Questa norma ha dato di recente occasione alla sentenza 20 dicembre 2005, n. 480, della Corte costituzionale.
La sua portata precettiva può essere così ricostruita, per quanto ha riguardo all'esecuzione forzata per espropriazione.
Se nel precetto il creditore elegge domicilio in un comune in cui ha sede un tribunale, l'opposizione all'esecuzione va fatta al tribunale o al giudice di pace del luogo, in base alla rispettiva competenza per valore, l'opposizione agli atti esecutivi al tribunale del luogo, in quanto giudice competente per materia.
La citazione in opposizione va notificata nel domicilio eletto.
Se però il debitore non possiede beni nel circondario del tribunale che ha sede nel comune dove il creditore procedente ha eletto domicilio, il debitore si può rivolgere al giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato.
Se il debitore si sarà comportato così, nel giudizio che ne seguirà, tuttavia, il creditore procedente potrà contestare la competenza del giudice adito dal debitore, dimostrando che egli possiede beni nel circondario del tribunale, nella cui sede ha eletto domicilio.
La precedente giurisprudenza, pure di questa Corte, s'era poi orientata nel senso che il debitore potesse anche notificare la citazione presso la cancelleria del giudice del luogo di notifica del precetto, da lui adito.
Ma, con la recente sentenza 29 dicembre 2005, n. 480,
Ne risulta che il debitore deve pur sempre notificare la citazione nel comune in cui il domicilio è stato eletto e presso tale domicilio.
Sicché la notifica della citazione dell'opposizione a precetto avrebbe dovuto comunque essere fatta nel domicilio eletto.
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 13 febbraio 2007, n. 3081
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il giudice di pace di Marano di Napoli, pronunciando nella contumacia della società …………………., creditrice procedente, ha rigettato per irregolarità della notifica l'opposizione a precetto proposta da F.M. ed ha dichiarato compensate le spese del giudizio.
Ha osservato che, nel notificare il precetto, la ……………… aveva eletto domicilio in Napoli, presso lo studio del suo difensore, e che dunque la citazione in opposizione le doveva essere notificata in quel domicilio, mentre lo era stata presso la cancelleria del giudice di pace di Marano.
La sentenza è stata pronunciata il 26 agosto 2002.
F.M. ne ha chiesto la cassazione con ricorso notificato il 25 luglio 2003.
La notifica è stata eseguita presso la cancelleria del tribunale di Marano.
La società …………………….. non ha svolto attività di difesa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso contiene tre motivi.
La cassazione della sentenza è chiesta con i primi due motivi per i vizi di difetto di motivazione e di violazione di norme processuali (art. 360, nn. 5 e 4, c.p.c., in relazione all'art. 480, terzo comma, dello stesso codice); con il terzo ancora per violazione di norme sul procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 112 dello stesso codice).
Il ricorso è inammissibile.
Conviene premettere che il giudice di pace non ha pronunciato sul merito della opposizione ed ha bensì definito la causa in base alla decisione di una questione pregiudiziale attinente al processo.
Sicché la parte non è impedita, ma come già non lo era prima, dal riproporre una domanda di opposizione all'esecuzione.
Alla sentenza impugnata ha dato occasione il luogo in cui è stata eseguita la notifica della citazione in opposizione ed a quella di inammissibilità del ricorso per cassazione torna a dare occasione ancora una volta lo stesso argomento.
Sicché è necessario tracciare un quadro di sintesi di come le due notifiche avrebbero dovuto essere eseguite.
L'art. 480, terzo comma, c.p.c., richiamato dagli artt. 27, primo comma, e 617, primo comma, dispone a proposito del giudice davanti al quale vanno proposte le opposizioni contro il precetto ed al luogo dove la relativa citazione va notificata.
Questa norma ha dato di recente occasione alla sentenza 20 dicembre 2005, n. 480, della Corte costituzionale.
La sua portata precettiva può essere così ricostruita, per quanto ha riguardo all'esecuzione forzata per espropriazione.
Se nel precetto il creditore elegge domicilio in un comune in cui ha sede un tribunale, l'opposizione all'esecuzione va fatta al tribunale o al giudice di pace del luogo, in base alla rispettiva competenza per valore, l'opposizione agli atti esecutivi al tribunale del luogo, in quanto giudice competente per materia.
La citazione in opposizione va notificata nel domicilio eletto.
Se però il debitore non possiede beni nel circondario del tribunale che ha sede nel comune dove il creditore procedente ha eletto domicilio, il debitore si può rivolgere al giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato.
Se il debitore si sarà comportato così, nel giudizio che ne seguirà, tuttavia, il creditore procedente potrà contestare la competenza del giudice adito dal debitore, dimostrando che egli possiede beni nel circondario del tribunale, nella cui sede ha eletto domicilio.
La precedente giurisprudenza, pure di questa Corte, s'era poi orientata nel senso che il debitore potesse anche notificare la citazione presso la cancelleria del giudice del luogo di notifica del precetto, da lui adito.
Ma, con la recente sentenza 29 dicembre 2005, n. 480,
Ne risulta che il debitore deve pur sempre notificare la citazione nel comune in cui il domicilio è stato eletto e presso tale domicilio.
Sicché la notifica della citazione dell'opposizione a precetto avrebbe dovuto comunque essere fatta nel domicilio eletto.
Non lo è stata, il giudice di pace non ha ritenuto di poter disporre la sua rinnovazione,
La disciplina dettata dall'art. 480, terzo comma, c.p.c. si limita però a disciplinare la fase introduttiva dell'opposizione a precetto e con ciò esaurisce la sua portata.
Non regola le impugnazioni della sentenza che decide sulla opposizione.
Se la sentenza è pronunziata in contumacia del convenuto, la notificazione dell'impugnazione si fa alla parte personalmente.
La notificazione del ricorso è stata invece fatta alla …………………… nella cancelleria della sezione distaccata di Marano del Tribunale di Napoli, luogo privo affatto di qualsiasi collegamento con la parte.
Si tratta dunque di una notifica inesistente.
Non si deve provvedere sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
Con la sentenza in epigrafe,
Il caso.
Nel caso sottoposto al vaglio del Supremo Collegio, il creditore procedente, aveva notificato atto di precetto al sig. Tizio, eleggendo domicilio presso lo studio del suo difensore in Napoli. Tizio notificava l’opposizione a precetto non nel domicilio eletto ma presso la cancelleria del giudice di pace di Marano. Il giudice di prime cure, pronunciando nella contumacia del creditore opposto, rigettava l’opposizione per irregolarità della notifica, dovendo questa essere eseguita presso il domicilio eletto e non presso il luogo di notifica del precetto. La sentenza veniva impugnata per cassazione ed il ricorso veniva notificato presso la cancelleria del tribunale di Marano.
I giudici di legittimità, in motivazione, puntualizzano che la notifica della citazione in opposizione avrebbe dovuto esser fatta nel domicilio eletto e, pertanto, corretta appare la pronuncia del giudice di pace adito, non avendo quest’ultimo ritenuto di poter disporre la rinnovazione della notifica e rimanendo il creditore opposto contumace. Il giudice di pace non si era pronunciato sul merito della opposizione, ma aveva definito la causa in base alla decisione pregiudiziale di incompetenza territoriale. Il debitore, quindi, anziché impugnare la sentenza avrebbe potuto riproporre opposizione all’esecuzione, notificandola nel domicilio eletto dal creditore nell’atto di precetto. Ma vi è di più! L’art. 480, comma 3, c.p.c. si limita esclusivamente a disciplinare la fase introduttiva dell’opposizione a precetto. Le impugnazioni della sentenza con la quale si decide sulla opposizione seguono le regole generali. Pertanto, essendo il creditore nel caso di specie rimasto contumace, ai sensi dell’art. 292, ult. comma, c.p.c. la notificazione dell’impugnazione avrebbe dovuto essere fatta alla parte personalmente e non presso la cancelleria del Tribunale di Napoli – sezione distaccata di Marano, luogo privo di qualsiasi collegamento con la parte. Anche la notifica del ricorso per cassazione, quindi, risultava viziata da inesistenza giuridica.
Art. 480, comma 3, c.p.c.: competenza territoriale e luogo di notifica.
L’art. 480, comma 3, c.p.c. dispone che “il precetto deve inoltre contenere la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio [3] della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso”. Ritengo che la lettera della norma, indubbiamente non cristallina [4], possa portare alla sovrapposizione di due questioni giuridiche da tenersi invece distinte: la competenza territoriale nell’ipotesi di opposizione a precetto ed il luogo di notifica della stessa opposizione.
Mentre in un normale giudizio di cognizione la competenza sarebbe quella del foro generale delle persone fisiche o giuridiche, ossia del giudice del luogo in cui il creditore opposto ha la residenza o il domicilio ovvero la sede (artt. 18 e 19 c.p.c.), per i giudizi (speciali) di cognizione ex att. 615 e 617 c.p.c. occorre fare riferimento alle norme generali ed inderogabili sulla competenza per territorio contenute negli artt. 26 e 27 c.p.c. L’art. 480, comma 3, non contiene alcuna norma regolatrice della competenza e pertanto le sue disposizioni devono essere interpretate ed applicate alla luce dei menzionati articoli 26 e 27 del codice di rito. A mente dell’art. 27 c.p.c., competente territorialmente per le cause di opposizione all’esecuzione è il giudice del luogo dell’esecuzione (ai sensi dell’art. 26 c.p.c.), salva la disposizione dell’art. 480, comma 3, c.p.c. Quindi nell’ipotesi in cui la parte istante dichiari nel precetto la propria residenza o elezione di domicilio, le opposizioni a precetto vanno proposte innanzi al giudice del luogo della dichiarata residenza o eletto domicilio. L’elezione siffatta vale a radicare la competenza del giudice dell’esecuzione (sul presupposto che il creditore precettante abbia ben chiaro su quali beni procedere) e ad escludere il foro sussidiario della notifica del precetto medesimo, solo se nel luogo prescelto si trovino beni da sottoporre ad esecuzione, secondo la generale previsione dell’art. 26 c.p.c. [5]
Se però la parte istante elegge domicilio in un comune in cui il debitore della prestazione pecuniaria da realizzarsi coattivamente non possiede beni (o ritiene di non possedere beni) o in cui non risiede un terzo “debitor debitoris”, l’elezione di domicilio resta priva di effetti ed anche in tal caso il debitore può proporre l’opposizione a precetto davanti al giudice del luogo nel quale gli è stato notificato il precetto stesso. Nel relativo giudizio di opposizione “è onere del creditore dimostrare che nel comune in cui egli ha eletto domicilio sarebbe stato possibile sottoporre a pignoramento beni o crediti del debitore” (Cass. 16 luglio 1999, n. 7505; Cass. 14 giugno 2002, n.8588; Cass. 13 luglio 2004 n. 12976; Cass. 29 marzo 2005 n. 6571) [6].
Invece, nell’ipotesi in cui il precetto non rechi alcuna elezione di domicilio o dichiarazione di residenza, in deroga all’art. 27 c.p.c. [7], competente per le opposizioni risulterà sempre il giudice del luogo di notifica del precetto (ex multis Cass. n. 1229/92).
Diversa è la questione attinente al profilo della notifica dell’atto di citazione in opposizione.
Se il creditore precettante nell’atto di precetto ha eletto domicilio, l’atto di citazione in opposizione dovrà essere notificato nel domicilio eletto, qualunque sia il giudice territorialmente competente (secondo i criteri innanzi indicati). Se il creditore non ha inserito nel precetto alcuna indicazione, l’opposizione dovrà notificarsi presso la cancelleria del luogo di notifica del precetto stesso.
L’orientamento della Corte cosituzionale: sentenza 29 dicembre 2005, n. 480.
L’interpretazione innanzi data è conforme non solo all’orientamento di legittimità prevalente ma anche ai precetti costituzionali.
Ciò è imposto da due precetti cardine della nostra carta costituzionale: gli artt. 24 e 111.
In effetti, se il debitore proponesse opposizione innanzi al giudice del luogo di notifica del precetto – sul presupposto dell’inesistenza di alcun bene da assoggettare ad esecuzione nel luogo del domicilio eletto dal creditore – e notificasse l’atto di citazione presso la cancelleria del giudice così adito, il creditore si troverebbe menomato nel proprio diritto di difendersi, provando che nel luogo del domicilio eletto vi sono beni da espropriare o vi è un debitor debitoris. Se il creditore, indicando tale luogo, implicitamente afferma che esso è (almeno potenzialmente) il “luogo dell’esecuzione” e il debitore, adendo il giudice del luogo di notifica del precetto, implicitamente contesta quella individuazione, è evidente che il creditore deve essere messo in condizione di conoscere l’altrui implicita contestazione e di controdedurre, adducendo gli elementi fattuali in suo possesso, al fine di risolvere la questione di competenza così insorta.
Concludendo, sostiene
Sposando l’interpretazione data, ritengo, come è stato correttamente sostenuto, che l’esigenza di interpretare l’art. 480, comma 3, c.p.c. alla luce dei ricordati principi costituzionali è resa ancor più palese alla luce della riforma attuata con d.l. 35/2005 (convertito con legge 14 maggio 2005, n. 80), laddove si è riconosciuto al giudice della opposizione, qualora ricorrano gravi motivi e su istanza di parte, il potere cautelare di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo.
[1] Per il MONTELEONE, Diritto Processuale civile, Padova, 2004, p. 1057, se sussiste una particolare competenza per materia, ad es. controversie di lavoro e previdenziali, agrarie o altro, non si fa questione di valore e, pertanto, la competenza spetta sempre al tribunale; anche LUISO, Diritto processuale civile, vol. III, Milano, 2000, p. 217, afferma che la competenza è sempre del tribunale, quale che sia l’entità del credito, se si tratta di credito di lavoro o previdenziale ex artt. 409 e 442 c.p.c.
[2] Soppresso l’ufficio del pretore, ai sensi dell’art. 9, comma 2, c.p.c. la competenza in materia di esecuzione forzata è stata riservata al tribunale. Detto ufficio giudiziario, in quanto g.e., è competente in via esclusiva per le cause di opposizione agli atti esecutivi (così CASTORO, Il Processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2006, p. 821; MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, vol. IV, Torino, 2004, p. 183; LUISO, op. cit., p. 227; Cass. n. 14725/01 la quale nega che il giudice di pace possa decidere cause di opposizione agli atti esecutivi; da ultimo si veda Cass., Sez. III, 20 marzo 2007 n. 6667 la quale puntualizza che le motivazioni alla base della concentrazione in capo al tribunale della competenza a conoscere delle opposizioni agli atti esecutivi sono dovute al fatto che, anche prima della soppressione dell’ufficio del conciliatore e della istituzione del G.d.P., tale competenza per materia era sottratta alla cognizione del conciliatore e spettava solo al pretore o al tribunale, in base alle disposizioni dettate dall’articolo 16 c.p.c. (abrogato dall’art. 51 d. lgs. n. 51/98). Tanto si desumeva dall’art. 480 c.p.c. il quale, facendo riferimento al giudice dell’esecuzione, richiamava l’art. 16 c.p.c. La soppressione dell’ufficio del conciliatore non ha portato modifiche alla disciplina che si desumeva dall’articolo 480, comma 3, c.p.c. e, quindi, con la successiva soppressione dell’ufficio del pretore (attuata con il d. lgs. n. 51/1998) - dovendosi dare all’art. 480 la stessa interpretazione che si dava in precedenza - si è avuta la concentrazione presso il tribunale della competenza per l’esecuzione forzata (articolo 9 c.p.c.).
[3] La dichiarazione di residenza è prevista con riguardo alla eventualità che la parte istante abbia la propria residenza nel comune in cui ha sede il giudice (che sarà) competente per l’esecuzione; altrimenti la parte istante è tenuta ad eleggere domicilio laddove ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Tale interpretazione è confortata non solo dai lavori preparatori dell’attuale codice di rito, ma anche dalle disposizioni del codice previdente (artt. 563 e ss. c.p.c. del 1865), da cui è derivata l’attuale formulazione dell’art. 480 c.p.c. Ad ogni modo si puntualizza che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, la mancanza dell’elezione di domicilio (o dichiarazione di residenza) non produce conseguenze in ordine alla validità dell’atto di precetto, in quanto la norma citata “attribuisce alla parte che intende promuovere l’esecuzione forzata una facoltà, che consiste nel dichiarare la propria residenza o nell’eleggere domicilio, ma, nel contempo, le impone un onere che consiste nello scegliere come tale uno dei possibili luoghi dell’esecuzione”(Cass. 16 luglio 1999, n. 7505).
[4] Argomentando sulla questione inerente la competenza territoriale in materia di opposizione preventiva
[5] Si veda CASTORO, op. cit., p. 74.
[6] CAMPESE, L’espropriazione forzata immobiliare, Milano, 2006, p. 75, ritiene non del tutto condivisibile questa interpretazione in tema di onere della prova. Essa impone al creditore precettante di verificare sempre – anche nel caso in cui abbia eletto domicilio in un luogo nel quale effettivamente si trovano beni del debitore – che presso la cancelleria del giudice del luogo di notificazione del precetto non sia stata comunque proposta opposizione. Altrimenti quest’ultima verrà decisa nella contumacia del creditore, senza che egli possa fornire la prova dell’incompetenza del giudice adito dal debitore.
[7] La deroga si ha, chiaramente, solo nell’ipotesi di non coincidenza tra il giudice del luogo dell’esecuzione e quello del luogo di notifica del precetto.
[8] A seguito del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80 il termine per proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. è stato innalzato a 20 gg., a decorrere dalle opposizioni proposte dopo il 1 marzo 2006. Il maggior tempo a disposizione per introdurre l’opposizione è senz’altro opportuno, poiché spesso nella prassi il termine di cinque giorni risultava eccessivamente ridotto per un efficace esercizio delle parti del processo esecutivo, tenuto conto che l’inosservanza di quel termine (perentorio) comporta l’inammissibilità dell’opposizione proposta, rilavabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. 20 febbraio 2004 n. 3404).
Nessun commento:
Posta un commento