T.A.R.Puglia - Lecce Sezione I Sentenza 7 luglio 2009, n. 1786
Sussiste la “legittimazione” del comitato ricorrente a chiedere l’attivazione dei poteri sindacali di cui all’art. 217 TUS che può essere ricavata, in primo luogo, dalla lettura dell’art. 3-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente), come introdotto dal decreto legislativo n. 4 del 2008.
Tale disposizione, rubricata “principio dell’azione ambientale”, prevede infatti che “la tutela dell’ambiente … deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente”.
Viene in questo modo consacrato il modello di “governance ambientale”, ossia di un modello di gestione dei beni ambientali non più ispirato al classico modello gerarchico ma ad un nuovo stile di governo diversamente caratterizzato da un maggior grado di cooperazione ed interazione tra poteri pubblici da una parte ed attori non statuali dall’altra parte (realtà economica e realtà sociale).
La governance ambientale presuppone, in chiave di progressiva democratizzazione dei processi decisionali in subiecta materia e nell’ottica del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art., 118, quarto comma, Cost., necessità di visione comune intorno ad un problema, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati per raggiungere risultati migliori.
Ora, se si considera: da un lato, che la garanzia di un ambiente salubre costituisce condizione preliminare (e fondamentale) per consentire altresì un adeguato livello di tutela della salute pubblica; dall’altro lato, che lo stesso art. 217 TUS è sì preordinato al controllo della stessa salute pubblica ma, ancora più a monte, alla prevenzione o alla gestione di gravi fenomeni di inquinamento (cfr. Cass. Pen., sez. VI, 2 ottobre 1985, n. 8465), ecco che ben può riconoscersi ad un comitato come quello in esame la legittimazione ad agire nella direzione sopra indicata.
T.A.R.
Puglia - Lecce
Sezione I
Sentenza 7 luglio 2009, n. 1786
N. 01786/2009 REG.SEN.
N. 00738/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 738 del 2009, proposto da:
Comitato Cittadino Referendario per la Tutela della Salute e del Lavoro Taranto Futura, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Russo, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in Lecce, via F.Sco Rubichi 23;
contro
Comune di Taranto, non costituito;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del silenzio rifiuto del Sindaco del Comune di Taranto formatosi in ordine all'atto di significazione e diffida notificato il 30/10/2008, inerente la mancata adozione, ai sensi degli artt. 50 e 54 del decreto legislativo 267/2000, di ordinanze contingibili ed urgenti, al fine di prevenire, limitare ed eliminare i gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e, quindi, la salute dei cittadini, ma, soprattutto, al fine di evitare ulteriori gravi danni in materia ambientale, di sicurezza alimentare ovvero in materia igienico - sanitaria;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 03/06/2009 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti l’Avv. Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con istanza in data 30 ottobre 2008, il ricorrente comitato cittadino chiedeva al Sindaco del Comune di Taranto l’adozione di ogni atto utile ad evitare la grave situazione sanitaria dovuta all’inquinamento ambientale proveniente, in prevalenza, da lavorazioni di tipo industriali.
Dinanzi all’inerzia protratta del Sindaco, il predetto comitato interponeva gravame per la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato, in particolare per violazione del principio comunitario di massima precauzione degli artt. 50 e 54 del TUEL e dell’art. 217 del testo unico leggi sanitarie (TUS) e del conseguente obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso.
Alla camera di consiglio del 3 giugno 2009, dopo la precisazione delle conclusioni di parte ricorrente, la causa veniva infine trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto nei sensi e per le ragioni che di seguito si esporranno.
2. Circoscritta l’indagine ad una verifica sulla ricorrenza di un obbligo per il Comune di provvedere sulla domanda di parte ricorrente (atteso che non è possibile invocare in questa sede un giudizio circa la fondatezza della pretesa parallelamente azionata, e ciò per l’ampia discrezionalità di cui è intriso, come si vedrà, il potere amministrativo che si intende attivare) l’esame del Tribunale dovrà quindi articolarsi in due momenti:
a) appurare se effettivamente ricorra nel caso in esame un comportamento inerte della p.a.;
b) verificare che lo stesso non sia giustificato dalla manifesta infondatezza dell’istanza predetta: unico limite che la giurisprudenza ravvisa all’obbligo di provvedere dell’Amministrazione, infatti, è quello della manifesta infondatezza – o assurdità, genericità, etc. – della pretesa del privato.
2.1 Quanto al punto sub a) deve rilevarsi come, a fronte dell’istanza notificatagli dal comitato ricorrente il 30 ottobre 2008, non risulta che il Comune abbia mai adottato al riguardo alcun provvedimento.
2.2 Quanto al punto sub b), il giudizio di non manifesta infondatezza si svolgerà invece attraverso l’analisi di tre particolari profili: a) l’esistenza di uno specifico “potere amministrativo” in capo al Comune onde intervenire nel senso indicato; b) la sussistenza di “legittimazione” in capo al comitato ricorrente al fine di poter invocare l’esercizio di siffatto potere; c) la sussistenza – sebbene in chiave latamente intesa – dei “presupposti” per l’esercizio del potere stesso.
3. In ordine al primo aspetto va subito detto che l’esistenza di uno specifico “potere amministrativo” in capo al Comune deve essere riconducibile non al potere di ordinanza di cui agli artt. 50 e 54 del TUEL quanto, piuttosto, all’art. 217 del testo unico leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265 del 1934. Il ricorso al suddetto potere di ordinanza è infatti ammesso nei soli casi in cui non è possibile attivare le normali procedure, qui ancora esperibili per mancanza di indizi di segno contrario.
Ebbene, a norma del citato art. 217 “quando vapori, gas o altre esalazioni … provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà (oggi il sindaco, ovviamente) prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno”.
Il sindaco agisce in questa veste quale autorità sanitaria locale chiamato ad esercitare poteri-doveri di controllo a tutela dell’ambiente e della salute pubblica, anche in caso di persistente inerzia dei competenti organismi regionali e statali nelle suddette materie: dunque, l’oggetto proprio dell’istanza di cui si chiede in questa sede l’adempimento.
Ai sensi degli art. 216 e 217 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265, il sindaco è infatti titolare di un generale potere di vigilanza sulle industrie insalubri e pericolose che può anche concretarsi nella prescrizione di accorgimenti relativi allo svolgimento dell'attività, volti a prevenire, a tutela dell'igiene e della salute pubblica, situazioni di inquinamento, e tale potere è ampiamente discrezionale ed esercitabile in qualsiasi tempo, sia nel momento in cui è richiesta l'attivazione dell'impianto, sia in epoca successiva (T.A.R. Veneto, sez. II, 16 dicembre 1997, n. 1754).
Presupposto per l’esercizio di siffatto potere è la sussistenza di un concreto pericolo per l’ambiente e dunque per la salute pubblica, da valutare complessivamente a seguito di attenta ed approfondita istruttoria, e dunque previa consultazione ed avviso degli organismi competenti in materia sanitaria ed ambientale (ASL, ARPA, etc.), nei sensi ed alle condizioni previste dall’art. 16 della legge n. 241 del 1990.
Si sottolinea ancora come tale potere, il cui mancato esercizio in presenza dei prescritti presupposti (fenomeni di grave inquinamento ambientale e conseguente pericolo per la salute pubblica) determina tra l’altro i reati di danneggiamento e di omissione di atti d’ufficio ai sensi dell’art. 328, comma 1, c.p., sia tuttora esercitabile – per quieta giurisprudenza (T.A.R. Liguria, sez. I, 8 marzo 1996, n. 68; Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 1992, n. 1080) – anche in presenza di norme specifiche in materia di inquinamento come ad esempio il d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203 (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 5 febbraio 1998 , n. 37).
Da quanto sopra detto deriva dunque la sussistenza del primo requisito (sussistenza di potere amministrativo).
4. Quanto al secondo aspetto, la “legittimazione” del comitato ricorrente a chiedere l’attivazione dei poteri sindacali di cui all’art. 217 TUS può essere ricavata, in primo luogo, dalla lettura dell’art. 3-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice dell’ambiente), come introdotto dal decreto legislativo n. 4 del 2008.
Tale disposizione, rubricata “principio dell’azione ambientale”, prevede infatti che “la tutela dell’ambiente … deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, del’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente”.
Viene in questo modo consacrato il modello di “governance ambientale”, ossia di un modello di gestione dei beni ambientali non più ispirato al classico modello gerarchico ma ad un nuovo stile di governo diversamente caratterizzato da un maggior grado di cooperazione ed interazione tra poteri pubblici da una parte ed attori non statuali dall’altra parte (realtà economica e realtà sociale).
La governance ambientale presuppone, in chiave di progressiva democratizzazione dei processi decisionali in subiecta materia e nell’ottica del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art., 118, quarto comma, Cost., necessità di visione comune intorno ad un problema, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati per raggiungere risultati migliori.
Ora, se si considera: da un lato, che la garanzia di un ambiente salubre costituisce condizione preliminare (e fondamentale) per consentire altresì un adeguato livello di tutela della salute pubblica; dall’altro lato, che lo stesso art. 217 TUS è sì preordinato al controllo della stessa salute pubblica ma, ancora più a monte, alla prevenzione o alla gestione di gravi fenomeni di inquinamento (cfr. Cass. Pen., sez. VI, 2 ottobre 1985, n. 8465), ecco che ben può riconoscersi ad un comitato come quello in esame la legittimazione ad agire nella direzione sopra indicata.
Alle stesse conclusioni (legittimazione a richiedere un provvedimento espresso) si perviene considerando che la giurisprudenza amministrativa ha tra l’altro riconosciuto l’obbligo di provvedere, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, anche nelle ipotesi in cui l’esercizio del potere amministrativo non richiede – come nella specie (art. 217 TUS) – che il relativo procedimento sia avviato ad iniziativa di parte privata.
Sussistono infatti casi in cui, per ragioni legate alla generale doverosità dell’azione amministrativa, nonché per ragioni di giustizia ed equità, si impone l’adozione di un provvedimento ad istanza di parte anche laddove tale iniziativa non sia prevista espressamente dalla legge (Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7975).
Secondo tale impostazione, “indipendentemente dall’esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione, in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad una esplicita pronuncia”.
Alla luce di quanto appena detto, se si considera anche qui che il suddetto modello di governance ambientale si fonda proprio sulla massima trasparenza dell’azione amministrativa e sulla più ampia partecipazione dei soggetti privati (preferibilmente organizzati mediante enti esponenziali) ai processi decisionali, deve giocoforza convenirsi sulla necessità che gli stessi soggetti privati possano agire, a tutela degli interessi della collettività in materia ambientale e sanitaria, anche mediante la richiesta di attivazione di determinati poteri pubblicistici.
Sussiste dunque per i motivi anzidetti anche il requisito della legittimazione, in capo al comitato ricorrente, a richiedere ed ottenere un provvedimento espresso in merito alla problematiche specificamente sollevate.
5. Quanto al terzo ed ultimo aspetto, la sussistenza dei “presupposti” – sebbene da intendersi in senso lato – può ben essere ricondotta alle analisi compiute da plurimi e qualificati organismi pubblici in materia sanitaria ed ambientale (ARPA, ASL di Brindisi, Lecce e Taranto, nonché Università di Bari) e prodotte nel presente giudizio: al riguardo sono stati forniti dati piuttosto allarmanti, costituiti in sostanza dalla presenza di patologie legate alla particolare incidenza di fattori di origine per l’appunto industriale.
Ciò non può che costituire, ovviamente, base di iniziale riflessione per l’attività che l’autorità comunale è chiamata nella specie ad esercitare, senza per questo precludere alla stessa la possibilità di attivare ulteriori canali istituzionali di consultazione a carattere tecnico-scientifico, nell’obiettivo condiviso di giungere ad una seria ed approfondita istruttoria.
6. Sulla scorta di questo sopra esposto, e nei sensi appena precisati, il presente ricorso merita dunque accoglimento, sebbene limitatamente al solo obbligo di provvedere, conseguendone l’ordine alla Amministrazione intimata di provvedere espressamente sull’istanza del comitato ricorrente, secondo quanto appena precisato, nel termine di giorni 90 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
Le spese di giudizio vanno poste a carico dell’amministrazione soccombente e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 738/2009 indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto assegna al Comune di Taranto il termine di 90 giorni, decorrente dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza, per concludere con atto espresso il procedimento relativo alla diffida presentata dal comitato ricorrente il 30 ottobre 2008.
Liquida le spese di giudizio in euro 750 (settecentocinquanta), oltre IVA e CPA, da porre a carico dell’amministrazione soccombente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 03/06/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Aldo Ravalli, Presidente
Carlo Dibello, Referendario
Massimo Santini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/07/2009
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
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