lunedì 2 febbraio 2009

Appalto pubblico, incarico di progettazione ed esecuzione a professionista

Consiglio di Stato - Sezione VI - Decisione 1 luglio - 22 ottobre 2008, n. 5175

Invero, anche il momento della progettazione e della direzione dei lavori attiene all’economicità dei lavori pubblici, ed i meccanismi di assegnazione dei relativi incarichi soggiacciono agli stessi principi che presiedono all’assegnazione dei contratti di appalto, per cui giustamente l’Autorità ha ritenuto li ha ricompresi nel proprio ambito di cognizione.


in base all’art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, le stazioni appaltanti potevano affidare gli incarichi di cui si tratta (oltre che con alcuni sistemi che ora interessano) a propri dipendenti ovvero a professionisti esterni, con disciplina diversa quanto ai meccanismi di affidamento e quanto alla remunerazione.


Gli incarichi interni vengono affidati qualora venga riscontrata l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 17, quarto comma, della legge 109, più volte citata, e sono retribuiti secondo la disciplina di cui all’art. 18.

Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 1 luglio - 22 ottobre 2008, n. 5175

(Presidente Varrone - Relatore Atzeni)

Sul seguente ricorso in appello n. 7271/2003, proposto dal Comune di Force in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ranieri Felici e Sergio Del Vecchio ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Angelico n. 38

contro

il Ministero dei Lavori Pubblici in persona del Ministro in carica e l’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, Servizio Ispettivo, Settore Vigilanza, Accertamenti, Ispezioni, Area Geografica Marche e Sardegna, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono per legge domiciliati

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo per le Marche n. 203/2003 in data 31 marzo 2003, resa inter partes;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 1 luglio 2008 il consigliere Manfredo Atzeni ed udito l’avv.to Del Vecchio e l’avv.to dello Stato Greco;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

Con ricorso al Tribunale Amministrativo per le Marche il Comune di Force in persona del Sindaco in carica impugnava la delibera n. 149 in data 29/5/2002 con la quale il Consiglio dell’Autorità per i Lavori Pubblici, interessata dall’esposto di alcuni consiglieri di minoranza del predetto Comune, aveva accertato profili di illegittimità nell’affidamento di incarichi di progettazione e di direzioni di lavori ad un libero professionista, responsabile del procedimento legato al Comune da rapporto di lavoro autonomo assimilabile nella sostanza a quello di dipendente (collaborazione coordinata e continuativa) ed affermato che la stessa Amministrazione non aveva operato in conformità alle norme della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e del D.P.R. 554/1999 con riferimento ai principi di pubblicità, concorsualità e trasparenza nelle procedure di selezione dei soggetti esterni, censurando pertanto il suo operato e richiamandolo ad una corretta osservanza delle norme in materia di affidamento di servizi di ingegneria.

Lamentava:

1. - Violazione della seconda preposizione del primo periodo del 6° comma dell’art. 4 della legge n. 109/94 e succ. mod. in riferimento al contenuto della determinazione n. 11/99 del 17 novembre 1999 a cura dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici relativa alla “individuazione della nozione di «chiunque vi abbia interesse» per le richieste di ispezione”;

violazione dell’art. 3 e dell’art. 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241 in riferimento al contenuto della ridetta determinazione dell’Autorità n. 11/99 per difetto di legittimazione attiva in capo ad “alcuni consiglieri di minoranza” che hanno richiesto l’intervento ispettivo ed in riferimento alla violazione degli artt. 42, 43, 44, 48 del D.Lgs. n. 267/2000 nonché per difetto assoluto di interesse e di motivazione della richiesta;

violazione dell’art. 4, comma 4° della legge n. 109/94 in riferimento alla violazione dell’art. 1 della stessa legge per incompetenza dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ad interventi che esulano dalle materie per le quali l’organo è stato creato nonché per scopi diversi da quelli per i quali esso organo è stato demandato ad apprestare tutela;

eccesso di potere sotto più profili (del difetto di motivazione, della carenza dei presupposti della falsa rappresentazione della realtà, dell’ingiustizia manifesta);

2. - violazione del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 in riferimento alla violazione dell’art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e della circolare ministeriale 7 ottobre 1996, n. 448; eccesso di potere sotto più profili.

Chiedeva quindi l’annullamento della deliberazione impugnata unitamente ove occorra, agli atti presupposti tra i quali, segnatamente, la relazione redatta dal Servizio Ispettivo e l’atto di regolazione in data 8 novembre 1999.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo per le Marche respingeva il ricorso.

Avverso la predetta sentenza insorge il Comune di Force in persona del Sindaco in carica, chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato chiedendo il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza dell’1 luglio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

In data 3 luglio 2008 è stato depositato il dispositivo (n. 523/2008: respinge).

Diritto

1. L’appello è infondato.

Il Comune, odierno appellante, a suo tempo ha conferito ad un architetto, estraneo ai suoi ruoli, un incarico per l’espletamento di prestazioni di natura tecnica ai sensi dell’art. 110 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, svolgendo le mansioni di responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale, Settore Lavori Pubblici, con il compito di istruire le pratiche di competenza dell’Ufficio, con firma degli atti compresi quelli a rilevanza esterna, la redazione di progettazioni, stime e quant’altro necessario per il suo funzionamento, con assunzione di responsabilità dell’istruttoria e del provvedimento finale; l’incarico, per sua natura a termine, è stato più volte prorogato.

Il Comune ha poi affidato allo stesso architetto, di solito congiuntamente ad altri professionisti, incarichi di progettazione e direzione lavori, compensati sulla base della tariffa professionale vigente.

Alcuni consiglieri di minoranza di quel Comune hanno segnalato i fatti appena riassunti all’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici.

Quest’ultima ha aperto istruttoria ai sensi dell’art. 4 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e, con il provvedimento impugnato in primo grado, ha accertato l’illegittimità dell’operato del Comune per violazione delle norme in materia di conferimento di servizi di ingegneria ed architettura con particolare riferimento ai principi di pubblicità, concorsualità e trasparenza da garantire nella selezione dei soggetti esterni, censurando il suo operato e richiamandolo ad una corretta osservanza delle norme relative, con l’adozione dei conseguenti provvedimenti.

Il suddetto provvedimento è stato impugnato di fronte al Tribunale Amministrativo per le Marche, che ha respinto il ricorso, e la questione viene ora portata all’attenzione della Sezione.

La difesa erariale sostiene l’inammissibilità del gravame negando il contenuto provvedimentale degli atti impugnati.

La questione - riguardo alla quale appaiono condivisibili le osservazioni dei primi giudici - può essere assorbita, in quanto le ragioni dell’appellante sono infondate nel merito.

2. Il Comune appellante sostiene in primo luogo che l’Autorità con propria determinazione n. 11/99 del 17 novembre 1999 ha stabilito che costituisce utile presupposto per avviare le proprie istruttorie la segnalazione di soggetti titolari di interesse ad intervenire.

Siffatto interesse non potrebbe essere riconosciuto in capo ai consiglieri comunali di minoranza, che agiscono sulla base del proprio interesse politico ad opporsi all’operato dell’amministrazione per il cui il procedimento di cui si discute sarebbe stato iniziato senza un valido presupposto.

La tesi non può essere condivisa.

L’Autorità in base all’art. 4, quarto comma lett. a) e b), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, applicabile ai fatti di causa ratione temporis, aveva il compito di vigilare affinché fosse assicurata l’economicità di esecuzione dei lavori pubblici e sull’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia verificando, anche con indagine campionarie, la regolarità delle procedure di affidamento dei medesimi.

Lo svolgimento dei suddetti compiti costituiva per l’Autorità un obbligo, non una mera facoltà.

L’adempimento del suddetto obbligo non era, evidentemente, condizionato dall’iniziativa di terzi, per cui palesemente l’Autorità era legittimata ad agire d’ufficio.

L’assunto è rafforzato dall’art. 4, sesto comma, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, giustamente richiamato dai primi giudici, il quale espressamente stabilisce che l’Autorità esercita i propri poteri ispettivi anche sulla base della segnalazione di chiunque vi abbia interesse, in tal modo evidenziando che tali segnalazioni costituiscono solo uno dei possibili atti d’impulso.

Osserva, quindi, il collegio che la determinazione n. 11/99 del 17 novembre 1999 costituisce lo strumento in base al quale l’Autorità seleziona le segnalazioni ricevute, individuando quelle alle quali attribuire maggiore credibilità; non può peraltro costituire lo strumento mediante il quale l’Autorità possa sottrarsi all’adempimento dei propri obblighi.

Il riferimento all’interesse del quale deve essere portatore l’autore della segnalazione non può quindi essere inteso nei termini stretti nei quali l’interesse legittima la proposizione di ricorsi alla giurisdizione amministrativa, costituendo un semplice strumento di valutazione preventiva della serietà della segnalazione stessa

Osserva, inoltre, il collegio che l’esigenza di razionalizzazione che ha ispirato la determinazione di cui ora si tratta recede di fronte all’obbligo, dell’Autorità, di assolvere i propri obblighi.

Di conseguenza l’Autorità di fronte ad una segnalazione seria e circostanziata deve intervenire, nell’assolvimento della sua missione istituzionale, anche se la stessa proviene da soggetto il cui interesse nella vicenda debba essere accertato.

3. Il Comune appellante obietta peraltro che la vicenda esula dall’ambito dei poteri dell’Autorità, in quanto non avente direttamente ad oggetto lavori pubblici ma un incarico conferito ai sensi dell’art. 110 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Tale ricostruzione non è esatta.

Il problema evidenziato nella presente fattispecie è costituito dalla possibilità di conferire a collaboratore incaricato ai sensi del richiamato art. 110 incarichi libero professionali, nonché del regime eventualmente applicabile.

Potrebbe essere affermato che i poteri dell’Autorità attengono all’affidamento ed esecuzione dei lavori pubblici, mentre non comprendono le problematiche relative all’affidamento ed esecuzione degli incarichi di progettazione e direzione lavori, ma tale prospettazione non sarebbe condivisibile.

Invero, anche il momento della progettazione e della direzione dei lavori attiene all’economicità dei lavori pubblici, ed i meccanismi di assegnazione dei relativi incarichi soggiacciono agli stessi principi che presiedono all’assegnazione dei contratti di appalto, per cui giustamente l’Autorità ha ritenuto li ha ricompresi nel proprio ambito di cognizione.

4. Infine, l’appellante contesta l’esattezza dei rilievi formulati dall’Autorità.

La tesi non può essere condivisa.

In base all’art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, le stazioni appaltanti potevano affidare gli incarichi di cui si tratta (oltre che con alcuni sistemi che ora interessano) a propri dipendenti ovvero a professionisti esterni, con disciplina diversa quanto ai meccanismi di affidamento e quanto alla remunerazione.

Infatti, i rapporti con professionisti esterni vengono instaurati secondo procedimenti da pubblicizzare adeguatamente ed ai quali possono partecipare tutti i soggetti in possesso della qualificazione necessaria; la remunerazione è stabilita in base alle tariffe professionali vigenti, ed è oggetto di confronto concorrenziale.

Gli incarichi interni vengono affidati qualora venga riscontrata l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 17, quarto comma, della legge 109, più volte citata, e sono retribuiti secondo la disciplina di cui all’art. 18.

Nel caso di specie il Comune appellante ha affidato ad un professionista incardinato, sebbene a termine, nella propria struttura un incarico professionale che poi ha retribuito secondo il regime proprio dei rapporti con i professionisti esterni alla struttura.

Il Comune ha quindi confuso i due regimi, giungendo ad affidare contratti di rilevanza esterna con la libertà di scelta che gli è propria nell’ambito delle decisioni interne alla gestione della propria struttura.

Il Comune nega che l’incaricato ai sensi dell’art. 110 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, possa essere assoggettato al regime proprio dei dipendenti, ed afferma che comunque tale valutazione non rientra nei compiti dell’Autorità.

Quest’ultima osservazione deve essere disattesa in quanto l’Autorità ha delibato la configurazione del rapporto intercorrente fra il professionista di cui ora si discute ed il Comune come presupposto incidentale delle proprie valutazioni in ordine all’attività di gestione dei lavori pubblici.

Nel merito, l’osservazione dell’Autorità deve essere condivisa.

Nel caso di specie il Comune appellante ha conferito al professionista di cui si discute l’incarico di responsabile dell’Ufficio Tecnico, e quindi lo ha incardinato nell’ambito della propria struttura, attribuendogli i compiti, le responsabilità ed i poteri propri di tale collocazione.

Giustamente quindi l’Autorità ha affermato che l’affidamento di incarichi di progettazione e direzione nei confronti del suddetto professionista deve avvenire nel rispetto della normativa dettata per l’affidamento dei suddetti incarichi a dipendenti dell’ente e gli stessi devono essere retribuiti secondo il sistema normativo proprio dei dipendenti.

Il Comune, come già sottolineato, ha affidato gli incarichi in questione utilizzando l’ampia sfera di discrezionalità riconosciuta dall’art. 17 quando intenda avvalersi dei propri dipendenti, ed anzi nemmeno afferma di avere esplicitato le valutazioni richieste dall’art. 17; gli incarichi in parola sono stati poi pagati sulla base della tariffa professionale, senza impostare alcun raffronto fra professionisti.

La suddetta confusione di procedimenti ha quindi portato a conferire incarichi esterni sulla base di un mero intuitus personae.

Le osservazioni dell’Autorità devono, pertanto, essere condivise.

5. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello indicato in epigrafe.

Condanna la parte appellante al pagamento, in favore dell’appellata, di spese ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000,00 oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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