"l’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 - prescrivente la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti - deve essere rispettato, trattandosi di norma intesa a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario (cfr.: Cons. Stato IV, 5.12.2005 n. 6909; idem 12.7.2002 n. 3929; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 17.5.2000 n. 240; Cass. Civile II, 10.1.2006 n. 145). Tale orientamento ermeneutico della giurisprudenza sopravvive alla riforma del Testo Unico dell’edilizia, atteso che l’art. 136 del T.U. 6.6.2001 n. 380, nell’abrogare l’art. 17 comma primo lett. c) della legge n. 765 del 1967, lascia in vigore i commi sesto, ottavo e nono dell’art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, di talché gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 (cfr.: Cass. Civile II, 29.5.2006 n. 12741).
La disciplina delle distanze legali tra costruzioni è, ovviamente, applicabile anche alle sopraelevazioni (cfr.: Cass. Civile II, 27.3.2001 n. 4413).
Se è vero che i due edifici frontistanti confinano con la pubblica via, è altresì vero che ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non già il rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr.: Cass. Civile II, 16.4.2007 n. 9077). "
T.A.R.
Molise - Campobasso
Sezione I
Sentenza 8 luglio 2009, n. 599
(Pres. Giaccardi, Est. Ciliberti)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 44 del 2008, proposto da M. S., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Marone, con elezione di domicilio in Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, n. 23, presso lo studio Zezza,
contro
il Comune di Termoli, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dall’Avv. Vito Aurelio Pappalepore, con elezione di domicilio in Campobasso, piazza Vittorio Emanuele II, n., 5, presso lo studio Criscuolo,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dei seguenti atti: 1) il provvedimento di diniego prot. n. 36150/07, notificato il 24.11.2007, con il quale il Comune di Termoli ha inteso negare il permesso di costruire la sopraelevazione e la copertura a terrazzo dell’immobile del ricorrente, rilevando un presunto <
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita, alla pubblica udienza del 24 giugno 2009, la relazione del Consigliere, dott. Orazio Ciliberti;
Udite, altresì, le parti, come da verbale di udienza;
Ritenuto, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO E DIRITTO
I – Il ricorrente, avendo chiesto un permesso di costruire per realizzare la sopraelevazione di un immobile nel centro di Termoli ed avendone ottenuto un diniego, insorge per impugnare i seguenti atti: 1)il provvedimento di diniego prot. n. 36150/07, notificato il 24.11.2007, con il quale il Comune di Termoli ha inteso negare il permesso di costruire la sopraelevazione e la copertura a terrazzo dell’immobile del ricorrente, rilevando un presunto <
Si costituisce l’Amministrazione comunale, deducendo, anche con successiva memoria, la inammissibilità e la infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.
All’udienza del 24 giugno 2009, la causa viene introitata per la decisione.
II – Il ricorso è infondato.
III – Con istanza edilizia datata 18.6.2007, il ricorrente ha chiesto al Comune intimato di poter sopraelevare un immobile di sua proprietà sito nel centro cittadino (foglio 13 p.lla 775), in considerazione dell’asserita disponibilità di cubatura derivante dal suolo di pertinenza. L’edificio di due piani, che il ricorrente intenderebbe portare a una altezza di 10,1 metri (rispetto all’attuale di 6,8 metri), con la realizzazione di nuovi volumi abitabili e finestrati e la copertura parziale del terrazzo, fronteggia altro immobile di proprietà di terzi, a una distanza di appena 5 metri. Sebbene la disciplina urbanistica dettata dal vigente P.R.G. di Termoli per le zone omogenee "B1" (risanamento) non escluda la realizzazione di interventi in ampliamento, il competente ufficio urbanistico comunale ha ugualmente ritenuto che l’intervento, come progettato, non possa essere autorizzato, in ragione della mancata produzione del documento plano-volumetrico (art. 24 N.T.A.), nonché del mancato rispetto delle distanze (art. 9 D.M. n. 1444 del 1968), quale prescritto dalla tavola normativa "B2" del vigente P.R.G. Tale impedimento è stato ritualmente comunicato all’istante con nota prot. n. 28348 datata 11.9.2007, ai sensi della normativa di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Il ricorrente, con nota datata 26.10.2007, ha contestato - in via di partecipazione al procedimento - l’applicabilità della normativa urbanistica sulle distanze, revocando in dubbio persino la eccepita necessità di un piano volumetrico. Nondimeno, il dirigente del Settore comunale urbanistico – con il provvedimento impugnato – ha denegato il permesso di costruire, sul presupposto della inderogabilità dello strumento plano-volumetrico e della applicabilità diretta del limite minimo di distanza tra pareti finestrate.
Il ricorrente impugna, deducendo sostanzialmente tre censure: 1) la distanza della costruzione frontista dalla costruendo parte in sopraelevazione è superiore a 10 metri; 2) gli immobili frontistanti confinano con la via pubblica, di talché va escluso il rispetto delle distanze previste dal codice civile; 3) l’intervento non può essere qualificato come nuova costruzione, di guisa che lo strumento planovolumetrico sarebbe, nella fattispecie, superfluo.
I motivi del ricorso non sono attendibili.
L’edificio frontistante a quello del ricorrente, da ampliare in sopraelevazione, dista – sulla scorta delle indicazioni grafiche rilevabili dalle tavole progettuali – appena 5 metri lineari, anche se lo spazio teorico antistante la parte alta dell’edificio, in caso di sopraelevazione, sarebbe superiore ai 10 metri. Sennonché, la disciplina dell’art. 41 quinquies della legge 17.8.1942 n. 1150, integrata dalle disposizioni dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, prevede una distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti non inferiore a 10 metri, prescindendo dall’altezza della parete, ovvero dal fatto che la parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente (cfr.: Cons. Stato IV, 12.6.2007 n. 3094; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna II, 30.3.2006 n. 348; idem T.A.R. Toscana III, 22.1.2007 n. 55).
Il rispetto della distanza minima di cui al citato art. 9 è, peraltro, espressamente prescritto dalla tavola normativa "B2" del vigente P.R.G. di Termoli, come distacco minimo tra corpi dello stesso edificio o dello stesso isolato.
E’ orientamento di una autorevole giurisprudenza ritenere che, negli edifici ricadenti in zone territoriali diverse dalla zona A, sia prescritta, in tutti i casi, una distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti e che tale prescrizione abbia carattere di assolutezza e di inderogabilità. Pertanto, l’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 - prescrivente la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti - deve essere rispettato, trattandosi di norma intesa a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario (cfr.: Cons. Stato IV, 5.12.2005 n. 6909; idem 12.7.2002 n. 3929; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 17.5.2000 n. 240; Cass. Civile II, 10.1.2006 n. 145). Tale orientamento ermeneutico della giurisprudenza sopravvive alla riforma del Testo Unico dell’edilizia, atteso che l’art. 136 del T.U. 6.6.2001 n. 380, nell’abrogare l’art. 17 comma primo lett. c) della legge n. 765 del 1967, lascia in vigore i commi sesto, ottavo e nono dell’art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, di talché gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 (cfr.: Cass. Civile II, 29.5.2006 n. 12741).
La disciplina delle distanze legali tra costruzioni è, ovviamente, applicabile anche alle sopraelevazioni (cfr.: Cass. Civile II, 27.3.2001 n. 4413).
Se è vero che i due edifici frontistanti confinano con la pubblica via, è altresì vero che ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non già il rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr.: Cass. Civile II, 16.4.2007 n. 9077).
Infine, può ritenersi che l’intervento progettato sia qualificabile come nuova costruzione, trattandosi della realizzazione di un intero piano, in aumento volumetrico, con la conseguente modificazione dei parametri edilizi (cfr.: Cons. Stato V, 26.10.2006 n. 6399; T.A.R. Bologna II, 30.3.2006 n. 348). Pertanto, a tenore della disciplina di cui all’art. 24 delle N.T.A. del vigente P.R.G., proprio la mancata produzione da parte dell’istante dello strumento planovolumetrico, in allegato al progetto di sopraelevazione, non consente alcuna deroga alla disciplina delle distanze urbanistiche e costituisce motivo ostativo al rilascio dell’assenso edilizio.
IV – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise respinge il ricorso in epigrafe, perché infondato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 24 giugno 2009, dal Collegio così composto:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore
Massimiliano Balloriani, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 08/07/2009.
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