è dichiarato il difetto di giurisdizione per il periodo successivo alla scadenza del termine di dodici mesi previsto dall’ordinanza di requisizione. La società sostiene, anche per tale ulteriore periodo, la giurisdizione del giudice amministrativo; ciò sia se si ritenga che la controversia, rientrando nella materia dell’urbanistica e dell’edilizia, sia devoluta alla giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 80/1998, sostituito dall’art. 7 della l. n. 205/2000, sia se la si consideri appartenere alla giurisdizione generale di legittimità.
Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. contesta la sentenza n. 854/2003 nelle medesime parti e per gli stessi motivi di cui al proprio ricorso n. 1482/2003 e n. 7/2007 del ruolo dell'adunanza plenaria, proposto avverso la medesima sentenza (si rimanda al paragrafo 2.3. della presente decisione).
3.3. Il sindaco di Palermo, quale ufficiale di Governo, si è costituito nel giudizio relativo al terzo ricorso in appello principale.
Il Ministero dell’interno ha proposto atti di intervento, deducendo la propria assoluta estraneità alla controversia, non avendo il sindaco di Palermo mai agito nella qualità e con i poteri dell’ufficiale di Governo.
Le parti hanno prodotto memorie illustrando ulteriormente le rispettive difese. Il Comune di Palermo, in particolare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in appello principale in forma di appello incidentale proposto da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. nel giudizio relativo al secondo ricorso in appello principale, per non essere stato notificato anche al Banco di Sicilia s.p.a. quale parte necessaria del giudizio.
4. Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con l’ordinanza 2 marzo 2007, n. 87, previa riunione dei giudizi inerenti i tre ricorsi in appello principale, ne ha rimesso l’esame all’adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha rilevato, preliminarmente, che l’esame nel merito delle diverse e contrapposte doglianze dedotte dagli appellanti principali e incidentali implica il superamento di numerose e articolate questioni pregiudiziali in rito, fra le quali particolare considerazione merita la questione di giurisdizione scaturente dall’impugnazione, da parte delle appellanti società Villa Heloise s.p.a. e Island Finance 2 (Icr7) s.r.l., del capo di ambedue le sentenze di primo grado con cui è stata declinata la giurisdizione del giudice amministrativo, a favore di quella del giudice ordinario; con riferimento a una parte della domanda di risarcimento dei danni avanzata in ambedue i giudizi di primo grado da Villa Heloise s.p.a. (con motivi aggiunti) e dal Banco di Sicilia s.p.a. (con il ricorso introduttivo), nella cui posizione processuale è subentrata Island Finance 2 (Icr7) s.r.l..
Ha poi devoluto all’esame di questa adunanza plenaria le seguenti questioni:
1) se la presente controversia, avente a oggetto l’impugnazione di un provvedimento di requisizione in uso di immobile da destinare al temporaneo soddisfacimento di una situazione di emergenza abitativa, con destinazione degli alloggi a temporanea abitazione di nuclei familiari destinatari di provvedimenti di sfratto esecutivo, sia, o meno, riconducibile alla materia di giurisdizione esclusiva dell’edilizia e urbanistica di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 80/1998 e successive modificazioni;
2) l’applicabilità o meno, al caso da decidere, dei principi enunciati da questa adunanza plenaria, nelle decisioni 30 agosto 2005, n. 4, 16 novembre 2005, n. 9 e 9 febbraio 2006, n. 2, in tema di riparto di giurisdizione in materia di risarcimento dei danni da occupazione di immobili conseguente a provvedimento illegittimo e, come tale, annullato, ovvero a provvedimento divenuto inefficace per decorso del tempo, qual è tipicamente la dichiarazione di pubblica utilità dopo la scadenza dei termini in essa contemplati per il compimento dei lavori e delle espropriazioni; rispondendo, anche alla luce di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 11 maggio 2006, n. 191, al seguente interrogativo:
«se, in ipotesi di requisizione in uso protrattasi de facto oltre il termine di scadenza contemplato dal provvedimento in virtù del quale si è attuato lo spossessamento, permanga, o meno, in relazione al comportamento materiale quel collegamento anche mediato…tra pubblica amministrazione ed esercizio di potestà pubblicistica, che soltanto, secondo il giudice delle leggi, legittima sul piano costituzionale la devoluzione della relativa controversia alla giurisdizione amministrativa».
Ulteriori memorie sono state prodotte dal Ministero dell’interno previa costituzione per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato e, nei giudizi relativi al secondo e al terzo ricorso in appello principale, da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. previa costituzione.
5.1. I ricorsi proposti dal Comune di Palermo sono infondati per le seguenti considerazioni.
Le premesse dell’ordinanza sindacale di requisizione impugnata in primo grado, così come enunciate nel testo della stessa, sono le seguenti:
a) "grave situazione abitativa presente in Città che non consente a numerose famiglie di reperire soluzioni abitative alternative per proprio conto";
b) «assoluta mancanza di disponibilità alloggi di proprietà Comunale da destinare all’emergenza abitativa derivante da sfratto o da altre situazioni di grave disagio abitativo»;
c) «diversi nuclei familiari hanno richiesto un intervento abitativo all’Amministrazione Comunale non riuscendo a reperire un appartamento in locazione nel libero mercato»;
d) «diversi nuclei familiari vivono situazioni di grave disagio sia perché lo sfratto è già esecutivo o perché lo sarà a breve scadenza e che l’Amministrazione Comunale è impossibilitata a provvedere con soluzioni abitative temporanee, quale ad esempio l’ospitalità in pensione, specialmente in presenza di bambini, anziani e persone in precarie condizioni di salute»;
e) i tempi ristretti e il costo notevole per le casse comunali dell’ospitalità in locanda;
f) «sono in corso modifiche per la concessione del Contributo alloggiativo, e comunque i tempi di attesa per alcune situazioni sono troppo lunghi».
Il Comune, considerati i fatti sopra descritti, riteneva, con la detta ordinanza, di «provvedere immediatamente con il reperimento di situazioni abitative adottando provvedimenti eccezionali, al fine di realizzare un parco di alloggi parcheggio da utilizzare nel caso di situazioni abitative imprevedibili (crollo, sfratto per morosità e situazioni gravi di indigenza) per avere il tempo necessario per la concessione del contributo alloggiativo, ed eliminare l’uso delle locande». E si indirizzava nei confronti degli alloggi in proprietà di Villa Heloise s.p.a., considerato che erano vuoti, che alla società era stata avanzata una proposta di concessione in locazione dell’immobile e che era stato concordato un sopralluogo dei tecnici per la valutazione ai fini di un eventuale acquisto dell’immobile stesso.
L’adunanza ritiene, innanzitutto, che il potere esercitato con l’impugnata ordinanza di requisizione non trovi fondamento nell’art. 38, comma 2, della l. n. 142/1990 (dal titolo «Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale»), non essendosi in presenza di alcuna delle ipotesi che consentono al sindaco, quale ufficiale del Governo, di adottare provvedimenti contingibili e urgenti; non vertendosi «in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale» e comunque non sussistendo la specifica finalità in virtù della quale è attribuito il previsto potere, consistente nella prevenzione e nell’eliminazione di «gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini».
Il potere esercitato, invece, trova fondamento nell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, secondo cui, «allorché per grave necessità pubblica l'autorità amministrativa debba senza indugio disporre della proprietà privata, od in pendenza di un giudizio per la stessa ragione, procedere all'esecuzione dell'atto delle cui conseguenze giuridiche si disputa, essa provvederà con decreto motivato, sempre però senza pregiudizio dei diritti delle parti». Si tratta, tuttavia, di potere che spetta al prefetto ed è esercitatile dal sindaco solo in presenza di dati presupposti.
Il sindaco, infatti, può adottare provvedimenti di requisizione di beni privati per grave necessità pubblica - ai sensi dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E - solo se sono presenti eccezionali motivi di assoluta necessità e urgenza tali da non consentire l'intervento del prefetto. Il che non si verifica, come nella fattispecie per cui è causa, se le situazioni di carenza abitativa sussistono da diverso tempo, o qualora si voglia provvedere alla sistemazione di famiglie rimaste senza tetto in conseguenza di sfratto, o quando la situazione di emergenza sia rivolta a ovviare all'inerzia, protrattasi nel tempo, della stessa amministrazione pubblica; la quale, con la requisizione di alloggi, intende invece ovviare a endemiche carenze abitative (Cons. Stato, sez. IV: 13 settembre 1995, n. 693; 28 marzo 1994, n. 291; 6 marzo 1989, n. 144; 18 luglio 1984, n. 569).
Con riguardo alla fattispecie per cui è causa, tra l’altro, l’ordinanza adottata ha lo scopo dichiarato di realizzare una situazione (parco di alloggi parcheggio) da utilizzare nel caso di evenienze abitative imprevedibili. Così che viene falsata la stessa causa del potere attribuito dalla legge; consistente nel provvedere in ipotesi di attuale "grave necessità pubblica" e non per trovare soluzioni a situazioni imprevedibili che si verificheranno in futuro.
Quanto ai provvedimenti emessi dall’amministrazione statale, successivi all’ordinanza impugnata, essi non influiscono sulla legittimità della stessa che va valutata al momento della sua adozione e, anzi, rafforzano ulteriormente l’insussistenza di una situazione di emergenza in quel momento.
Di qui l’illegittimità dell’ordinanza sindacale, che ha disposto la requisizione di alloggi, per le censure dedotte al primo motivo di entrambi i ricorsi di primo grado e l’imputabilità al Comune che l’ha adottata, con la sua conseguente legittimazione passiva nel giudizio di primo grado. Infatti, le conseguenze di un provvedimento emesso dal sindaco, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, ma al di là delle ipotesi che consentono al medesimo di sostituirsi al prefetto nell’esercizio del potere di requisizione, non possono che ricadere sull’ente locale; il quale, tra l’altro, nella specie, si è anche fatto carico del pagamento dell’indennità di requisizione provvedendo alla relativa liquidazione (con la deliberazione consiliare n. 207/2001).
5.2. Né quanto disposto dall’art. 35 del d.lgs. n. 77/1995 (dal titolo "Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese"), né la deliberazione consiliare n. 207/2001, che non andava impugnata, costituiscono ostacolo alla possibilità, da parte del danneggiato, di conseguire, nei confronti del Comune danneggiante, il risarcimento per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 del c.c. derivante dall’illegittimo esercizio del potere (di requisizione); qualora, oltre agli altri presupposti richiesti dalla norma medesima, il pregiudizio subito superi, in valore, l’entità dell’indennizzo liquidato e corrisposto dall’ente locale per l’occupazione degli alloggi di cui trattasi. Così che il Comune, per la sola adozione della detta deliberazione, non ha acquisto alcuna inimputabilità né, tanto meno, ha perduto la legittimazione passiva.
5.3. Va ritenuta l’ammissibilità della domanda di risarcimento dei danni proposta da Villa Heloise s.p.a. con ricorso per motivi aggiunti, notificato successivamente al ricorso originario.
La domanda risarcitoria può essere proposta anche nel corso del giudizio per l'annullamento dell'atto che ha causato il danno, purché con atto notificato alla controparte (e non con semplice memoria depositata) nel rispetto dei principi di difesa e del contraddittorio. La questione risarcitoria, infatti, costituendo sviluppo della domanda originaria, può essere ricondotta allo schema dei motivi aggiunti (Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2006, n. 2556 e 26 marzo 2002, n. 1699; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 7 novembre 2002 , n. 606).
5.4. Quanto alla posizione processuale del Banco di Sicilia s.p.a., l’adunanza plenaria ritiene sia l’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum spiegato nel giudizio conclusosi con la sentenza del primo giudice n. 853/2003 (a seguito del ricorso proposto da Villa Heloise s.p.a.) sia la sua legittimazione al ricorso poi deciso con la sentenza n. 854/2003.
La circostanza per cui la banca era titolare di crediti nei confronti di Villa Heloise s.p.a. garantiti da ipoteche sugli alloggi requisiti legittimava la stessa sia a intervenire nel giudizio instaurato dal proprio debitore, supportandone le relative ragioni, sia a instaurare azione autonoma. Ciò in considerazione dei possibili effetti pregiudizievoli sugli immobili oggetto di garanzia causati da un provvedimento di requisizione (disposto, tra l’altro, per dare alloggio agli sfrattati) e indipendentemente dal pagamento delle indennità conseguenti all’occupazione; le quali possono non coprire eventuali danni ulteriori e maggiori arrecati agli immobili.
Quanto poi all’impossibilità di fare valere con un intervento ad adiuvandum una posizione giuridica autonoma, l’adunanza plenaria rileva anche il difetto di interesse al riguardo del Comune, a causa dell’autonomo ricorso proposto in primo grado dal Banco di Sicilia s.p.a..
L’adunanza plenaria rileva, infine, che il primo giudice, con la sentenza n. 853/2003, diversamente da quanto affermato dal Comune appellante, non ha ritenuto l’ammissibilità della domanda del Banco di Sicilia s.p.a. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’ordinanza impugnata.
5.5. Con riguardo alla condanna del Comune di Palermo, disposta dal primo giudice, a risarcire i danni subiti da Villa Heloise s.p.a., per il periodo di durata annuale della requisizione, l’adunanza plenaria ritiene che:
a) la ricorrente abbia dato prova sufficiente dell’esistenza di danni risarcibili e della loro derivazione dall’ordinanza impugnata, depositando, tra l’altro, anche una relazione tecnica, con allegata documentazione fotografica, illustrativa dello stato degli immobili;
b) il primo giudice abbia accertato la sussistenza di tutti i presupposti per la configurazione del risarcimento per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 del c.c.;
c) come già osservato, il pagamento dell’indennità di occupazione non esclude la sussistenza di altri danni risarcibili, conseguenti, nella specie, allo stato di degrado e di incuria in cui si trovano gli alloggi di cui trattasi e ai danneggiamenti dagli stessi subiti;
d) i criteri di stima fissati dal primo giudice non siano né generici né arbitrari, basandosi, invece, sul deprezzamento degli immobili occupati, sui danni subiti dagli stessi e sulle «maggiori somme dovute dalla società ricorrente all’istituto di credito interveniente a titolo di interessi maturati»; il che non vuol dire altro che considerare il mancato godimento degli immobili da parte della società proprietaria, connesso alla perdita di eventuali diverse occasioni di loro sfruttamento economico (per vendita e/o locazione degli stessi, tenuto conto sempre dell’indennità percepita).
6.1. I ricorsi presentati da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. (in appello principale, e in appello principale in forma di appello incidentale nel giudizio relativo al secondo ricorso in appello principale del Comune di Palermo) sono infondati con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni subiti nel periodo di dodici mesi previsto dall’ordinanza di requisizione; periodo solo per il quale il primo giudice ha ritenuto la propria giurisdizione.
Va rilevato, in primo luogo, che, una volta che Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. si è resa cessionaria (dopo l’ordinanza impugnata ma prima della pubblicazione delle sentenze appellate) del credito vantato dal Banco di Sicilia s.p.a. e dell’annessa garanzia ipotecaria nei confronti di Villa Heloise s.p.a. (situazioni tutelate dalla banca attraverso il ricorso di primo grado), essa è legittimata ad agire e a resistere, in luogo del cedente e a difesa delle medesime ragioni creditorie. Infatti, ai sensi dell’art. 111, comma ultimo, del c.p.c., la sentenza pronunciata contro l’alienante spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile pure da lui.
Inoltre, i gravami proposti da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. non andavano notificati al Banco di Sicilia s.p.a., che non è parte necessaria del giudizio di appello ma parte (parzialmente) soccombente in primo grado e che, in quanto tale, non può integrare il "thema decidendum" una volta decorsi i termini per proporre gravame autonomo (Cons. Stato, ad. plen., 24 marzo 2004, n. 7). E comunque Island Finance 2 (Icr7) s.r.l., avendo acquisito il credito del Banco di Sicilia s.p.a., è subentrata nella medesima posizione di quest’ultima che, conseguentemente, non ha più interesse sia alla domanda impugnatoria che a quella risarcitoria.
6.2. Banco di Sicilia s.p.a. con il ricorso di primo grado si era limitata a chiedere la condanna dell’amministrazione comunale «al risarcimento del danno subito…in termini di lucro cessante e di danno emergente, adottando ogni conseguente statuizione». Poi, con memoria depositata il 28 marzo 2003, aveva insistito sul degrado degli immobili e sulla «vulnerazione del loro valore commerciale». Il che avrebbe pregiudicato le garanzie ipotecarie acquisite, nonché «la concreta possibilità della società debitrice di procedere e concludere l’attività liquidatoria, finendo per limitare fortemente la possibilità di recupero dell’ingente credito del Banco di Sicilia s.p.a.». E aveva aggiunto:
a) che l’ordinanza impugnata e il persistere della requisizione hanno precluso alla banca la possibilità di procedere esecutivamente sugli immobili di cui trattasi;
b) l’esistenza di danni agli immobili;
c) la rilevante menomazione del valore di garanzia dell’intero complesso finanziato;
d) che il danno emergente venga determinato in misura percentuale non inferiore al 30% rispetto al valore di perizia degli immobili stessi (euro 6.197.482,78 su euro 20.658.275,96) e il lucro cessante rapportato al mancato recupero del credito, o comunque in misura equitativa.
L’adunanza plenaria ritiene che il primo giudice abbia rettamente considerato la domanda risarcitoria del tutto carente di prova, non avendo il Banco di Sicilia s.p.a. dimostrato in primo grado i danni subiti dalla requisizione; i quali, non comportando l’ipoteca su di un bene il possesso dello stesso, avrebbero potuto semmai conseguire a ratei di mutuo scaduti e non pagati nel periodo di requisizione e all’eventuale proposizione, senza esito, di azioni di recupero di tali crediti.
Infatti, in sede di riconoscimento del diritto al risarcimento del danno da illegittimo esercizio del potere, la prova del danno deve essere rigorosa, il ricorso alle presunzioni può essere ammesso solo quando derivi da fatti accertati univoci e concordanti, e la valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 del c.c. è ammissibile per la determinazione dell’entità del danno e non per la prova della sua esistenza (Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2006, n. 6734). Al che consegue la reiezione della domanda di risarcimento danni non supportata da alcuna prova del pregiudizio effettivamente subito (Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 2006, n. 5199 e 22 giugno 2006, n. 3885).
7.1. Sono fondati il ricorso in appello principale in forma di appello incidentale proposto da Villa Heloise s.p.a. nel giudizio relativo al primo ricorso in appello principale del Comune di Palermo e, in parte, i ricorsi presentati da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. (in appello principale, e in appello principale in forma di appello incidentale nel giudizio relativo al secondo ricorso in appello principale del Comune di Palermo). Ciò in quanto va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande di condanna del Comune di Palermo al risarcimento dei danni subiti con riguardo al periodo successivo alla scadenza del termine di dodici mesi previsto dall’ordinanza di requisizione.
L’adunanza plenaria ritiene, innanzitutto, che la controversia per cui è causa, avente a oggetto l’impugnazione di un provvedimento di requisizione in uso di immobile da destinare al temporaneo soddisfacimento di una situazione di emergenza abitativa, con destinazione degli alloggi a temporanea abitazione di nuclei familiari destinatari di provvedimenti di sfratto esecutivo, emesso ai sensi dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, non sembri rientrare nella materia dell’urbanistica e dell’edilizia; e, quindi, non possa essere devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. b), della l. n. 205/2000.
È vero che, ai sensi del comma 2 del citato art. 34 e ai limitati effetti di giurisdizione, alla materia urbanistica viene attribuita una definizione lata, prevedendosi che essa concerne "tutti gli aspetti dell’uso del territorio" e che nella stessa rientrano i provvedimenti di esproprio e di occupazione d’urgenza per la realizzazione di opere pubbliche; atti che sono una "species" del più ampio "genus" dei provvedimenti ablatori nei quali viene fatta rientrare la requisizione in uso.
Secondo la Cassazione (Cass. civ., sez. un., 13 gennaio 2005, n. 463) - ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. n. 80/1998 (nel testo novellato dall'art. 7 della l. n. 205/2000 e inciso dalla sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204) - la domanda di restituzione del bene requisito in uso (nella specie, per essere adibito dal Comune ad alloggi per i terremotati), basata sulla cessazione delle esigenze che avevano determinato la requisizione stessa, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che essa ha per oggetto un provvedimento dell’amministrazione, espressione di un potere autoritativo, riguardante l'uso del territorio. Come pure è devoluta al giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno da ingiustificata detenzione del detto bene, in quanto, in base al comma 1 dell'art. 35 del d.lgs. n. 80/1998, tale giudice, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone il risarcimento del danno ingiusto. Appartiene, invece, alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento dell'indennità di requisizione, poiché, ai sensi del comma 3, lett. b), del citato art. 34, «nulla è innovato in ordine…alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa»; rientrando la requisizione tra gli atti di tale natura.
L’adunanza plenaria osserva, tuttavia, che la requisizione, a differenza dell’occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio, tende a soddisfare bisogni transitori non connessi all’uso del territorio e non si risolve nella successiva ablazione del bene.
Inoltre, la requisizione è stata disciplinata in maniera autonoma rispetto alla materia espropriativa. La prima ha trovato regolamentazione nell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, («Legge sul contenzioso amministrativo») e nel r.d. 18 agosto 1940, n. 1741 («Norme per la disciplina delle requisizioni»). Mentre l’intera disciplina della seconda era contenuta nella l. 25 giugno 1865, n. 2359 ("Espropriazioni per causa di utilità pubblica"), poi abrogata dal d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità»); nei quali non vi è alcuna norma in tema di requisizione.
Infine, l’art. 34 del d.lgs. n. 80/1998, costituendo norma di tipo eccezionale, non può essere oggetto di interpretazione né analogica né estensiva.
7.2. Ma anche esclusa la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la controversia rientrerebbe pur sempre nella giurisdizione (generale di legittimità) dello stesso.
Il giudice amministrativo è diventato il giudice del risarcimento del danno arrecato dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica, innanzi al quale sono concentrate sia la domanda annullatoria che quella risarcitoria. Ciò a seguito dell’art. 7 della l. n. 205/2000, il quale, sostituendo il primo periodo del comma 3 dell’art. 7 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, ha previsto che «Il tribunale amministrativo regionale, nell'àmbito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali».
Nella fattispecie per cui è causa è accaduto che il Comune si è immesso nella detenzione di beni privati in virtù di un provvedimento di requisizione, manifestazione di esercizio di potere, che riconosceva alla requisizione "validità temporanea" di dodici mesi. Una volta scaduto il termine i beni non sono stati riconsegnati alla società proprietaria, avendo il Comune continuato a persistere nell’occupazione.
La detenzione, avvenuta in virtù del provvedimento, è continuata con le stesse modalità e i medesimi contenuti di prima. Tanto è vero che il Comune risulta avere corrisposto, sino al 31 dicembre 2002, un’indennità per l’utilizzo dei locali in questione; sia per il periodo iniziale di dodici mesi sia per il periodo successivo e sempre in misura corrispondente all’importo dell’indennità di requisizione, a sua volta definita, con la citata deliberazione consiliare n. 207/2001, applicando il valore di mercato (si veda quanto esposto dal Comune di Palermo alle pagine 7 e 15 del primo ricorso in appello principale).
Ciò che arreca danno è la complessiva condotta in esecuzione del provvedimento impugnato, atteso che anche la condotta successiva alla scadenza del termine di dodici mesi trova occasione, collegamento e sviluppo nel medesimo provvedimento, come emerge con chiarezza dalle premesse dello stesso riportate al paragrafo 5.1. della presente decisione. Così che l’illecito consegue pur sempre all’adozione del provvedimento illegittimo da parte dell’amministrazione, anzi avviene proprio in virtù dello stesso; e, collegandosi la tutela risarcitoria a quella della situazione soggettiva incisa dal provvedimento amministrativo illegittimo, si rapporta alla lesione di una situazione di interesse legittimo che fa da contraltare all’esercizio del potere.
Inoltre, una volta annullato il provvedimento impugnato a seguito dell’accertata illegittimità del potere, la situazione di abusiva occupazione non resta limitata al periodo successivo ai dodici mesi ma si verifica dall’inizio, dato che, a causa dell’effetto retroattivo dell’annullamento giurisdizionale, il titolo autorizzativo all’occupazione è come se non fosse mai intervenuto. Tra l’altro, nella specie, la situazione di abusiva occupazione si era verificata già nel corso del giudizio di primo grado, avendo il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, con le ordinanze 1° aprile 1999, nn. 618 e 619, sospeso il provvedimento impugnato a meno di due mesi dalla sua esecuzione. Il fatto illecito, quindi, si concretizza astrattamente e unitariamente in una situazione di abusiva occupazione che si verifica sin dal momento in cui il Comune, per effetto dell’ordinanza di requisizione, si è immesso nella detenzione dei beni e i danni conseguono pur sempre all’esercizio del potere.
Si tratta di situazione unitaria e con riguardo alla quale era stata presentata, da ciascuna delle società ricorrenti in primo grado, una domanda annullatoria e un’unica domanda risarcitoria per tutti i danni conseguenti all’illegittima apprensione del bene. La circostanza per cui la presente controversia ha a oggetto in via primaria la contestazione del provvedimento di requisizione, la differenzia da quella esaminata dalla Cassazione (civ., sez. un., 3 luglio 2006, n. 15203), la quale, con riferimento a una domanda di restituzione del terreno requisito e di risarcimento del danno per il protrarsi dell'occupazione, ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario ove, per la scadenza del termine stabilito dall'ordinanza di requisizione, essa sia divenuta inefficace; ma proprio perché il provvedimento di requisizione, non essendo stato impugnato, non era in contestazione e la controversia non aveva a oggetto atti o provvedimenti amministrativi.
Esigenze di concentrazione innanzi a un unico giudice dell’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica oltre che di effettività della tutela giurisdizionale (costituzionalmente garantite: artt. 24 e 111 della cost.), su cui si fonda l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria (evidenziate da Corte cost. n. 191/2006 e da Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2005, n. 6745 e 22 luglio 1999, n. 500), inducono a non "spezzettare" la domanda risarcitoria - unica, fondata su medesimi presupposti e conseguente a fattispecie unitaria di illecito - attribuendola a due giudici diversi con riguardo solo a differenti periodi temporali. Diversamente opinando si penalizzerebbe il soggetto leso dal provvedimento limitativo, il quale dovrebbe adire il giudice amministrativo per conseguire l’annullamento dell’ordinanza di requisizione e i danni contestuali, nonché il giudice ordinario per chiedere il risarcimento conseguente alla successiva detenzione illecita.
L’adunanza plenaria ritiene che quanto statuito dalla stessa sia anche in sintonia con la recente evoluzione giurisprudenziale e, in particolare, con le seguenti affermazioni:
a) «il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una "nuova materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione» (Corte cost. n. 204/2004);
b) la giurisdizione del giudice amministrativo resta in ogni caso delimitata dal collegamento con l'esercizio in concreto del potere amministrativo secondo le forme tipiche previste dall'ordinamento: ciò sia nella giurisdizione esclusiva che nella giurisdizione di annullamento (Corte cost. n. 204/2004);
c) «al precedente sistema che, in considerazione della natura intrinseca di diritto soggettivo della situazione giuridica conseguente all'annullamento del provvedimento amministrativo, attribuiva al giudice ordinario le controversie sul risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti amministrativi (così l’art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7, lettera c della legge n. 205 del 2000), il legislatore ha sostituito (appunto con l'art. 35 cit.) un sistema che riconosce esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche il potere di risarcire, sia per equivalente sia in forma specifica, il danno sofferto per l'illegittimo esercizio della funzione» (Corte cost. n. 191/2006);
d) «la tutela giurisdizionale contro l'agire illegittimo della pubblica amministrazione spetta al giudice ordinario, quante volte il diritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo o, se lo sopporti, quante volte l'azione della pubblica amministrazione non trovi rispondenza in un precedente esercizio del potere, che sia riconoscibile come tale, perchè a sua volta deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento e non come mera via di fatto». Non si verifica il collegamento con l’esercizio del potere «quando l'amministrazione agisca in posizione di parità con i soggetti privati, ovvero quando l'operare del soggetto pubblico sia ascrivibile a mera attività materiale, con la consapevolezza che si verte in questo ambito ogni volta che l'esercizio del potere non sia riconoscibile neppure come indiretto ascendente della vicenda» (Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2006, n. 13911, nonché 13 giugno 2006, nn. 13660 e 13659);
e) il venire meno, per annullamento giurisdizionale, di atti che sono espressione di una posizione di autorità, non rende rilevanti solo come comportamenti gli effetti "medio tempore" prodottisi in loro esecuzione, ma determina la concentrazione della cognizione dinanzi allo stesso giudice amministrativo, il quale verifica il corretto esercizio del potere (Cons. Stato, ad. plen., n. 2/2006);
f) va considerata come controversia riconducibile all'esplicazione del pubblico potere qualunque lite suscitata da lesioni del diritto di proprietà provocate dall’esecuzione di provvedimenti autoritativi degradatori, venuti meno o per annullamento o per sopraggiunta inefficacia (Cons. Stato, ad. plen., n. 4/2005).
Da ultimo, non assume rilevanza la circostanza, rilevata dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, secondo cui Villa Heloise s.p.a., con atto di citazione in data 3 marzo 2004, ha agito innanzi al giudice ordinario per conseguire i danni derivanti dall’occupazione degli immobili nel periodo successivo alla scadenza della requisizione; trattandosi di strategia processuale che di per sé non incide sulla determinazione del giudice competente.
8. In conclusione, i ricorsi in appello principale proposti dal Comune di Palermo devono essere respinti. Mentre vanno accolti, del tutto, il ricorso in appello principale in forma di appello incidentale proposto da Villa Heloise s.p.a. nel giudizio relativo al primo ricorso in appello principale del Comune di Palermo e, in parte, i ricorsi presentati da Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. (in appello principale, e in appello principale in forma di appello incidentale nel giudizio relativo al secondo ricorso in appello principale del Comune di Palermo).
Le sentenze appellate devono essere riformate nella parte in cui hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo alle domande risarcitorie per il periodo successivo alla scadenza dei dodici mesi previsti nell’ordinanza impugnata; periodo relativamente al quale va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. Per l’effetto, ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 2, della l. n. 1034/1971, la controversia deve essere rinviata al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo.
Le spese di lite, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate per la parte definita, mentre, per il resto, vanno rimesse al prosieguo del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria):
a) respinge i ricorsi in appello principale del Comune di Palermo;
b) accoglie il ricorso in appello principale in forma di appello incidentale di Villa Heloise s.p.a. nel giudizio relativo al primo ricorso in appello principale del Comune di Palermo;
c) accoglie in parte i ricorsi di Island Finance 2 (Icr7) s.r.l. (in appello principale, e in appello principale in forma di appello incidentale nel giudizio relativo al secondo ricorso in appello principale del Comune di Palermo);
d) con riguardo alle domande risarcitorie per il periodo successivo alla scadenza dei dodici mesi previsti nell’ordinanza impugnata, riforma le sentenze appellate nella parte in cui hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione del giudice ordinario, dichiara, conseguentemente, la giurisdizione del giudice amministrativo e rinvia la controversia al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo;
e) compensa le spese di lite per la parte definita e, per il resto, le rimette al prosieguo del giudizio;
f) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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