In definitiva, nel momento in cui, basandosi proprio su detti atti, l’Autorità ha emanato il contestato provvedimento di revoca, non avrebbe potuto legittimamente sottrarsi all’onere, come sopra puntualmente precisato nella detta sentenza, di portare a conoscenza dell’inquisita, sia pure in via riservata, gli atti penali stessi, posti a fondamento dell’attività amministrativa sanzionatoria.
Consiglio di Stato
Sezione VI
Decisione 30 giugno - 16 settembre 2008, n. 4363
(Presidente Barbagallo - Estensore Buonvino)
Sul ricorso in appello n. 3533/2007 proposto dalla Società SOA Nazionale Costruttori, Organismo di Attestazione s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Mario Sanino ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, viale Parioli n. 180,
contro
l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, la D.I.A. - Direzione Investigativa Antimafia - la Procura della Repubblica presso il tribunale di Savona, la Guardia di Finanza - Comando Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza - il Comando Nucleo Provinciale, il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliati presso la medesima in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
per la riforma
della sentenza del TAR del Lazio, sede di Roma, Sezione III, n. 1374 del 15 febbraio 2007;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;
vista la decisione della Sezione 8 febbraio 2008, n. 419;
vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle proprie difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, alla pubblica udienza del 30 maggio 2008, il Consigliere Paolo Buonvino;
uditi, l’avv. Mario Sanino per l’appellante e l’avv. dello Stato Venturini per le amministrazioni appellate;
visto il dispositivo 6 giugno 2008, n. 417.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
Fatto e diritto
1) Con la sentenza appellata il TAR ha riunito i ricorsi (e relativi motivi aggiunti) nn. 1494/2006, 2684/2006, 4567/2006, 6676/2006 e 8241/2006.
Con detti ricorsi (l’ultimo dei quali, n. 8241/2006, riassume l’impugnativa di tutti gli atti e provvedimenti impugnati con gli altri ricorsi e motivi aggiunti) sono stati impugnati, dalla società qui appellante:
il provvedimento emesso dall’Autorità per la vigilanza dei lavori pubblici - Servizio ispettivo settore qualificazione e vigilanza sulle imprese prot. n. 52752/05/ISP del 28 dicembre 2005 rif.: SOA/935 avente ad oggetto “avvio di procedimento di revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 10 commi 5 e seguenti, del D.P.R. 34/2000” comunicato alla SOA Nazionale costruttori organismo di attestazione s.p.a. a mezzo fax il 28 dicembre 2005;
il rapporto della Guardia di Finanza - Comando nucleo speciale tutela mercati del 17 agosto 2005;
la nota del sostituto procuratore della DDA di Napoli del 6 ottobre 2005 prot. Gen. Autorità n. 40515 del 12 ottobre 2005;
il rapporto della Guardia di Finanza - comando nucleo provinciale polizia tributaria di Napoli del 5 luglio 2005;
la nota del sostituto procuratore della DDA di Napoli del 19 ottobre 2005 prot. gen. Autorità n. 43675 del 2 novembre 2005;
i verbali dei sequestri eseguiti dal Centro operativo di Napoli della DIA in data 25 maggio 2004;
i verbali di ispezione compiuti dal servizio ispettivo dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici del 14-15 giugno 2005;
il provvedimento emesso dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - servizio ispettivo settore qualificazione e vigilanza sulle imprese prot. n. 878/06/ISP del 10 gennaio 2006 rif. SOA/935 avente ad oggetto “riscontro Vs. istanza di accesso agli atti del 29.12.2005” comunicato alla ricorrente a mezzo fax il 10 gennaio 2006;
il verbale del Consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici del 9-10 novembre 2005, comunicato alla ricorrente in data 13 gennaio 2006;
la “proposta dell’ufficio” citata dal verbale del Consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici del 9-10 novembre 2005;
la deliberazione dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici del 31 agosto 2000;
il provvedimento dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - servizio ispettivo settore qualificazione e vigilanza sulle imprese prot. n. 6529/06/ISP del 13 febbraio 2006 rif. SOA/935 avente ad oggetto “procedimento di revoca ex art. 10 commi 5 e seguenti del d.P.R. 34/2000: sospensione del termine di conclusione del procedimento” comunicato a mezzo fax il 13 febbraio 2006;
il provvedimento dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - servizio ispettivo settore qualificazione e vigilanza sulle imprese prot. n. 16326/ISP/06 del 12 aprile 2006 class. SOA/935 avente ad oggetto “procedimento di revoca ex art. 10 commi 5 e seguenti d.P.R. 34/2000: comunicazione istruttoria” comunicato a mezzo fax il 12 aprile 2006;
il parere dato dalla Commissione consultiva ex art. 8 comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 nella seduta del 10 marzo 2006 avente ad oggetto “parere sul procedimento di revoca della SOA nazionale costruttori s.p.a.”;
il provvedimento dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - servizio ispettivo prot. n. 23471/06/ISP-SEGR del 30 maggio 2006 rif. SOA/935 avente ad oggetto “procedimento di revoca ex art. 10, commi 5 e seguenti, del d.P.R. 34/2000: convocazione in audizione” comunicato a mezzo fax il 30 maggio 2006;
la nota dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - servizio ispettivo prot. n. 34489/06/ISP del 3 agosto 2006 rif. 935 avente ad oggetto “procedimento di revoca ex art. 10 commi 5 e seguenti, del d.P.R. 34/2000: trasmissione provvedimento conclusivo”, comunicato alla ricorrente a mezzo lettera raccomandata il 8 agosto 2006;
il provvedimento SOA/935 emesso dal Consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell’adunanza del 20 giugno 2006 e comunicato alla ricorrente a mezzo lettera raccomandata il 8 agosto 2006 con cui l’Autorità ha revocato alla ricorrente l’autorizzazione n. 25 del 30 novembre 2000;
le annotazioni di detta revoca dell’autorizzazione di cui la ricorrente è venuta a conoscenza con data 29 agosto 2006.
I primi quattro ricorsi ora detti sono stati dichiarati inammissibili perché prodotti avverso atti endoprocedimentali, i cui eventuali vizi di legittimità avrebbero potuto essere fatti valere esclusivamente in sede di impugnazione dell’atto finale del procedimento di cui facevano parte; e tanto è stato fatto con il ricorso n. 8241/2006, che, peraltro, è stato respinto nel merito, perché infondato.
La sentenza in esame è impugnata nella parte in cui rigetta tale ultimo ricorso.
La società appellante contesta, invero, gli argomenti posti a sostegno del decisum di prime cure.
Resiste l’Autorità.
Trattenuta la causa in decisione alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2007, la Sezione ha ritenuto che, ai fini del decidere, fosse necessaria l’acquisizione della documentazione integrale, mancante nel fascicolo di giudizio, relativa alla procedura culminata nel provvedimento SOA/935 (comunicato alla ricorrente a mezzo lettera raccomandata l’8 agosto 2006), con cui il Consiglio dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nell’adunanza del 20 giugno 2006, ha revocato alla ricorrente l’autorizzazione n. 25 del 30 novembre 2000.
In ottemperanza, l’Autorità appellata ha depositato 18 documenti in data 17 marzo 2008.
A seguito del deposito l’appellante ha prodotto memoria difensiva.
3) Appare utile riportare la ricostruzione in fatto della complessa vicenda in esame, operata dal TAR nella sentenza appellata.
In data 18 agosto 2005 perveniva all’Autorità di Vigilanza sui Contratti un rapporto della Guardia di Finanza (Comando Nucleo Speciale Tutela Mercati) del 17 agosto 2005, relativo all’esito di un’indagine condotta nei confronti della s.p.a. SOA Nazionale Costruttori, nell’ambito del procedimento penale n. 4655/04/21 (già n. 621/02/45) pendente presso la Procura della Repubblica di Savona.
Con nota 6 ottobre 2005 il Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli trasmetteva all’Autorità il rapporto della Guardia di Finanza (Comando Nucleo Provinciale Polizia Tributaria di Napoli) del 5 luglio 2005 relativo alla ricostruzione della compagine sociale della stessa SOA.
Con ulteriore nota 19 ottobre 2005 il Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli trasmetteva all’Autorità anche i verbali dei sequestri eseguiti presso la sede della SOA e presso il Consorzio Novus s.r.l. dal Centro Operativo di Napoli della Direzione Investigativa Antimafia in data 25 maggio 2004.
Il Consiglio dell’Autorità, nell’adunanza del 9-10 novembre 2005, deliberava l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione nei confronti della SOA Nazionale Costruttori ai sensi dell’art. 10, commi 5 e seguenti, del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34.
L’avvio del procedimento veniva comunicato alla SOA con nota del 28 dicembre 2005 n. 52752 e, contestualmente, la società veniva invitata a presentare le proprie controdeduzioni entro il termine del 10 febbraio 2006, ai sensi dell’art. 10, comma 6, del D.P.R. 34/2000.
La comunicazione di avvio del procedimento e gli atti precedenti ad essa preordinati venivano impugnati dalla SOA Nazionale Costruttori con il primo ricorso (ric. n. 1494/2006) e con successivi motivi aggiunti notificati il 15 marzo 2006 e il 31 agosto 2006, i quali peraltro hanno investito i successivi atti del procedimento.
In data 29 dicembre 2005, peraltro, la SOA Nazionale Costruttori aveva richiesto all’Autorità di accedere agli atti indicati nella nota di avvio del procedimento di revoca; istanza che l’Autorità rigettava in parte con propria nota n. 878 del 10 gennaio 2006, negando l’accesso ai Rapporti della Guardia di Finanza ed alle note del Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia, ai sensi dell’art. 24, comma 2, della legge 241 del 1990 e s.m. e dell’art. 2, comma 1, lettera e), della Delibera dell’Autorità del 31 agosto 2000, in quanto documentazione attinente alla fase istruttoria di procedimento penale, e consentendo l’accesso all’estratto del verbale dell’adunanza del Consiglio del 9-10 novembre 2005.
Tale diniego veniva impugnato dalla SOA, e il ricorso veniva respinto dal TAR con sentenza n. 4555 del 14 giugno 2006, sul presupposto della legittimità del rifiuto ex art. 8, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 352/1992, essendo gli atti in questione pertinenti all’indagine penale per la quale sono stati confezionati; la decisione puntualizzava, tuttavia, che non sarebbe stato legittimo opporre la segretezza degli stessi qualora l’Autorità avesse ritenuto di utilizzarli al fine di adottare provvedimenti limitativi della sfera giuridica della SOA.
Nelle more, la SOA Nazionale Costruttori, con nota del 16 gennaio 2006, uno dei suoi soci (Aniello Cera) e una società (s.r.l. Promo Cert) con due distinte note del 17 gennaio 2006, chiedevano all’Autorità il nulla osta alla cessione di parte della quota azionaria posseduta dal socio stesso in favore della società Promo Cert S.r.l..
Con nota n. 5002 del 2 febbraio 2006, l’Autorità comunicava alla SOA e agli altri soggetti che il termine di cui all’art. 8, comma 5, del D.P.R. 34/2000 in relazione alla richiesta di cessione azionaria del socio Aniello Cera, era da ritenersi sospeso per la “necessità di concludere preliminarmente il procedimento di revoca avviato..., in quanto le ragioni pubblicistiche che hanno dato luogo all’avvio di quest’ultimo procedimento sono ritenute in questa fase prevalenti rispetto alle ragioni privatistiche sottese alla cessione di quote azionarie”.
Anche tale atto veniva impugnato, con ricorso notificato il 29 marzo 2006, e sospeso con ordinanza 2602/2006 (n.d.r.: ricorso n. 3079/2006, definito con sentenza del TAR 16 novembre 2006, n. 12469, il cui appello risulta, allo stato, pendente con il n. 2215/2007).
Con nota n. 6529 del 13 febbraio 2006 l’Autorità comunicava alla SOA Nazionale Costruttori la sospensione del termine di conclusione del procedimento di revoca, per la necessità di acquisire il parere obbligatorio della Commissione Consultiva ai sensi dell’art. 10, comma 8, del D.P.R. 34/2000 e dell’art. 2, lettera o), del D.P.R. 34/2000.
L’atto veniva autonomamente impugnato avanti al TAR Lazio con ricorso notificato il 15 marzo 2006 e rubricato al n. 2684/2006 del registro ricorsi.
In data 21 febbraio 2006 la SOA Nazionale Costruttori chiedeva all’Autorità il nulla osta alla cessione dell’intera quota azionaria posseduta dalla socia Filomena Mautone in favore di Domenico Pietrovito, Maria Josefa Abellan-Maiquez e Domenica Raio.
Identiche istanze erano inoltrate all’Autorità da parte della socia e degli aspiranti cessionari.
Analogamente a quanto provveduto in occasione della precedente istanza, e con identica motivazione di prevalenza dell’interesse pubblico, l’Autorità con nota 16 marzo 2006 comunicava alla SOA la sospensione del termine di cui all’art. 8, comma 5, del D.P.R. 34/2000 in relazione alla richiesta di cessione azionaria (successivamente però, in data 30 maggio 2006, il socio Filomena Mautone comunicava di non voler più procedere alla cessione della propria quota in favore dei soggetti di cui sopra, ma di voler invece cedere la quota alla s.r.l. Promo Cert., chiedendo, quindi, il relativo nulla osta).
Nella seduta del 10 marzo 2006 la Commissione Consultiva di cui all’articolo 2, lettera o), del D.P.R. 34/2000 esprimeva il parere in merito alla revoca dell’autorizzazione alla SOA.
L’Autorità, con nota n. 16326 del 12 aprile 2006, comunicava alla SOA Nazionale Costruttori l’avvenuta acquisizione del parere della Commissione Consultiva, invitandola ad accedere a tale parere, ferme restando le preclusioni già comunicate con la nota del 10 gennaio 2006, prot. n. 878, ed a presentare controdeduzioni scritte entro il termine di trenta giorni ai sensi dell’art. 10, comma 8, del D.P.R. 34/2000.
Sia il parere della Commissione Consultiva che la sua comunicazione da parte dell’Autorità, venivano autonomamente impugnate dalla SOA con ricorso notificato l’8 maggio 2006 ( ric. n. 4567/06).
Sempre con nota del 12 aprile 2006 l’Autorità, di fronte alla reiterata istanza di accesso agli atti del procedimento, nuovamente opponeva diniego relativamente agli atti coperti da segreto istruttorio penale.
Con ricorso notificato l’8 maggio 2006 la SOA impugnava anche questo secondo diniego e, con sentenza n. 6422 del 26 luglio 2006, il TAR dichiarava inammissibile il gravame attesa la natura confermativa e ripetitiva dell’atto impugnato (n.d.r.: la sentenza non risulta appellata).
In data 30 maggio 2006, con nota n. 23471, l’Autorità comunicava alla SOA Nazionale Costruttori ai sensi dell’art. 10, comma 8, del D.P.R. 34/2000, la convocazione in audizione per il giorno 20 giugno 2006.
Anche questo atto veniva impugnato con ricorso notificato il 27 giugno 2006 e rubricato al n. 6676/2006 del registro ricorsi.
Nel corso dell’audizione del 20 giugno 2006 il Consiglio dell’Autorità deliberava la revoca dell’autorizzazione della SOA Nazionale Costruttori e ne dava comunicazione con nota n. 34489/06/isp del 3 agosto 2006.
Il provvedimento è stato impugnato con ricorso avanti al TAR Lazio notificato il data 31 agosto 2006 (n. 8241/2006).
4) Dopo avere dichiarato inammissibili, per le ragioni anzidette, i primi quattro ricorsi, il TAR ha respinto, nel merito, l’ultimo (n. 8241/2006), previo rigetto, anzitutto, dell’eccezione di incompetenza del Dirigente Generale del Servizio ad adottare una serie di atti che, per la ricorrente, sarebbero spettati direttamente al Consiglio (la competenza dirigenziale discendendo, per i primi giudici, dall’art. 23 del regolamento sul funzionamento dell’Autorità in considerazione del carattere istruttorio delle attività oggetto di contestazione).
Gli stessi primi giudici hanno, poi, rigettato la censura relativa al dedotto illegittimo avvio del procedimento; al riguardo hanno osservato che le affermazioni di parte ricorrente in ordine alla irregolarità della comunicazione, che sarebbe arrivata a istruttoria compiuta, e della nomina del responsabile del procedimento apparivano del tutto apodittiche e indimostrate.
Parimenti infondata il TAR ha, quindi, ritenuto la censura di illegittimità del procedimento per scadenza del termine a provvedere; al riguardo ha osservato che sono ravvisabili due distinti profili: il primo relativo alla data d’avvio d’ufficio del procedimento di revoca e il secondo relativo al termine di conclusione di detto procedimento; il procedimento di revoca inizia d’ufficio quando l’Autorità viene a conoscenza dell’esistenza dei fatti che ne costituiscono il presupposto, ai sensi dell’art. 10, commi 5 e 9, del D.P.R. 34/2000; l’inizio d’ufficio non deve essere identificato con la ricezione da parte dell’Autorità della relazione della Guardia di finanza, pervenuta il 18 agosto 2005, poiché l’Autorità ha dovuto attendere la trasmissione degli ulteriori rapporti della Guardia di Finanza e delle Procure della Repubblica, redatti nel corso dello sviluppo delle indagini penali; quindi, essa ha proceduto alla necessaria valutazione dei fatti riportati in detti atti, ha svolto i preliminari adempimenti istruttori e procedurali previsti dal Regolamento interno e, solo quando ha avuto piena contezza dei fatti e della loro qualificazione giuridica, ha deliberato l’avvio del procedimento di revoca nell’adunanza del 9 novembre 2005; donde la correttezza dell’operato dall’Autorità da valutarsi non basandosi sul mero riscontro del lasso temporale trascorso, bensì in relazione alla particolare complessità della relativa istruttoria e alle delicate implicazioni del procedimento di revoca dell’autorizzazione ad una SOA.
Occorreva, inoltre, considerare, sempre ad avviso del TAR, che il procedimento di revoca deve concludersi, per espressa volontà del legislatore ai sensi dell’articolo 10, comma 6, del D.P.R. 34/2000, entro 90 giorni decorrenti dalla scadenza del termine assegnato dall’Autorità alla SOA per presentare osservazioni e controdeduzioni; e che nella nota di comunicazione dell’avvio del procedimento del 28 dicembre 2005, l’Autorità assegnava termine per controdeduzioni alla SOA fino al 10 febbraio 2006, data dalla quale iniziava a decorrere il termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento; in data 13 febbraio 2006, inoltre, i termini venivano sospesi per l’acquisizione del parere obbligatorio della Commissione Consultiva, di cui all’art. 2, comma 1, lettera o), del D.P.R. 34/2000 ed erano, pertanto, decorsi solo 3 giorni; i termini restavano sospesi, quindi, fino al 12 maggio 2006, data di scadenza del termine assegnato alla SOA dall’Autorità con nota del 12 aprile 2006; infatti, con la nota del 12 aprile 2006, l’Autorità comunicava alla SOA il parere della Commissione Consultiva e le assegnava termine fino al 12 maggio 2006 per controdedurre; dal 12 maggio 2006, pertanto, decorreva nuovamente il termine fino al 20 giugno 2006: in totale, dall’inizio del procedimento di revoca alla data della sua conclusione decorrevano solo 42 giorni.
5) Per l’appellante le conclusioni alle quali è così pervenuto il TAR sarebbero erronee e la sentenza dovrebbe essere riformata, con il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Si sono costituite in giudizio, resistendo al gravame, le Amministrazioni appellate.
L’appello è fondato.
6) Con il primo motivo deduce l’appellante, quanto alla competenza dirigenziale, che questa dovrebbe ritenersi esclusa per ciò che attiene ad atti di sicura rilevanza esterna quali la comunicazione di avvio del procedimento, il provvedimento di rigetto dell’accesso (che, però, può incidentalmente notarsi, non è neppure oggetto del presente giudizio), quello di sospensione del termine di conclusione del procedimento, di comunicazione di istruttoria, di convocazione in audizione, di trasmissione del provvedimento conclusivo.
La censura è priva di consistenza.
Si tratta, infatti, nel caso in esame, di atti essenzialmente endoprocedimentali ancorché a rilevanza esterna, inseriti in una fattispecie a formazione progressiva, in relazione ai quali l’attività del funzionario si ricollega direttamente ad obblighi ed oneri di carattere procedimentale già tracciati dalle norme primarie e secondarie, in relazione alle quali non assumono rilievo scelte discrezionali della P.A. e, in particolare operazioni valutative dell’operato degli amministrati; donde la competenza, al riguardo, del dirigente.
7) Quanto, invece, alle censure incentrate sulla mancata comunicazione di avvio del procedimento (in relazione alle quali, come si è visto, il TAR ha ritenuto che le affermazioni di parte ricorrente in ordine alla irregolarità della comunicazione stessa, che sarebbe arrivata a istruttoria compiuta, apparivano del tutto apodittiche e indimostrate) le stesse appaiono, invece, condivisibili.
E, invero, ai sensi dell’art. 5 del DPR 21 dicembre 1999, n. 554, in relazione agli elementi acquisiti, l’Autorità delibera l'apertura dell’istruttoria in merito alla situazione sottoposta ad esame e ne dà comunicazione a tutti i soggetti interessati; e la comunicazione deve contenere gli elementi essenziali della fattispecie oggetto di istruttoria.
A sua volta, l’art. 10, comma 5, del D.P.R. n. 34 del 2000 prevede che “l’autorizzazione è revocata dall'autorità quando sia accertato il venire meno dei requisiti e delle condizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9, nonché quando sia accertato il mancato inizio dell'attività sociale entro sei mesi dalla autorizzazione, o quando la stessa attività risulti interrotta per più di sei mesi. L’autorizzazione è altresì revocata nei casi più gravi di violazione dell’obbligo di rendere le informazioni richieste ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 e comunque quando sia accertato che la SOA non svolge la propria attività in modo efficiente e conforme alle disposizioni della legge, del presente regolamento e nel rispetto delle procedure contenute nel documento di cui al comma 2, lettera f)”.
Il successivo comma 6 prevede, inoltre, che, “il procedimento di revoca dell’autorizzazione è iniziato d’ufficio, quando l’autorità viene a conoscenza dell’esistenza, anche a seguito di denuncia di terzi interessati, del verificarsi di una delle circostanze di cui al comma 5. A tal fine l’Autorità contesta alla SOA gli addebiti accertati, invitandola a presentare le proprie osservazioni e controdeduzioni entro un termine perentorio non inferiore a trenta giorni, decorsi i quali, entro i successivi novanta giorni, viene assunta la decisione in ordine alla revoca”.
Ebbene, osserva il Collegio che, nella specie, l’attività istruttoria era stata da lungo tempo avviata nel momento in cui è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento; in particolare, già nella visita ispettiva del 15 giugno 2005 l’Autorità aveva preso in espressa considerazione (pag. 2 del verbale di verifica) un documento della SOA qui appellante avente ad oggetto “contratti stipulati - Promoter Monchieri”, un altro documento della stessa SOA avente ad oggetto “clienti Monchieri”, una fattura da quest’ultimo emessa (i rapporti con il Monchieri hanno assunto un proprio risalto nella presente vicenda); in data 25 luglio 2005 alcune organizzazioni sindacali avevano fatto pervenire, alla stessa Autorità, una nota con la quale segnalavano che il collegio sindacale di detta SOA era costituito, in larga maggioranza, dagli stessi sindaci di imprese dalla medesima SOA attestate; che all’Autorità era anche pervenuta, in data 18 agosto 2005, una nota del Comando Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza in data 17 agosto 2005 (n. 7725), recante rilevanti elementi posti a carico dell’originaria ricorrente (come ricordato, in particolare, nella formale comunicazione di avvio del procedimento del 28 dicembre 2005); che il 6 ottobre, su invito, tra l’altro, della stessa Autorità, la DDA di Napoli (con nota del 6 ottobre 2005, pervenuta il successivo giorno 12) aveva anche inviato il rapporto della Guardia di Finanza - Nucleo Speciale Polizia Tributaria di Napoli - relativo alla ricostruzione della compagine sociale della stessa SOA; il 2 novembre la Procura della repubblica del Tribunale di Napoli aveva anche fatto pervenire all’Autorità (che il 18 ottobre ne aveva fatto espressa richiesta) copia dei verbali dei sequestri operati dalla DIA presso gli uffici della SOA e del Consorzio Stabile Novus il 25 maggio 2004.
In data 7 novembre 2005 veniva redatto un appunto per il Presidente e i Consiglieri della SOA avente ad oggetto la vigilanza sul sistema di qualificazione della SOA Nazionale Costruttori s.p.a. e relativa proposta di revoca.
Il 9/10 novembre 2005 il Consiglio dell’Autorità ha, poi, deliberato di dare corso all’avvio del procedimento; la relativa comunicazione è stata trasmessa, peraltro, alla società interessata solo con nota del 28 dicembre 2005.
Ebbene, pur in presenza di tali atti (e delle connessioni tra di essi che la stessa Autorità ha fatto, poi, risaltare), il procedimento non ha preso avvio con immediatezza; in particolare, già la citata nota del 25 luglio del 2005 di talune organizzazioni sindacali aveva evidenziato elementi ai quali l’Autorità ha assegnato puntuale risalto ai fini della contestata revoca, concernenti l’identità di numerosi sindaci nella SOA N.C. e in altre società da essa attestate.
Pur in possesso, sin dal 18 agosto 2005, di comunicazioni della Guardia di Finanza relative, tra l’altro, alla cennata vicenda del sig. Monchieri (le cui dichiarazioni avrebbero accompagnato la nota stessa), alla quale pure l’Autorità ha assegnato rilievo particolare, non è stato, del pari, formalizzato l’avvio del procedimento; anzi, l’Autorità, invece di dare comunicazione in tal senso, ha fatto richiesta ai competenti organi giudiziari di una serie di atti, quali il rapporto della Guardia di Finanza del 5 luglio 2005 ed i verbali di sequestro di cui si è detto (che si inserivano nei procedimenti di rilevanza penale che involgevano la SOA stessa), così ancora indugiando nella propria attività acquisitiva che non concretava la semplice acquisizione di elementi cognitivi basilari ed essenziali per dare corso all’avvio del procedimento, ma valevano, evidentemente, a dare a questo un marcato spessore probatorio, come desumibile, del resto, dalla stessa comunicazione di avvio del procedimento, non avente carattere sommario, apparendo il frutto di un’attenta analisi ed approfondimento delle tematiche scaturenti dai molteplici atti via via acquisiti; e, comunque, la comunicazione in parola è stata trasmessa solo con nota del 28 dicembre 2005, con un decorso di oltre un mese e mezzo rispetto al momento in cui il Consiglio aveva formalmente deliberato al riguardo.
Da tutto quanto precede emerge che la comunicazione di avvio del procedimento è stata illegittimamente trasmessa all’appellante allorché il procedimento stesso risultava da molto tempo non solo avviato, ma caratterizzato dalla successiva e reiterata acquisizione, a richiesta della stessa Autorità, di molteplici atti poi rivelatisi determinanti nel prosieguo dell’indagine; con la conseguenza che, al momento della formale comunicazione di avvio del procedimento, la relativa attività di acquisizione istruttoria, di fatto, era molto avanzata e quasi conclusa, mentre la comunicazione stessa avrebbe logicamente potuto - e dovuto - intervenire già molto tempo prima e quanto meno a partire dal momento in cui l’Autorità è stata portata a conoscenza di una molteplicità di elementi che sono stati fatti, poi, risaltare ai fini della disposta revoca (o, comunque, di lì ad un breve periodo, onde poter formalizzare l’operato dell’Autorità mediante l’assunzione del necessario atto collegiale).
E tutto ciò in contrasto con il citato art. 10, comma 6, del D.P.R. n. 34 del 2000, che riconduce l’inizio del procedimento di revoca dell'autorizzazione al momento in cui l'autorità viene a conoscenza dell’esistenza, anche a seguito di denuncia di terzi interessati, del verificarsi di una delle circostanze di cui al comma 5; e, nella specie, tale conoscenza si è verificata, per le ragioni anzidette, molto prima che fosse data comunicazione di avvio del procedimento e che questo fosse, di conseguenza, formalmente iniziato.
Ciò vale, in particolare, con riguardo alla cennata vicenda Monchieri (che nel verbale del 15 giugno 2005 e nella nota e allegati della Guardia di Finanza trovava puntuale apporto, secondo quanto emerge dagli atti) ed a quella relativa al collegio sindacale della società interessata; laddove il procedimento è stato, formalmente, avviato con alcuni mesi di ritardo rispetto a tali decisive acquisizioni.
Né può parlarsi, nella specie, di atti a contenuto vincolato, ovvero dell’adozione di un provvedimento che, al termine dell’attività istruttoria, non avrebbe potuto avere contenuto diverso rispetto a quello in concreto assegnatogli dall’Autorità; ciò in quanto si è trattato, nella specie, di valutare una congerie di elementi probatori o indiziari di varia natura e portata, non suffragati, tra l’altro, sul piano penale, da alcun consolidamento (tanto che, a tutt’oggi, non risulta che le vicende in contestazione abbiano avuto, in tale ambito, definizione alcuna); e ciò sebbene proprio sulle emergenze dell’indagine penale sottostante sia stato, in concreto, basato l’atto impugnato.
Alla illegittima, tardiva comunicazione di avvio del procedimento si ricollega, poi, l’annullamento del provvedimento impugnato di revoca della SOA, non essendo state in grado, del resto, le Amministrazione appellate di dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
8) Con ulteriori motivi di ricorso di primo grado l’istante ha sostenuto il difetto di istruttoria e di motivazione e la nullità degli atti del procedimento in quanto quest’ultimo sarebbe stato avviato senza l’accertamento della situazione di fatto relativa alle vicende che hanno coinvolto l’attività della SOA, ma si sarebbe basato su atti di un’indagine penale ancora in corso e come tali non utilizzabili dall’Autorità.
Per il TAR quanto asserito da parte ricorrente appariva smentito dai documenti in atti che dimostravano, viceversa, che l’Autorità aveva correttamente svolto un’accurata istruttoria in modo autonomo rispetto agli accertamenti di Polizia Giudiziaria, tale da consentire ad essa di avviare il procedimento che poi ha portato alla gravata revoca; e che non era ravvisabile, inoltre, alcuna illegittimità nell’attività dell’Amministrazione non esistendo una cosiddetta pregiudizialità penale, come sostenuto, invece, dalla parte ricorrente; infatti, la trasmissione dei rapporti della Guardia di Finanza e dei successivi rapporti e atti pervenuti dalla Procura, previo nulla osta della stessa, è avvenuta al fine di permettere all’Autorità di effettuare le valutazioni di competenza per i profili amministrativi di interesse, per l’eventuale adozione degli atti relativi.
Ebbene, dall’esame dei suddetti atti d’indagine sono emersi, ad avviso del TAR, gravi elementi concernenti l’attività della SOA, relativi a reiterate violazioni dei fondamentali principi di indipendenza, di imparzialità di giudizio, di diligenza, correttezza e trasparenza, che hanno indotto l’Autorità ad avviare e, quindi, concludere il procedimento di revoca, indipendentemente dall’esito del giudizio penale.
Al riguardo i primi giudici hanno anche rappresentato che l’Autorità Giudiziaria e l’Amministrazione operano in ambiti differenti e nell’esercizio di poteri diversi, anche se possono interagire nell’ipotesi in cui una medesima situazione o vicenda rivesta profili che investono settori differenti dell’ordinamento, come nel caso di specie; e che, il procedimento penale e quello amministrativo di revoca, pur vertendo su fatti materiali magari coincidenti, hanno finalità diverse, come diverse possono essere le valutazioni proprie dei due sistemi normativi: uno stesso fatto può essere considerato penalmente irrilevante e al contempo integrare una fattispecie sanzionatoria per il diritto amministrativo e viceversa.
L’Autorità, ricorda, ancora, il TAR, ha analizzato i fatti che emergevano dalle prove documentali formate dalla Guardia di Finanza, dai verbali di sequestro, dalle visure camerali, ha compiuto le proprie autonome valutazioni, accertando la sussistenza dei presupposti per la revoca dell’autorizzazione, e ha esercitato i propri poteri sanzionatori, rispetto ai quali l’eventuale accertamento in sede penale non presenta alcun profilo di collegamento, se non limitatamente al comune accertamento storico dei fatti; e le suesposte considerazioni portano a respingere le argomentazioni con cui parte ricorrente asseriva l’avvenuta violazione ed elusione del giudicato derivante dalla sentenza dello stesso Tribunale n. 4556/06.
In particolare, hanno osservato, ancora, i primi giudici, la ricorrente sosteneva che l’atto di revoca si sarebbe basato esclusivamente su documenti che, essendo coperti dal segreto, non potevano essere né trasmessi all’Autorità, né utilizzati ai fini dell’adozione della revoca; e il TAR avrebbe accolto tale tesi affermando che l’Autorità doveva esibirli ove fossero stati utilizzati quale presupposto del provvedimento di revoca; ma, per lo stesso TAR, la censura non era accoglibile poiché l’Autorità ha condotto un’autonoma istruttoria, completa e approfondita, che ha fatto emergere episodi di grave compromissione della trasparenza e regolarità dell’attività istituzionale della SOA. Ciò risultava in modo chiaro dagli atti del procedimento, dal parere della Commissione Consultiva e dallo stesso provvedimento di revoca. Gli atti di Polizia Giudiziaria sono e rimangono coperti dal segreto istruttorio, essendo il procedimento penale ancora in corso, ma hanno costituito la base e l’occasione per l’esercizio del potere di vigilanza e controllo che istituzionalmente è attribuito all’Autorità in materia di organismi di attestazione.
Inoltre, rilevano, ancora, i primi giudici, le dedotte censure sulla impossibilità di conoscere gli atti coperti da segreto e sulla illegittimità del loro utilizzo da parte dell’Autorità appaiono pretestuose anche sotto un altro profilo: il contenuto di tali atti, infatti, è stato ampiamente versato negli atti istruttori compiuti, in particolare nel parere della Commissione Consultiva che riporta quasi integralmente il contenuto dei rapporti della Guardia di Finanza, rendendoli, nei fatti, conoscibili dall’interessata.
9) Per l’appellante le considerazioni così svolte dal TAR non sarebbero condivisibili per molteplici ragioni.
Anzitutto, perché i primi giudici non avrebbero rilevato che, con la propria condotta, l’Autorità avrebbe manifestamente violato il diritto di difesa e di accesso agli atti, in palese contrasto, tra l’altro, con quanto dallo stesso TAR opinato con sentenza n. 4556 del 2006; e ciò in quanto l’Autorità avrebbe basato il provvedimento di revoca su atti che non sono mai stati posti nella disponibilità dell’odierna appellante; e che, in contrario, neppure rileverebbe quanto dagli stessi primi giudici osservato in merito al fatto che gli elementi di indagine rivenienti dagli atti stessi sarebbero stati ampiamente riportati nel contesto dell’atto impugnato e di quelli preparatori.
Aggiunge l’appellante che, trattandosi, nella specie, di procedimento basato sull’acquisizione di atti di indagine penale coperti da segreto istruttorio, gli stessi non avrebbero potuto essere legittimamente utilizzati ai fini dell’adozione dell’atto impugnato; e che, anzi, il procedimento amministrativo avrebbe dovuto essere sospeso in base al principio di pregiudizialità penale.
E, deduce, ancora, l’appellante, l’asserita autonomia con la quale l’Autorità avrebbe valutato i presupposti per procedere alla revoca dell’autorizzazione sarebbe smentita dallo stesso provvedimento di revoca, che si limiterebbe a richiamare, in effetti, al pari del preordinato parere della Commissione consultiva, il contenuto dei rapporti della Guardia di Finanza.
10) Tali censure appaiono fondate nei termini che seguono.
Con la citata sentenza n. 4556/2006, passata in giudicato, il TAR aveva affermato, tra l’altro - nel respingere il ricorso proposto dalla stessa odierna appellante avverso il provvedimento di diniego opposto, in sede di accesso, dall’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, all’esibizione dei documenti richiesti in data 29 dicembre 2005, relativi all’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 10, commi 5 e seguenti del d.P.R. n. 34/00 (accesso negato con la lettera del 10 gennaio 2006 in cui l’Autorità rappresentava che i documenti non potevano essere esibiti in quanto “attinenti alla fase istruttoria di procedimenti penali”) - che la contestata nota di rigetto rappresentava l’esistenza di indagini preliminari che interessavano soggetti operanti nell’ambito della società ricorrente (indagini relative ad una più complessa operazione investigativa, denominata “Dardo”; indagini sulle quali l’autorità giudiziaria riteneva, allo stato, necessario che fosse mantenuto il segreto istruttorio); che tale situazione di fatto concretava la fattispecie di cui all’art. 8, comma 5, lett.c), del d.p.r. n. 352/1992, ostativa all’accesso ai documenti richiesti, limitatamente agli atti di indagine e non agli autonomi accertamenti dell’autorità amministrativa; che restava fermo, peraltro, che l’Amministrazione procedente, nella discrezionalità che le competeva ai fini delle determinazioni circa l’ulteriore corso del procedimento, anche in relazione alla fase delle indagini preliminari in cui si sarebbe trovato il procedimento penale di cui trattasi, avrebbe dovuto valutare, tra l’altro, che tale situazione di segreto non avrebbe potuto essere mantenuta oltre l’eventuale adozione di un provvedimento limitativo della sfera giuridica della ricorrente, dovendosi in tal caso rendere disponibili gli atti dai quali risultavano le ragioni della decisione, ai sensi dell’art. 3 comma 3, della legge n. 241/1990 ed in relazione agli artt. 24 e 97 Cost..
In tale situazione, onde non violare o eludere quanto indicato nel giudicato stesso quale legittima linea operativa per l’amministrazione, l’Autorità, ove, a fini sanzionatori, avesse inteso concretamente avvalersi di tali atti secretati, afferenti al giudizio penale in itinere, non avrebbe potuto sottrarsi all’onere di esibire gli atti stessi, sia in conformità al giudicato, sia per non pregiudicare il diritto di difesa dell’impresa interessata, che si è così trovata, dapprima, di fronte ad una comunicazione di avvio del procedimento già ampiamente proceduralizzata e costituente una sorta di circostanziata contestazione di addebiti, basata, peraltro su documenti riservati (in quanto direttamente afferenti ad indagine penale ancora in corso), che la destinataria di detta comunicazione non è stata messa - per le ragioni indicate dal TAR in sede di rigetto della domanda di accesso - nelle condizioni di conoscere direttamente, in una con l’atto impugnato o anche solo in un momento successivo.
L’Autorità, invero, non ha mai portato l’interessata a diretta conoscenza di detti atti d’indagine penale, essendosi sempre trincerata, al riguardo, dietro il segreto istruttorio che li caratterizzava; di qui la grave contraddittorietà del suo comportamento, avendo la stessa, da un lato, basato, principalmente, la propria condotta inquisitoria su tali atti, che ha ritenuto, quindi, utilizzabili anche ai fini dell’indagine amministrativa e, per altro verso, avvalendosi del carattere secretato degli atti stessi, ha posto l’impresa inquisita nell’impossibilità materiale di conoscerli direttamente, anche solo congiuntamente all’atto impugnato.
In tal modo, peraltro, si è creato un inammissibile divario tra la parte pubblica e quella privata, gli atti determinanti del procedimento essendo stati posti a disposizione solo della prima e non della seconda che, per l’effetto, è stata posta nella sostanziale impossibilità di articolare le proprie difese sulla base degli stessi atti acquisiti e utilizzati ai fini del procedimento, con inammissibile sbilanciamento delle contrapposte posizioni inquisitoria e difensiva e sostanziale violazione dei principi di trasparenza dell’azione amministrativa.
In altre parole, se gli atti provenienti dal procedimento penale in corso erano utilizzabili a fini amministrativi, allora, essi avrebbero dovuto essere portati a integrale conoscenza dell’interessata, fermo il carattere riservato degli stessi (così come ritenuto, del resto, dal TAR nella citata, inoppugnata sentenza n. 4556/2006); oppure, non erano utilizzabili perché coperti da segreto istruttorio (difettando, tra l’altro, il richiamo di una norma specifica che ne consentisse - a certe condizioni e con l’assenso, se del caso, del giudice penale - l’utilizzazione nello specifico procedimento innanzi all’Autorità); e, allora, non avrebbero potuto essere utilizzati neppure dalla p.a. e il relativo procedimento avrebbe dovuto, per l’effetto, essere sospeso.
In definitiva, nel momento in cui, basandosi proprio su detti atti, l’Autorità ha emanato il contestato provvedimento di revoca, non avrebbe potuto legittimamente sottrarsi all’onere, come sopra puntualmente precisato nella detta sentenza, di portare a conoscenza dell’inquisita, sia pure in via riservata, gli atti penali stessi, posti a fondamento dell’attività amministrativa sanzionatoria.
11) Né può condividersi quanto rilevato dai primi giudici in merito al fatto che gli atti in questione sarebbero stati, in effetti, ampiamente riportati nel parere della Commissione consultiva preordinato all’emanazione dell’atto impugnato, nonché in questo stesso ultimo atto (oltre che nella comunicazione di avvio del procedimento); ciò in quanto lo stesso TAR, in effetti, solo sulla base di proprie illazioni può avere affermato esservi coincidenza piena tra quanto riportato negli atti dell’Autorità e quanto riportato negli atti di indagine penale, dal momento che questi ultimi non sono stati depositati presso lo stesso TAR ai fini di eventuali riscontri di corrispondenza; riscontri necessari anche per appurare se, in detti atti riservati, non fossero presenti anche eventuali elementi a discarico favorevoli all’interessata e che questa sarebbe stata, quindi, posta nell’impossibilità di far valere.
E, si aggiunga, gli atti stessi sono stati richiesti dalla Sezione con la citata decisione interlocutoria n. 419/2008 ai fini della loro acquisizione agli atti del giudizio; ma tale acquisizione è tuttora incompleta, non essendo stato prodotto il rapporto della Guardia di Finanza - Comando Nucleo speciale Tutela Mercati - in data 17 agosto 2005, sul quale poggia gran parte del provvedimento impugnato (e preordinati atti endoprocedimentali); con la conseguente, manifesta violazione del principio di difesa, non essendo stata mai posta l’interessata in grado di opporre alcunché ad atti non conosciuti nella loro sicura e integrale consistenza, non solo nella fase procedimentale amministrativa, ma anche nel corso del processo di primo grado, né, infine (se non in parte) nella presente fase processuale.
12) Quanto al fatto, posto pure in evidenza dal TAR, che, in effetti, al di là dell’utilizzazione degli atti di indagine penale, l’Autorità avrebbe, in effetti, svolto anche una propria, autonoma attività di indagine e valutativa, si tratta pure di convincimento non condivisibile.
Al riguardo, si osservi che, nella nota di comunicazione di avvio del procedimento, viene fatto essenzialmente riferimento, per la ricostruzione in linea di fatto, delle condotte oggetto d’indagine, ai rapporti della Guardia di Finanza del 5 luglio e del 17 agosto 2005, alla nota del Sostituto Procuratore D.D.A. (da cui sarebbero emersi “gli elementi forse più gravi”) con la quale sono stati trasmessi i verbali di sequestri operati presso il Consorzio Novus s.p.a. e presso la stessa SOA qui appellante; mentre viene fatto riferimento ad un’autonoma attività accertativa solo con riguardo ai controlli effettuati dall’Ufficio ispettivo successivamente alla visita ispettiva del 14-15 giugno 2005; attraverso tali controlli sarebbe emersa la circostanza relativa alla “coincidenza quasi totale tra il collegio sindacale di codesta Soa” e quelli di altre due imprese dalla medesima attestate; sennonché, a parte il rilievo, apparentemente marginale, nel contesto dell’atto, di tale circostanza, sembra emergere con chiarezza che tali accertamenti hanno fatto seguito a note dei sindacati del settore delle costruzioni che, nel mese di luglio 2005, avevano portato l’Autorità a conoscenza di detta circostanza senza che, al riguardo, la stessa Autorità abbia ritenuto, all’epoca, di comunicare, al riguardo, l’avvio di alcun procedimento.
Anche l’appunto “per il signor Presidente e i signori consiglieri” preordinato all’emanazione dell’atto di revoca fa costante e essenziale riferimento alla “attività preliminare svolta e rapporti intercorsi con la D.D.A. di Napoli” e fonda la ricostruzione dei fatti sempre sugli elementi acquisiti attraverso l’invio dei relativi atti d’indagine da parte della stessa D.D.A. (“dalla nota del 04/10/2005 trasmessa dal Settore Vigilanza Accertamenti e Ispezioni per Liguria e Sardegna della guardia di Finanza risultano emergere importanti elementi a carico della stessa SOA; infatti dalla nota informativa della Guardia di Finanza risulta che...”; che, “riguardo al citato promotore... dal verbale di interrogatorio fatto dalla Guardia di Finanza il 14/07/2004 risulta che...”; “da tale comunicazione del Comando Nucleo provinciale di polizia tributaria, che porta la data del 5/7/2005 si evince che...”; “gli accertamenti del Comando Nucleo... hanno evidenziato che...”; anche i verbali di sequestro di cui si è detto vengono, di seguito, ampiamente richiamati nell’atto preparatorio qui in considerazione).
Sempre nell’appunto ora detto seguono, poi, specifiche “considerazioni dell’Ufficio”; ma le stesse fanno sempre capo ai detti accertamenti operati in sede penale assumendoli come dati di fatto ormai acquisiti e incontrovertibili, laddove si tratta, invece, di accertamenti in corso, non assistiti da alcuna certezza privilegiata, in quanto relativi ad operazioni in itinere e che, ad oggi, neppure risultano concluse, tanto che non risulta essere stato disposto il rinvio a giudizio di alcun indagato in ordine alla vicenda, non ancora definita in sede penale, di cui si tratta.
Ed è vero che l’autorità amministrativa può accordare particolare valore probatorio, ai propri fini operativi, agli atti di indagine penale anche nell’ipotesi in cui non emergano, in concreto, all’esito delle indagini, condotte penalmente rilevanti; non di meno, ciò è possibile in presenza di atti penali definitivi o, quanto meno, fatti oggetto di puntuale e autonomo riscontro agli specifici fini amministrativi circa la rispondenza a verità di quanto in essi riportato.
Sennonché, come si è visto, è quasi del tutto mancata, nella specie, un’autonoma attività di indagine istruttoria amministrativa, le valutazioni e gli apprezzamenti formulati dall’ufficio basandosi, come detto, in termini essenziali e decisivi, sulle non definitive risultanze del procedimento penale in corso, mentre i modesti elementi frutto di autonoma acquisizione istruttoria non appaiono in grado di sorreggere di per se soli l’atto impugnato in primo grado.
Consegue, in definitiva, da tutto quanto precede, che l’atto impugnato è illegittimo in quanto non accompagnato dalla richiesta esibizione degli atti di cui si è detto e dall’espletamento di autonoma attività d’indagine amministrativa (confermativa, se possibile, di quanto conosciuto attraverso gli atti del procedimento penale), con la conseguente carenza dello stesso anche sotto i profili istruttori e motivi, non essendo dato comprendere, in assenza della produzione degli atti stessi, le ragioni che hanno indotto l’Autorità a privilegiare le scelte operate rispetto ad altre.
13) Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullato il provvedimento (comunicato con nota 3 agosto 2006 - SOA/935) emesso dal Consiglio dell’Autorità nell’adunanza del 20 giugno 2006, di revoca dell’autorizzazione a svolgere l’attività di attestazione della qualificazione n. 25 del 30 novembre 2000.
Quanto alle ulteriori censure volte a contrastare, nei loro specifici contenuti, le motivazioni addotte nell’atto di revoca impugnato, le stesse possono essere assorbite, la rimozione dell’atto impugnato facendo salvi gli ulteriori provvedimenti amministrativi ed implicando, quindi, la rinnovazione dell’attività istruttoria e valutativa dell’Amministrazione.
Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in accoglimento dell’originario ricorso (n. 8241/2006), annulla il provvedimento impugnato in primo grado.
Condanna l’Autorita appellata al pagamento delle spese del doppio grado che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
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