sabato 10 gennaio 2009

Costituzione di parte civile del vicino per violazione norme urbanistiche

Cassazione penale , sez. III, sentenza 28.05.2008 n° 21222

Ma parimenti deve ribadirsi quanto già in proposito ritenuto da questa Corte (Cass., sez. III, 6/10/1982 - 2/12/1982, n. 11526 ) che ha affermato che, anche se la realizzazione di un manufatto senza provvedimento concessorio, non fa sorgere di per sé solo a favore del privato confinante alcuna azione di risarcimento del danno, allorché la costruzione abusiva costituisca violazione anche di norme di natura civilistica, quali quelle che impongono limiti al diritto di proprietà, che stabiliscono distanze, volumetria, altezza delle costruzioni, previste dal codice civile e dai piani regolatori, è ipotizzabile un danno patrimoniale che legittima la costituzione di parte civile del vicino, (Cfr. anche Cass., sez. III, 22/04/1983 - 20/10/1983, n. 8579), secondo cui la costituzione di parte civile del privato cittadino nei procedimenti penali per violazione della legge urbanistica deve ritenersi ammissibile tutte le volte che l'azione illecita abbia cagionato anche la lesione di un diritto privato, come nel caso di una costruzione abusiva di una più vasta sopraelevazione non rispettosa delle distanze. Per un'ipotesi di costituzione di parte civile del proprietario confinante nei procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi v. anche Corte europea dei diritti dell'uomo 17 luglio 2007, c. 6970/03, Vitello.

La potenzialità del danno giustifica la costituzione di parte civile e la condanna generica al risarcimento del danno, impregiudicato il giudizio sulla quantificazione dello stesso. Infatti la condanna generica al risarcimento dei danni, avendo come contenuto una mera declaratoria di riconoscimento del relativo diritto, postula - quale presupposto per il suo accoglimento - l'accertamento di un fatto da ritenersi, alla stregua di un giudizio di probabilità, anche solo potenzialmente produttivo di conseguenze dannose (Cass., sez. II, 30 ottobre 2006, n. 23328); danno che dovrà poi essere determinato - o potrà anche essere in concreto escluso - dal giudice della liquidazione (Cass., sez. lay., 17 aprile 2003, n. 6190).



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Sentenza 4 aprile - 28 maggio 2008, n. 21222
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi signori Magistrati:
dott. Claudio Vitalone Presidente
1. dott. Pierluigi Onorato
2. dott. Ciro Petti
3. dott. Aldo Fiale
4. dott. Giovanni Amoroso
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da C. N., n. a **** il ****
avverso la sentenza del 26.1.2007 della Corte d'appello di Napoli
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Alfredo Montagna che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 20.12.2005 il Tribunale di S. Maria C.V., sez. dist. di Aversa, dichiarava C. N. colpevole del reato p e p. dalla lettera B) dell'art. 44 del d.P.R. n. 380/2001, perché costruiva in località Raito senza essere munito di permesso a costruire, un muro di recinzione al cui interno realizzava un capannone, nonché un appartamento per civile abitazione di superficie pari a circa 80 mq (acc. in Parete 13.7.2004), e lo condannava, concesse le attenuanti generiche, alla pena di mesi due di arresto ed € 4000 di ammenda, con pena sospesa e non menzione, e ordine di demolizione del manufatto, nonché con condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte civile.
Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore, chiedendo tra l'altro dichiararsi la nullità dell'ordinanza ammissiva della costituzione di parte civile.
La Corte d'appello di Napoli con sentenza del 26 gennaio - 30 maggio 2007 rigettava l'appello confermando la pronuncia di primo grado.
2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con plurimi motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente deduce innanzi tutto l'inammissibilità della costituzione di parte civile, proprietaria confinante del terreno sul quale è sorta l'opera abusiva.
Il motivo è infondato.
E' vero che nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie è essenzialmente il Comune ad essere legittimato alla costituzione di parte civile, atteso che nell'ente locale è identificabile una situazione di interesse personale e differenziato distinto dall'interesse diffuso all'osservanza delle norme urbanistiche comune alla generalità dei cittadini; ed in tal caso il danno discende dall'offesa al bene specifico individuato proprio nel territorio il cui assetto urbanistico viene ad essere pregiudicato dall'intervento abusivo (Cass., sez. III, 14 giugno 2002, Arrostito).
Ma parimenti deve ribadirsi quanto già in proposito ritenuto da questa Corte (Cass., sez. III, 6/10/1982 - 2/12/1982, n. 11526 ) che ha affermato che, anche se la realizzazione di un manufatto senza provvedimento concessorio, non fa sorgere di per sé solo a favore del privato confinante alcuna azione di risarcimento del danno, allorché la costruzione abusiva costituisca violazione anche di norme di natura civilistica, quali quelle che impongono limiti al diritto di proprietà, che stabiliscono distanze, volumetria, altezza delle costruzioni, previste dal codice civile e dai piani regolatori, è ipotizzabile un danno patrimoniale che legittima la costituzione di parte civile del vicino, (Cfr. anche Cass., sez. III, 22/04/1983 - 20/10/1983, n. 8579), secondo cui la costituzione di parte civile del privato cittadino nei procedimenti penali per violazione della legge urbanistica deve ritenersi ammissibile tutte le volte che l'azione illecita abbia cagionato anche la lesione di un diritto privato, come nel caso di una costruzione abusiva di una più vasta sopraelevazione non rispettosa delle distanze. Per un'ipotesi di costituzione di parte civile del proprietario confinante nei procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi v. anche Corte europea dei diritti dell'uomo 17 luglio 2007, c. 6970/03, Vitello.
Nella specie i giudici di merito hanno fondato la ragione della legittimità della costituzione di parte civile sul fatto che l'imputato aveva illegittimamente realizzato l'opera abusiva sul suolo di Pezone Maria Giuseppa.
La potenzialità del danno giustifica la costituzione di parte civile e la condanna generica al risarcimento del danno, impregiudicato il giudizio sulla quantificazione dello stesso. Infatti la condanna generica al risarcimento dei danni, avendo come contenuto una mera declaratoria di riconoscimento del relativo diritto, postula - quale presupposto per il suo accoglimento - l'accertamento di un fatto da ritenersi, alla stregua di un giudizio di probabilità, anche solo potenzialmente produttivo di conseguenze dannose (Cass., sez. II, 30 ottobre 2006, n. 23328); danno che dovrà poi essere determinato - o potrà anche essere in concreto escluso - dal giudice della liquidazione (Cass., sez. lay., 17 aprile 2003, n. 6190).
2. Inammissibili sono poi le altre censure che attengono all'apprezzamento delle risultanze dibattimentali e che non sono deducibili in sede di legittimità.
In particolare inammissibilmente il ricorrente si duole della revoca dell'ammissione della prova testimoniale del geom. Micillo membro dell'ufficio tecnico del comune di Parete. Infatti - come già affermato da questa Corte (Cass., sez. V, 9 giugno 2004, Spinelli) il diritto alla prova - garantito all'imputato dall'art. 495, 2° comma, c.p.p. - può essere denegato dal giudice quando la prova richiesta sia manifestamente superflua o irrilevante. E tale era quella del ricorrente che mirava a dimostrare un'ipotetica "promessa della concessione del formale permesso a costruire".
3. Inammissibile - anzi del tutto incomprensibile (se non ipotizzando una mera e tralaticia trascrizione di analoga censura contenuta nell'atto d'appello e riferita alla pronuncia di primo grado) - è poi la censura di nullità della sentenza impugnata per essere stata redatta in modo "assolutamente incomprensibile", essendo quest'ultima perfettamente leggibile in quanto dattiloscritta.
4. Quanto all'ultimo motivo è anch'esso inammissibile per genericità contenendo solo il riferimento, assolutamente privo di argomentazione, agli artt. 53 e 59 legge n. 698 del 1981, senza neppure dedurre alcuna specifica censura alla sentenza d'appello per non aver fatto applicazione, come richiesto, dell'istituto della sostituzione di pene detentive brevi. In ogni caso è vero che - come già ritenuto da questa Corte (Cass., Sez. III, 22/10/2003 - 26/11/2003, n. 45683) - in materia edilizia la condanna ex art. 20 legge 28 febbraio 1985 n. 47, ora sostituito dall'art. 44 del T.U. (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380), può essere oggetto di conversione della parte detentiva, ai sensi degli arti. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981 n. 689, atteso che il divieto di cui all'art. 60 della citata legge n. 689 è stato abrogato dall'art. 4 della legge 12 giugno 2003 n. 134; nuovo regime questo applicabile anche ai giudizi in corso ex art. 5, comma 3, della stessa legge n. 134.
Ma deve considerarsi che la conversione della pena detentiva (art. 53 e segg. legge 24 novembre 1981,. n. 689) è rimessa al potere discrezionale del giudice del merito (Cass., Sez. V, 23/11/2006 - 12/01/2007, n. 528). Nella specie la Corte d'appello, confermando anche in questa parte la pronuncia di primo grado, ha motivatamente escluso l'applicabilità del beneficio facendo riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p.; motivazione questa che non è censurata dal ricorrente se non in termini assolutamente generici.
5. Pertanto nel complesso il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2008.
Deposito in Cancelleria 28/05/2008.

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