Cassazione civile , sez. II, sentenza 12.11.2008 n° 26983
"Al riguardo è opportuno osservare che erroneamente la ricorrente richiama - a sostegno del suo assunto secondo cui la cointestazione di un libretto bancario e la disponibilità di esso da parte di uno dei due cointestatari darebbe luogo ad una liberalità d'uso o ad una donazione indiretta ex sentenza di questa Corte 10.4.1999 n. 3499; come invero è agevole constatare dalla lettura della relativa motivazione di tale pronuncia, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all'atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all'apprezzamento dell'esistenza dell’“animus donandi” consistente nell'accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità, ipotesi invero esclusa nella fattispecie dal giudice di appello."
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 25 giugno - 12 novembre 2008, n. 26983
(Presidente Rovelli - Relatore Mazzacane)
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 18.7.1987 G. Z., A. M. Z., A. T. in proprio e quale procuratore speciale di Gi. Ta., R. T. e G. T. convenivano in giudizio dinanzi al Pretore di Cividale F. S. chiedendone la condanna a restituire loro - quali eredi della zia M. Z. - la somma capitale di lire 42.504.450, pari alla metà del saldo portato dal libretto di risparmio n. omissis acceso presso la Banca Popolare di Cividale e cointestato alla S. ed a M. Z..
Gli attori assumevano che quest'ultima, deceduta il omissis, era in realtà l'unica proprietaria del denaro depositato in tale libretto, che la S. aveva estinto nove giorni prima della morte della Z. trattenendosi l'intero importo di lire 85.008.900 (frutto esclusivamente di risparmi della loro parente), e che la cointestazione di esso con la S. aveva avuto il solo scopo di facilitare alla Z., persona anziana, i relativi prelievi.
Costituitasi in giudizio la convenuta chiedeva il rigetto della domanda attrice rilevando che M. Z. era stata assunta fin dal omissis quale collaboratrice domestica dai propri genitori e che - cessato tale rapporto di lavoro nel omissis per il raggiungimento dei limiti pensionistici - era comunque rimasta a vivere in casa S., ricevendo l'assistenza morale e materiale di cui aveva bisogno; proprio in relazione a ciò la Z. aveva contribuito, sia pure parzialmente, al proprio mantenimento, versando delle somme di denaro sul libretto cointestato ad entrambe; pertanto la S. deduceva di essere stata autorizzata dalla stessa Z. a prelevare il denaro depositato sul libretto, affinché quella parte dei suoi risparmi fosse il corrispettivo dell'assistenza materiale e morale ricevuta nel corso degli anni.
Interveniva poi volontariamente in giudizio L. Z. quale coerede di M. Z. aderendo alla domanda attrice.
Il Tribunale di Udine con sentenza del 24.12.2001, ritenuta l'insussistenza di idonee prove in ordine alla configurabilità di una donazione indiretta effettuata dalla Z. in favore della convenuta, condannava quest'ultima alla restituzione in favore degli attori della somma capitale di lire 42.504.450 con gli interessi legali alla domanda.
Proposto gravame da parte della S. cui resistevano G. ed A. M. Z., T. A., G., R. e Gi. mentre L. Z. restava contumace, la Corte di Appello di Trieste con sentenza del 24.1.2004 ha rigettato l'impugnazione. Per la cassazione di tale sentenza la S. ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui Z. G., A. M. Z., A. T., G. T., R. T. e Gi. Ta. hanno resistito con controricorso; la ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 769-770 c.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso che la fattispecie in esame - costituita dal versamento da parte della Z. di tutte le proprie sostanze su di un libretto bancario, dalla successiva cointestazione di esso anche al nome della S. e dal materiale affidamento di tale libretto alla medesima - non fosse qualificabile né come liberalità d'uso ai sensi dell'art. 770 secondo comma c.c. né come donazione indiretta ex art. 769 c.c. da parte della prima in favore della seconda. La S. assume che la Corte territoriale non ha sufficientemente considerato che dall'esame delle deposizioni testimoniali era emersa la continua assistenza per più di trenta anni assicurata alla Z. dall'esponente garantendole anche un alloggio accogliente e gratuito; era inoltre risultato che la Z. aveva espresso ripetutamente la volontà di lasciare tutti i suoi averi, costituiti esclusivamente dal denaro depositato su un libretto bancario, alla S.; il fatto quindi che nell'anno omissis, ovvero molti anni dopo l'apertura del libretto, la Z. avesse deciso di cointestarlo alla S. che ne aveva l'esclusiva disponibilità non poteva che rappresentare una concreta espressione di tale intento donativo.
La ricorrente inoltre rileva che la sufficienza della prova addotta dall'esponente in ordine alla sussistenza nella fattispecie di una donazione avrebbe dovuto essere valutata, sul piano probatorio, in relazione al fatto che la Z. aveva, quali successori, parenti di grado non stretto (ovvero figli di fratelli) e che il rapporto intrattenuto con essi era alquanto superficiale e sporadico; pertanto era del tutto comprensibile che la Z., in assenza di discendenti diretti, avesse ritenuto sufficiente la cointestazione del libretto ed il suo affidamento alla S. al fine di beneficiare quest'ultima.
La censura è infondata.
Il giudice di appello ha premesso in linea di fatto che Z. M., nata nel omissis e rimasta nubile, era stata assunta quale collaboratrice familiare dai genitori della S. restando ad abitare nella loro casa, e che ella dal omissis, anno della morte della madre dell'attuale ricorrente, era sempre stata accudita da quest'ultima che si era prodigata nella sua assistenza materiale e morale; tuttavia la Corte territoriale, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ha escluso che la Z. con il suo comportamento avesse voluto effettuare una donazione indiretta in favore della S..
In proposito la sentenza impugnata ha rilevato come elementi pacifici in causa che la metà della somma di denaro depositata nel libretto cointestato alla S. ed alla Z. fosse di proprietà di quest'ultima, che l'aveva in buona parte depositata in epoca antecedente alla cointestazione del libretto stesso, avvenuta circa cinque anni prima del decesso della “de cuius” (ovvero quando costei, ormai invalida, non essendo più in grado di provvedere ai versamenti della sua modesta pensione ed ai relativi prelievi, provvide ad avvalersi della collaborazione fornitale dalla S.); la cointestazione del libretto, quindi, non costituiva prova che la Z. avesse inteso beneficiare la S. per l'assistenza e le cure ricevute da quest'ultima, considerato che comunque anche la Z. contribuiva con la propria pensione, almeno in parte, alle relative spese; in altri termini la S. non aveva fornito la prova, secondo l'assunto del giudice di appello, di un atto volontario e spontaneo di disposizione patrimoniale in suo favore da parte della Z. in considerazione dell'assistenza materiale e morale da quest'ultima ricevuta.
Tale convincimento è immune dai profili di censura sollevati dai ricorrenti in quanto frutto di un accertamento di fatto sorretto da logica e congrua motivazione in ordine alla insussistenza della prova dell’“animus donandi” da parte della Z. in favore della S. della metà della somma di danaro depositata sul libretto cointestato alle due donne.
Al riguardo è opportuno osservare che erroneamente la ricorrente richiama - a sostegno del suo assunto secondo cui la cointestazione di un libretto bancario e la disponibilità di esso da parte di uno dei due cointestatari darebbe luogo ad una liberalità d'uso o ad una donazione indiretta - la sentenza di questa Corte 10.4.1999 n. 3499; come invero è agevole constatare dalla lettura della relativa motivazione di tale pronuncia, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all'atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all'apprezzamento dell'esistenza dell’“animus donandi” consistente nell'accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità, ipotesi invero esclusa nella fattispecie dal giudice di appello.
Ciò premesso, si rileva che per il resto la censura della ricorrente si esaurisce inammissibilmente in una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, trascurando in proposito la competenza esclusiva demandata al giudice di merito anche con riferimento alla sussistenza sia dei presupposti per il ricorso alle presunzioni sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione (vedi “ex multis” Cass. 4.5.2005 n. 9225).
Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che, in assenza di prova circa la pretesa donazione, metà della somma prelevata dalla S. continuava ad essere di proprietà della Z. e quindi era entrata a far parte dell'asse ereditario.
La S. assume che in realtà il riferimento all'asse ereditario era erroneo, presupponendo quest'ultimo la sussistenza di un “relictum” nella specie escluso dal fatto che, per effetto del prelievo dell'intero deposito da parte dell'esponente, alla data di apertura della successione nessuna sostanza apparteneva alla “de cuius”.
La censura è infondata.
In proposito la Corte territoriale ha ritenuto l’infondatezza del motivo di appello diretto ad escludere la legittimazione attiva degli attori quali eredi della Z. ed a prospettare semmai una responsabilità restitutoria della S. ex art. 2043 c.c. mancando del tutto la prova che la Z., qualche giorno prima di morire, avesse incaricato la S. di prelevare dal libretto la somma ivi depositata, cosicché la Z. ne era comunque comproprietaria e conseguentemente tale somma era entrata a far parte dell'asse ereditario.
Tale argomentazione è corretta, posto che, una volta esclusa la ricorrenza nella specie di una donazione da parte della Z. a beneficio della S. di metà della somma di denaro depositata nel libretto di risparmio ad esse cointestato, è evidente che il suddetto importo era rimasto di proprietà della Z. stessa e che quindi alla sua morte costituiva oggetto del relativo asse ereditario.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di euro 100,00 per spese e di euro 2000,00 per onorari di avvocato.
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
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