“all’accertamento ed alla eventuale liquidazione del risarcimento del danno da mancato guadagno subito dalla vittima, tenendo conto che, benché non sia configurabile un danno da lucro cessante specificamente rapportabile al ritardo (in via eziologica riferibile all’atto illecito produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del titolo di studio, di questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto nella misura in cui quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la probabile attività lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il titolo di studio è necessario”.
“il danno patrimoniale da lucro cessante, per un soggetto privo di reddito e a cui siano residuati postumi permanenti in conseguenza di un fatto illecito altrui, configura un danno futuro, da valutare con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto. Pertanto, se occorre valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia, oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando come parametro di riferimento quello di uno dei genitori, presumendo che il figlio eserciterà la medesima professione del genitore” (V. Cass. 2 ottobre 2003, n. 14678).
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n. 3949/2007
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione terza civile
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. Paolo Vittoria -Presidente-
- Dott. Antonio Segreto -Consigliere-
- Dott. Alfonso Amatucci -consigliere-
- Dott. Angelo Spirito -Rel. Consigliere-
- Dott. Roberta Vivaldi -Consigliere-
Ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Sul ricorso proposto da:
N.E., elettivamente domiciliata in Roma via Sardegna 29, presso lo studio dell'avvocato Vasi Giorgio, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato Farina Grazietta, giusta procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente-
Contro
Toro Assicurazioni SpA; B.F.;
-intimati-
Avverso la sentenza n. 202/03 della Corte d'appello di Cagliari – sezione Distaccata di Sassari del 23/05/03, depositata il 03/06/03;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/06 dal Consigliere Dott. Angelo Spirito;
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo Maccarone che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il tribunale di Nuovo condannò il B. e la Toro S.p.A. al risarcimento del danno da sinistro stradale in favore della N. . La corte di Sassari (per quanto ancora interessa) ha parzialmente accolto l'appello della N.
Quest'ultima propone ora il ricorso per cassazione, svolgendo due motivi. Non si difendono gli intimati. La N. ha anche depositato memoria per l'udienza.
Motivi della decisione
Nei due motivi di ricorso la N. lamenta i vizi della motivazione e la violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. [1].
1) – In particolare, il primo motivo censura il punto della sentenza in cui è stata respinta la domanda di risarcimento del danno subito per il mancato conseguimento del risultato scolastico nell'anno in cui s'è verificato il sinistro, nonché quella del risarcimento conseguente alla diminuita capacità lavorativa, accertata dal CTU nella misura del 20% ed incontestata tra le parti.
Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata ha respinto le domande in questione nella considerazione che "non sussistono elementi per calcolare una diminuzione reale della specifica capacità di guadagno, che all'epoca l'infortunata non possedeva". Siffatta affermazione non solo è viziata da difetto di motivazione ma, soprattutto, contrasta con il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il danno patrimoniale da lucro cessante, per un soggetto privo di reddito e a cui siano residuati postumi permanenti in conseguenza di un fatto illecito altrui, configura un danno futuro, da valutare con criteri probabilistici, in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto.
Pertanto, se occorre valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o alle sue inclinazioni, rapportati alla posizione economico-sociale della famiglia, oppure (nel caso in cui quella previsione non possa essere formulata) adottando come parametro di riferimento quello di uno dei genitori,presumendo che il figlio eserciterà la medesima professione del genitore (in tal senso tra le varie, cfr. Cass. 2 ottobre 2003, n. 14678).
La sentenza va dunque , cassata sul punto ed il giudice, adeguandosi al principio di diritto sopra enunciato, dovrà procedere all'accertamento ed alla eventuale liquidazione del risarcimento del danno da mancato guadagno subito dalla vittima, tenendo conto che, benché non sia configurabile un danno da lucro cessante specificamente rapportabile al ritardo (in via eziologia riferibile all'atto illecito produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del titolo di studio, di questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto nella misura in cui quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la probabile attività lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il titolo di studio è necessario.
2) – Nel secondo motivo la ricorrente – dolendosi del vizio della motivazione e della violazione dell'art. 2059 c.c. – censura la sentenza per avere respinto il suo motivo d'appello in ordine al danno morale (liquidato dal primo giudice in L. 36.740), sulla base della mera affermazione che esso "è stato liquidato in maniera congrua", senza poi di fatto procedere alla relativa liquidazione. Aggiunge che il giudice non ha tenuto conto dei propri rilievi circa il fatto che la liquidazione del danno morale deve tenere conto della diminuita capacità lavorativa e della gravità delle lesioni subite.
Il motivo è infondato, in quanto la sentenza contiene una congrua motivazione in ordine allo specifico punto oggetto di denunzia.
3) – Pertanto, accolto il primo motivo e respinto il secondo, la sentenza deve essere cassata, con rinvio al giudice designato nel dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Cagliari, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Roma, 22 novembre 2006.
L'Estensore Il Presidente
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 20 FEBBRAIO 2007.
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