domenica 2 dicembre 2007

Sanatoria tacita, prescrizione oblazione e oneri concessori

TAR PUGLIA SEZ. LECCE, 11.10.2007 n. 3646


E’ stato già affermato dalla Sezione di Lecce del TAR Puglia (sentenza n. 1001/2007), che la prescrizione del diritto al conguaglio dell’oblazione non opera disgiuntamente dalla formazione del silenzio assenso sulla domanda e, quindi, dal rilascio del provvedimento tacito di sanatoria, essendo la prima (prescrizione) inscindibilmente connessa ed anzi dipendente dalla seconda (formazione del silenzio assenso), come si evince dal tenore letterale della norma che fa decorrere i relativi termini (24 e 36 mesi) da una stessa data, quella della presentazione della domanda corredata di tutti i documenti e della prova dei pagamenti dovuti ed effettuati.

5. Nemmeno può dirsi decorso il termine di prescrizione per il pagamento degli oneri concessori, perché il relativo diritto del Comune a percepirli è soggetto a prescrizione decennale non ancora decorsa sempre in relazione al momento in cui la domanda è stata perfezionata e non però assentita dal silenzio assenso per quanto sopra detto. E’ principio pacifico che il contributo concessorio dipende anche temporalmente dal rilascio del titolo abilitativo in sanatoria.

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA PUGLIA

LECCE

TERZA SEZIONE

Registro Sentenze: 3646/07

Registro Generale: 1309/2006

nelle persone dei Signori:

MARCELLA COLOMBATI Presidente, relatore

LUIGI COSTANTINI Consigliere

SILVIO LOMAZZI Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nell'Udienza Pubblica del 11 Ottobre 2007

Visto il ricorso 1309/2006 proposto da:

U. L.

rappresentato e difeso da:

DURANO LORENZO

con domicilio eletto in LECCE

VIA AUGUSTO IMPERATORE, 16

presso

PELLEGRINO GIOVANNI

contro

COMUNE DI B.I

non costituito

per l'annullamento

- del silenzio-assenso formatosi sull’istanza di sanatoria presentata dal sig. F. C., dante causa della ricorrente, in data 31.12.1986 e del conseguente diritto della ricorrente ad ottenere il formale provvedimento di concessione;

- dell’avvenuta prescrizione del diritto del Comune di B. di esigere le somme, richieste con determinazione prot. n. 5081/Co 39156 del 20.5.2002, a titolo di conguaglio dell’oblazione;

- dell’avvenuta prescrizione del diritto del Comune di B di esigere le somme, richieste con la summenzionata determina, a titolo di oneri concessori;

- in via subordinata, previa istruttoria tecnica, dell’entità delle somme effettivamente dovute;

- in via subordinata per la condanna del Comune di B. al risarcimento del danno patrimoniale quantificato nella somma do Euro 31.850,40, cagionato alla ricorrente dalla definizione tradiva della pratica di condono;

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Udito il relatore Pres. Marcella Colombati;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 20.7.2006 la sig.ra Luigia Urru ha chiesto: a) l’accertamento del silenzio-assenso formatosi sull’istanza di sanatoria edilizia presentata dal suo dante causa Fernando Conte il 13.12.1986 relativa ad alcuni corpi di fabbrica (due abitazioni e un garage), con conseguente declaratoria del suo diritto ad ottenere il formale provvedimento abilitativo; b) l’accertamento della prescrizione del diritto del Comune di esigere le somme a titolo di conguaglio dell’oblazione e degli oneri concessori, richiesti con nota n. 5081 del 20.5.2002; c) in via subordinata e previa istruttoria tecnica, l’accertamento dell’entità delle somme effettivamente dovute; d) in via ulteriormente subordinata, la condanna del Comune al risarcimento del danno quantificato in euro 31.850,40 cagionato dal ritardo nella definizione della pratica di condono.

Premesso di essere erede del proprio figlio Ferdinando Conte, deceduto il 19.2.1997, la ricorrente afferma che il dante causa aveva presentato il 31.12.1986 istanza di sanatoria per gli abusi perpetrati su immobili realizzati in base a regolare titolo edificatorio; che il medesimo in quell’occasione aveva presentata la necessaria documentazione, provvedendo all’autoliquidazione dell’oblazione dovuta che veniva poi corrisposta, maggiorata degli interessi, con versamento rateale per un importo complessivo di lire 11.840.527; che a distanza di 16 anni dalla presentazione della domanda il Comune comunicava in data 7.3.2002 il contributo da corrispondere per oneri concessori quantificato in euro 40.442,81, nonché la determinazione definitiva dell’oblazione ai fini della sanatoria pari a euro 26.196,83 (lire 50.724.134) in luogo di quella autoliquidata; che, a detta del Comune, la richiesta di conguaglio dell’oblazione non era soggetta al termine prescrizionale per la seguente motivazione: “l’oblazione versata non risulta congrua; mancato versamento delle somme autocalcolate”; che, diversamente da quanto sostenuto, le somme erano state versate e l’importo dell’oblazione autoliquidata era congruo, mentre gli oneri concessori erano stati calcolati in misura eccessiva (euro 40.442,81 in luogo di euro 8.592,41 calcolati dal proprio tecnico di fiducia); che, a seguito di diffida, il Comune in data 25.10.2005 confermava gli importi indicati, precisando che il diritto al conguaglio non si era prescritto “in quanto la domanda di condono era carente delal documentazione essenziale per la sua definizione” essendo stata “parzialmente integrata dall’istante nell’anno 2002”.

Questi i motivi:

1) formazione del silenzio-assenso sulla domanda di concessione in sanatoria ex art. 35, diciottesimo comma, della legge n. 47/85, essendo ampiamente decorso il termine di 24 mesi dalla domanda di condono presentata il 31.12.1986 e sussistendo gli altri presupposti; va contestata la giurisprudenza per la quale la mancanza dei documenti impedisce il formarsi del silenzio assenso fino al momento della presentazione degli stessi, essendo irrilevante invece l’incompletezza degli allegati alla domanda purchè la documentazione prodotta sia sufficiente ad identificare compiutamente l’opera da sanare; qualsiasi ulteriore documentazione prodotta oltre il termine di 24 mesi dalla domanda è inidonea ad influire sul procedimento ormai perfezionato sia pure tacitamente; in concreto i documenti presentati unitamente alla domanda di sanatoria erano sufficienti ad individuare l’opera e la domanda deve considerarsi assentita per silenzio-assenso; ciò sarebbe confermato dalla normativa più restrittiva recata dall’altro condono (art. 39 legge n. 727/94) per la quale qualsiasi carenza documentale è invece condizione ostativa al formarsi del silenzio-assenso;

2) prescrizione del diritto del Comune di esigere il conguaglio delle somme richieste a titolo di oblazione: si contesta l’affermazione del Comune che vi sia stato un parziale versamento dell’oblazione autoliquidata e che la misura non sia congrua rispetto agli abusi commessi; ma anche nel caso in cui non sia stato versato l’integrale ammontare dell’oblazione, è comunque decorso il termine prescrizionale perché, come si evince dall’art. 39, sesto comma, della legge n. 724/94, esiste un doppio tipo di conguaglio, e cioè quello conseguente al controllo dei conteggi e alla rideterminazione da parte del Comune soggetto al termine prescrizionale di 36 mesi dalla presentazione della domanda (art. 39, diciottesimo comma), e quello determinato dall’omesso versamento in tutto o in parte dell’oblazione autoliquidata esigibile anche in via successiva, con la conseguenza che le due tipologie di credito soggiacciono a termini prescrizionali diversi; nella specie, sia la carenza della documentazione sull’istanza di sanatoria che il presunto parziale versamento dell’oblazione autoliquidata, addotte dalla p.a. quali cause ostative, sono ininfluenti sull’istituto della prescrizione dell’oblazione; per individuare il dies a quo da cui far decorrere la prescrizione va richiamato l’art. 35 della legge n. 47 cit. dal quale si deduce che, se il pagamento è rateale, il termine della prescrizione decorre dal pagamento dell’ultima rata (1987), quando la p.a. è in grado di determinare i relativi conguagli, mentre, nella specie, il Comune ha richiesto il conguaglio soltanto nel 2002; è comunque spirato anche il termine di prescrizione ordinaria di 10 anni (art. 2946 c.c.) e la richiesta di integrazione documentale non vale a interrompere o sospendere il detto termine;

3) prescrizione decennale del diritto del Comune ad esigere il pagamento degli oneri concessori, il cui dies a quo decorre dal rilascio del titolo concessorio e anche dalla formazione del silenzio-assenso dopo 24 mesi dalla domanda; nella specie, gli oneri concessori sono stati richiesti solo nel maggio 2002, mentre il silenzio-assenso si era formato già a partire dal 31.12.1988;

4) si contesta l’entità delle somme richieste sia a titolo di oblazione che a titolo di oneri concessori, secondo le risultanze della perizia di parte che divergono notevolmente da quelle del Comune; per l’importo dell’oblazione vale quanto già detto; per gli oneri concessori, da un canto si contesta la richiesta per il fabbricato n. 6 per il quale nulla è dovuto essendo stato l’abuso commesso prima dell’entrata in vigore della legge n. 10/77, dall’altro e per il resto la p.a. non ha applicato i criteri e i parametri vigenti all’epoca di presentazione della domanda; in via subordinata all’accertamento dell’esattezza delle somme richieste a titolo di oneri concessori, la domanda risarcitoria (pari a euro 31.850,40) trova il suo fondamento nel ritardo con cui il Comune ha provveduto senza rispettare i termini per la conclusione del procedimento (legge n. 241/90), ritardo che ha comportato l’applicazione dei parametri vigenti in luogo di quelli indicati dal tecnico di fiducia, con una maggiorazione dell’entità del contributo dovuto a tale titolo.

Non si è costituito il Comune di B..

All’udienza dell’11 ottobre 2007 la causa e passata in decisione.

DIRITTO

1. La questione attiene alla formazione (o meno) del silenzio assenso su domanda di sanatoria edilizia presentata ai sensi della legge n. 47/1985 e sulla decorsa (o meno) prescrizione delle pretese del Comune sia in ordine al conguaglio dell’oblazione, sia relativamente agli oneri concessori. In subordine si contesta l’esattezza delle somme dovute ad entrambi i titoli e, in ulteriore subordine, si chiede il risarcimento del danno per il ritardo nella definizione del procedimento.

2. Preliminarmente va ricordato che il procedimento di sanatoria edilizia disciplinato dall’art. 35 della legge n. 47/1985 e gli obblighi per i richiedenti il titolo abilitativo sono (in parte) i seguenti:

-ai sensi del primo comma dell’art. 35 cit., la domanda andava presentata entro il termine “perentorio” del 30.11.1985, termine più volte prorogato dapprima al 31.3.1986 dall’art. 1 del d.l. n. 656/1985 convertito nella legge n. 780/1985 e successivamente ad altre date da vari d.l. non convertiti ma i cui effetti sono stati fatti salvi, ed infine al 30.6.1987 per effetto dell’art. 1 del d.l. n. 2/1988, convertito nella legge n. 68/1988, sempre unitamente alla fissazione di determinati parametri di maggiorazione della somma dovuta a titolo di oblazione per ogni mese o frazione di mese di ritardo;

-nel caso ora in esame la domanda è del 31.12.1986 e quindi ricade nel regime del d.l. n. 823/1986 che è uno di quelli non convertiti ma fatti salvi dalla legge n. 68/1988 sopra citata; il decreto legge n. 823 cit. proroga il termine di presentazione della domanda al 31.12.1986 ma “con la maggiorazione del 2% della somma dovuta a titolo di oblazione” o “del 3%” per ciascun mese di ritardo secondo determinate decorrenze; la maggiorazione percentuale è ovviamente riferita alla misura originaria riportata nella tabella della legge n. 47/1985;

-sempre ai sensi del primo comma dell’art. 35, alla domanda va allegata la prova del pagamento dell’oblazione nella misura indicata nella tabella ovvero nella misura di un terzo quale prima rata; la rateizzazione comporta la maggiorazione del 10% in ragione d’anno (art. 35, comma 11);

-nel caso in esame, in relazione alla data di presentazione della domanda (31.12.1986), la somma dovuta a titolo di oblazione andava comunque calcolata con la maggiorazioni dovute per effetto delle norme che hanno più volte prorogato il termine perentorio di presentazione della domanda, ed ovviamente fatto salvo l’ulteriore aumento del 10% all’anno per la eventuale rateizzazione prescritto dall’art. 35, comma 11, dell’originaria legge n. 47/1985;

-in ogni caso non sono stati rispettati i tempi di versamento della terza rata che risulta corrisposta oltre i 60 giorni dalla seconda rata.

Nella specie, nonostante che non sembra che la ricorrente si sia fatta carico di tale disciplina, dal momento che nell’atto introduttivo del giudizio (pag. 4) sostiene che “l’oblazione autoliquidata risultava congrua e corretta rispetto all’entità degli abusi commessi secondo i criteri e i parametri indicati dalla stessa legge n. 47/85”, in effetti dalla relazione tecnica di parte del 2003, inviata al Comune il 19.9.2005 unitamente alla diffida e depositata in atti, il calcolo delle maggiorazioni per le leggi successive e degli interessi risulterebbe effettuato.

Il Comune, che non si è costituito, afferma nei suoi atti (nota 15.3.2002, corretta con nota 20.5.2002) che non opererebbe la prescrizione di cui all’art. 35 della legge n. 47/85 in quanto “l’oblazione versata non risulta congrua; mancato versamento delle somme autoliquidate”.

L’affermazione è però contraddetta dalla documentazione presentata nella quale risulta che i versamenti delle tre rate risultano effettuati nelle date del 31.12.1986, 29.4.1987 e 31.7.1987, come riportato anche nella nota del Comune di B. del 25 ottobre 2005 n. 8592.

In data 20.5.2002 la ricorrente si è limitata a depositare soltanto la copia dei versamenti già effettuati in relazione all’istanza di sanatoria e non può mettersi in dubbio che il versamento sia avvenuto diversamente da quanto sostiene il Comune. Infatti l’art. 35 richiede per il rilascio del titolo anche la “esibizione da parte dell’interessato della ricevuta del versamento all’erario delle somme a conguaglio” e tra queste certamente rientrano le ricevute delle rate successive alla prima, che si deve invece allegare alla domanda.

3. Ciò premesso, però, non è fondato il primo motivo nel quale si sostiene che si sarebbe formato il silenzio-assenso sulla domanda di sanatoria del 1986, perché per giurisprudenza costante il termine per la formazione del silenzio assenso non decorre qualora la domanda sia carente della documentazione prevista dalla legge.

Nella fattispecie, nella nota del Comune del 25.10.2005 si precisa che “la domanda di condono era carente della documentazione essenziale per la sua definizione, che è stata parzialmente integrata dall’istante nell’anno 2002” appunto (sulla base della documentazione agli atti del presente giudizio) con la produzione della sola copia dei versamenti.

Non risultano invece prodotti i documenti (ad es: certificato di idoneità statica o collaudo; perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere) previsti dall’art. 35, comma 3, della legge n. 47/85 e da allegare alla domanda, indispensabili per la valutazione della richiesta di sanatoria. In particolare il certificato di idoneità statica depositato in atti riporta la data del 26.9.1995, successiva alla domanda, e non risulta presentato al Comune; né vi è traccia della perizia giurata.

Inoltre è la stessa ricorrente ad ammettere (pag. 7 del ricorso) che la domanda è stata integrata in data 10.1.2002, con la (sola) presentazione della denuncia al catasto fabbricati e dei rilievi grafici.

Non si può accedere alla tesi della ricorrente - secondo cui sarebbe irrilevante l’incompletezza degli allegati alla domanda ai fini della formazione del silenzio assenso, in quanto i documenti presentati unitamente alla domanda sarebbero stati sufficienti ad individuare l’opera - perché la giurisprudenza prevalente, venendo incontro alle esigenze dei privati ed interpretando in modo sostanzialistico la norma, ha affermato che il termine di 24 mesi può decorrere dalla data in cui la domanda di sanatoria è stata integrata con tutta la documentazione necessaria.

Nella specie non sono decorsi i 24 mesi dal 10.1.2002 quando la domanda è stata integrata (e forse nemmeno compiutamente, mancando ancora la perizia giurata e non risultando presentato il certificato di idoneità statica), rispetto alle note del Comune del 7.3.2002 per gli oneri concessori e del 15.3/20.5.2002 per l’oblazione e gli oneri concessori definitivamente determinati.

In proposito il Collegio non può aderire alla tesi di parte ricorrente secondo cui il legislatore, sanzionando l’inerzia dell’Amministrazione, avrebbe voluto evitare che eventuali ritardi nella definizione del procedimento di sanatoria potessero riverberarsi negativamente sul richiedente; al contrario, deve ritenersi che il legislatore ha previsto lo speciale istituto del silenzio assenso sulla domanda di sanatoria al fine di semplificare la procedura dettata allo scopo di chiudere un passato di illegalità e non invece per consentire al privato di giovarsi di taluni istituti (appunto, il silenzio-assenso), pur nella consapevolezza della irregolarità della domanda; in altre parole il sistema si basa su un comportamento virtuoso dell’interessato alla sanatoria dettando regole procedurali ineludibili.

4. Come è stato già affermato da questa Sezione (sentenza n. 1001/2007), la prescrizione del diritto al conguaglio dell’oblazione non opera disgiuntamente dalla formazione del silenzio assenso sulla domanda e, quindi, dal rilascio del provvedimento tacito di sanatoria, essendo la prima (prescrizione) inscindibilmente connessa ed anzi dipendente dalla seconda (formazione del silenzio assenso), come si evince dal tenore letterale della norma che fa decorrere i relativi termini (24 e 36 mesi) da una stessa data, quella della presentazione della domanda corredata di tutti i documenti e della prova dei pagamenti dovuti ed effettuati.

5. Nemmeno può dirsi decorso il termine di prescrizione per il pagamento degli oneri concessori, perché il relativo diritto del Comune a percepirli è soggetto a prescrizione decennale non ancora decorsa sempre in relazione al momento in cui la domanda è stata perfezionata e non però assentita dal silenzio assenso per quanto sopra detto. E’ principio pacifico che il contributo concessorio dipende anche temporalmente dal rilascio del titolo abilitativo in sanatoria.

6. Va ora esaminata la domanda proposta in via subordinata secondo cui la somma richiesta sia a titolo di conguaglio dell’oblazione versata, sia per oneri concessori sarebbe esosa e in proposito si richiamano le risultanze della consulenza tecnica di parte che indica cifre molto inferiori.

Quanto alla misura degli oneri concessori la ricorrente lamenta che la p.a. avrebbe dovuto applicare i criteri e i parametri vigenti al momento della presentazione della domanda, e non quelli più gravosi vigenti nel 2002. Ma l’assunto è infondato perché per giurisprudenza costante i criteri e i parametri da applicare sono quelli vigenti al momento del rilascio del titolo in sanatoria, se la parte non provvede ad autoderminare la misura degli oneri e a versarli unitamente alla domanda così come consente l’art. 37 , primo comma, della legge n. 47/1985 richiamato dal precedente art. 35 (“salvo in ogni caso il disposto dell’art. 37”).

Ancora in proposito deve osservarsi che, se è vero che la determinazione dei contributi non è atto autoritativo da impugnare nei termini di decadenza, è però vero che la nota del Comune del 25.10.2005 contiene anche alcune considerazioni sulla non sanabilità di talune opere (es: corpo di fabbrica n. 1), ovvero sull’entità degli abusi commessi (intero corpo di fabbrica n. 6) e sulla data di effettuazione dei lavori, con inevitabili conseguenze sul calcolo delle somme dovute; la predetta nota avrebbe dovuto essere impugnata nei termini decadenziali.

7. Non è nemmeno ammissibile la domanda di risarcimento del danno da ritardo, perché l’asserito ritardo non è attribuibile alla p.a. in presenza di una domanda di sanatoria non completa.

8. In conclusione il ricorso non può trovare accoglimento, stimandosi peraltro equa l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – Lecce, sezione terza, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe e compensa le spese del giudizio.

La presente sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso il Lecce, nella Camera di Consiglio dell’11 ottobre 2007.

Dott.ssa Marcella Colombati – Presidente ed Est.

Pubblicato mediante deposito

in Segreteria il 24.10.2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

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