sabato 12 maggio 2007

Responsabilità civile del Notaio con condanna al risarcimento del danno in forma specifica

Sentenza della sezione civile di Francavilla Fontana del Tribunale di Brindisi n. 3

del 5 gennaio 2007 (Giudice Unico Dott. Claudio Casarano)

"La Suprema Corte è costante nel ritenere che il notaio, contrariamente all’opinione della difesa convenuta, non deve svolgere un compito di mera registrazione della volontà delle parti; al contrario deve anche adempiere a compiti di indagine sulla qualità del bene compravenduto, disponendo con estrema cura le opportune visure, e finanche assolvere al dovere di informazione ed anche di dissuasione. Tutto per fare in modo che l’atto non solo sia valido ed efficace ma realizzi anche lo scopo prativo sotteso (ed è il minimo che si debba pretendere quando si ricorre all’opera qualificata ed onerosa del professionista).
Del resto la qualità di professionista particolarmente qualificato, il compenso adeguato depongono per un ruolo ben più attivo e prestigioso del notaio di quanto la difesa convenuta abbia voluto ad arte fare passare"

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Brindisi - Sezione Distaccata di Francavilla Fontana – giudice in composizione monocratica - dott. Claudio Casarano ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 197 R. G. anno 2003 Affa­ri Civili Contenziosi promossa da:

Cosimo Semeraro e Concetta Sisto, domiciliati presso il loro di­fensore avv. Santo De Prezzo, che li rappresenta e difende giusta procura a margine dell’atto di citazione;

CONTRO

G. T., domiciliato presso l’avv. Giuseppe A. Attolini, che lo rappresenta e difende, anche disgiuntamente all’avv. Andrea Melucco del foro di Roma, giusta procura in calce alla copia dell’atto di citazione;

OGGETTO: "Risarcimento danni".

Conclusioni: le parti si riportavano a quelle in atti rassegnate e qui da intendersi richiamate;

IL PROCESSO

il fondamento della domanda

Assumevano i coniugi sig.ri Cosimo Semeraro e Concetta Sisto che con atto rogato dal notaio G. T. del 9-07-1992( n. 4833 di Rep. e n. 2510 di Racc.) acquistavano dal S. un appartamento situato in Ceglie Messapica ed un locale rimessa, che facevano parte di un unico complesso immobiliare costruito dallo stesso venditore.

L’acquisto avveniva al prezzo di allora £ 123.500.000( pari ad € 63.782,42), di cui il S. rilasciava quietanza per avvenuto integrale pagamento già con il rogito.

Il venditore garantiva che era stata chiesta l’esclusione dell’ipoteca della quale era gravata l’immobile a favore dell’Istituto di Credito Fondiario.

Senonchè con missiva datata 9-07-1999 l’Istituto di Credito Fondiario comunicava agli attori che gli immobili acquistati dal S. erano ancora gravati di ipoteca a suo favore per il mutuo n. 67583 a suo tempo concesso al venditore costruttore e che la sua esposizione debitoria alla data del 21-06-1999 era pari a £ 130.449.441.

Gli istanti proponevano querela nei confronti del venditore e con missiva del 23-11-2001 chiedevano il risarcimento dei danni al notaio per non aver assicurato il risultato pratico dell’affare concluso sotto la sua egida.

Intanto il Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Francavilla Fontana con sentenza del 16-07-2002 dichiarava il S. colpevole di truffa aggravata e continuata con condanna alle correlative pene ed al risarcimento dei danni.

In data 5-11-2002 l’Italfondiario Spa ( già Istituto Italiano di Credito Fondiario Spa), nella propria qualità di procuratore della Palazzo Finance Spa, notificava al S. ed agli attori, nella loro qualità di acquirenti di immobili gravati di mutuo frazionato, atto di precetto per il pagamento della somma di £ 162.648.069( pari ad € 84.000,62).

Seguiva infine in data 10-02-2003 atto di pignoramento degli immobili acquistati dagli attori.

Nel presupposto di una evidente forma di responsabilità a carico del notaio rogante, gli attori chiedevano il risarcimento dei danni patiti e patendi nei confronti dello stesso.

la difesa del notaio

La difesa si incentrava sul rilievo che nell’atto di vendita era fatta menzione dell’ipoteca gravante sull’Italfondiario; non solo ma in esso era contenuto anche l’impegno del venditore a liberare le unità immobiliari dal predetto vincolo.

Pertanto del danno lamentato dagli attori, peraltro non ancora verificatosi, sottolineava la deducente, doveva ritenersi responsabile il venditore, il quale non aveva adempiuto ad una precisa obbligazione da lui assunta e per di più esplicitata nell’atto dal notaio.

Senza contare, argomentava la difesa convenuta, che gli attori se fossero stati più diligenti avrebbero potuto appurare che nessuna liberazione di ipoteca era avvenuta, nonostante il notevole lasso di tempo trascorso; quindi avrebbero potuto per tempo agire con azione contrattuale nei confronti del venditore, quando magari era ancora in bonis (arg. ex art. 1227, II co., c.c.). Il quale per di più con le stesse modalità fino a tutto il 1997 ha continuato a vendere altre unità dello stesso complesso immobiliare.

l’istruttoria

Venivano acquisiti documenti, fra i quali la sentenza penale di condanna e la perizia svolta in dibattimento; quindi le parti si sottoponevano ad interrogatorio formale e raccolte alcune deposizioni.

La causa veniva riservata per la decisione all'udienza del 6.10.2005, con la concessione di termini di legge per lo scambio di difese e repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

il tenore delle dichiarazioni contenute nel rogito circa la condizione giuridica del bene compravenduto

Occorre muovere direttamente dalla particolare formula che il notaio faceva inserire nel rogito per descrivere la condizione di bene gravato da ipoteca:

“Il venditore garantisce proprietà, disponibilità e libertà ipotecaria di quanto venduto, che in tali condizioni trasferisce ai compratori, con ogni dipendenza, pertinenza ed accessione, immettendoli da oggi nel possesso legale e materiale”.

Egli dichiara che l’unità venduta risulta formalmente gravata, con l’immobile di cui è parte, da ipoteca a favore dell’Istituto Italiano; ne è stata chiesta l’esclusione e la pratica relativa verrà da lui curata a sue totali spese nei tempi tecnici necessari”.

Balza subito evidente come le espressioni utilizzate per descrivere la condizione del bene siano per un verso contraddittorie e per altro verso fuorvianti.

Contraddittorie perché non si comprende come si possa parlare di garanzia di libertà ipotecaria di quanto venduto se da quanto poi esplicitato nel secondo periodo, emerge che le unità oggetto di vendita risultano gravate da ipoteca.

Per di più si parla di immobile gravato solo formalmente di ipoteca, quasi ad evocare che il mutuo precedente che l’accompagnava fosse stato già estinto.

E non a caso si afferma che ne era stata chiesta l’esclusione, ancora a confermare che si

sarebbe trattato di pregiudizio esistente solo sulla carta e quindi inidonea a mettere in forse il senso economico dell’affare.

In terzo luogo, sempre nel senso prospettato, per la eliminazione dell’inconveniente si parla di tempi tecnici necessari.

Emerge allora evidente come fosse davvero ingannevole la formula usata: altro che costituire semplice formalità l’ipoteca esistente, avrebbe potuto costituire un grave pregiudizio per gli acquirenti, i quali dalla formula usata non erano affatto portati a sapere che stavano acquistando un bene che in caso di inadempimento da parte del costruttore – ed ancor peggio di sua insolvenza - avrebbe comportato l’inevitabile pignoramento ai danni degli aventi causa, come poi in effetti avveniva.

Si deve infatti considerare che il prezzo era stato già pagato all’atto dell’acquisto.

Ma soprattutto non poteva affatto essere chiesta l’esclusione dell’ipoteca nei tempi tecnici necessari; mai infatti il creditore ipotecario avrebbe potuto consentire alla cancellazione dell’ipoteca se non previa estinzione della quota di mutuo che accompagnava le unità immobiliari compravendute(!)

prima inferenza dall’esame della formula usata sulla condizione di bene gravato da ipoteca

Non può allora sostenersi come fa il notaio che lo stesso nel menzionare l’esistenza dell’ipoteca, avrebbe adempiuto ai suoi doveri professionali allo scopo di garantire un negozio, oltre che valido ed efficace, idoneo a realizzare lo scopo pratico sotteso.

O ancora non può il notaio affermare che laddove abbia esplicitato l’impegno dell’alienante di cancellare l’ipoteca, il non averlo fatto è negligenza imputabile al solo venditore.

Sarebbe fin troppo comodo per il professionista limitarsi a prendere atto delle dichiarazioni del venditore per ritenere esaurita la sua diligenza professionale.

Un conto infatti è la volontà delle parti, che il notaio deve semplicemente registrare e rendere manifesta in modo inequivoco; altra cosa è la condizione di bene gravato o meno di vincoli. Questi ultimi sono infatti aspetti che concernono il piano dell’indagine che connota la prestazione professionale del notaio e che spiega anche il compenso adeguato che è autorizzato a percepire.

Il professionista al contrario avrebbe dovuto rendere con formula chiara e perentoria che gli attori stavano acquistando unità immobiliari gravate di ipoteca a favore di un terzo per un debito preesistente del venditore.

Anzi se una espressione doverosa doveva essere aggiunta, il notaio avrebbe dovuto dare conto di aver spiegato ai compratori il rischio connesso ad un acquisto con il peso di ipoteca di debito altrui preesistente; tanto specialmente se si considera che il pagamento integrale del prezzo era già avvenuto al momento del rogito( altra situazione è quella in cui gli acquirenti si accollano il mutuo pregresso e dove il rischio di pregiudizio per la preesistenza di ipoteca dipende dall’adempimento su di loro gravante di pagamento delle rate di mutuo; viceversa quando sia mancato il frazionamento e la riduzione dell’ipoteca, emergendo il rischio di pregiudizio degli acquirenti pur se adempienti, riaffiora forte il dovere di informazione a carico del noatio, come ha avuto occasione di precisare la S.C.)

gli altri argomenti che confermano la colpa del notaio: il caso diverso in cui l’acquisto di bene ipotecato è stato fatto a rischio e pericolo dell’acquirente

Il ragionamento seguito poi collima con quello fatto proprio dal giudice penale nel giudicare il S. colpevole del reato di truffa continuata ed aggravata ai danni di altri acquirenti che avevano acquistato con le stesse modalità altre unità dello stesso complesso edilizio costruito dal S..

Peraltro la motivazione della sentenza del giudice penale evoca un diverso caso in cui la formula usata da altro notaio per altro appartamento dello stesso complesso edilizio era stata congegnata in modo tale da rendere quanto meno edotti gli acquirenti del rischio di un acquisto di bene gravato di ipoteca per un credito di un terzo nei confronti dell’alienante:

“La parte venditrice presta le più ampie garanzie di legge per i casi di evizione e molestie, garantendo la piena proprietà e libera disponibilità di quanto venduto ad eccezione dell’iscrizione ipotecaria accesa…a favore dell’Istituto di Credito Fondiario per la somma di £ 2.500.000.000, gravante oltre che sull’unità immobiliare venduta, sull’intero immobile di cui fa parte. Con riferimento a tale iscrizione ipotecaria il venditore si obbliga espressamente a provvedere alla cancellazione della stessa relativamente alla porzione immobiliare venduta con il presente atto, il tutto a propria elusiva cura e spese e comunque nel più breve tempo possibile”.

In questo caso il dovere di informazione sulla condizione giuridica del bene può dirsi sufficientemente assolto; e non a caso il giudice penale escludeva i raggiri e quindi l’elemento oggettivo della truffa contestata; raggiri invece ravvisati per i casi in cui veniva utilizzata nel rogito la formula qui in esame. Raggiri beninteso imputabili al venditore, ma non certo al notaio, al quale si rimprovera la sola colpa ex art. 1176, II co., c.c.-

Non può invece dirsi neanche in questo caso pienamente assolto il dovere di dissuasione, che come si vedrà più avanti incombe pure al professionista.

la giurisprudenza della s.c in tema dell’obbligo di diligenza professionale ex art. 176, II o., c.c.

La Suprema Corte è costante nel ritenere che il notaio, contrariamente all’opinione della difesa convenuta, non deve svolgere un compito di mera registrazione della volontà delle parti; al contrario deve anche adempiere a compiti di indagine sulla qualità del bene compravenduto, disponendo con estrema cura le opportune visure, e finanche assolvere al dovere di informazione ed anche di dissuasione. Tutto per fare in modo che l’atto non solo sia valido ed efficace ma realizzi anche lo scopo prativo sotteso( ed è il minimo che si debba pretendere quando si ricorre all’opera qualificata ed onerosa del professionista).

Del resto la qualità di professionista particolarmente qualificato, il compenso adeguato depongono per un ruolo ben più attivo e prestigioso del notaio di quanto la difesa convenuta abbia voluto ad arte fare passare.

Così con riferimento ad un caso che molto si avvicina a quello in esame la S.C. ha avuto occasione di affermare:

“Il notaio è tenuto ad espletare l'incarico che le parti gli affidano con la diligenza media di un professionista sufficientemente preparato ed avveduto; rientra, pertanto, fra i suoi obblighi, se egli sia richiesto della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare, il compimento delle attività preparatorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, delle cosiddette visure catastali ed ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà; tale obbligo - dal quale egli può essere esonerato, per motivi d'urgenza o per altre ragioni, solo per concorde ed espressa dispensa delle parti - resta fermo anche se trattasi di ipoteca preesistente della quale l'acquirente era a conoscenza e che il venditore si era impegnato a cancellare, essendo la visura, in tal caso, necessaria proprio per accertare l'avvenuto adempimento di tale obbligo dell'alienante. Cassazione civile , sez. III, 18 febbraio 1981, n. 982.

Certo nel caso in esame nel rogito si dava conto che non era avvenuta la cancellazione dell’ipoteca, ma a ben vedere ( ed è qui che si insidia l’artificio retorico dell’abile difesa convenuta) la situazione non è dissimile rispetto a quella posta all’attenzione della S.C., se si considera, come sopra si già è precisato, che la esclusione o cancellazione dell’ipoteca poteva seguire una volta che il venditore avesse pagato la quota del mutuo frazionato; quindi si era ben lontani da una semplice formalità.

Anzi, per dirla con il giudice penale, non si trattava di semplice omissione di indagine ma di informazioni a dir poco fuorvianti.

l’obbligo di dissuasione

Per una ipotesi in cui la S.C. si è spinta sino a imporre al notaio un obbligo di dissuasione dallo stipulare l’atto quando a seguito delle indagini siano emersi pesi pregiudizievoli per la realizzazione dello scopo pratico del negozio:

“Per il notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro visura, nonché l'informativa al cliente sul suo esito e, nell'ipotesi di constatazione di presenza di iscrizioni pregiudizievoli, la dissuasione del cliente dalla stipula dell'atto, costituiscono, salva l'espressa dispensa degli interessati dalla suddetta verifica, obblighi derivanti dall'incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fanno parte dell'oggetto della prestazione d'opera professionale, poiché, pur essendo il notaio tenuto, quale professionista, ad una prestazione di mezzi e comportamenti e non di risultato, l'opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell'atto. Ne consegue che l'inosservanza di detti obblighi luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d'opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico. In relazione alla suddetta inosservanza il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall'art. 2236 c.c. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, in quanto tale inosservanza non è riconducibile ad imperizia, cui trova applicazione quella limitazione, ma a negligenza o imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del comma 2 dell'art. 1176 c.c., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve, essendo inapplicabile l'art. 2236 c.c. L'accertamento della violazione del dovere sancito dal comma 2 dell'art. 1176 invece che della ricorrenza di una fattispecie di responsabilità attenuata ex art. 2236 c.c. è, comunque, riservato al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. Cassazione civile, sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946.

il contesto in cui veniva svolta l’opera professionale: la conoscenza della condizione giuridica del bene compravenduto da parte del notaio rogante

Per di più nel caso in esame il notaio non doveva effettuare particolari indagini, avendo curato l’acquisto da parte del venditore del terreno su cui andava a costruire il complesso edilizio e avendo pure redatto il mutuo che il S. aveva stipulato con l’Istituto di Credito Fondiario per un miliardo di vecchie e con una ipoteca fino a £ 2.500.000.000. Seguivano poi parziali cancellazioni per alcune unità ed annotazioni di frazionamenti di mutuo per quindici quote, con conseguenti riduzioni di somme e restrizioni di ipoteca ex art. 2872 c.c.; tra le quali c’è anche quella degli istanti( si veda la esemplare perizia del dibattimento penale).

Risulta quindi dimostrata la colpa del notaio ex art. 1176, II co., la quale evidentemente concorre con il dolo del venditore, quale accertato dal giudice penale, a determinare

l’evento dannoso lamentato.

Si badi al riguardo che il notaio non si difende assumendo di aver avvertito gli acquirenti del rischio di vanificazione dell’affare ma soprattutto di non essere tenuto ad alcun obbligo di protezione delle ragioni degli acquirenti per aver fatto menzione nell’atto dell’ipoteca preesistente.

Da qui anche la relativa rilevanza delle prove orali tese a rimarcare la negligenza del notaio sul piano dell’informazione o della dissuasione soprattutto; obbligo comunque che deve essere particolarmente pregnante e non riducibile ad una clausola di stile quando gli acquirenti sono persone del tutto sprovvedute di nozioni giuridiche, come nel caso in esame.

la prova del nesso causale con il danno lamentato e il regime probatorio ex art. 1218 c.c.

Emerge quindi la prova della negligente esecuzione della prestazione accessoria che gravava sul notaio; emerge anche il danno costituito dal fatto che gli acquirenti sono costretti a subire un’azione esecutiva che avrebbero potuto evitare se il notaio li avesse informati e dissuasi dall’acquisto a quelle condizioni.

Ai sensi dell’art. 1218 c.c. sarebbe stato poi onere del notaio dimostrare il caso fortuito o la forza maggiore; nel caso in esame se avesse sollevato la questione del pregiudizio per gli acquirenti avrebbe potuto accampare a sua scusante la volontà degli stessi di acquistare ugualmente il bene, nonostante li avesse avvertiti del rischio di pregiudizio futuro per la preesistente ipoteca.

il danno da azione esecutiva in pregiudizio degli acquirenti

Il danno a ben vedere è in itinere piuttosto che eventuale, dal momento che gli attori subivano il pignoramento sulle unità immobiliari acquistate; certo è che viene eliminato alla radice solo pagando i creditori procedenti nei limiti necessari a rendere libero il bene con l’estinzione del debito e la cancellazione conseguente dell’ipoteca che a quel punto diverrebbe doverosa per gli stessi.

In altri termini può senz’altro accogliersi la domanda risarcitoria in forma specifica, ossia condannare il notaio al pagamento delle somme necessarie per liberare il bene dall’ipoteca pregiudizievole.

E la S.C. ha avuto occasione di avallare un siffatto orientamento, anche di recente:

“Il notaio officiato di un atto comportante il trasferimento di un immobile, che non abbia compiuto diligentemente le visure ipocatastali, omettendo di estenderle al periodo immediatamente precedente o di consultare il registro immobiliare generale, in caso di mancato aggiornamento di quelli particolari, nè abbia avvertito le parti dell'eventuale impossibilità di ottenere risultati certi, è responsabile del danno subito dall'acquirente a causa dell'esistenza di un'ipoteca iscritta sul bene tre giorni prima e può essere condannato, a titolo di risarcimento in forma specifica, a procurare la cancellazione della formalità, ove sia possibile ottenere il consenso del creditore e l'incombente non sia eccessivamente gravoso, sotto i profili dell'attività da svolgere e della congruità, rispetto al danno, della somma da pagare. Cassazione civile , sez. II, 26 gennaio 2004, n. 1330

Non sussisterebbe poi alcuna violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunziato, dal momento che in citazione fra le varie domande alternative proposte era espressa anche quella in forma specifica tesa all’ottenimento della liberazione delle unità immobiliari dal peso dell’ipoteca.

Peraltro essendo avvenuto il frazionamento e la riduzione dell’ipoteca l’esecuzione dell’obbligazione risarcitoria in forma specifica non è eccessivamente gravosa per definizione e non vi saranno ostacoli all’ottenimento del consenso del creditore alla cancellazione dell’ipoteca.

Senza contare che il notaio potrà intervenire nella procedura esecutiva in corso per realizzare l’obbiettivo utile per gli attori, se del caso accertando la somma effettivamente dovuta dal creditore ipotecario nel contraddittorio con lo stesso, la quale potrebbe essere inferiore a quella di cui al precetto( come peraltro sembrerebbe emergere dalla perizia svolta nel dibattimento penale, laddove si fa riferimento a rate di mutuo inizialmente pagate dal S.).

le spese

Seguono la soccombenza del convenuto e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto dell’effettiva attività svolta.

P.T.M.

Definitivamente pronunziando sulla domanda proposta con atto di citazione notificato il

08-05-2003 dai sig.ri Cosimo Semeraro e Concetta Sisto nei confronti del sig. G. T., rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

Accoglie la domanda e condanna il convenuto al pagamento delle somme necessarie – in favore del creditore ipotecario procedente di cui all’evocata procedura esecutiva in corso - per liberare le unità immobiliari, oggetto del rogito del 9-07-1992, dall’ipoteca esistente ed ottenerne la cancellazione;

Condanna il convenuto al pagamento delle spese processuali sopportate dagli attori.....

Sentenza esecutiva.

Il giudice – dott. Claudio Casarano

Francavilla Fontana, 5.1.2007

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