giovedì 22 marzo 2007

Destinazione agricola su delibera regionale di modifica del PUG





TAR Lombardia-Milano, sez. II, sentenza 24.11.2006 n° 2487



T.A.R.

Lombardia - Milano

Sezione II

Sentenza 24 novembre 2006, n. 2487

(Pres. Spadavecchia, Est. De Berardinis)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

(Sezione II)

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 3083/99 proposto dalla società X. S.n.c. di G. L. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. G. L., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Romano, Michele Romano e Pietro Romano e con domicilio eletto presso il loro studio, in Y., via dei Martiri 3

contro la

Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Piera Pujatti e con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale, in Milano, via Filzi 22

nonché contro il

Comune di Y., in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Viviani e con domicilio eletto presso il suo studio, in Milano, Galleria S. Babila 4/A

per l’annullamento

della deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. 41192 del 29 gennaio 1999, nonché della deliberazione del Consiglio Comunale di Y. n. 36 del 26 maggio 1999 e di ogni atto preordinato e connesso

VISTO il ricorso con i relativi allegati;

VISTI gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e del Comune di Y.;

VISTE le memorie ed i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle rispettive tesi;

VISTI gli atti tutti della causa;

NOMINATO relatore, alla pubblica udienza del 12 ottobre 2006, il Referendario dr. Pietro De Berardinis ed udito lo stesso;

UDITI i procuratori presenti delle parti costituite, come da verbale;

RITENUTO in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

La società ricorrente, X. S.n.c., quale proprietaria di un terreno situato in Passirana di Y., esteso per mq. 11.084 e contraddistinto al foglio catastale n. 4, mappali n. 54a e 55b, si duole della deliberazione con la quale la Regione Lombardia, in modifica della precedente determinazione comunale, ha destinato siffatto terreno a zona agricola, nonché dell’accoglimento, da parte del Comune, della modifica in discorso.

In particolare la società espone che, mentre nel previgente P.R.G. comunale la destinazione agricola del terreno in esame si giustificava in funzione dello stato dei luoghi ed in specie in forza della presenza di una cascina agricola, successivamente quest’ultima è stata sostituita da un moderno fabbricato a carattere produttivo ed anche l’assetto urbanistico all’intorno è stato del tutto modificato, sicchè la rinnovata destinazione agricola conferita al terreno de quo dalla deliberazione del Consiglio Comunale n. 67 del 3 luglio 1997, recante l’adozione del nuovo P.R.G., appariva fortemente criticabile.

Perciò l’esponente presentava un’apposita osservazione, chiedendo la modifica del relativo azzonamento, da area agricola ad area con attrezzature terziarie private prevalenti, da attuare mediante un piano di lottizzazione convenzionato. Il Consiglio Comunale, con deliberazione n. 23 del 20 marzo 1998, accoglieva l’osservazione della predetta esponente e la richiesta a mezzo di essa formulata.

Senonchè la Regione, in sede di esame del nuovo P.R.G. del Comune di Y., ai fini della sua approvazione, con deliberazione della Giunta n. VI/41192 del 29 gennaio 1999 riteneva di stralciare la destinazione a carattere commerciale-terziario del "P.L. Dt-3", conferita al terreno in parola dal Comune in accoglimento dell’osservazione della società, riconducendo il terreno stesso a "zona E – agricola".

Con deliberazione n. 36 in data 26 maggio 1999 il Consiglio Comunale di Y. decideva, ai sensi dell’art. 10 della l. n. 1150/1942 e per gli effetti di cui all’art. 13 della l.r. n. 23/1997, di accogliere integralmente le modifiche d’ufficio proposte dalla Regione.

Ritenendo la scelta urbanistica attuata con la succitata deliberazione consiliare n. 36 del 26 maggio 1999 ingiustamente lesiva dei propri interessi, la X. S.n.c. con il ricorso in epigrafe ha impugnato la stessa, nonché la deliberazione della Giunta Regionale n. VI/41192 del 29 gennaio 1999, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

- violazione dell’art. 10 della l. n. 1150/1942 in relazione alla deliberazione regionale del 18 aprile 1997, n. VI/27498, violazione dell’art. 10 della l. n. 241/1990, sviamento di potere e difetto di motivazione, perché, in base alla deliberazione regionale n. VI/27498, la Regione può proporre solo le modifiche d’ufficio al P.R.G. di cui all’art. 10, secondo comma, lett. a), b), c) e d) della l. n. 1150/1942 e le altre che non comportino sostanziali innovazioni, inoltre il provvedimento regionale impugnato manca di specifica motivazione e non è supportato da accertamenti, né dall’esame dell’osservazione della società esponente;

- violazione dell’art. 10 della l. n. 1150/1942 in relazione all’art. 13 della l.r. n. 23/1997, in quanto con la deliberazione consiliare gravata il Comune, pur dissentendo dalle modifiche proposte dalla Regione, le ha accettate e, anziché difendere la propria scelta urbanistica, si è uniformato a quella della Regione;

- contraddittorietà nel contesto della stessa deliberazione regionale e sviamento di potere, in quanto il P.L. Dt-3 (stralciato dal provvedimento regionale impugnato) ricadeva in zona a vocazione edificabile e non comprometteva paesaggio ed ambiente, inoltre non c’era alcun rischio di erosione dei suoli, infine per il terreno limitrofo, avente destinazione produttivo–commerciale, è stata accolta (senza obiezioni regionali) l’osservazione tesa all’ampliamento con accorpamento di terreno agricolo.

Si è costituita la Regione Lombardia, depositando documenti ed una memoria per l’udienza di merito e chiedendo la reiezione del gravame, attesa la sua infondatezza.

Si è costituito in giudizio, altresì, il Comune di Y., depositando memoria e documenti e chiedendo la reiezione del ricorso, in quanto infondato.

Nell’imminenza dell’udienza di discussione, la X. S.n.c., che già aveva depositato una memoria illustrativa il 12 giugno 2004, ha depositato un’ulteriore memoria riepilogativa, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rese.

All’udienza del 12 ottobre 2006 la causa è stata riservata dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente censura la deliberazione della Giunta Regionale della Lombardia n. VI/41192 del 29 gennaio 1999, contenente proposta di modifiche d’ufficio del nuovo P.R.G. del Comune di Y., nonché la deliberazione del Consiglio Comunale di Y. n. 36 del 26 maggio 1999, recante approvazione definitiva del P.R.G. mediante recepimento integrale delle suddette modifiche d’ufficio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 della l.r. n. 23/1997, nella parte in cui viene attribuita al terreno di proprietà della medesima ricorrente, sito in Passirana di Y., la destinazione a zona agricola.

Il gravame è articolato in una pluralità di motivi, che investono sia la succitata deliberazione regionale, sia l’approvazione del P.R.G. da parte del Comune di Y..

Nello specifico, con il primo motivo di ricorso viene censurata la deliberazione regionale recante proposta di modifiche d’ufficio al P.R.G., in quanto, in buona sostanza, la Regione, nel caso de quo, sarebbe intervenuta violando i limiti che essa stessa si è imposta in linea generale, con la precedente delibera n. VI/27498 del 18 aprile 1997, per ciò che riguarda i poteri di intervento attivabili in sede di approvazione dello strumento urbanistico comunale. Ed infatti, mentre nella disciplina conseguente alla deliberazione n. n. VI/27498 la Regione può esercitare proposte di modifiche d’ufficio al P.R.G. nelle sole ipotesi di cui all’art. 10, secondo comma, lett. da a) a d), della l. n. 1150/1942, nonché nelle sole ipotesi di modifiche non implicanti innovazioni sostanziali (art. 10, secondo comma, prima parte, della l. n. 1150 cit.), nel caso in esame, invece:

a) la deliberazione regionale gravata non menziona alcuno dei valori per la cui tutela sono conferiti i poteri di cui all’art. 10. secondo comma, lett. da a) a d), cit.;

b) la modifica voluta dalla Regione è stata giustamente ritenuta dal Comune di Y., in sede di recepimento della stessa, quale innovazione sostanziale.

Se ne ricaverebbe l’illegittimità della delibera regionale gravata, per avere essa oltrepassato i limiti entro cui l’ordinamento vigente consente la possibilità di un intervento della Regione modificativo del P.R.G. adottato dal Comune.

La censura non può essere accolta.

In argomento, occorre premettere che la deliberazione della Giunta Regionale ora in esame (n. VI/41192 del 29 gennaio 1999) giustifica la riconduzione dell’area di cui si discute alla destinazione a "zona E – agricola" con duplice ordine di motivi:

- in primo luogo, per assicurare un ordinato sviluppo inteso alla tutela del paesaggio e dei valori ambientali, tenendo anche conto del fatto che il nuovo P.R.G. dichiara di perseguire una politica di contenimento delle espansioni, e dunque, in particolare, per l’esigenza di evitare la proliferazione di interventi edilizi distribuiti "a pioggia", che, se non circoscritti e disincentivati, determinebbero fenomeni di progressiva erosione del suolo senza le opere di urbanizzazione necessarie per il corretto sviluppo di parti rilevanti del territorio comunale, pregiudicando la valorizzazione ed il recupero del patrimonio agricolo esistente;

- inoltre, in quanto l’introduzione del P.L. Dt-3, effettuata dal Comune di Y. in seguito all’accoglimento dell’osservazione della ricorrente, è stata considerata non coerente con la disciplina di cui alla citata deliberazione n. VI/27498.

Sotto questo aspetto, la difesa della Regione ha osservato come la modifica di azzonamento effettuata del Comune in accoglimento dell’osservazione della ricorrente ed accompagnata dall’introduzione di un P.L., non possa ritenersi atto sottratto alle garanzie procedimentali di partecipazione previste per i Piani Regolatori Generali.

Orbene, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 20 giugno 2005, n. 1004), anche di questo Tribunale (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 7 settembre 2006, n. 1943), qualora un provvedimento amministrativo si basi su una pluralità di motivazioni, la fondatezza di una censura investente una di tali motivazioni non rende illegittimo l’intero provvedimento ove questo sia basato anche su altra motivazione immune da censure.

Applicando tale principio al caso di specie, si può pertanto prescindere dall’esaminare sia la questione del carattere di innovazione sostanziale o meno delle modifiche d’ufficio proposte dalla Regione, sia quella, connessa con la precedente, della legittimità o meno, alla stregua della deliberazione regionale n. VI/27498, dell’introduzione di un P.L., per l’area de qua, in sede di accoglimento dell’osservazione della ricorrente.

Ciò, perché la delibera regionale gravata si basa anche su un’altra motivazione – quella di evitare la proliferazione di interventi edilizi "a pioggia" – di cui è indubbia la riconducibilità all’art. 10, secondo comma, lett. c), della l. n. 1150/1942.

Quest’ultima disposizione prevede, infatti, il potere della Regione di proporre le modifiche d’ufficio al P.R.G. riconosciute indispensabili per assicurare la tutela del paesaggio, nonché di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici.

La giurisprudenza costante (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 17 ottobre 2005, n. 3816) afferma che l’attribuzione ad una data area della destinazione a zona agricola ben può essere dettata da finalità di tutela ambientale.

Se ne desume che, nella vicenda in esame, l’attribuzione ad opera della Regione, in sede di proposta di modifiche d’ufficio del P.R.G., al terreno di proprietà della società ricorrente, della destinazione a zona agricola (destinazione dettata esplicitamente da ragioni, tra l’altro, di tutela ambientale) sia pienamente riconducibile alla previsione di cui all’art. 10, secondo comma, lett. c), della l. n. 1150/1942.

Ne consegue l’infondatezza della doglianza della ricorrente.

Sul punto va anzi aggiunto che la riconduzione della fattispecie in esame all’art. 10, secondo comma, lett. c), della l. n. 1150/1942 dimostra, altresì, che la doglianza basata sull’asserito carattere di innovazione sostanziale della modifica contestata, oltre che non decisiva (per ciò che si è detto prima), è anche infondata. Infatti, secondo la costante giurisprudenza (C.d.S., Sez. IV, 24 dicembre 1999, n. 1943; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 14 settembre 2005, n. 3630), le modifiche finalizzate – com’è nel caso di specie – alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, essendo, per l’appunto, distintamente previste dalla lett. c) del secondo comma dell’art. 10 cit., non soggiacciono al limite concernente il divieto di innovazioni sostanziali posto dalla prima parte del secondo comma del medesimo art. 10.

Quindi, la doglianza della ricorrente è infondata anche sotto l’aspetto ora analizzato.

Sempre con il primo motivo di ricorso, la delibera regionale gravata viene censurata, altresì, sotto i profili del difetto di motivazione e della violazione dell’art. 10 della l. n. 241/1990, in quanto, da un lato, la stessa non indicherebbe le argomentazioni, né sarebbe supportata dagli accertamenti tecnici necessari per superare la diversa valutazione urbanistica effettuata dal Comune; d’altro lato, in sede regionale non sarebbe stato compiuto l’esame specifico della osservazione presentata al Comune dalla ricorrente, come sarebbe stato, invece, doveroso, ai sensi dell’art. 10 della l. n. 241/1990.

Le censure ora esposte non possono trovare accoglimento.

Ed invero, per quanto concerne l’asserito difetto di motivazione, osserva in primo luogo il Collegio che le modifiche d’ufficio introdotte dalla Regione in sede di approvazione del P.R.G. al fine di tutelare l’ambiente non richiedono una diffusa analisi argomentativa (così C.d.S., Sez. IV, 19 gennaio 2000, n. 245 relativa ad un caso in cui – del tutto analogamente a quello in esame – la Regione ha ripristinato la preesistente classificazione a zona agricola).

Inoltre, il Collegio rinvia a quanto già detto sopra circa l’ammissibilità che l’azzonamento a zona agricola sia dettato da finalità di tutela ambientale: finalità che, per l’area in esame, la Regione ha puntualmente indicato, rinvenendole, come si è visto, nell’esigenza di evitare la proliferazione degli interventi edilizia "a pioggia".

In proposito, si aggiunge che, per costante giurisprudenza (cfr. da ultimo, C.d.S., Sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4828), la zona agricola possiede anche una valenza conservativa dei valori naturalistici, venendo a costituire il polmone dell'insediamento urbano ed assumendo, per tale via, la funzione decongestionante e di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano. Pertanto, la modifica apportata dalla Regione appare coerente con la finalità che la deliberazione gravata individua, e cioè di assicurare, nella fase attuativa del nuovo P.R.G., un ordinato sviluppo, inteso alla tutela del paesaggio e dei valori ambientali particolarmente rilevanti nel territorio comunale.

In questo senso va quindi condivisa l’obiezione della difesa regionale sull’irrilevanza della mancanza di coltivazioni nell’area della ricorrente ai fini della dimostrazione della presunta illogicità della scelta regionale di mantenerne la destinazione a zona agricola.

Del resto, come si è già visto, la modifica in parola appare coerente, altresì, con la politica che la deliberazione gravata riconosce essere propria del P.R.G. adottato, ossia quella di un contenimento delle espansioni.

In ordine, poi, alla censura di violazione dell’art. 10 della l. n. 241/1990, per non avere la Regione esaminato specificamente l’osservazione della ricorrente, si rileva in contrario che, per la giurisprudenza consolidata, essendo le osservazioni presentate nei riguardi del P.R.G. dei semplici apporti collaborativi, la loro reiezione non richiede una specifica motivazione (T.A.R. Lombardia, Brescia, 2 settembre 1993, n. 717) e ciò quand’anche – come nel caso in esame – esse siano state accettate con deliberazione del Consiglio Comunale (C.d.S., Sez. IV, 7 dicembre 2000, n. 6507; id., 6 marzo 1990, n. 153). Tale conclusione si giustifica con il fatto che, ai sensi dell’art. 10, secondo comma, della l. n. 1150/1942, le osservazioni dei privati al P.R.G adottato, seppur accettate dal Comune, non entrano a far parte del Piano se non a seguito del loro eventuale recepimento nello strumento urbanistico per effetto di una specifica modifica che l’Ente territoriale a ciò deputato – di regola, la Regione – ritenga di apportarvi (C.d.S., n. 6507/2000 cit.).

In definitiva, pertanto, anche le censure appena esaminate, pure esse formulate con il primo motivo di ricorso, risultano infondate.

Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, con esso si censura la deliberazione del Consiglio Comunale di Y. n. 36 del 26 maggio 1999, che, a detta della ricorrente, sarebbe illegittima per aver recepito le modifiche della Regione, pur avendo il Consiglio Comunale, sempre a detta della società ricorrente, ben individuato il contrasto dell’intervento regionale con l’art. 10 della l. n. 1150/1942.

La doglianza non è meritevole di accoglimento.

In proposito, è sufficiente osservare che il Consiglio Comunale di Y., nella deliberazione impugnata, ha sottolineato come le modifiche proposte dalla Regione (con un’eccezione, che però non riguarda la fattispecie in esame) in buona sostanza non intaccassero le scelte fondamentali del P.R.G., ma tendessero a cancellare alcune delle modifiche introdotte in sede di controdeduzioni alle osservazioni presentate nei riguardi del Piano adottato e quindi, come condivisibilmente rileva la difesa comunale, a confermare le previsioni contenute nel P.R.G. adottato ed a ristabilire l’originaria impostazione di questo.

Da un lato, pertanto, non si può condividere l’osservazione contenuta nel ricorso, secondo cui la preponderanza della Regione rispetto alla scelta urbanistica comunale non sarebbe giustificata né dall’esigenza di evitare la compromissione di valori di esclusiva competenza regionale, né da quella di salvaguardare i valori corrispondenti ai criteri di impostazione del P.R.G., in quanto, al contrario, la modifica apportata dalla Regione nel caso di specie è tesa sia a preservare i valori ambientali, sia a garantire una più spiccata coerenza nell’attuazione dei criteri di impostazione del nuovo P.R.G..

D’altronde, non si possono invocare, come fa la ricorrente, le considerazioni contenute nella deliberazione consiliare gravata, nelle quali il Consiglio Comunale si duole dei toni, ritenuti troppo aspri, con cui la Regione aveva censurato la scelta comunale di introdurre un P.L. in sede di accoglimento dell’osservazione presentata dalla ricorrente stessa. Si tratta, infatti, a ben vedere, di argomenti che attengono non alla sfera giuridica, ma a quella della dialettica politica tra i due Enti territoriali interessati: dunque, come correttamente osserva la difesa regionale, tali considerazioni non valgono ad inficiare la delibera regionale, né costituiscono un elemento di contraddizione intrinseca dell’atto comunale.

Passando, infine, al terzo motivo di ricorso, con esso si deducono la contraddittorietà nel contesto della deliberazione regionale, nonchè lo sviamento di potere, per un triplice ordine di ragioni.

In primo luogo, perché il P.L. Dt-3, stralciato dalla Regione, ricadeva in zona a vocazione edificabile e per nulla compromettente la tutela del paesaggio e dell’ambiente.

Inoltre, per la sussistenza di un errore su un presupposto di fatto rilevante, in quanto l’area interessata ricadrebbe in una zona completamente urbanizzata, sicchè l’esigenza sulla quale si fonda l’intervento regionale – quella di evitare la proliferazione di interventi edilizi al fine di scongiurare l’erosione di suoli privi di opere di urbanizzazione – sarebbe in realtà frutto di un travisamento dei fatti e di un difetto di istruttoria.

Infine, perché per il terreno limitrofo a quello della società ricorrente, destinato ad attività produttiva-commerciale, il Comune ha accolto l’osservazione volta all’ampliamento, altresì con accorpamento di un terreno agricolo, senza che la Regione intervenisse sul punto.

Nessuna delle doglianza ora elencate può essere condivisa.

In particolare, la documentazione in atti, compresa quella fotografica (cfr. in specie le foto allegate alla perizia del geom. Viscomi, depositata in data 21 settembre 2006), non supporta l’asserzione per la quale ci si troverebbe in zona a sicura vocazione edificabile e dove non verrebbe compromessa la tutela del paesaggio e dei valori ambientali.

Tale documentazione mostra, infatti, che l’area di proprietà della ricorrente si inserisce in un ambito in cui, a fronte del centro abitato, si situano aree verdi alternate ad insediamenti produttivi e commerciali (capannoni, ecc.): è così confermata la funzione dell’azzonamento agricolo sopra citata, di costituire un polmone dell’insediamento urbano, decongestionando e contenendo l’espansione dell’aggregato urbano (C.d.S., n. 4828/2005 cit.).

Non può, quindi, assumere rilevanza, in proposito, il fatto che sussistano zone limitrofe a quella della ricorrente già urbanizzate, atteso che, come osserva la difesa comunale, la scelta pianificatoria per cui è causa è ispirata proprio dall’esigenza di conservare inedificate le aree agricole, evitando il processo di saldatura con i vicini nuclei già edificati.

Quest’ultima osservazione sembra idonea a superare altresì il rilievo della sussistenza, nella zona in esame, di adeguate opere di urbanizzazione, alla luce del fatto che la deliberazione regionale impugnata richiama nelle sue premesse la finalità del nuovo P.R.G. di contenere le espansioni dell’aggregato urbano: pertanto anche quest’ultima, al pari della valorizzazione e del recupero del patrimonio agricolo esistente, si appalesa come una motivazione, ispirata a fini di tutela paesaggistica ed ambientale, che supporta la deliberazione de qua.

Le considerazioni ora esposte valgono, altresì, a superare la doglianza di difetto di istruttoria formulata in riferimento all’ampliamento accordato all’insediamento limitrofo, destinato ad attività produttivo-commerciale, con accorpamento di un terreno agricolo, senza trascurare, peraltro, che per la suddetta area limitrofa vi era già una previgente destinazione produttivo-commerciale e quindi si trattava dell’esigenza – del tutto diversa da quella fatta valere dalla società ricorrente – di adeguare gli spazi a disposizione dell’insediamento produttivo che già esisteva.

In definitiva, perciò, il ricorso è nel suo complesso infondato e, come tale, va respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi per la compensazione delle spese, attesa la complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Compensa le spese.

Demanda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, il 12 ottobre 2006, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione II, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori magistrati:

CARMINE SPADAVECCHIA Presidente

DANIELE DONGIOVANNI Referendario

PIETRO DE BERARDINIS Ref., estensore

Depositata in Segreteria in data 24 novembre 2006.




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