T.A.R. Piemonte - Torino Sezione II Ordinanza 5 settembre 2009, n. 696
il Tar Piemonte, in linea con il Tar Lombardia(Ordinanza TAR Lombardia, Sez. IV, 12 novembre 2007, n. 6259 e Ordinanza TAR Lombardia, Sez. VI, del 26 marzo 2008, n. 475) di cui quest'ultima già confermata dal Consiglio di Stato, con la nota sentenza del 10 febbraio 2009, n. 2808) charisce che il decreto Bersani introduce un provvedimento che fissa un semplice e chiaro principio di derivazione comunitaria e di ispirazione liberista e cioè che i Comuni non possono più contingentare le licenze inerenti le attività economiche di distribuzione commerciale, ivi comprese la somministrazione di cibi e bevande. Effettivamente l'art. 3, commi 3 e 4, D.L. 223/2006 così recita: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari statali di disciplina del settore della distribuzione commerciale incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di cui al comma 1 entro il 1° gennaio 2007.”
T.A.R.
Piemonte - Torino
Sezione II
Ordinanza 5 settembre 2009, n. 696
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
Sul ricorso numero di registro generale 885 del 2009, proposto da:
P. C., rappresentato e difeso dall' avv. P. Fortina;
contro
Comune di Borgo San Dalmazzo;
Regione Piemonte;
per l'annullamento,
previa sospensione dell'efficacia,
- della nota prot. n. 07276 dell'8 maggio 2009, consegnata a mani del signor C. in data 11 maggio 2009, con la quale il Responsabile dell'ufficio commercio del Comune di Borgo San Dalmazzo, con riferimento alla domanda di autorizzazione per somministrazione di alimenti e bevande, presentata in data 9 aprile 2009 ha comunicato che: "la stessa non può essere accolta in quanto ai sensi dell'art. 5 del regolamento comunale, l'apertura di nuovi esercizi è ammessa soltanto se nella zona interessata esiste una disponibilità numerica utile per attivare l'iniziativa. [...] fino all'adozione degli atti normativi di cui al citato articolo 8, rimangono in vigore le disposizioni dell'art. 2 Legge 25/96 relative alla fissazione da parte dei comuni del parametro numerico .....";
- del regolamento del Comune di Borgo San Dalmazzo rubricato "disciplina in materia di autorizzazioni alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande" approvato il 30 settembre 2004, con il verbale di delibera del Consiglio comunale n. 52/2004;
- delle norme di cui alla legge regionale n. 38 del 29 dicembre 2006 rubricata "Disciplina dell'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande" con particolare riferimento all'art. 27 comma 6 della medesima legge;
- nonchè di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso ai provvedimenti suddetti, e per il risarcimento del danno ingiusto.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della legge 6 dicembre 1971, n. 1034;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 04/09/2009 il dott. Richard Goso e udito il difensore del ricorrente, come specificato nel verbale;
Considerato che il ricorso, ad un primo esame, appare assistito da apprezzabili elementi di fumus in quanto:
- l’impugnato diniego di autorizzazione si fonda sulle disposizioni del regolamento comunale la cui efficacia, almeno per quanto concerne le limitazioni numeriche all’insediamento di nuove attività, è venuta meno alla data di entrata in vigore del d.l. n. 223/2006;
- l’esigenza di approntare nuovi criteri per l’insediamento delle attività, derivante dalle previsioni della l.r. Piemonte n. 38/2006, parimenti richiamata dal provvedimento impugnato, non può frapporsi sine die alla realizzazione delle finalità di liberalizzazione della concorrenza nel settore che, in coerenza con i principi dell’ordinamento comunitario, sono state espressamente sancite dal menzionato d.l. 223.
Ritenuto che l’esecuzione del provvedimento impugnato, mediante il quale viene precluso l’esercizio dell’attività imprenditoriale del ricorrente, cagioni allo stesso pregiudizi gravi e irreparabili.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. II, accoglie l’istanza cautelare in epigrafe e, per l’effetto, sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato in principalità.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 04/09/2009 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente Richard Goso, Primo Referendario, Estensore Ofelia Fratamico, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 05/09/2009.
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
mercoledì 27 gennaio 2010
martedì 26 gennaio 2010
Nonni e obbligo di mantenere i nipoti, in difetto dei genitori, portata dell'art. 148 c.c.
Tribunale di Genova Sezione IV Civile Sentenza 28 ottobre 2009
l’obbligazione sussidiaria degli ascendenti interviene in via sussidiaria quando i genitori “non hanno” mezzi sufficienti al mantenimento della prole; la sussidiarietà non è da intendere in maniera assoluta, perché l’insufficienza dei mezzi ammette anche un’integrazione parziale e non la sostituzione di una categoria all’altra. Detta obbligazione non dipende dall’oggettiva insufficienza dei redditi effettivi dei genitori, ma dalla loro “capacità “ di provvedere al mantenimento della minore ; come è stato rilevato da giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 15.2.1977) non vale ad esonerare gli ascendenti datale obbligo il comportamento dei genitori che di fatto non provvedano in maniera adeguata al mantenimento dei figli, essendo appunto la norma in concreto finalizzata a garantire l’adeguato mantenimento della prole.
Tribunale di Genova
Sezione IV Civile
Sentenza 28 ottobre 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GENOVA
SEZIONE QUARTA CIVILE
In composizione monocratica nella persona di
Dr.ssa Monica Parentini
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
...omissis...
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in opposizione notificato il _______ il sig. AP proponeva opposizione avverso il decreto ex art. 148 c.c. del Tribunale di Genova con cui il Presidente f.f., dr.______________, aveva disposto, a carico dell’opponente , quale avo paterno, la somma mensile di € 150,00 a titolo di contributo di mantenimento per la nipote FF , nata dalla relazione tra il sig. PP e MM; a tale fine osservava che il decreto sarebbe contraddittorio nella parte in cui, pur ritenendo sufficiente per la madre della minore un contributo di € 250,00, non avrebbe preso in considerazione la disponibilità manifestata dallo stesso sig. BB di contribuire al mantenimento della figlia con € 200,00 mensili, circostanza che avrebbe dovuto indurre il giudicante a prevedere l’intero importo a carico del padre senza ricorrere alla responsabilità sussidiaria degli ascendenti. Inoltre l’assegno appare eccessivamente gravoso per l’opponente percettore di una pensione di poco più di €1000,00 al mese.
Si costituiva con comparsa la sig.ra MM chiedendo a sua volta la riforma del decreto opposto, con la condanna non solo del padre – a carico del quale era stato previsto un contributo di € 100,00 al mese- ma anche della nonna paterna a contribuire al mantenimento della minore per una somma complessiva di € 700,00 al mese oltre al 50% delle spese straordinarie e mediche extra SSN, con decorrenza a fare data dalla nascita della minore.
Si costituiva la sig.ra AP la quale chiedeva essere esonerata dalla contribuzione al mantenimento della nipote e, in adesione a quanto richiesto dalla convenuta MM, che gli avi paterni fossero condannati ad una maggiore contribuzione .
Si costituiva infine la nonna materna sig.ra AM la quale chiedeva essere esonerata dalla contribuzione al mantenimento della nipote, stante l’esiguità della pensione percepita.
In istruttoria era dichiarata la contumacia del convenuto PP; esaurita la trattazione, il giudice concedeva i termini ex art. 183 6° comma c.p.c.; all’udienza del _____ l’opponente reiterava l’istanza di sospensione dell’esecutorietà dell’ingiunzione di pagamento, già rigettata con provvedimento del _____; con ordinanza _____ il giudice rigettava la richiesta di sospensione e fissava udienza di precisazione delle conclusioni. All’udienza in data ______ la causa era trattenuta in decisione con concessione dei termini per le difese finali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Parte opponente, sig. AP, rileva la non applicabilità nel caso di specie dell’art. 148 c.c. nella parte in cui prevede l’obbligazione sussidiaria degli ascendenti, risultando il padre della minore, sig. PP in grado di adempiere al proprio obbligo di mantenimento.
In diritto si osserva che l’obbligazione sussidiaria degli ascendenti interviene in via sussidiaria quando i genitori “non hanno” mezzi sufficienti al mantenimento della prole; la sussidiarietà non è da intendere in maniera assoluta, perché l’insufficienza dei mezzi ammette anche un’integrazione parziale e non la sostituzione di una categoria all’altra. Detta obbligazione non dipende dall’oggettiva insufficienza dei redditi effettivi dei genitori, ma dalla loro “capacità “ di provvedere al mantenimento della minore ; come è stato rilevato da giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 15.2.1977) non vale ad esonerare gli ascendenti datale obbligo il comportamento dei genitori che di fatto non provvedano in maniera adeguata al mantenimento dei figli, essendo appunto la norma in concreto finalizzata a garantire l’adeguato mantenimento della prole.
Nel caso di specie il provvedimento opposto , adottato dal Presidente f.f., da atto di una condotta di costante insolvenza (si veda querela ex art. 570 cp agli atti del procedimento)del sig. PP, rimasto contumace anche nel presente procedimento, pur fornendo , con scritto prodotto nel corso della fase monitoria, la propria disponibilità a corrispondere una somma di € 200,00 al mese, oltre le spese mediche e scolastiche; solo a seguito dell’adozione del provvedimento opposto il sig. PP ha iniziato a corrispondere la somma determinata dal Presidente f.f..
Ciò detto, non può essere escluso l’ obbligo sussidiario degli ascendenti in quanto la contribuzione offerta dai genitori è palesemente insufficiente a garantire le esigenze di mantenimento della minore e sempre che, come verificheremo, la somma da destinare al mantenimento dei discendenti non ecceda le primarie necessità di vita degli ascendenti.
L’onere per il mantenimento della minore non potrà essere inferiore ad € 600,00 al mese, tenute in considerazione le esigenze abitative che la minore condivide con la madre, onerata di un mutuo di oltre € 400,00 al mese, le esigenze educative, scolastiche , di abbigliamento e di mantenimento alimentare (almeno € 10,00 al giorno) fatta eccezione per eventuali spese mediche straordinarie al momento non prevedibili.
La sig.ra MM ha documentato un reddito, da lavoro part- time di € 500,00 al mese; possono ragionevolmente essere presunte ulteriori entrate per almeno un uguale importo, tenuta in considerazione la circostanza che la sig.ra MM ha acquistato in comproprietà un immobile , sostenendo integralmente la relativa rata di mutuo, impegno che assorbe quasi completamente la disponibilità derivante dal reddito dichiarato.
Per contro, il sig. PP, ambulante di frutta e verdura, ha dichiarato la propria disponibilità a corrispondere la somma di € 200,00 al mese oltre alle spese mediche e scolastiche e , per quanto appaia poco credibile che il genitore non possa contribuire in maggiore misura, non può essere ignorata tale sua offerta né la circostanza che , a seguito dell’adozione del provvedimento presidenziale, l’obbligato abbia pagato l’assegno mensile come determinato nel decreto opposto.
In conseguenza di quanto sopra, si ritiene che il contributo a carico del sig.PP non possa essere inferiore ad € 200,00 al mese, come da lui offerto, oltre ad € 70,00 al mese di spese scolastiche e ludico sportive , così forfetizzando la sua disponibilità , e al 50% delle spese mediche straordinarie.
Pur tenendo in considerazione una redditività superiore a quella dichiarata, lo sforzo contributivo che potrà sostenere la sig.ra MM, gravata anche da ulteriori posizioni debitorie documentate in atti, non potrà essere superiore ad € 200,00 al mese, oltre la partecipazione alle spese mediche straordinarie. Pertanto, la disponibilità complessiva dei genitori per il mantenimento di FF non sarà superiore ad € 470,00 al mese con conseguente necessità di ricorrere all’obbligazione sussidiaria degli ascendenti ai sensi dell’art. 148 c.c..
E’ da escludere l’obbligo sussidiario della nonna materna sg.ra AM, percettrice di una pensione appena sufficiente al fronteggiare il minimo vitale ; la sig.ra AP, sgravata da oneri di locazione , ha una pensione di poco superiore a quella della sig.ra AM (€ 591,00) e può al momento contare su una modesta integrazione derivante da lavori occasionali , attività che, seppur indicativa di una difficoltà economica vista l’età non più giovane della donna, al momento può consentire una maggiore tranquillità nell’affrontare le spese mensili.
Il sig. AP, attore opponente, percepisce una pensione di € 1120,00 al mese per dodici mensilità (secondo lo statino della pensione agli atti riferibile all’anno 2006) , è affetto da una seria patologia e sostiene spese abitative per € 450.00 al mese, sicché residuano allo stesso € 676,00 sui cui gravano anche gli oneri sanitari documentai in atti.
I nonni paterni, quindi, hanno entrambi disponibilità mensili molto vicine al minimo vitale e appaiono in grado di sostenere un obbligo contributivo molto ridotto. A tale fine, si ritiene congruo determinare a carico del sig. AP un contributo di € 70,00 al mese e a carico della sig.ra AM un contributo di € 60,00
Il decreto opposto andrà quindi revocato integralmente disponendo in conformità a quanto precede.
Consegue che per la fase monitoria solo il sig. PP andrà condannato alla rifusione delle spese processuali -liquidate come nel decreto opposto - nei confronti dell’Erario, in quanto soccombente rispetto a MM e AM ammesse al patrocinio a spese dello Stato ; andranno, invece, dichiarate compensate le spese tra la sig.ra MM e il sig. AP per soccombenza reciproca .
Per la presente fase, l’esito della lite nonché evidenti ragioni di equità determinate dalla natura della causa e dalle condizioni soggettive delle parti, giustificano la compensazione delle spese.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, azione ed eccezione disattesa, in accoglimento dell’opposizione:
DICHIARA revocato il decreto emesso in data ______dal Presidente f.f. dr. _______e per effetto
ORDINA al sig. PP di corrispondere entro il 10 di ogni mese direttamente alla sig.ra MM, a titolo di contributo al mantenimento della figlia minore ___, la somma di € 200,00 mensili , rivalutabile annualmente secondo ISTAT oltre € 70,00 forfetarie per le spese scolastiche e ludico sportive e al 50% delle spese mediche straordinarie non coperte dal SSN;
ORDINA al sig. AP di corrispondere alla sig.ra CC la somma mensile di € 70,00 a titolo di contributo di mantenimento dell’ascendente (rectius discendente, n.d.r.) FF ;
ORDINA alla sig.ra AP di corrispondere alla sig.ra CC la somma mensile di € 60,00 a titolo di contributo di mantenimento dell’ascendente (rectius discendente n.d.r.) FF;
CONDANNA solo PP, in relazione alla fase monitoria, alla rifusione all’Erario della somma come determinata nel decreto opposto (€ 400,00 per diritti, € 800,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA);
DICHIARA compensate le spese di causa in relazione alla presente fase.
Così deciso in Genova il _______
Il Giudice monocratico
dr. Monica Parentin
l’obbligazione sussidiaria degli ascendenti interviene in via sussidiaria quando i genitori “non hanno” mezzi sufficienti al mantenimento della prole; la sussidiarietà non è da intendere in maniera assoluta, perché l’insufficienza dei mezzi ammette anche un’integrazione parziale e non la sostituzione di una categoria all’altra. Detta obbligazione non dipende dall’oggettiva insufficienza dei redditi effettivi dei genitori, ma dalla loro “capacità “ di provvedere al mantenimento della minore ; come è stato rilevato da giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 15.2.1977) non vale ad esonerare gli ascendenti datale obbligo il comportamento dei genitori che di fatto non provvedano in maniera adeguata al mantenimento dei figli, essendo appunto la norma in concreto finalizzata a garantire l’adeguato mantenimento della prole.
Tribunale di Genova
Sezione IV Civile
Sentenza 28 ottobre 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GENOVA
SEZIONE QUARTA CIVILE
In composizione monocratica nella persona di
Dr.ssa Monica Parentini
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
...omissis...
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in opposizione notificato il _______ il sig. AP proponeva opposizione avverso il decreto ex art. 148 c.c. del Tribunale di Genova con cui il Presidente f.f., dr.______________, aveva disposto, a carico dell’opponente , quale avo paterno, la somma mensile di € 150,00 a titolo di contributo di mantenimento per la nipote FF , nata dalla relazione tra il sig. PP e MM; a tale fine osservava che il decreto sarebbe contraddittorio nella parte in cui, pur ritenendo sufficiente per la madre della minore un contributo di € 250,00, non avrebbe preso in considerazione la disponibilità manifestata dallo stesso sig. BB di contribuire al mantenimento della figlia con € 200,00 mensili, circostanza che avrebbe dovuto indurre il giudicante a prevedere l’intero importo a carico del padre senza ricorrere alla responsabilità sussidiaria degli ascendenti. Inoltre l’assegno appare eccessivamente gravoso per l’opponente percettore di una pensione di poco più di €1000,00 al mese.
Si costituiva con comparsa la sig.ra MM chiedendo a sua volta la riforma del decreto opposto, con la condanna non solo del padre – a carico del quale era stato previsto un contributo di € 100,00 al mese- ma anche della nonna paterna a contribuire al mantenimento della minore per una somma complessiva di € 700,00 al mese oltre al 50% delle spese straordinarie e mediche extra SSN, con decorrenza a fare data dalla nascita della minore.
Si costituiva la sig.ra AP la quale chiedeva essere esonerata dalla contribuzione al mantenimento della nipote e, in adesione a quanto richiesto dalla convenuta MM, che gli avi paterni fossero condannati ad una maggiore contribuzione .
Si costituiva infine la nonna materna sig.ra AM la quale chiedeva essere esonerata dalla contribuzione al mantenimento della nipote, stante l’esiguità della pensione percepita.
In istruttoria era dichiarata la contumacia del convenuto PP; esaurita la trattazione, il giudice concedeva i termini ex art. 183 6° comma c.p.c.; all’udienza del _____ l’opponente reiterava l’istanza di sospensione dell’esecutorietà dell’ingiunzione di pagamento, già rigettata con provvedimento del _____; con ordinanza _____ il giudice rigettava la richiesta di sospensione e fissava udienza di precisazione delle conclusioni. All’udienza in data ______ la causa era trattenuta in decisione con concessione dei termini per le difese finali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Parte opponente, sig. AP, rileva la non applicabilità nel caso di specie dell’art. 148 c.c. nella parte in cui prevede l’obbligazione sussidiaria degli ascendenti, risultando il padre della minore, sig. PP in grado di adempiere al proprio obbligo di mantenimento.
In diritto si osserva che l’obbligazione sussidiaria degli ascendenti interviene in via sussidiaria quando i genitori “non hanno” mezzi sufficienti al mantenimento della prole; la sussidiarietà non è da intendere in maniera assoluta, perché l’insufficienza dei mezzi ammette anche un’integrazione parziale e non la sostituzione di una categoria all’altra. Detta obbligazione non dipende dall’oggettiva insufficienza dei redditi effettivi dei genitori, ma dalla loro “capacità “ di provvedere al mantenimento della minore ; come è stato rilevato da giurisprudenza di merito (Trib. Napoli 15.2.1977) non vale ad esonerare gli ascendenti datale obbligo il comportamento dei genitori che di fatto non provvedano in maniera adeguata al mantenimento dei figli, essendo appunto la norma in concreto finalizzata a garantire l’adeguato mantenimento della prole.
Nel caso di specie il provvedimento opposto , adottato dal Presidente f.f., da atto di una condotta di costante insolvenza (si veda querela ex art. 570 cp agli atti del procedimento)del sig. PP, rimasto contumace anche nel presente procedimento, pur fornendo , con scritto prodotto nel corso della fase monitoria, la propria disponibilità a corrispondere una somma di € 200,00 al mese, oltre le spese mediche e scolastiche; solo a seguito dell’adozione del provvedimento opposto il sig. PP ha iniziato a corrispondere la somma determinata dal Presidente f.f..
Ciò detto, non può essere escluso l’ obbligo sussidiario degli ascendenti in quanto la contribuzione offerta dai genitori è palesemente insufficiente a garantire le esigenze di mantenimento della minore e sempre che, come verificheremo, la somma da destinare al mantenimento dei discendenti non ecceda le primarie necessità di vita degli ascendenti.
L’onere per il mantenimento della minore non potrà essere inferiore ad € 600,00 al mese, tenute in considerazione le esigenze abitative che la minore condivide con la madre, onerata di un mutuo di oltre € 400,00 al mese, le esigenze educative, scolastiche , di abbigliamento e di mantenimento alimentare (almeno € 10,00 al giorno) fatta eccezione per eventuali spese mediche straordinarie al momento non prevedibili.
La sig.ra MM ha documentato un reddito, da lavoro part- time di € 500,00 al mese; possono ragionevolmente essere presunte ulteriori entrate per almeno un uguale importo, tenuta in considerazione la circostanza che la sig.ra MM ha acquistato in comproprietà un immobile , sostenendo integralmente la relativa rata di mutuo, impegno che assorbe quasi completamente la disponibilità derivante dal reddito dichiarato.
Per contro, il sig. PP, ambulante di frutta e verdura, ha dichiarato la propria disponibilità a corrispondere la somma di € 200,00 al mese oltre alle spese mediche e scolastiche e , per quanto appaia poco credibile che il genitore non possa contribuire in maggiore misura, non può essere ignorata tale sua offerta né la circostanza che , a seguito dell’adozione del provvedimento presidenziale, l’obbligato abbia pagato l’assegno mensile come determinato nel decreto opposto.
In conseguenza di quanto sopra, si ritiene che il contributo a carico del sig.PP non possa essere inferiore ad € 200,00 al mese, come da lui offerto, oltre ad € 70,00 al mese di spese scolastiche e ludico sportive , così forfetizzando la sua disponibilità , e al 50% delle spese mediche straordinarie.
Pur tenendo in considerazione una redditività superiore a quella dichiarata, lo sforzo contributivo che potrà sostenere la sig.ra MM, gravata anche da ulteriori posizioni debitorie documentate in atti, non potrà essere superiore ad € 200,00 al mese, oltre la partecipazione alle spese mediche straordinarie. Pertanto, la disponibilità complessiva dei genitori per il mantenimento di FF non sarà superiore ad € 470,00 al mese con conseguente necessità di ricorrere all’obbligazione sussidiaria degli ascendenti ai sensi dell’art. 148 c.c..
E’ da escludere l’obbligo sussidiario della nonna materna sg.ra AM, percettrice di una pensione appena sufficiente al fronteggiare il minimo vitale ; la sig.ra AP, sgravata da oneri di locazione , ha una pensione di poco superiore a quella della sig.ra AM (€ 591,00) e può al momento contare su una modesta integrazione derivante da lavori occasionali , attività che, seppur indicativa di una difficoltà economica vista l’età non più giovane della donna, al momento può consentire una maggiore tranquillità nell’affrontare le spese mensili.
Il sig. AP, attore opponente, percepisce una pensione di € 1120,00 al mese per dodici mensilità (secondo lo statino della pensione agli atti riferibile all’anno 2006) , è affetto da una seria patologia e sostiene spese abitative per € 450.00 al mese, sicché residuano allo stesso € 676,00 sui cui gravano anche gli oneri sanitari documentai in atti.
I nonni paterni, quindi, hanno entrambi disponibilità mensili molto vicine al minimo vitale e appaiono in grado di sostenere un obbligo contributivo molto ridotto. A tale fine, si ritiene congruo determinare a carico del sig. AP un contributo di € 70,00 al mese e a carico della sig.ra AM un contributo di € 60,00
Il decreto opposto andrà quindi revocato integralmente disponendo in conformità a quanto precede.
Consegue che per la fase monitoria solo il sig. PP andrà condannato alla rifusione delle spese processuali -liquidate come nel decreto opposto - nei confronti dell’Erario, in quanto soccombente rispetto a MM e AM ammesse al patrocinio a spese dello Stato ; andranno, invece, dichiarate compensate le spese tra la sig.ra MM e il sig. AP per soccombenza reciproca .
Per la presente fase, l’esito della lite nonché evidenti ragioni di equità determinate dalla natura della causa e dalle condizioni soggettive delle parti, giustificano la compensazione delle spese.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, azione ed eccezione disattesa, in accoglimento dell’opposizione:
DICHIARA revocato il decreto emesso in data ______dal Presidente f.f. dr. _______e per effetto
ORDINA al sig. PP di corrispondere entro il 10 di ogni mese direttamente alla sig.ra MM, a titolo di contributo al mantenimento della figlia minore ___, la somma di € 200,00 mensili , rivalutabile annualmente secondo ISTAT oltre € 70,00 forfetarie per le spese scolastiche e ludico sportive e al 50% delle spese mediche straordinarie non coperte dal SSN;
ORDINA al sig. AP di corrispondere alla sig.ra CC la somma mensile di € 70,00 a titolo di contributo di mantenimento dell’ascendente (rectius discendente, n.d.r.) FF ;
ORDINA alla sig.ra AP di corrispondere alla sig.ra CC la somma mensile di € 60,00 a titolo di contributo di mantenimento dell’ascendente (rectius discendente n.d.r.) FF;
CONDANNA solo PP, in relazione alla fase monitoria, alla rifusione all’Erario della somma come determinata nel decreto opposto (€ 400,00 per diritti, € 800,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA);
DICHIARA compensate le spese di causa in relazione alla presente fase.
Così deciso in Genova il _______
Il Giudice monocratico
dr. Monica Parentin
lunedì 25 gennaio 2010
Procedimento sommario a cognizione piena, Ordinanza ex art. 702-ter, comma V, cpc
Tribunale di Varese
Sezione I Civile
Ordinanza 18 dicembre 2009
Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in persona del giudice designato, dott. Giuseppe Buffone,
ha pronunciato, dandone lettura in udienza, la seguente
ORDINANZA
EX ART. 702-TER, COMMA V, C.P.C.
nel procedimento sommario di cognizione n. 4658 dell’anno 2009, pendente
TRA
K., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Varese alla via …….., presso lo studio dell’Avv. ……. e rappresentata e difesa dall’Avv. …… del foro di Milano, in forza di procura a margine dell’atto di ricorso
ATTORE
CONTRO
Z., in persona del rappresentante legale pro-tempore, con sede legale in Varese alla via …..
CONVENUTA
all’esito dell’udienza del 18 dicembre 2009,
IN FATTO
E’ emerso all’esito del giudizio, come tra le parti sia intercorso un rapporto contrattuale di compravendita avente ad oggetto la cessione di merce di abbigliamento in luogo della complessiva somma di euro 8.120,00 a titolo di corrispettivo.
L’attrice ha evocato in giudizio la convenuta assumendo di non avere mai ricevuto l’oggetto della vendita (e, cioè, i capi di abbigliamento) ed, anzi, di avere assistito ad una condotta del partner negoziale chiaramente orientata a non onorare agli impegni obbligatori assunti.
IN DIRITTO
La domanda deve trovare accoglimento.
Come già osservato nell’ordinanza del 18 novembre 2009, resa in questo procedimento, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca ai sensi dell’art. 1218 c.c. deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera
allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite, 30/10/2001, n. 13533 in Corriere Giur., 2001, 12, 1565; Cass. civ., Sez. Unite, 24/03/2006, n. 6572). Ed, infatti, la disciplina dell’onere della prova assume un rilievo particolare nell'ambito dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ove il Codice civile (art. 1218) introduce una presunzione – definita dalla dottrina - "semplificante", in deroga alla regola generale dell'art. 2697 c.c., accollando al debitore, che non abbia eseguito esattamente la prestazione dovuta, l'onere di provare che l'inadempimento o il ritardo siano stati provocati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (salvo, ovviamente, provare fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell’altrui pretesa; es. l’avvenuto esatto adempimento).
Nel caso di specie, parte ricorrente ha prodotto prova documentale del rapporto contrattuale, allegando anche gli ordini di pagamento effettuati in favore della convenuta, con indicazione del titolo giustificativo del trasferimento di denaro (v. docc. n. 1 e 2).
Vi è, poi, agli atti, emersione di elementi fattuali idonei ad illuminare una condotta della convenuta chiaramente restia ad onorare gli impegni negoziali assunti (v. doc. 3) e vi è, anche, peraltro, prova della intervenuta scadenza del termine per l’adempimento esatto che doveva avvenire entro il febbraio del 2009.
La convenuta non ha inteso resistere alla domanda della ricorrente ma, con ciò, non offrendo alcuna prova liberatoria che ai sensi dell’art. 1218 c.c. gravitava sulla stessa ove allegato il contratto e dedotto l’inadempimento.
Il mancato totale inoltro della merce oggetto di contratto, a fronte dell’integrale pagamento del prezzo, costituisce grave inadempimento che legittima e giustifica la risoluzione del contratto.
Per tali motivi, in accoglimento della domanda attrice, va dichiaro risolto il contratto e la convenuta va condannata alla restituzione del corrispettivo percepito.
Nessun danno può essere, però, riconosciuto atteso che non è stata fornita prova come gli artt. 1223, 2697 c.c. imponevano, non potendo il giudice desumerlo in via equitativa trattandosi di danno a contenuto patrimoniale.
Sulla somma vanno aggiunti, come richiesti, gli interessi moratori dal 10 giugno 2009, da calcolare ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. 231/2002 trattandosi di transazioni commerciali tra imprese. Il saggio degli interessi, pertanto, deve essere determinato in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di 7 punti percentuali.
Vanno aggiunte le spese della lite da liquidare ai sensi dell’art. 702-ter, ult. comma, c.p.c.
Quanto all’ammontare della liquidazione, va ricordato quanto affermato dalle Sezioni Unite dell’11 settembre 2007 n. 19014: le spese di lite vanno liquidate giusta la natura ed il valore della controversia, l’importanza ed il numero delle questioni trattate, nonché la fase di chiusura del processo. Il principio di adeguatezza e proporzionalità impone, peraltro, una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito processuale e l'entità degli onorari per l'attività professionale svolta. Il decisum prevale quindi, di regola, sul disputatum (Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza 11 settembre 2007, n. 19014). Nel caso di specie non vi è stata attività istruttoria e la procedura è stata definita in due udienza cosicché la nota spese del difensore va ridotta non apparendo in linea con i principi di diritto sopra illustrati. Le spese vanno liquidate in Euro 2.000,00 di cui: Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576.
P.Q.M.
Il Tribunale di Varese, sezione Prima Civile, in persona del giudice dott. Giuseppe Buffone
letto ed applicato l’art. 702-ter, comma V, c.p.c.
ACCOGLIE
la domanda della parte ricorrente avente ad oggetto la risoluzione del contratto e la restituzione del corrispettivo versato, e per l’effetto
DICHIARA
risolto il contratto intercorso tra le parti e per cui è causa
CONDANNA
la convenuta alla restituzione, in favore della ricorrente, della somma di Euro 8.120,00 maggiorata degli interessi di mora ex artt. 4,5 d.lgs. 231/2002 con decorrenza dal 10 giugno 2009 e sino al soddisfo
CONDANNA
la convenuta al rimborso delle spese di lite in favore della attrice che liquida in complessivi Euro 2.000,00 di cui: Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576.
MANDA
alla cancelleria per quanto di competenza.
L’ordinanza, letta in udienza, è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione
Varese, lì 18 dicembre 2009
IL GIUDICE
DOTT. GIUSEPPE BUFFONE
Sezione I Civile
Ordinanza 18 dicembre 2009
Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in persona del giudice designato, dott. Giuseppe Buffone,
ha pronunciato, dandone lettura in udienza, la seguente
ORDINANZA
EX ART. 702-TER, COMMA V, C.P.C.
nel procedimento sommario di cognizione n. 4658 dell’anno 2009, pendente
TRA
K., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Varese alla via …….., presso lo studio dell’Avv. ……. e rappresentata e difesa dall’Avv. …… del foro di Milano, in forza di procura a margine dell’atto di ricorso
ATTORE
CONTRO
Z., in persona del rappresentante legale pro-tempore, con sede legale in Varese alla via …..
CONVENUTA
all’esito dell’udienza del 18 dicembre 2009,
IN FATTO
E’ emerso all’esito del giudizio, come tra le parti sia intercorso un rapporto contrattuale di compravendita avente ad oggetto la cessione di merce di abbigliamento in luogo della complessiva somma di euro 8.120,00 a titolo di corrispettivo.
L’attrice ha evocato in giudizio la convenuta assumendo di non avere mai ricevuto l’oggetto della vendita (e, cioè, i capi di abbigliamento) ed, anzi, di avere assistito ad una condotta del partner negoziale chiaramente orientata a non onorare agli impegni obbligatori assunti.
IN DIRITTO
La domanda deve trovare accoglimento.
Come già osservato nell’ordinanza del 18 novembre 2009, resa in questo procedimento, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca ai sensi dell’art. 1218 c.c. deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera
allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite, 30/10/2001, n. 13533 in Corriere Giur., 2001, 12, 1565; Cass. civ., Sez. Unite, 24/03/2006, n. 6572). Ed, infatti, la disciplina dell’onere della prova assume un rilievo particolare nell'ambito dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ove il Codice civile (art. 1218) introduce una presunzione – definita dalla dottrina - "semplificante", in deroga alla regola generale dell'art. 2697 c.c., accollando al debitore, che non abbia eseguito esattamente la prestazione dovuta, l'onere di provare che l'inadempimento o il ritardo siano stati provocati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (salvo, ovviamente, provare fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell’altrui pretesa; es. l’avvenuto esatto adempimento).
Nel caso di specie, parte ricorrente ha prodotto prova documentale del rapporto contrattuale, allegando anche gli ordini di pagamento effettuati in favore della convenuta, con indicazione del titolo giustificativo del trasferimento di denaro (v. docc. n. 1 e 2).
Vi è, poi, agli atti, emersione di elementi fattuali idonei ad illuminare una condotta della convenuta chiaramente restia ad onorare gli impegni negoziali assunti (v. doc. 3) e vi è, anche, peraltro, prova della intervenuta scadenza del termine per l’adempimento esatto che doveva avvenire entro il febbraio del 2009.
La convenuta non ha inteso resistere alla domanda della ricorrente ma, con ciò, non offrendo alcuna prova liberatoria che ai sensi dell’art. 1218 c.c. gravitava sulla stessa ove allegato il contratto e dedotto l’inadempimento.
Il mancato totale inoltro della merce oggetto di contratto, a fronte dell’integrale pagamento del prezzo, costituisce grave inadempimento che legittima e giustifica la risoluzione del contratto.
Per tali motivi, in accoglimento della domanda attrice, va dichiaro risolto il contratto e la convenuta va condannata alla restituzione del corrispettivo percepito.
Nessun danno può essere, però, riconosciuto atteso che non è stata fornita prova come gli artt. 1223, 2697 c.c. imponevano, non potendo il giudice desumerlo in via equitativa trattandosi di danno a contenuto patrimoniale.
Sulla somma vanno aggiunti, come richiesti, gli interessi moratori dal 10 giugno 2009, da calcolare ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. 231/2002 trattandosi di transazioni commerciali tra imprese. Il saggio degli interessi, pertanto, deve essere determinato in misura pari al saggio d'interesse del principale strumento di rifinanziamento della Banca centrale europea applicato alla sua più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata il primo giorno di calendario del semestre in questione, maggiorato di 7 punti percentuali.
Vanno aggiunte le spese della lite da liquidare ai sensi dell’art. 702-ter, ult. comma, c.p.c.
Quanto all’ammontare della liquidazione, va ricordato quanto affermato dalle Sezioni Unite dell’11 settembre 2007 n. 19014: le spese di lite vanno liquidate giusta la natura ed il valore della controversia, l’importanza ed il numero delle questioni trattate, nonché la fase di chiusura del processo. Il principio di adeguatezza e proporzionalità impone, peraltro, una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito processuale e l'entità degli onorari per l'attività professionale svolta. Il decisum prevale quindi, di regola, sul disputatum (Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza 11 settembre 2007, n. 19014). Nel caso di specie non vi è stata attività istruttoria e la procedura è stata definita in due udienza cosicché la nota spese del difensore va ridotta non apparendo in linea con i principi di diritto sopra illustrati. Le spese vanno liquidate in Euro 2.000,00 di cui: Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576.
P.Q.M.
Il Tribunale di Varese, sezione Prima Civile, in persona del giudice dott. Giuseppe Buffone
letto ed applicato l’art. 702-ter, comma V, c.p.c.
ACCOGLIE
la domanda della parte ricorrente avente ad oggetto la risoluzione del contratto e la restituzione del corrispettivo versato, e per l’effetto
DICHIARA
risolto il contratto intercorso tra le parti e per cui è causa
CONDANNA
la convenuta alla restituzione, in favore della ricorrente, della somma di Euro 8.120,00 maggiorata degli interessi di mora ex artt. 4,5 d.lgs. 231/2002 con decorrenza dal 10 giugno 2009 e sino al soddisfo
CONDANNA
la convenuta al rimborso delle spese di lite in favore della attrice che liquida in complessivi Euro 2.000,00 di cui: Euro 1.400,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti. Vanno aggiunte le spese forfetarie, giusta l’art. 14 DM 8.4.2004 n. 127, nonché il rimborso dell’Iva e del Cpa giusta l’art. 11 legge 20 settembre 1980, n. 576.
MANDA
alla cancelleria per quanto di competenza.
L’ordinanza, letta in udienza, è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione
Varese, lì 18 dicembre 2009
IL GIUDICE
DOTT. GIUSEPPE BUFFONE
giovedì 21 gennaio 2010
Costruzioni, distanze e Testo Unico dell'edilizia
T.A.R. Molise - Campobasso Sezione I Sentenza 8 luglio 2009, n. 599
"l’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 - prescrivente la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti - deve essere rispettato, trattandosi di norma intesa a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario (cfr.: Cons. Stato IV, 5.12.2005 n. 6909; idem 12.7.2002 n. 3929; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 17.5.2000 n. 240; Cass. Civile II, 10.1.2006 n. 145). Tale orientamento ermeneutico della giurisprudenza sopravvive alla riforma del Testo Unico dell’edilizia, atteso che l’art. 136 del T.U. 6.6.2001 n. 380, nell’abrogare l’art. 17 comma primo lett. c) della legge n. 765 del 1967, lascia in vigore i commi sesto, ottavo e nono dell’art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, di talché gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 (cfr.: Cass. Civile II, 29.5.2006 n. 12741).
La disciplina delle distanze legali tra costruzioni è, ovviamente, applicabile anche alle sopraelevazioni (cfr.: Cass. Civile II, 27.3.2001 n. 4413).
Se è vero che i due edifici frontistanti confinano con la pubblica via, è altresì vero che ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non già il rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr.: Cass. Civile II, 16.4.2007 n. 9077). "
T.A.R.
Molise - Campobasso
Sezione I
Sentenza 8 luglio 2009, n. 599
(Pres. Giaccardi, Est. Ciliberti)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 44 del 2008, proposto da M. S., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Marone, con elezione di domicilio in Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, n. 23, presso lo studio Zezza,
contro
il Comune di Termoli, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dall’Avv. Vito Aurelio Pappalepore, con elezione di domicilio in Campobasso, piazza Vittorio Emanuele II, n., 5, presso lo studio Criscuolo,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dei seguenti atti: 1) il provvedimento di diniego prot. n. 36150/07, notificato il 24.11.2007, con il quale il Comune di Termoli ha inteso negare il permesso di costruire la sopraelevazione e la copertura a terrazzo dell’immobile del ricorrente, rilevando un presunto <>; 2)ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita, alla pubblica udienza del 24 giugno 2009, la relazione del Consigliere, dott. Orazio Ciliberti;
Udite, altresì, le parti, come da verbale di udienza;
Ritenuto, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO E DIRITTO
I – Il ricorrente, avendo chiesto un permesso di costruire per realizzare la sopraelevazione di un immobile nel centro di Termoli ed avendone ottenuto un diniego, insorge per impugnare i seguenti atti: 1)il provvedimento di diniego prot. n. 36150/07, notificato il 24.11.2007, con il quale il Comune di Termoli ha inteso negare il permesso di costruire la sopraelevazione e la copertura a terrazzo dell’immobile del ricorrente, rilevando un presunto <>; 2)ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso. Deduce i seguenti motivi: 1)violazione sotto il profilo della errata o falsa applicazione dell’art. 9 D.M. n. 1444/1968, errore di fatto e di diritto, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, violazione dell’art. 3 legge n. 24/1990 e s.m.i., carenza di istruttoria ed errore di fatto e di diritto, carenza di motivazione, eccesso di potere per sviamento, violazione dell’art. 97 Costituzione, violazione dei più comuni principi del buon andamento dell’attività della P.A.; 2)violazione di legge sotto il profilo della errata o falsa applicazione dell’art. 24 N.T.A. del P.R.G. di Termoli, errore di fatto e di diritto, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e s.m.i., carenza di istruttoria ed errore di fatto e di diritto, carenza di motivazione, eccesso di potere per sviamento, violazione dell’art. 97 Costituzione, violazione dei più comuni principi del buon andamento della P.A.
Si costituisce l’Amministrazione comunale, deducendo, anche con successiva memoria, la inammissibilità e la infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.
All’udienza del 24 giugno 2009, la causa viene introitata per la decisione.
II – Il ricorso è infondato.
III – Con istanza edilizia datata 18.6.2007, il ricorrente ha chiesto al Comune intimato di poter sopraelevare un immobile di sua proprietà sito nel centro cittadino (foglio 13 p.lla 775), in considerazione dell’asserita disponibilità di cubatura derivante dal suolo di pertinenza. L’edificio di due piani, che il ricorrente intenderebbe portare a una altezza di 10,1 metri (rispetto all’attuale di 6,8 metri), con la realizzazione di nuovi volumi abitabili e finestrati e la copertura parziale del terrazzo, fronteggia altro immobile di proprietà di terzi, a una distanza di appena 5 metri. Sebbene la disciplina urbanistica dettata dal vigente P.R.G. di Termoli per le zone omogenee "B1" (risanamento) non escluda la realizzazione di interventi in ampliamento, il competente ufficio urbanistico comunale ha ugualmente ritenuto che l’intervento, come progettato, non possa essere autorizzato, in ragione della mancata produzione del documento plano-volumetrico (art. 24 N.T.A.), nonché del mancato rispetto delle distanze (art. 9 D.M. n. 1444 del 1968), quale prescritto dalla tavola normativa "B2" del vigente P.R.G. Tale impedimento è stato ritualmente comunicato all’istante con nota prot. n. 28348 datata 11.9.2007, ai sensi della normativa di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Il ricorrente, con nota datata 26.10.2007, ha contestato - in via di partecipazione al procedimento - l’applicabilità della normativa urbanistica sulle distanze, revocando in dubbio persino la eccepita necessità di un piano volumetrico. Nondimeno, il dirigente del Settore comunale urbanistico – con il provvedimento impugnato – ha denegato il permesso di costruire, sul presupposto della inderogabilità dello strumento plano-volumetrico e della applicabilità diretta del limite minimo di distanza tra pareti finestrate.
Il ricorrente impugna, deducendo sostanzialmente tre censure: 1) la distanza della costruzione frontista dalla costruendo parte in sopraelevazione è superiore a 10 metri; 2) gli immobili frontistanti confinano con la via pubblica, di talché va escluso il rispetto delle distanze previste dal codice civile; 3) l’intervento non può essere qualificato come nuova costruzione, di guisa che lo strumento planovolumetrico sarebbe, nella fattispecie, superfluo.
I motivi del ricorso non sono attendibili.
L’edificio frontistante a quello del ricorrente, da ampliare in sopraelevazione, dista – sulla scorta delle indicazioni grafiche rilevabili dalle tavole progettuali – appena 5 metri lineari, anche se lo spazio teorico antistante la parte alta dell’edificio, in caso di sopraelevazione, sarebbe superiore ai 10 metri. Sennonché, la disciplina dell’art. 41 quinquies della legge 17.8.1942 n. 1150, integrata dalle disposizioni dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, prevede una distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti non inferiore a 10 metri, prescindendo dall’altezza della parete, ovvero dal fatto che la parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente (cfr.: Cons. Stato IV, 12.6.2007 n. 3094; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna II, 30.3.2006 n. 348; idem T.A.R. Toscana III, 22.1.2007 n. 55).
Il rispetto della distanza minima di cui al citato art. 9 è, peraltro, espressamente prescritto dalla tavola normativa "B2" del vigente P.R.G. di Termoli, come distacco minimo tra corpi dello stesso edificio o dello stesso isolato.
E’ orientamento di una autorevole giurisprudenza ritenere che, negli edifici ricadenti in zone territoriali diverse dalla zona A, sia prescritta, in tutti i casi, una distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti e che tale prescrizione abbia carattere di assolutezza e di inderogabilità. Pertanto, l’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 - prescrivente la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti - deve essere rispettato, trattandosi di norma intesa a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario (cfr.: Cons. Stato IV, 5.12.2005 n. 6909; idem 12.7.2002 n. 3929; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 17.5.2000 n. 240; Cass. Civile II, 10.1.2006 n. 145). Tale orientamento ermeneutico della giurisprudenza sopravvive alla riforma del Testo Unico dell’edilizia, atteso che l’art. 136 del T.U. 6.6.2001 n. 380, nell’abrogare l’art. 17 comma primo lett. c) della legge n. 765 del 1967, lascia in vigore i commi sesto, ottavo e nono dell’art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, di talché gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 (cfr.: Cass. Civile II, 29.5.2006 n. 12741).
La disciplina delle distanze legali tra costruzioni è, ovviamente, applicabile anche alle sopraelevazioni (cfr.: Cass. Civile II, 27.3.2001 n. 4413).
Se è vero che i due edifici frontistanti confinano con la pubblica via, è altresì vero che ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non già il rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr.: Cass. Civile II, 16.4.2007 n. 9077).
Infine, può ritenersi che l’intervento progettato sia qualificabile come nuova costruzione, trattandosi della realizzazione di un intero piano, in aumento volumetrico, con la conseguente modificazione dei parametri edilizi (cfr.: Cons. Stato V, 26.10.2006 n. 6399; T.A.R. Bologna II, 30.3.2006 n. 348). Pertanto, a tenore della disciplina di cui all’art. 24 delle N.T.A. del vigente P.R.G., proprio la mancata produzione da parte dell’istante dello strumento planovolumetrico, in allegato al progetto di sopraelevazione, non consente alcuna deroga alla disciplina delle distanze urbanistiche e costituisce motivo ostativo al rilascio dell’assenso edilizio.
IV – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise respinge il ricorso in epigrafe, perché infondato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 24 giugno 2009, dal Collegio così composto:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore
Massimiliano Balloriani, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 08/07/2009.
"l’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 - prescrivente la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti - deve essere rispettato, trattandosi di norma intesa a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario (cfr.: Cons. Stato IV, 5.12.2005 n. 6909; idem 12.7.2002 n. 3929; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 17.5.2000 n. 240; Cass. Civile II, 10.1.2006 n. 145). Tale orientamento ermeneutico della giurisprudenza sopravvive alla riforma del Testo Unico dell’edilizia, atteso che l’art. 136 del T.U. 6.6.2001 n. 380, nell’abrogare l’art. 17 comma primo lett. c) della legge n. 765 del 1967, lascia in vigore i commi sesto, ottavo e nono dell’art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, di talché gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 (cfr.: Cass. Civile II, 29.5.2006 n. 12741).
La disciplina delle distanze legali tra costruzioni è, ovviamente, applicabile anche alle sopraelevazioni (cfr.: Cass. Civile II, 27.3.2001 n. 4413).
Se è vero che i due edifici frontistanti confinano con la pubblica via, è altresì vero che ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non già il rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr.: Cass. Civile II, 16.4.2007 n. 9077). "
T.A.R.
Molise - Campobasso
Sezione I
Sentenza 8 luglio 2009, n. 599
(Pres. Giaccardi, Est. Ciliberti)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 44 del 2008, proposto da M. S., rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Marone, con elezione di domicilio in Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, n. 23, presso lo studio Zezza,
contro
il Comune di Termoli, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dall’Avv. Vito Aurelio Pappalepore, con elezione di domicilio in Campobasso, piazza Vittorio Emanuele II, n., 5, presso lo studio Criscuolo,
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dei seguenti atti: 1) il provvedimento di diniego prot. n. 36150/07, notificato il 24.11.2007, con il quale il Comune di Termoli ha inteso negare il permesso di costruire la sopraelevazione e la copertura a terrazzo dell’immobile del ricorrente, rilevando un presunto <
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita, alla pubblica udienza del 24 giugno 2009, la relazione del Consigliere, dott. Orazio Ciliberti;
Udite, altresì, le parti, come da verbale di udienza;
Ritenuto, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO E DIRITTO
I – Il ricorrente, avendo chiesto un permesso di costruire per realizzare la sopraelevazione di un immobile nel centro di Termoli ed avendone ottenuto un diniego, insorge per impugnare i seguenti atti: 1)il provvedimento di diniego prot. n. 36150/07, notificato il 24.11.2007, con il quale il Comune di Termoli ha inteso negare il permesso di costruire la sopraelevazione e la copertura a terrazzo dell’immobile del ricorrente, rilevando un presunto <
Si costituisce l’Amministrazione comunale, deducendo, anche con successiva memoria, la inammissibilità e la infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.
All’udienza del 24 giugno 2009, la causa viene introitata per la decisione.
II – Il ricorso è infondato.
III – Con istanza edilizia datata 18.6.2007, il ricorrente ha chiesto al Comune intimato di poter sopraelevare un immobile di sua proprietà sito nel centro cittadino (foglio 13 p.lla 775), in considerazione dell’asserita disponibilità di cubatura derivante dal suolo di pertinenza. L’edificio di due piani, che il ricorrente intenderebbe portare a una altezza di 10,1 metri (rispetto all’attuale di 6,8 metri), con la realizzazione di nuovi volumi abitabili e finestrati e la copertura parziale del terrazzo, fronteggia altro immobile di proprietà di terzi, a una distanza di appena 5 metri. Sebbene la disciplina urbanistica dettata dal vigente P.R.G. di Termoli per le zone omogenee "B1" (risanamento) non escluda la realizzazione di interventi in ampliamento, il competente ufficio urbanistico comunale ha ugualmente ritenuto che l’intervento, come progettato, non possa essere autorizzato, in ragione della mancata produzione del documento plano-volumetrico (art. 24 N.T.A.), nonché del mancato rispetto delle distanze (art. 9 D.M. n. 1444 del 1968), quale prescritto dalla tavola normativa "B2" del vigente P.R.G. Tale impedimento è stato ritualmente comunicato all’istante con nota prot. n. 28348 datata 11.9.2007, ai sensi della normativa di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Il ricorrente, con nota datata 26.10.2007, ha contestato - in via di partecipazione al procedimento - l’applicabilità della normativa urbanistica sulle distanze, revocando in dubbio persino la eccepita necessità di un piano volumetrico. Nondimeno, il dirigente del Settore comunale urbanistico – con il provvedimento impugnato – ha denegato il permesso di costruire, sul presupposto della inderogabilità dello strumento plano-volumetrico e della applicabilità diretta del limite minimo di distanza tra pareti finestrate.
Il ricorrente impugna, deducendo sostanzialmente tre censure: 1) la distanza della costruzione frontista dalla costruendo parte in sopraelevazione è superiore a 10 metri; 2) gli immobili frontistanti confinano con la via pubblica, di talché va escluso il rispetto delle distanze previste dal codice civile; 3) l’intervento non può essere qualificato come nuova costruzione, di guisa che lo strumento planovolumetrico sarebbe, nella fattispecie, superfluo.
I motivi del ricorso non sono attendibili.
L’edificio frontistante a quello del ricorrente, da ampliare in sopraelevazione, dista – sulla scorta delle indicazioni grafiche rilevabili dalle tavole progettuali – appena 5 metri lineari, anche se lo spazio teorico antistante la parte alta dell’edificio, in caso di sopraelevazione, sarebbe superiore ai 10 metri. Sennonché, la disciplina dell’art. 41 quinquies della legge 17.8.1942 n. 1150, integrata dalle disposizioni dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, prevede una distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti non inferiore a 10 metri, prescindendo dall’altezza della parete, ovvero dal fatto che la parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente (cfr.: Cons. Stato IV, 12.6.2007 n. 3094; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna II, 30.3.2006 n. 348; idem T.A.R. Toscana III, 22.1.2007 n. 55).
Il rispetto della distanza minima di cui al citato art. 9 è, peraltro, espressamente prescritto dalla tavola normativa "B2" del vigente P.R.G. di Termoli, come distacco minimo tra corpi dello stesso edificio o dello stesso isolato.
E’ orientamento di una autorevole giurisprudenza ritenere che, negli edifici ricadenti in zone territoriali diverse dalla zona A, sia prescritta, in tutti i casi, una distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti e che tale prescrizione abbia carattere di assolutezza e di inderogabilità. Pertanto, l’art. 9 del D.M. 2.4.1968 n. 1444 - prescrivente la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti - deve essere rispettato, trattandosi di norma intesa a impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario (cfr.: Cons. Stato IV, 5.12.2005 n. 6909; idem 12.7.2002 n. 3929; Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 17.5.2000 n. 240; Cass. Civile II, 10.1.2006 n. 145). Tale orientamento ermeneutico della giurisprudenza sopravvive alla riforma del Testo Unico dell’edilizia, atteso che l’art. 136 del T.U. 6.6.2001 n. 380, nell’abrogare l’art. 17 comma primo lett. c) della legge n. 765 del 1967, lascia in vigore i commi sesto, ottavo e nono dell’art. 41 quinquies della legge n. 1150 del 1942, di talché gli strumenti urbanistici locali devono osservare la prescrizione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 (cfr.: Cass. Civile II, 29.5.2006 n. 12741).
La disciplina delle distanze legali tra costruzioni è, ovviamente, applicabile anche alle sopraelevazioni (cfr.: Cass. Civile II, 27.3.2001 n. 4413).
Se è vero che i due edifici frontistanti confinano con la pubblica via, è altresì vero che ciò può valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non già il rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici (cfr.: Cass. Civile II, 16.4.2007 n. 9077).
Infine, può ritenersi che l’intervento progettato sia qualificabile come nuova costruzione, trattandosi della realizzazione di un intero piano, in aumento volumetrico, con la conseguente modificazione dei parametri edilizi (cfr.: Cons. Stato V, 26.10.2006 n. 6399; T.A.R. Bologna II, 30.3.2006 n. 348). Pertanto, a tenore della disciplina di cui all’art. 24 delle N.T.A. del vigente P.R.G., proprio la mancata produzione da parte dell’istante dello strumento planovolumetrico, in allegato al progetto di sopraelevazione, non consente alcuna deroga alla disciplina delle distanze urbanistiche e costituisce motivo ostativo al rilascio dell’assenso edilizio.
IV – In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise respinge il ricorso in epigrafe, perché infondato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 24 giugno 2009, dal Collegio così composto:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore
Massimiliano Balloriani, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 08/07/2009.
mercoledì 20 gennaio 2010
Appalti, giurisdizione dell'AGO in ordine alla risoluzione del contratto
T.A.R. Piemonte - Torino Sezione I Sentenza 28 luglio 2009, n. 2122
" è incontrastato l’orientamento della giurisprudenza, che predica il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine agli atti di risoluzione o di rescissione del contratto d’appalto nonché di escussione della relativa polizza fideiussoria, (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 12 marzo 2008, n. 2291; Consiglio Stato, sez. V, 28 dicembre 2006, n. 8070) quantunque l’atto sia rivestito della forma e dei crismi del provvedimento amministrativo (Cassazione civile, Sez. Un., 12 maggio 2006, n. 10994). Ebbene, dalle ricordate coordinate ermeneutiche non ritiene la Sezione di doversi discostare, essendo, anzi, motu proprio convinta della carenza della sua giurisdizione in siffatti ambiti, nei quali l’attività della P.A., che prima facie sembra solo all’apparenza configurare esercizio di un potere amministrativo in senso proprio, è in realtà da riconnettersi più che all’esercizio di una potestà amministrativa esercitata iure imperii, all’ordinario svolgersi di una dinamica negoziale di scaturigine e natura civilistica, nel dipanarsi della quale gli atti che l’Amministrazione adotti si profilano più propriamente assunti iure gestionis.
T.A.R.
Piemonte - Torino
Sezione I
Sentenza 28 luglio 2009, n. 2122
(PRES. BIANCHI, EST. GRAZIANO)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1223 del 2008, proposto da:
Croce Amica One Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Anna Casavecchia, Marco Casavecchia, con domicilio eletto presso Marco Casavecchia in Torino, via Paolo Sacchi, 44;
contro
Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Piovano, con domicilio eletto presso Marco Piovano in Torino, piazza Castello, 165; A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale To4 (TO2), rappresentata e difesa dall'avv. Dario Vladimiro Gamba, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, corso Inghilterra, 11; A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale TO1, rappresentata e difesa dagli avv. Prof. Mario Eugenio Comba, avv. Matteo Chiosso, con domicilio eletto presso il primo in Torino, via Mercantini, 6; Direttore Regionale della Sanita' Settore Programmazione Sanitaria della Reg. Piemonte, Direttore Responsabile Struttura Complessa Logistica Azienda Unita' Sanitaria Locale To1;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
previa sospensione e concessione di misure cautelari, da concedersi anche inaudita altera parte -
a) della determinazione della Regione Piemonte, a firma del Direttore Regionale della Direzione Sanità - Programmazione sanitaria della Regione Piemonte, dott. Vittorio Demicheli, 31.7.2008 n. 484, comunicata con lettera 4.8.2008 prot. 26041/2000 (in realtà non pervenuta alla ricorrente ed acquisita a seguito di richiesta alla Regione Piemonte), con cui è stata denegata alla Croce Amica One s.r.l. l'equipollenza all'esercizio del servizio dell'attività di trasporto infermi a mezzo autoambulanza sul territorio regionale piemontese;
b) della deliberazione della Giunta regionale 11.7.2007, n. 45-6134 (o per la sua disapplicazione o dichiarazione di sua nullità o inefficacia) avente ad oggetto: "nuove disposizioni in materia di trasporto a mezzo autoambulanza ai sensi della l.r. 42/1992....";
c) del parere igienico sanitario dell'Azienda Sanitaria Locale TO4 (oggi ASL TO2) espresso con nota del 23.4.2008, prot. 1918/SISP;
d) dell'atto dell'Azienda Sanitaria Locale TO1, a firma del Direttore della Struttura Complessa Logistica dell'azienda Sanitaria Locale TO1, dott.ssa Simona Guerci, 4.2.2008, prot. 0096460/B.04/08, avente ad oggetto " comunicazione di avvio del procedimento per la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 33/1 lett.g) del capitolato speciale d'appalto per l'affidamento del servizio";
e) dell'atto del Direttore della Struttura Complessa Logistica dell'azienda Sanitaria Locale TO1, dott.ssa Simona Guerci 8.8.2008, prot. 0098792, avente ad oggetto "comunicazione di conclusione del procedimento per la risoluzione del diritto del contratto ai sensi dell'art. 33, primo comma lett. g), del capitolato speciale d'appalto per l'affidamento del servizio";
f) della deliberazione dell'ASL TO1 8.8.2008 n. 796/B.04/08, a firma del relativo Direttore, con cui l'ASL TO1 ha risolto di diritto il contratto di appalto in essere con l'ATI capeggiata da Croce Amica One s.r.l.;
g) della nota dell'ASL TO1, a firma del Direttore della Struttura Complessa Logistica dell'ASL TO1 11.8.2008, prot. 0098969/B.04/08 dell'11.8.2008, con cui è stata comunicata la volontà dell'Amministrazione di esecuzione parziale della cauzione definitiva;
h) della nota dell'ASL TO1, a firma del direttore Generale dell'ASL TO1 13.8.2008 n. 01100255/A.01/B.04/08, con cui l'ASL TO1 ha precisato che la risoluzione del contratto è da intendersi limitata al servizio di trsporto con autoambulanza;
i) di tutti gli atti presupposti, conseguenziali e/o comunque connessi ed, in particolare, della nota dell'ASL TO4 22.7.2008, prot. 190/SISP richiamata nella successiva nota 23.7.2008, prot. 1918/SISP nonché per la condanna , in via solidale o alternativa della Regione Piemonte e dell'ASL TO1 al risarcimento del danno, da quantificarsi nel corso del presente giudizio e richiesto, per ora, nei termini di cui alle conclusioni del presente ricorso
(la presente azione vale altresì, ex art. 28 Cost., e in base al d.lgs 28.3.2000 n. 76 [art 33] e al dpr 20.12.1979, n. 761 [art. 28], a interrompere la prescrizione nei confronti dei funzionari sopra indicati con riserva di specificarne i connotati appena l'ATI ricorrente disponga di tutta la documentazione di rito).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Piemonte;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale To4 (To2);
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale To1;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/07/2009 il Referendario Avv. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. La società ricorrente, Croce Amica One s.r.l (infra, Croce Amica) partecipava alla gara informale, in parte esclusa dal Codice contratti, indetta dal Direttore generale dell’AL TO1 con determinazione del 14.8.2007 per l’affidamento del servizio di trasporto con ambulanza di pazienti dializzati residenti nel territorio di competenza, per un importo di € 1.377.000.
L’art. 6 del Capitolato speciale richiamato dal bando, richiedeva il possesso della “autorizzazione all’esercizio dell’attività di trasporto infermi rilasciata tal’Ente competente” senza nulla prescrivere in ordine alla localizzazione territoriale dell’Autorità rilasciante.
Detta genericità discendeva dalle disposizione della D.G.R. Piemonte n. 45-6134 del 11.6.2007, regolante il trasporto con ambulanza ai sensi della L.Reg. Piemonte n. 42/1992, deliberazione la quale in conformità con i principi comunitari di libera concorrenza, Che vietano di imporre nei bandi di gara requisiti afferenti alle localizzazioni territoriali delle attività di impresa, dichiara non legittimo subordinare la partecipazione alle gare e il relativo affidamento del servizio di trasporto in fermi con autoambulanza, al possesso già in fase di gara dell’autorizzazione rilasciata dall’Autorità competente su base regionale.
Solo in fase successiva all’affidamento e prima del concreto avvio del servizio la norma regionale prescrive (cfr. All. A, par. 4 delibera cit.) che il prestatore si munisca di un titolo equivalente all’autorizzazione emessa dall’autorità regionalmente competente, ossia la c.d. verifica di equipollenza, che praticamente consiste in una virtuale estensione, ante litteram, del’efficacia dell’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente nel luogo in cui ha sede legale l’impresa, anche al territorio della Regione ove dovrà essere espletato il servizio steso, estensione condizionata alla previa verifica tecnica, da parte degli uffici competenti (generalmente le ASL) dell’idoneità della struttura e dei mezzi di cui dispone il prestatore nel territorio in cui dovrà svolgere l’attività affidata in appalto.
In fase di prequalificazione la S.A. acquisiva dalla Croce Amica l’autorizzazione rilasciatale dall’ASL di Milano e con nota del 23.5.2008 l’ASL TO! Comunicava alla deducente la disposta aggiudicazione del contratto.
Con successiva nota del 7.7.2008 (doc. 8 produz. ASL TO1) la S.A. richiedeva all’affidataria la produzione dell’equipollenza in parola secondo le modalità sancite dalla predetta delibera regionale ovvero copia della documentazione inoltrata alla struttura regionale competente al rilascio della citata equipollenza, richiesta evasa dalla Croce Amica.
Senonché, con nota del 4.8.2008 la Direzione Sanità della Regione Piemonte trasmetteva all’ASL TO1 appaltante, il dispositivo della determinazione dirigenziale n. 484 del 31.7.2008 con la quale era negata la richiesta di equipollenza formulata dalla Croce Amica poiché in sede di verifica tecnica era risultata la “non operatività della sede della Ditta Croce Amica One S.r.l., sita in S. Maurizio Canavese (To), via Leinì, n. 5/a” (doc. 11 produz. ASL TO1). Da un sopralluogo effettuato da personale tecnico dell’ASL TO4 il 21.7.2008 presso i locali dichiarati dalla Croce Amica era infatti emerso che “nell’edificio a destinazione produttiva/artigianale ubicato in Via Leinì n. 5/a a S. Maurizio Canavese (To), non è presente al momento nessuna attività e la struttura ha bisogno di lavori di ristrutturazione edilizia affinché la si possa utilizzare come sede operativa di attività trasporto infermi a mezzo ambulanza”(doc. 11 produz. ASL TO1, pag. 2). Si concludeva quindi nel senso che la sede indicata “non è operativa né lo sarà a breve termine”.
A seguito di tali risultanze e comunicazioni l’ASL TO1 appaltante comunicava l’avvio del procedimento di risoluzione di diritto del contratto d’appalto, concludendolo con nota dell’8.8.2008 (doc. 16 ASL TO1) di poi comunicando alla deducente, con nota del 11.8.2008 (doc. 18 ASL TO1) l’escussione della cauzione definitiva relativamente alla parte di servizi inerente il trasporto con ambulanza.
2. Con il ricorso in epigrafe la Croce Amica adisce questo T.A.R. impugnando tutti gli atti di diniego dell’equipollenza, di accertamento dell’inidoneità dei locali, di risoluzione del contratto e relativa previa comunicazione di avvio e di escussione della cauzione definitiva.
Il gravame è affidato a due motivi che saranno infra illustrati e scrutinati.
Si costituiva l’ASL TO2 il 9.10.2008 con successiva memoria del 22.10.2008, l’ASL TO1 l’11.10.2008 poi depositando memoria il 22.10.2008. Si costituiva parimenti la Regione Piemonte il 22.10.2008. La ricorrente depositava documenti ulteriori il 22.10.2008.
Alla Camera di Consiglio del 23.10.2008 la domanda cautelare veniva riunita al merito.
Pervenuta alla pubblica Udienza del 2.7.2009, sulle conclusioni delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano la causa veniva trattenuta a sentenza.
DIRITTO
1.1 Il ricorso fonda su due motivi, recanti entrambi due sub censure. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dei principi comunitari di concorrenzialità a carico della DG.R. n. 45-634, carenza di potere in capo alla Regione a disciplinare materie concernenti la libera concorrenza, violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 502/2002 e 117Cost ed eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e generica violazione della L. n. 241/90. Con la prima sub censura lamenta che la delibera regionale del 11.6.2007 impugnata, recante diposizioni di dettaglio ed attuazione della L. Reg. Piemonte n. 42/1992 in materia di trasporto di pazienti con ambulanza va disapplicata per carenza di potere in capo alla Regione in quanto “non spetta più alla regione disciplinare la materia della “equipollenza ex post”: semmai spetta allo Stato ex art. 117 Cost. (e in forza della Legge “La Loggia”: 131”003) disciplinare la materia”. Ne consegue che venendo meno la delibera regionale “cadrebbero” tutti i provvedimenti conseguenziali impugnati.
La doglianza è inammissibile per genericità ed infondata nel merito.
L’inammissibilità discende dalla assenza di argomentazioni giuridiche a supporto della riportata affermazione secondo cui non spetterebbe più alla Regione disciplinare la equipollenza ex post delle autorizzazione al trasporto di pazienti con ambulanza. Non illustra con adeguata analiticità la ricorrente su quali fondamenti di diritto positivo o di principi giurisprudenziali o dottrinari possa concludersi nel senso della carenza di potere in capo alle Regioni in ordine alla disciplina della materia in analisi.
Ma a parere del Collegio la censura è infondata nel merito.
Va infatti rammentato al riguardo che competono alle Regioni “le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. (Art. 2, coma 1, d.lgs. 30.12.1992, n. 502” e che ai sensi del comma 2 “spettano in particolare alle regioni la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute
Ritiene sul punto il Collegio che nel concetto di “organizzazione dei servizi” e nella “attività destinata alla tutela della salute” rientri optimo iure anche l’organizzazione del servizio di trasporto sanitario, essenziale alla tutela della salute. Non è chi non veda, infatti, come nel genus dei servizi e delle attività destinate alla salute umana debbano annoverarsi anche le attività di trasporto in ambulanza dei pazienti, atteso il nesso di indubitabile strumentalità del trasporto in ambulanza di un paziente dializzato o affetto da altra patologia, con la tutela della di lui salute.
Rientra, quindi, a parere della Sezione, nella potestà legislativa ed amministrativa regionale la disciplina del trasporto dei pazienti con ambulanza, sia mediante leggi, che mediante atti amministrativi generali.
Appare pertanto immune dai denunciati profili di incompetenza per materia la Delibera della G.R. 11.6.2007, n, 45-6134.
1.2. Va inoltre debitamente considerato che la potestà in capo alla Giunta regionale di definire le caratteristiche delle attrezzature occorrenti all’espletamento del servizio di trasporto sanitario rinviene la sua fonte di legittimazione nell’art. 5, comma 2 della L. Reg. Piemonte 29.10.1992 n. 42, a mente del quale “con deliberazione della Giunta Regionale, in conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma due del D.P.R. 27 -03- 1992(…) saranno individuate le dotazioni di attrezzature o materiale sanitario occorrenti distintamente per l'attività di trasporto e per il soccorso di malati e feriti” dove per “dotazioni di attrezzature” si devono intendere anche le caratteristiche di dette dotazioni.
Per altro verso, il Collegio è dell’avviso che sia questione di discrezionalità amministrativo-normativa la specificazione dei requisiti tecnici delle sedi operative de quibus, di cui è dettaglio a pag. 63 dell’impugnata deliberazione della Giunta regionale.
La censura in scrutinio si profila dunque infondata e va disattesa.
2.1. Con la seconda sub censura di cui al primo mezzo parte ricorrente si duole che la disciplina contestata sarebbe comunque da disapplicare siccome confliggente con i principi comunitari della libera concorrenza e della proporzionalità in quanto si caratterizzerebbe per essere troppo vincolistica, dettando prescrizioni “rigidissime” in ordine alle caratteristiche richieste alla sede operativa.
Anche siffatta doglianza non appare al Collegio meritevole di condivisione.
Al riguardo, oltre a ribadire che è questione di discrezionalità amministrativo-normativa la specificazione dei requisiti tecnici delle sedi operative de quibus, va osservato che, pur volendo effettuare un sindacato di un certo spessore sulla discrezionalità amministrativo – normativa che, come detto, deve ritenersi spettare all’Amministrazione in detta materia, quelle prescrizioni non appaiono violare il principio di proporzionalità e, correlativamente, anche quello di libera concorrenza, poiché individuano e definiscono caratteristiche elementari che paiono al Collegio atteggiarsi ad attributi ordinari e requisiti normali per un locale che dovrà essere adibito a sede di un’unità di trasporto di infermi.
Tanto è a predicarsi ad es., per la superficie, prescritta pari o superiore a mq 9; o relativamente alla richiesta di possesso di un ripostiglio per la detenzione del materiale per la pulizia e disinfezione (lett. f); lo stesso è inoltre a dirsi quanto al locale deposito da destinare il materiale sanitario, per il quale (lett. e) è prescritta un’altezza minima interna di almeno mt. 2,70 e la fruizione di illuminazione naturale (comma 3). Non può ragionevolmente dubitarsi che secondo un canone di comune intelligenza una sede operativa di un servizio di trasporto di pazienti con ambulanza deve possedere una superficie minima, un deposito per materiale sanitario e un ripostiglio per detenzione di materiale da disinfezione e pulizia e fruire di illuminazione naturale oltre che avere un’altezza minima di mt. 2,70.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dei principi di correttezza e buona fede e ragionevolezza, dolendosi, con la prima sub censura, della circostanza che il procedimento di diniego della richiesta equipollenza si sarebbe completato in soli quattordici giorni e rivendica, quindi nella sostanza, una più ampia partecipazione procedimentale.
Il Collegio è dell’avviso che la censura non sia fondata.
Invero, va posta l’attenzione sul carattere di vincolatività in concreto del provvedimento di diniego impugnato, in conseguenza della conclamata, non contestata, radicale assenza nei locali indicati a sede dell’attività per cui si controverte, dei requisiti minimi definiti dalle disposizioni regionali e appena riepilogati. In tale contesto appare difficile apprezzare un utile apporto collaborativo del privato e una sostanziale alterità determinativa della decisione finale. Ritiene, cioè, il Collegio che alla fattispecie possa applicarsi, anche ove possa predicarsi la violazione di una qualche regola positivizzata afferente al procedimento, il principio scolpito all’art. 21-octies della l. n. 241/1990, conseguendone l’impossibilità di giudicare infirmata la legittimità di un provvedimento amministrativo il cui contenuto difficilmente avrebbe potuto profilarsi diverso da quello in concreto adottato anche ove alla deducente fosse stata concessa l’opportunità di una più estesa partecipazione procedimentale. Si ricorsi infatti che nel sopralluogo del 21.7.2008 gli uffici competenti del’ASL rilevavano che il locale abbisognava di interventi di ristrutturazione edilizia (non di manutenzione) e che non poteva ipotizzarsi a breve termine la sua idoneità all’uso di sede operativa di un’attività di trasporto di pazienti con ambulanza.
Va quindi reputata immune da censure la celerità di adozione del provvedimento del 31.7.2008, stante la divisata inutilità, agli effetti dell’art.21 - octies cit. di una più ampia partecipazione procedimentale del privato interessato.
2.2. Con la seconda sub censura la Croce Amica contesta la legittimità della disposta risoluzione contrattuale e della correlativa escussione della cauzione definitiva, sia per la lamentata insufficienza del termine a discolpa concessole, sia per una, invero singolare, lamentata considerazione dell’istituto dell’avvalimento.
La Sezione è del parere che la censura sia inammissibile per difetto di giurisdizione di questo Giudice, anomalia già adombrata nel Decreto cautelare di rigetto n. 795 del 9.10.2008.
Rammenta all’uopo che è incontrastato l’orientamento della giurisprudenza, che predica il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine agli atti di risoluzione o di rescissione del contratto d’appalto nonché di escussione della relativa polizza fideiussoria, (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 12 marzo 2008, n. 2291; Consiglio Stato, sez. V, 28 dicembre 2006, n. 8070) quantunque l’atto sia rivestito della forma e dei crismi del provvedimento amministrativo (Cassazione civile, Sez. Un., 12 maggio 2006, n. 10994).
Ebbene, dalle ricordate coordinate ermeneutiche non ritiene la Sezione di doversi discostare, essendo, anzi, motu proprio convinta della carenza della sua giurisdizione in siffatti ambiti, nei quali l’attività della P.A., che prima facie sembra solo all’apparenza configurare esercizio di un potere amministrativo in senso proprio, è in realtà da riconnettersi più che all’esercizio di una potestà amministrativa esercitata iure imperii, all’ordinario svolgersi di una dinamica negoziale di scaturigine e natura civilistica, nel dipanarsi della quale gli atti che l’Amministrazione adotti si profilano più propriamente assunti iure gestionis.
In definitiva, sulla scorta delle considerazioni fino ad ora svolte il ricorso si prospetta in parte infondato e nella sua ultima articolazione motiva, anche inammissibile.
Eque, intuitive ragioni, correlate anche all’intrinseca afflittività della impugnata risoluzione contrattuale, militano peraltro a sostegno della decisione di compensare integralmente le spese di lite tra le costituite parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte - Prima Sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge e in parte dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.
Compensa integralmente le spese di lite tra le costituite parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 02/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 28/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
" è incontrastato l’orientamento della giurisprudenza, che predica il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine agli atti di risoluzione o di rescissione del contratto d’appalto nonché di escussione della relativa polizza fideiussoria, (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 12 marzo 2008, n. 2291; Consiglio Stato, sez. V, 28 dicembre 2006, n. 8070) quantunque l’atto sia rivestito della forma e dei crismi del provvedimento amministrativo (Cassazione civile, Sez. Un., 12 maggio 2006, n. 10994). Ebbene, dalle ricordate coordinate ermeneutiche non ritiene la Sezione di doversi discostare, essendo, anzi, motu proprio convinta della carenza della sua giurisdizione in siffatti ambiti, nei quali l’attività della P.A., che prima facie sembra solo all’apparenza configurare esercizio di un potere amministrativo in senso proprio, è in realtà da riconnettersi più che all’esercizio di una potestà amministrativa esercitata iure imperii, all’ordinario svolgersi di una dinamica negoziale di scaturigine e natura civilistica, nel dipanarsi della quale gli atti che l’Amministrazione adotti si profilano più propriamente assunti iure gestionis.
T.A.R.
Piemonte - Torino
Sezione I
Sentenza 28 luglio 2009, n. 2122
(PRES. BIANCHI, EST. GRAZIANO)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1223 del 2008, proposto da:
Croce Amica One Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Anna Casavecchia, Marco Casavecchia, con domicilio eletto presso Marco Casavecchia in Torino, via Paolo Sacchi, 44;
contro
Regione Piemonte, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Piovano, con domicilio eletto presso Marco Piovano in Torino, piazza Castello, 165; A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale To4 (TO2), rappresentata e difesa dall'avv. Dario Vladimiro Gamba, con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, corso Inghilterra, 11; A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale TO1, rappresentata e difesa dagli avv. Prof. Mario Eugenio Comba, avv. Matteo Chiosso, con domicilio eletto presso il primo in Torino, via Mercantini, 6; Direttore Regionale della Sanita' Settore Programmazione Sanitaria della Reg. Piemonte, Direttore Responsabile Struttura Complessa Logistica Azienda Unita' Sanitaria Locale To1;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
previa sospensione e concessione di misure cautelari, da concedersi anche inaudita altera parte -
a) della determinazione della Regione Piemonte, a firma del Direttore Regionale della Direzione Sanità - Programmazione sanitaria della Regione Piemonte, dott. Vittorio Demicheli, 31.7.2008 n. 484, comunicata con lettera 4.8.2008 prot. 26041/2000 (in realtà non pervenuta alla ricorrente ed acquisita a seguito di richiesta alla Regione Piemonte), con cui è stata denegata alla Croce Amica One s.r.l. l'equipollenza all'esercizio del servizio dell'attività di trasporto infermi a mezzo autoambulanza sul territorio regionale piemontese;
b) della deliberazione della Giunta regionale 11.7.2007, n. 45-6134 (o per la sua disapplicazione o dichiarazione di sua nullità o inefficacia) avente ad oggetto: "nuove disposizioni in materia di trasporto a mezzo autoambulanza ai sensi della l.r. 42/1992....";
c) del parere igienico sanitario dell'Azienda Sanitaria Locale TO4 (oggi ASL TO2) espresso con nota del 23.4.2008, prot. 1918/SISP;
d) dell'atto dell'Azienda Sanitaria Locale TO1, a firma del Direttore della Struttura Complessa Logistica dell'azienda Sanitaria Locale TO1, dott.ssa Simona Guerci, 4.2.2008, prot. 0096460/B.04/08, avente ad oggetto " comunicazione di avvio del procedimento per la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 33/1 lett.g) del capitolato speciale d'appalto per l'affidamento del servizio";
e) dell'atto del Direttore della Struttura Complessa Logistica dell'azienda Sanitaria Locale TO1, dott.ssa Simona Guerci 8.8.2008, prot. 0098792, avente ad oggetto "comunicazione di conclusione del procedimento per la risoluzione del diritto del contratto ai sensi dell'art. 33, primo comma lett. g), del capitolato speciale d'appalto per l'affidamento del servizio";
f) della deliberazione dell'ASL TO1 8.8.2008 n. 796/B.04/08, a firma del relativo Direttore, con cui l'ASL TO1 ha risolto di diritto il contratto di appalto in essere con l'ATI capeggiata da Croce Amica One s.r.l.;
g) della nota dell'ASL TO1, a firma del Direttore della Struttura Complessa Logistica dell'ASL TO1 11.8.2008, prot. 0098969/B.04/08 dell'11.8.2008, con cui è stata comunicata la volontà dell'Amministrazione di esecuzione parziale della cauzione definitiva;
h) della nota dell'ASL TO1, a firma del direttore Generale dell'ASL TO1 13.8.2008 n. 01100255/A.01/B.04/08, con cui l'ASL TO1 ha precisato che la risoluzione del contratto è da intendersi limitata al servizio di trsporto con autoambulanza;
i) di tutti gli atti presupposti, conseguenziali e/o comunque connessi ed, in particolare, della nota dell'ASL TO4 22.7.2008, prot. 190/SISP richiamata nella successiva nota 23.7.2008, prot. 1918/SISP nonché per la condanna , in via solidale o alternativa della Regione Piemonte e dell'ASL TO1 al risarcimento del danno, da quantificarsi nel corso del presente giudizio e richiesto, per ora, nei termini di cui alle conclusioni del presente ricorso
(la presente azione vale altresì, ex art. 28 Cost., e in base al d.lgs 28.3.2000 n. 76 [art 33] e al dpr 20.12.1979, n. 761 [art. 28], a interrompere la prescrizione nei confronti dei funzionari sopra indicati con riserva di specificarne i connotati appena l'ATI ricorrente disponga di tutta la documentazione di rito).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Piemonte;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale To4 (To2);
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.S.L. - Azienda Sanitaria Locale To1;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/07/2009 il Referendario Avv. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. La società ricorrente, Croce Amica One s.r.l (infra, Croce Amica) partecipava alla gara informale, in parte esclusa dal Codice contratti, indetta dal Direttore generale dell’AL TO1 con determinazione del 14.8.2007 per l’affidamento del servizio di trasporto con ambulanza di pazienti dializzati residenti nel territorio di competenza, per un importo di € 1.377.000.
L’art. 6 del Capitolato speciale richiamato dal bando, richiedeva il possesso della “autorizzazione all’esercizio dell’attività di trasporto infermi rilasciata tal’Ente competente” senza nulla prescrivere in ordine alla localizzazione territoriale dell’Autorità rilasciante.
Detta genericità discendeva dalle disposizione della D.G.R. Piemonte n. 45-6134 del 11.6.2007, regolante il trasporto con ambulanza ai sensi della L.Reg. Piemonte n. 42/1992, deliberazione la quale in conformità con i principi comunitari di libera concorrenza, Che vietano di imporre nei bandi di gara requisiti afferenti alle localizzazioni territoriali delle attività di impresa, dichiara non legittimo subordinare la partecipazione alle gare e il relativo affidamento del servizio di trasporto in fermi con autoambulanza, al possesso già in fase di gara dell’autorizzazione rilasciata dall’Autorità competente su base regionale.
Solo in fase successiva all’affidamento e prima del concreto avvio del servizio la norma regionale prescrive (cfr. All. A, par. 4 delibera cit.) che il prestatore si munisca di un titolo equivalente all’autorizzazione emessa dall’autorità regionalmente competente, ossia la c.d. verifica di equipollenza, che praticamente consiste in una virtuale estensione, ante litteram, del’efficacia dell’autorizzazione rilasciata dall’autorità competente nel luogo in cui ha sede legale l’impresa, anche al territorio della Regione ove dovrà essere espletato il servizio steso, estensione condizionata alla previa verifica tecnica, da parte degli uffici competenti (generalmente le ASL) dell’idoneità della struttura e dei mezzi di cui dispone il prestatore nel territorio in cui dovrà svolgere l’attività affidata in appalto.
In fase di prequalificazione la S.A. acquisiva dalla Croce Amica l’autorizzazione rilasciatale dall’ASL di Milano e con nota del 23.5.2008 l’ASL TO! Comunicava alla deducente la disposta aggiudicazione del contratto.
Con successiva nota del 7.7.2008 (doc. 8 produz. ASL TO1) la S.A. richiedeva all’affidataria la produzione dell’equipollenza in parola secondo le modalità sancite dalla predetta delibera regionale ovvero copia della documentazione inoltrata alla struttura regionale competente al rilascio della citata equipollenza, richiesta evasa dalla Croce Amica.
Senonché, con nota del 4.8.2008 la Direzione Sanità della Regione Piemonte trasmetteva all’ASL TO1 appaltante, il dispositivo della determinazione dirigenziale n. 484 del 31.7.2008 con la quale era negata la richiesta di equipollenza formulata dalla Croce Amica poiché in sede di verifica tecnica era risultata la “non operatività della sede della Ditta Croce Amica One S.r.l., sita in S. Maurizio Canavese (To), via Leinì, n. 5/a” (doc. 11 produz. ASL TO1). Da un sopralluogo effettuato da personale tecnico dell’ASL TO4 il 21.7.2008 presso i locali dichiarati dalla Croce Amica era infatti emerso che “nell’edificio a destinazione produttiva/artigianale ubicato in Via Leinì n. 5/a a S. Maurizio Canavese (To), non è presente al momento nessuna attività e la struttura ha bisogno di lavori di ristrutturazione edilizia affinché la si possa utilizzare come sede operativa di attività trasporto infermi a mezzo ambulanza”(doc. 11 produz. ASL TO1, pag. 2). Si concludeva quindi nel senso che la sede indicata “non è operativa né lo sarà a breve termine”.
A seguito di tali risultanze e comunicazioni l’ASL TO1 appaltante comunicava l’avvio del procedimento di risoluzione di diritto del contratto d’appalto, concludendolo con nota dell’8.8.2008 (doc. 16 ASL TO1) di poi comunicando alla deducente, con nota del 11.8.2008 (doc. 18 ASL TO1) l’escussione della cauzione definitiva relativamente alla parte di servizi inerente il trasporto con ambulanza.
2. Con il ricorso in epigrafe la Croce Amica adisce questo T.A.R. impugnando tutti gli atti di diniego dell’equipollenza, di accertamento dell’inidoneità dei locali, di risoluzione del contratto e relativa previa comunicazione di avvio e di escussione della cauzione definitiva.
Il gravame è affidato a due motivi che saranno infra illustrati e scrutinati.
Si costituiva l’ASL TO2 il 9.10.2008 con successiva memoria del 22.10.2008, l’ASL TO1 l’11.10.2008 poi depositando memoria il 22.10.2008. Si costituiva parimenti la Regione Piemonte il 22.10.2008. La ricorrente depositava documenti ulteriori il 22.10.2008.
Alla Camera di Consiglio del 23.10.2008 la domanda cautelare veniva riunita al merito.
Pervenuta alla pubblica Udienza del 2.7.2009, sulle conclusioni delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano la causa veniva trattenuta a sentenza.
DIRITTO
1.1 Il ricorso fonda su due motivi, recanti entrambi due sub censure. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dei principi comunitari di concorrenzialità a carico della DG.R. n. 45-634, carenza di potere in capo alla Regione a disciplinare materie concernenti la libera concorrenza, violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 502/2002 e 117Cost ed eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e generica violazione della L. n. 241/90. Con la prima sub censura lamenta che la delibera regionale del 11.6.2007 impugnata, recante diposizioni di dettaglio ed attuazione della L. Reg. Piemonte n. 42/1992 in materia di trasporto di pazienti con ambulanza va disapplicata per carenza di potere in capo alla Regione in quanto “non spetta più alla regione disciplinare la materia della “equipollenza ex post”: semmai spetta allo Stato ex art. 117 Cost. (e in forza della Legge “La Loggia”: 131”003) disciplinare la materia”. Ne consegue che venendo meno la delibera regionale “cadrebbero” tutti i provvedimenti conseguenziali impugnati.
La doglianza è inammissibile per genericità ed infondata nel merito.
L’inammissibilità discende dalla assenza di argomentazioni giuridiche a supporto della riportata affermazione secondo cui non spetterebbe più alla Regione disciplinare la equipollenza ex post delle autorizzazione al trasporto di pazienti con ambulanza. Non illustra con adeguata analiticità la ricorrente su quali fondamenti di diritto positivo o di principi giurisprudenziali o dottrinari possa concludersi nel senso della carenza di potere in capo alle Regioni in ordine alla disciplina della materia in analisi.
Ma a parere del Collegio la censura è infondata nel merito.
Va infatti rammentato al riguardo che competono alle Regioni “le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. (Art. 2, coma 1, d.lgs. 30.12.1992, n. 502” e che ai sensi del comma 2 “spettano in particolare alle regioni la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute
Ritiene sul punto il Collegio che nel concetto di “organizzazione dei servizi” e nella “attività destinata alla tutela della salute” rientri optimo iure anche l’organizzazione del servizio di trasporto sanitario, essenziale alla tutela della salute. Non è chi non veda, infatti, come nel genus dei servizi e delle attività destinate alla salute umana debbano annoverarsi anche le attività di trasporto in ambulanza dei pazienti, atteso il nesso di indubitabile strumentalità del trasporto in ambulanza di un paziente dializzato o affetto da altra patologia, con la tutela della di lui salute.
Rientra, quindi, a parere della Sezione, nella potestà legislativa ed amministrativa regionale la disciplina del trasporto dei pazienti con ambulanza, sia mediante leggi, che mediante atti amministrativi generali.
Appare pertanto immune dai denunciati profili di incompetenza per materia la Delibera della G.R. 11.6.2007, n, 45-6134.
1.2. Va inoltre debitamente considerato che la potestà in capo alla Giunta regionale di definire le caratteristiche delle attrezzature occorrenti all’espletamento del servizio di trasporto sanitario rinviene la sua fonte di legittimazione nell’art. 5, comma 2 della L. Reg. Piemonte 29.10.1992 n. 42, a mente del quale “con deliberazione della Giunta Regionale, in conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma due del D.P.R. 27 -03- 1992(…) saranno individuate le dotazioni di attrezzature o materiale sanitario occorrenti distintamente per l'attività di trasporto e per il soccorso di malati e feriti” dove per “dotazioni di attrezzature” si devono intendere anche le caratteristiche di dette dotazioni.
Per altro verso, il Collegio è dell’avviso che sia questione di discrezionalità amministrativo-normativa la specificazione dei requisiti tecnici delle sedi operative de quibus, di cui è dettaglio a pag. 63 dell’impugnata deliberazione della Giunta regionale.
La censura in scrutinio si profila dunque infondata e va disattesa.
2.1. Con la seconda sub censura di cui al primo mezzo parte ricorrente si duole che la disciplina contestata sarebbe comunque da disapplicare siccome confliggente con i principi comunitari della libera concorrenza e della proporzionalità in quanto si caratterizzerebbe per essere troppo vincolistica, dettando prescrizioni “rigidissime” in ordine alle caratteristiche richieste alla sede operativa.
Anche siffatta doglianza non appare al Collegio meritevole di condivisione.
Al riguardo, oltre a ribadire che è questione di discrezionalità amministrativo-normativa la specificazione dei requisiti tecnici delle sedi operative de quibus, va osservato che, pur volendo effettuare un sindacato di un certo spessore sulla discrezionalità amministrativo – normativa che, come detto, deve ritenersi spettare all’Amministrazione in detta materia, quelle prescrizioni non appaiono violare il principio di proporzionalità e, correlativamente, anche quello di libera concorrenza, poiché individuano e definiscono caratteristiche elementari che paiono al Collegio atteggiarsi ad attributi ordinari e requisiti normali per un locale che dovrà essere adibito a sede di un’unità di trasporto di infermi.
Tanto è a predicarsi ad es., per la superficie, prescritta pari o superiore a mq 9; o relativamente alla richiesta di possesso di un ripostiglio per la detenzione del materiale per la pulizia e disinfezione (lett. f); lo stesso è inoltre a dirsi quanto al locale deposito da destinare il materiale sanitario, per il quale (lett. e) è prescritta un’altezza minima interna di almeno mt. 2,70 e la fruizione di illuminazione naturale (comma 3). Non può ragionevolmente dubitarsi che secondo un canone di comune intelligenza una sede operativa di un servizio di trasporto di pazienti con ambulanza deve possedere una superficie minima, un deposito per materiale sanitario e un ripostiglio per detenzione di materiale da disinfezione e pulizia e fruire di illuminazione naturale oltre che avere un’altezza minima di mt. 2,70.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dei principi di correttezza e buona fede e ragionevolezza, dolendosi, con la prima sub censura, della circostanza che il procedimento di diniego della richiesta equipollenza si sarebbe completato in soli quattordici giorni e rivendica, quindi nella sostanza, una più ampia partecipazione procedimentale.
Il Collegio è dell’avviso che la censura non sia fondata.
Invero, va posta l’attenzione sul carattere di vincolatività in concreto del provvedimento di diniego impugnato, in conseguenza della conclamata, non contestata, radicale assenza nei locali indicati a sede dell’attività per cui si controverte, dei requisiti minimi definiti dalle disposizioni regionali e appena riepilogati. In tale contesto appare difficile apprezzare un utile apporto collaborativo del privato e una sostanziale alterità determinativa della decisione finale. Ritiene, cioè, il Collegio che alla fattispecie possa applicarsi, anche ove possa predicarsi la violazione di una qualche regola positivizzata afferente al procedimento, il principio scolpito all’art. 21-octies della l. n. 241/1990, conseguendone l’impossibilità di giudicare infirmata la legittimità di un provvedimento amministrativo il cui contenuto difficilmente avrebbe potuto profilarsi diverso da quello in concreto adottato anche ove alla deducente fosse stata concessa l’opportunità di una più estesa partecipazione procedimentale. Si ricorsi infatti che nel sopralluogo del 21.7.2008 gli uffici competenti del’ASL rilevavano che il locale abbisognava di interventi di ristrutturazione edilizia (non di manutenzione) e che non poteva ipotizzarsi a breve termine la sua idoneità all’uso di sede operativa di un’attività di trasporto di pazienti con ambulanza.
Va quindi reputata immune da censure la celerità di adozione del provvedimento del 31.7.2008, stante la divisata inutilità, agli effetti dell’art.21 - octies cit. di una più ampia partecipazione procedimentale del privato interessato.
2.2. Con la seconda sub censura la Croce Amica contesta la legittimità della disposta risoluzione contrattuale e della correlativa escussione della cauzione definitiva, sia per la lamentata insufficienza del termine a discolpa concessole, sia per una, invero singolare, lamentata considerazione dell’istituto dell’avvalimento.
La Sezione è del parere che la censura sia inammissibile per difetto di giurisdizione di questo Giudice, anomalia già adombrata nel Decreto cautelare di rigetto n. 795 del 9.10.2008.
Rammenta all’uopo che è incontrastato l’orientamento della giurisprudenza, che predica il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine agli atti di risoluzione o di rescissione del contratto d’appalto nonché di escussione della relativa polizza fideiussoria, (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 12 marzo 2008, n. 2291; Consiglio Stato, sez. V, 28 dicembre 2006, n. 8070) quantunque l’atto sia rivestito della forma e dei crismi del provvedimento amministrativo (Cassazione civile, Sez. Un., 12 maggio 2006, n. 10994).
Ebbene, dalle ricordate coordinate ermeneutiche non ritiene la Sezione di doversi discostare, essendo, anzi, motu proprio convinta della carenza della sua giurisdizione in siffatti ambiti, nei quali l’attività della P.A., che prima facie sembra solo all’apparenza configurare esercizio di un potere amministrativo in senso proprio, è in realtà da riconnettersi più che all’esercizio di una potestà amministrativa esercitata iure imperii, all’ordinario svolgersi di una dinamica negoziale di scaturigine e natura civilistica, nel dipanarsi della quale gli atti che l’Amministrazione adotti si profilano più propriamente assunti iure gestionis.
In definitiva, sulla scorta delle considerazioni fino ad ora svolte il ricorso si prospetta in parte infondato e nella sua ultima articolazione motiva, anche inammissibile.
Eque, intuitive ragioni, correlate anche all’intrinseca afflittività della impugnata risoluzione contrattuale, militano peraltro a sostegno della decisione di compensare integralmente le spese di lite tra le costituite parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte - Prima Sezione – definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge e in parte dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.
Compensa integralmente le spese di lite tra le costituite parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 02/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario
Alfonso Graziano, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 28/07/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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