Commissioni tributarie - imposte e tasse - giurisdizione esclusiva [artt. 2 e 19 D.Lgs. n. 546/92; art. 12, comma 2, L. n. 448/01]
Le Commissioni tributarie hanno giurisdizione esclusiva e generale estesa ad ogni questione, sia essa relativa all'an o al quantum del tributo.
La giurisdizione cessa solo pergli "atti della esecuzione forzata tributaria", tenendo presente che non rientrano le cartelle esattoriali, gli avvisi di mora e le mere intimazioni di pagamento.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 15 maggio 2007, n. 11082
Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 24/2/2006, I.S.G. proponeva ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, chiedendone la cassazione con ogni consequenziale statuizione.
La spa Montepaschi SE.RI.T. non svolgeva attività difensiva e depositata memoria dal ricorrente, la controversia veniva decisa all'esito della pubblica udienza dell'8/5/2007.
Motivi della decisione
Dalla lettura della sentenza impugnata e del ricorso contro di essa proposto, emerge in fatto che con ricorso depositato il 6/9/2005, I.S.G. proponeva opposizione all'avviso di mora con cui la Montepaschi SE.RI.T gli aveva richiesto il pagamento della tassa automobilistica per l'anno 1996.
Il Giudice di pace di Nicosia declinava, però, la giurisdizione in favore della competente Commissione Tributaria e l' I.S. impugnava la relativa sentenza deducendo, con il primo motivo, la "nullità/inesistenza della notificazione dell'avviso di mora avvenuta a mani del portinaio del Condominio. Mancanza e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.
Nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all'art. 156, c.p.c., comma 3", in quanto la propria moglie si trovava in casa al momento dell'accesso del messo comunale che, pertanto, avrebbe dovuto consegnare l'atto a lei e non al custode dello stabile che, oltretutto, l'aveva avvertito della presenza del coniuge nell'appartamento.
Con il secondo motivo, l' I.S. ha invece dedotto la "falsa ed erronea applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2.
Carenza assoluta di motivazione su punto decisivo della controversia.
Nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 1, 3 e 5", in quanto l'azione da lui proposta andava considerata come un'opposizione all'esecuzione che, come tale, rientrava sicuramente nella giurisdizione del Giudice adito.
Con il terzo motivo, l' I.S. ha infine dedotto la "falsa ed erronea applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1982, n. 953, art. 5 comma 51, convertito in L. 28 febbraio 1983, n. 53, come modificato dal D.L. 6 novembre 1985, n. 957, e D.L. 6 gennaio 1986, n. 2, convertiti entrambi con L. 6 marzo 1986, n. 60, e successive modificazioni. Mancanza e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Nullità della sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5", in quanto il Giudice di Pace avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione del diritto fatto valere dalla Montepaschi, che gli aveva notificato l'avviso di mora dopo il compimento del termine previsto dalla legge.
Così riassunte le doglianze del ricorrente, osserva il Collegio che con il D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5, comma 32, veniva disposta la trasformazione della tassa di circolazione in tassa sul possesso dei veicoli, stabilendosi testualmente che al pagamento della stessa erano tenuti coloro che "risulta(va)no essere proprietari dal pubblico registro automobilistico".
La riforma accentuava il carattere tributario della prestazione, sganciandola completamente dalla utilizzazione delle strutture e dei servizi predisposti per la circolazione dei veicoli, ma nonostante ciò le relative controversie esorbitavano ancora dalla giurisdizione delle Commissioni Tributarie perchè il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 1, riservava a quest'ultime soltanto la cognizione di specifici tributi fra cui non figuravano le tasse automobilistiche.
Con il D.L. 13 maggio 1991, n. 151, art. 11, comma 5, (convertito nella L. 12 luglio 1991, n. 202) la giurisdizione delle Commissioni Tributarie veniva però estesa anche ai ricorsi contro i ruoli formati per tutte le imposte e le tasse contemplate dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 67, che al comma 1 prevedeva tale modalità di riscossione non soltanto per l'IVA ed altre imposte, ma pure per le tasse automobilistiche e quelle sulle concessioni governative (C. Cass. 1997/714, 2000/126, 2001/8, 2003/19552 e 2005/13833).
Per effetto dell'anzidetta disposizione, perciò, anche le impugnazioni delle cartelle esattoriali e degli avvisi di mora in materia di tasse automobilistiche rientravano ormai nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie, permanendo quella del giudice ordinario e, più in particolare, del Tribunale soltanto per le restanti cause diverse da quelle di cui sopra (C. Cass. 1991/12582, 1996/6902 e 1997/4732).
Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, innovava tuttavia sul punto abrogando, con l'art. 71, la norma di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 151, art. 11, comma 5, e ribadendo, con l'art. 2, che le Commissioni Tributarie avevano giurisdizione soltanto su di un certo numero d'imposte e tasse fra le quali non comparivano quelle automobilistiche (C. Cass. 2002/3404, 2002/7352, 2003/587, 2005/13534 e 2006/10011).
Ma a distanza di pochi mesi dall'avvio del nuovo processo tributario, il D.L. 8 agosto 1996, n. 437, art. 12, comma 1, lett. b), (convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556), ripristinava l'efficacia del predetto art. 11, comma 5, che, peraltro, veniva in seguito nuovamente (e definitivamente) soppresso dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 37, entrato in vigore a partire dal 1/7/1999.
Trascorsi poco più di due anni, però, la L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2, attribuiva alle Commissioni Tributarie la cognizione di "tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie", riestendendo così la loro giurisdizione anche alle controversie in materia di tasse automobilistiche (C. Cass. 2003/3599, 2005/27884 e 2006/27179).
Tanto ricordato e premesso, altresì, che come già detto in precedenza, il ricorso introduttivo è stato presentato in data 6/9/2005, devesi rilevare che il secondo motivo (da esaminare per primo per la sua priorità logico-giuridica) è infondato perchè attribuendo alle Commissioni Tributarie "tutte le controversie" in materia d'imposte e tasse, la lettera della legge dimostra chiaramente che quella loro riservata è una giurisdizione esclusiva (C. Cass. 2006/20889), non circoscritta ad alcuni aspetti soltanto, ma generale (C. Cass. 2997/7388), ovverosia estesa ad ogni questione relativa all'an o al quantum del tributo.
La giurisdizione delle Commissioni Tributarie, cioè, è totalmente indifferente al contenuto della domanda e si arresta unicamente di fronte agli "atti della esecuzione forzata tributaria", fra i quali non rientrano, per espressa previsione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, nè le cartelle esattoriali nè gli avvisi di mora od, a maggior ragione, le mere intimazioni di pagamento.
Va pertanto dichiarata la giurisdizione delle Commissioni Tributarie e rigettato il secondo motivo del ricorso.
Ugualmente da respingere sono anche il primo ed il terzo motivo, perchè una volta (esattamente) declinata la giurisdizione, il giudice di pace non poteva più passare all'esame delle questioni relative alla notificazione dell'avviso ed alla intervenuta prescrizione che riguardando il merito, dovevano essere esaminate dalla competente Commissione Tributaria.
Nulla per le spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimata.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione delle Commissioni Tributarie e rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2007.
Altalex, 3 luglio 2007. Nota di Francesco Molinari:
La giurisdizione delle Commissioni tributarie, cui sono devolute “tutte le controversie” in materia di imposte e tasse, è una giurisdizione esclusiva di carattere generale, ovverosia estesa, senza limitazioni, ad ogni questione relativa all’an o al quantum del tributo.
La giurisdizione delle Commissioni tributarie, cioè, è totalmente indifferente al contenuto della domanda e si arresta unicamente di fronte agli “ atti dell’ esecuzione forzata tributaria”fra i quali non rientrano(…)né le cartelle esattoriali né gli avvisi di mora o, a maggior ragione, le mere intimazioni di pagamento.
La pronuncia, con cui concordiamo per la prima parte della massima, non convince, però, nella seconda ma è, pur nella sua sinteticità, d’estremo interesse.
Le conclusioni cui giunge il Massimo Organo sono lapalissiane: Le Commissioni Tributarie sono competenti per tutte le controversie in materia d’imposte e tasse e la loro, è una giurisdizione esclusiva e generale con competenza, quindi, su ogni questione relativa all’an e al quantum del tributo, con esclusione degli atti d’esecuzione forzata tributaria.
Meno convincente appare, invece, quando afferma che “…La giurisdizione delle Commissioni tributarie (…) è totalmente indifferente al contenuto della domanda.”.
La controversia, giunta all’attenzione del massimo organo, verteva sulla richiesta d’annullamento di una sentenza (n. 7/06 del 17.1.2006) con cui un Giudice di Pace (di Nicosia), vistosi presentare un ricorso con richiesta d’annullamento da parte di un contribuente di un avviso di mora (con cui il concessionario gli aveva richiesto il pagamento della tassa automobilistica per una determinata annualità), aveva dichiarato la propria giurisdizione in favore dei giudici tributari.
Pertanto, i supremi giudici, dopo un breve ma succinto ed esauriente escursus storico sistematico sulla natura di “tributo”, ormai assodato, delle tasse automobilistiche, arrivano alle necessarie conclusioni che ogni lite che dovesse sorgere in relazione alle tasse automobilistiche rientra nel campo di decisione del giudice tributario e non già di quello ordinario.
Affermiamo, e in seguito motiviamo, che il Giudice di Pace di Nicosia, cui prima istanza è stata posta la quaestio, non poteva non dichiarare il proprio difetto di giurisdizione e proprio per la domanda a lui richiesta. Questa è la parte su cui dissentiamo della sentenza in commento.
Il Supremo Organo, cui la legge (art. 41 cpc) demanda la risoluzione delle questioni sulla giurisdizione, sembra aderire alla ormai desueta teoria, c.d. statica, del concetto di giurisdizione, tanto caro al Chiovenda1. Sennonché, giusto principi costituzionali, la giurisdizione è questione che attiene al concretizzarsi nella vita di tutti i giorni dell’ordinamento, come magistralmente affermato dal SATTA2. In estrema sintesi, il momento determinante della giurisdizione è quello della domanda ( art. 5 cpc) e la decisione è determinata dall’oggetto della domanda (art. 386 cpc).
Il contenuto della domanda avanzata al Giudice di Pace era: annullamento di un avviso di mora. Proprio in ragione di tale domanda, il Giudice adito non poteva che declinare la propria giurisdizione in favore delle Commissioni tributarie, giudici tributari.
Com’è noto, vige una giurisdizione “speciale e generale” esercitata dalle Commissioni tributarie, alle quali è affidato l’esame di tutte le controversie di natura fiscale.
La materia del contenzioso tributario è stata (anch’essa) oggetto della grande riforma tributaria e fiscale degli anni ’70 ed ha ricevuto organica regolazione dal D.P.R. 636/72 con cui si è messo ordine “.al frastagliato mondo precedente che vedeva distribuito il contenzioso tra giudici speciali e giudici ordinari, tra rimedi amministrativi e organi giurisdizionali. “ 3. Dopo successivi e disorganici “ aggiustamenti” divenuti necessari per gli interventi dei Supremi Giudici, il Legislatore ha provveduto ad una sua profonda revisione con i decreti legislativi nn. 545 e 546 del dicembre ’92, emanati in attuazione della legge delega 413/914. Riforma, che è entrata in funzione dal mese di aprile 1996, in concomitanza con l’insediamento delle nuove commissioni.
Tali decreti (e non a caso il DPR n. 546/92 riporta nel titolo Processo Tributario), hanno ridisegnato l’ordinamento interno delle Commissioni Tributarie e del nuovo contenzioso tributario nel tentativo (non pienamente riuscito, anche alla luce delle nuove riforme costituzionali del giusto processo) di renderlo il più aderente possibile ai dettami costituzionali del processo5, anche mediante il richiamo, quali norme generali da applicarsi nel processo tributario (art. 1 comma 2 DPR n. 546/92), alle norme del codice di procedura civile. Ultimo intervento coordinato è stato realizzato con la legge n. 448/2001 (Legge finanziaria 2002) a cui deve aggiungersi l’ultimo D.L. n. 233/06 (o meglio la sua Legge di conversione, la n. 248/06, la c.d. Bersani-Visco).
Con l’art. 12, comma 2 della citata legge n. 448/2001 (Legge finanziaria 2002) e l’intervento della più recente L. 248/06, si è ampliata la loro competenza6, modificando gli artt. 2 e 19 del DPR n. 546/92 (Processo Tributario), attribuendo, alle Commissioni tributarie “..tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi d’ogni genere e specie..”, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e per il Servizio Sanitario Nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative in ogni caso irrogate dagli uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro onere accessori; nonché competenza su varie controversie di natura catastale, con potere di conoscere su tutte le questioni relative agli atti che precedono l’esecuzione forzata tributaria (iscrizione ipoteca) e quelle relative agli atti che sono compiuti dopo la notifica della cartella di pagamento ma che non hanno natura esecutiva, come il c.d. fermo amministrativo. Questo ha fatto dire, a più di un commentatore, che si è concluso “… il lungo cammino di unificazione delle controversie tributarie dinanzi ad un giudice unico…” 7.
Certamente, attraverso una tale formulazione omnicomprensiva, il legislatore ha tentato di dare un assetto definitivo alla materia sia attraverso l’assorbimento, in capo alle competenze del Giudice Tributario, di quelle competenze che prima ricadevano sotto il giudizio del tribunale ordinario, giusto art. 9 del cpc (che , però, non è stato abrogato), sia con l’elencazione degli atti impugnabili e dell’oggetto del ricorso8. Dimenticano, però, questi commentatori che l’art. 2 citato recita inoltre che: “Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento.”9 e che l’art. 29 del D.lg. n. 46 del 1999 (art. 29) stabilisce, altresì, come, per le entrate non tributarie, restano esperibili "le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi (che) si propongono nelle forme ordinarie". C. Cost. n. 239/97 e C. Cost. n. 202/2000; Cass. SS UU n. 15563/02 e Cass. civile Se. trib. n. 13534/05).
Diviene essenziale, quindi, conoscere del contenuto della domanda : jus persequendi judicio quod sibi debetur10.
Anche il legislatore, proprio nel momento in cui ha attribuito all’esattore tributario “strumenti” idonei a ricercare e conservare i cespiti del patrimonio del debitore, utili a garantire in sede esecutiva la soddisfazione del credito (da tutelare per la sua valenza c.d. solidale) ha, nello stesso tempo e in ragione della tutela dei principi anch’essi costituzionalmente garantiti del diritto alla difesa, attenuato tali poteri con la possibilità d’esperire, a titolo esecutivo realizzatosi (cartella esattoriale contro di cui non si è potuto o voluto esperire i ricorsi), gli ordinari rimedi ex art. 615 (e/o 617 Cpc) e collegati rimedi cautelari (669-bis Cpc) attraverso cui è possibile sospendere il ruolo (titolo esecutivo) sempre che “…ricorrono fondati motivi.”( art. 60 DPR n. 602/73).
La Giurisdizione, in questi casi, appartiene (C. Cost n. 439/99, Cass. civile n. 13534/05) al Giudice che sarebbe “…competente a conoscere la controversia…” (art. 29 su cit.) che è, quindi, suddivisa tra quell’ordinaria, piuttosto che in luogo di quell’amministrativa (così afferma Cass. SS UU. n. 1162/2000 e Cass. Civile sez. I 13 luglio 2000, n. 489, la più recente a proposito del c.d. fermo amministrativo 11) e/o tributaria (Corte cost. n. 318/95 e n. 372/97, quest’ultima rilevante perchè concernente i provvedimenti cautelari d’urgenza).
Tale situazione, si ritiene che non sia stata modificata dalle ultime modifiche legislative (L. 248/06 c.d. Bersani-Visco).
In buona sostanza al Giudice Ordinario, (Giudice di pace di Bari Sent. n. 1825/0712, Trib. di Vibo Valentia Ordinanza del 26 Giugno 200613 e, infine, Cass. SS UU n. 2053/06), si può chiedere l’inefficacia del titolo esecutivo tributario (atto impositivo risultante dalla definitività dell’accertamento) anche in sede d’esecuzione tributaria; giusto coordinamento dell’art. 2 D.Lgs. 546/92 con gli artt. 57-59 DPR n. 602/73, che hanno lasciato in capo, ai giudici tributari, solo le controversie e per somme tributarie, relative agli atti esecutivi ex 617 cpc., perché nulla dice, l’art. 2 D.Lgs 546/92, sulle eventuali controversie che investono invece il diritto all’esecuzione sorto sulla base di un credito tributario ormai formatosi. Il legislatore si è limitato a prevedere solo le cause che investono il rapporto impositivo e le connesse posizioni (Cass. SS. UU. N. 15563/02), vale a dire “…le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria…”.
Il rimedio esperibile è quello previsto dall’art. 615 cpc con cui si contesta il diritto a procedere ad esecuzione e non solo per denunciare fatti estintivi (e/o impeditivi) sorti dopo la creazione del titolo esecutivo. Questo perché “….il silenzio di detto art. 2, sull’opposizione ex art. 615 cpc, è di per sé sufficiente a determinare la giurisdizione del giudice ordinario, traducendosi nella mancanza di deroga ai comuni criteri di collegamento.” (Cass. SS. UU. N. 15563/02). Tale controversia deve essere a lui condotta (Cass. SS UU n. 2090/2002), proprio perchè a lui è chiesto di assicurare tutela ai diritti soggetti (Cort. Cost. sent. N. 275/01). Nel momento in cui si è messa in discussione il diritto a procedere all’esecuzione (con domanda configurabile quale opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc) è questo il giudice (art. 103-113 Cost.) cui rimettere la risoluzione di tutte le questioni a queste collegate, proprio perché giudice munito di giurisdizione sulla domanda stessa (Cass. N. 6420/2004). In sintesi il giudice ordinario, presso cui è incardinata una controversia d’opposizione all’esecuzione tributaria (stesso ragionamento può estendersi ai rimedi cautelari), può conoscere dell’atto impositivo e, se valutato illegittimo e/o inesistente, dichiararne la sua inefficacia quale titolo esecutivo con conseguente annullamento dell’atto esecutivo per eliminare, o far cessare, la lesione di un diritto soggettivo (e in ossequio dettami artt. 24 e 113 Cost.). Questo perché, la norma residuale prevista ex art. 59 DPR 602/73 (che consente la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni e quindi appresta una forma di tutela per “equivalente”) non potrà mai sostituire il bene della vita che si ritiene leso da un atto contrario alla legge.
In altre parole il debitore tributario, a titolo esecutivo creatosi, che denuncia di subire (o teme in concreto di subire) una lesione da un atto a questo successivo e conseguente, può richiedere una dichiarazione d’inefficacia e/o invalidità dell’atto purché non miri (Cass. SS UU n. 467/2000) alla dichiarazione d’illegittimità (cosa, questa, non consentita neanche ai giudici tributari) o all’annullamento di atti impositivi.
Pertanto la richiesta che il contribuente avanzava davanti al Giudice di Pace di Nicosia, annullamento di un atto impositivo, nella fattispecie avviso di mora, che non è tra quelli per cui è riconosciuta la giurisdizione in capo all’A.G.O. (che per come sopra detto è limitata e condizionata14 alla tutela dei diritti soggettivi) non poteva che ricevere, il ricorso alla declaratoria di difetto di giurisdizione, il conseguente rigetto per come giustamente in sentenza commentata.
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