Restano assegnate al Commissario per il riordino degli usi civici le sole attribuzioni di carattere giurisdizionale inerenti l'accertamento della demanialità del suolo. Tra queste non rientrano le funzioni di carattere amministrativo.
Corte Costituzionale
SENTENZA N. 39 del 20 febbraio 2007
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
-
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della sentenza del Commissario regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo del 21 ottobre 2005 n. cron. 571 – rep. n. 25, promosso con ricorso della Regione Abruzzo notificato il 9 gennaio 2006, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2006 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2006.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 2007 il Giudice relatore
udito l'avvocato Sandro Pasquali per
Ritenuto in fatto
Con atto del 23 dicembre 2005, notificato in data 29 dicembre 2005 sia al Presidente del Consiglio dei ministri sia al Commissariato regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo,
La Regione ricorrente riferisce che il provvedimento impugnato è stato pronunziato all'esito di un giudizio demaniale fra il Comune di Casalbordino e
Il Commissario, dichiarata la natura demaniale civica dei suoli in questione, accertata la ricorrenza dei presupposti per la legittimazione della occupazione e determinata la somma da corrispondersi per il loro affrancamento, ha disposto la trasmissione della sentenza al «Ministro delle Politiche Agrarie per la definitiva approvazione della legittimazione», nonché al Comune di Casalbordino perché, dopo l'approvazione ministeriale, «perfezioni l'atto di affrancazione».
Tanto premesso, la Regione lamenta la invasività di tale provvedimento con riferimento alle competenze ad essa attribuite dalla Costituzione in materia di usi civici, comprendenti anche il potere di concedere la legittimazione di cui al citato art. 9 della legge n. 1766 del 1927.
In particolare, la Regione osserva che, ai sensi degli artt. 66 e 71 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 delle legge 22 luglio 1975, n. 382), a partire dal 1978 tutte le funzioni amministrative in materia di usi civici sono state trasferite alle Regioni, avendo, allora, conservato lo Stato la sola approvazione delle legittimazioni da effettuarsi con decreto del Presidente della Repubblica, d'intesa con la Regione interessata.
Competendo, pertanto, alle Regioni di «assentire la legittimazione» dei beni abusivamente occupati,
Successivamente, aggiunge
Osserva, ancora, la ricorrente che l'art. 5 della legge 4 dicembre 1993, n. 491 (Riordinamento delle competenze regionali e statali in materia agricola e forestale e istituzione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali), ha trasferito al Ministro della giustizia le competenze già del Ministro dell'agricoltura relative ai Commissari agli usi civici stante la natura di organi giurisdizionali di questi ultimi.
In tal modo sarebbe cessata ogni interferenza statale nelle funzioni amministrative in materia.
Conformemente a ciò,
Aggiunge la ricorrente che il Commissario per il riordino degli usi civici, essendo un organo della giurisdizione, non può «autonomamente recuperare funzioni amministrative» di cui non è più investito per effetto di disposizioni legislative statali, regionali e costituzionali.
Denunciata, pertanto, la violazione da parte del Commissario per il riordino degli usi civici degli artt. 24, 101, 117 e 118 della Costituzione,
Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, infondato.
Osserva la difesa erariale che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la proposizione del conflitto di attribuzione fra enti avente ad oggetto un atto giurisdizionale non può tramutarsi in uno strumento di impugnazione straordinario dell'atto stesso; ai fini della ammissibilità del conflitto è, pertanto, necessario che il ricorrente contesti radicalmente la riconducibilità dell'atto alla funzione giurisdizionale ovvero che sia contestata la esistenza del potere giurisdizionale nei confronti del ricorrente.
Nella fattispecie non sarebbe in discussione la natura giurisdizionale dell'organo che ha emesso l'atto oggetto del ricorso, né questo, secondo la resistente difesa, si è «arrogato alcuna potestà costituzionalmente riconosciuta alla Regione, né (ha) invaso la competenza della medesima». Il ricorso sarebbe quindi inammissibile, posto che gli unici rimedi attivabili contro l'atto in questione sarebbero quelli di tipo endoprocessuale previsti dall'ordinamento.
A parere dell'Avvocatura, vi è anche un altro profilo di inammissibilità, costituito dal fatto che la concessione della legittimazione, di cui all'art. 9 della legge n. 1766 del 1927, non deriva dal provvedimento giurisdizionale, in quanto la stessa sentenza censurata attribuisce detto potere, di natura amministrativa, all'organo di Governo cui la decisione è trasmessa «per la definitiva approvazione della legittimazione».
Da ciò la difesa erariale fa discendere la non lesività per la Regione dell'atto oggetto del conflitto, potendo questa, semmai, verificarsi se e quando la legittimazione sarà approvata dalla Autorità amministrativa. Il ricorso, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, dovrebbe essere dichiarato inammissibile poiché il Commissario per il riordino degli usi civici si è pronunciato in via meramente incidentale.
Nell'imminenza dell'udienza pubblica la difesa della Regione Abruzzo ha depositato memoria illustrativa nella quale ha ribadito gli argomenti già illustrati in precedenza.
Considerato in diritto
1. –
Osserva la ricorrente che, essendo state trasferite alle Regioni, per effetto degli artt. 66 e 71 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 delle legge 22 luglio 1975, n. 382), tutte le funzioni amministrative in materia di usi civici, ivi comprese quelle relative al procedimento di legittimazione, con l'atto impugnato sono state lese competenze costituzionalmente ad essa medesima attribuite.
1.1 – Stante il suo carattere pregiudiziale, va esaminata prioritariamente l'articolata eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla resistente difesa erariale.
Con essa si sostiene la inammissibilità del ricorso sia per avere ad oggetto un atto giurisdizionale, nei cui confronti sarebbero esercitabili esclusivamente le forme di gravame previste nei singoli sistemi processuali, sia per la carenza di interesse a ricorrere in capo alla Regione, stante la asserita “non lesività” dell'atto impugnato, essendo lo stesso destinato ad essere integrato da un successivo atto di «definitiva approvazione della legittimazione» da parte dell'organo di Governo al quale il Commissario per il riordino degli usi civici dell'Abruzzo ha, per il fine in questione, trasmesso la sentenza oggetto del presente conflitto.
1.2 – L'esposta eccezione non è fondata sotto entrambi i profili dedotti.
Quanto al primo, più volte questa Corte ha affermato che lo strumento del conflitto di attribuzione fra enti è esperibile anche in relazione ad atti della giurisdizione ogni qualvolta sia dal ricorrente «radicalmente contestata la riconducibilità dell'atto che determina il conflitto alla funzione giurisdizionale ovvero sia messa in questione l'esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente» (fra le altre: sentenze nn. 326 e 276 del 2003; n. 27 del 1999; n. 432 del 1994), là dove il conflitto sarebbe, invece, inammissibile se il provvedimento che ne è oggetto fosse censurato quanto a pretesi errores in iudicando commessi dall'organo giurisdizionale, risolvendosi, in quest'ultima ipotesi, il giudizio di fronte alla Corte costituzionale in un improprio strumento di gravame le cui risultanze si andrebbero a sovrapporre allo scrutinio sull'atto già operato nella sede propria.
Nel caso in questione la Regione ricorrente, lungi dal censurare il merito della decisione assunta dal Commissario per il riordino degli usi civici, contesta invece, in radice, la stessa riconducibilità del contenuto della decisione da questo assunta, cioè la potestà di provvedere in tema di legittimazione delle occupazioni abusive dei terreni gravati da usi civici, all'esercizio della funzione giurisdizionale, trattandosi, secondo la sua prospettazione, al contrario, di un atto di amministrazione attiva ad essa spettante in via esclusiva.
Quanto alla seconda, deve essere qui ribadito il principio, già affermato da questa Corte, secondo il quale è considerato «idoneo ad innescare un conflitto di attribuzione qualsiasi atto o comportamento significante, imputabile allo Stato o alla regione, purché sia dotato di efficacia o di rilevanza esterna e sia diretto ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza il cui svolgimento possa determinare un'invasione della altrui sfera di attribuzioni» (sentenza n. 771 del 1988).
Nella presente fattispecie va, per un verso, considerato che il provvedimento impugnato, nell'indicare, peraltro in maniera impropria, il «Ministro delle politiche agrarie» quale organo competente a procedere alla definitiva «approvazione della legittimazione», è atto a determinare, già per tale individuazione, una violazione delle attribuzioni rivendicate dalla Regione Abruzzo.
Per altro verso va rilevato che, stante la sua tipologia, l'atto impugnato è idoneo, oltretutto, a divenire immodificabile a seguito del suo passaggio in giudicato e, perciò, oltre a costituire l'origine di diritti di carattere sostanziale in capo ai soggetti da esso coinvolti, ad essere anche il fondamento per la adozione di ulteriori, successivi, provvedimenti diretti ad assicurarne la attuazione, anche coattiva.
Pertanto non pare realisticamente discutibile il fatto che, rispondendo alle descritte caratteristiche di «comportamento significante, imputabile allo Stato (…), dotato di efficacia o di rilevanza esterna (…), diretto ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza» oggetto, appunto, di contestazione, l'atto impugnato valga a radicare l'interesse a ricorrere di chi contesti la legittimità della attribuzione esercitata attraverso la sua adozione.
2. – Nel merito, il ricorso è fondato.
Infatti il Commissario per il riordino degli usi civici dell'Abruzzo, dopo aver accertato – sebbene, a quanto risulta, il punto non fosse oggetto di alcuna contestazione – la natura demaniale civica dei terreni in relazione ai quali vi era stata istanza di legittimazione, ha preso in esame la questione relativa alla sussistenza delle condizioni previste dall'art. 9 della legge n. 1766 del 1927 al fine della legittimazione stessa, provvedendo, altresì, in merito a quest'ultima.
Assume, infatti, testualmente «che permane in capo (a lui) la competenza a pronunciare sulla legittimazione, essendo questa tuttora l'unica residuata(gli) nonostante la normativa di devoluzione alla Regione della competenza a porre in essere gli atti amministrativi già del Commissario», e dispone, quindi, conseguentemente al suo assunto, in ordine alla legittimazione («che, dunque, va dichiarata in questa sede»), determinando, infine, l'importo della somma che l'istante deve versare a fronte della avvenuta legittimazione.
Vi è, quindi, un'esplicita vindicatio potestatis del Commissario a decidere in ordine alla legittimazione dei terreni demaniali soggetti ad usi civici che siano stati illegittimamente occupati, ed è nei confronti di tale pretesa che
Così precisato l'ambito provvedimentale dell'atto oggetto del conflitto, va innanzitutto rilevato che – come affermato, con consolidata giurisprudenza, da questa Corte (sentenza n. 46 del 1995 e ordinanze n. 391 del 1998 e n. 117 del 1995) – il procedimento per la legittimazione delle occupazioni abusive di terreni gravati da usi civici ha carattere amministrativo e non giurisdizionale.
Infatti il d.P.R. n. 616 del 1977, nell'ambito del complessivo trasferimento di funzioni amministrative precedentemente attribuite allo Stato, o a suoi organi periferici, ha espressamente previsto, all'art. 66, che «sono altresì trasferite (alle Regioni) le competenze attribuite (…) al Commissario per la liquidazione degli usi civici dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, dal regolamento approvato con regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, dalla legge 10 giugno 1930, n. 1078, dal regolamento approvato con regio decreto 15 novembre 1925, n. 2180, dalla legge 16 marzo 1931, n. 737». Perciò anche le funzioni in materia di legittimazione delle occupazioni abusive sono state trasferite alle Regioni.
Restano quindi assegnate al Commissario per il riordino degli usi civici, coerentemente con la sua collocazione ordinamentale nel novero degli organi giudiziari (sentenza n. 398 del 1989), le sole attribuzioni di carattere giurisdizionale, inerenti, in caso di contestazione, all'accertamento della demanialità del suolo. Tra queste non solo non rientrano le funzioni di carattere amministrativo innanzi indicate, ma neppure quella, di cui al punto 4) del dispositivo, di inoltrare la sentenza «al Sig. Ministro delle Politiche Agrarie per la definitiva approvazione della legittimazione».
Già in passato questa Corte ha affermato che possono realizzare violazione di attribuzioni costituzionalmente rilevanti gli atti lesivi di funzioni rimesse alle Regioni, come nel caso attualmente in esame, dal d.P.R. n. 616 del 1977 (sentenza n. 559 del 1988). Va, infine, considerato che, per effetto della entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 118 della Costituzione, l'attribuzione di queste funzioni costituisce realizzazione, nella indicata materia, dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, dato che la loro allocazione a livello regionale ne permette l'idoneo esercizio unitario. Ne è riprova l'ampia casistica di normative regionali (quali, oltre alla già ricordata legge Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25,
Poiché nel presente caso il Commissario ha esorbitato dai limiti che, in materia, competevano alla funzione giurisdizionale, provvedendo a dichiarare la legittimazione e determinando la misura del canone ex art. 10 della legge 1766 del 1927, ne deriva che ha invaso l'ambito di attribuzioni riservato alla Regione. Trasmettendo, inoltre, al «Ministro delle Politiche Agrarie per la definitiva approvazione» la suddetta sentenza, viene inspiegabilmente a configurare quell'accertamento giurisdizionale come fase di un procedimento che si concluderebbe con un atto di approvazione ministeriale.
In accoglimento del ricorso deve, pertanto, dichiararsi che non spetta allo Stato, e per esso al Commissario per il riordino degli usi civici né accertare, in assenza di contestazione, la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 9 della legge n. 1766 del 1927 ai fini della legittimazione delle occupazioni abusive dei terreni gravati da usi civici, né provvedere alla legittimazione stessa, né, infine, determinare la misura del canone che, ex art. 10 della legge n. 1766 del 1927, l'occupante abusivo deve versare per potersi giovare della legittimazione.
Deve conseguentemente essere annullato, nei limiti sopra descritti, l'atto impugnato dalla ricorrente Regione Abruzzo, cioè la sentenza n. 25 emessa dal Commissario regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo in data 21 ottobre 2005.
dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Commissario regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo, dichiarare la legittimazione delle occupazioni abusive dei terreni gravati da usi civici, né determinare la somma di danaro che, ex art. 10 della legge n. 1766 del 1927, l'occupante abusivo doveva versare per potersi giovare della legittimazione, e, conseguentemente
annulla, nei limiti sopra descritti, la sentenza n. 25 emessa dal Commissario regionale per il riordino degli usi civici in Abruzzo in data 21 ottobre 2005.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 2007.
F.to:
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in
Il Direttore della