Consiglio di Stato Sezione IV Sentenza 30 ottobre 2009, n. 6705
" E' ormai consolidato, anche dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale nr. 204 del 6 luglio 2004, l’orientamento secondo cui rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente a oggetto la domanda risarcitoria conseguente a una occupazione avente il proprio originario fondamento in un titolo poi annullato, trattandosi in questo caso di danno riconducibile non a mero comportamento materiale, ma all’esercizio, ancorché scorretto o illegittimo, di pubblici poteri (cfr. “ex multis” Cons. Stato, Ad. Pl., 22 ottobre 2007, nr. 12; Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2009, nr. 3509; id., 3 settembre 2008, nr. 4112)."
"Corollario è che sono assorbite nella giurisdizione ordinaria le controversie afferenti a comportamenti della P.A. in materia espropriativa non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere e, quindi, attuati in carenza di potere od in via di mero fatto"
Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 30 ottobre 2009, n. 6705
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr. 6581 del 2003, proposto dalle sig.re S. A. e C. A., rappresentate e difese dagli avv.ti Alfredo Bianchini ed Enrico Romanelli, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare, 14,
contro
- il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro “pro tempore”, e la PREFETTURA DI UDINE, in persona del Prefetto “pro tempore”, rappresentati e difesi “ope legis” dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- la FERROVIE DELLO STATO S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, non costituita;
nei confronti di
IMPRESA PIZZAROTTI & C. S.p.a, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Cugurra e Salvatore Alberto Romano, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale XXI Aprile, 11,
per l’annullamento,
“in parte qua”, della sentenza nr. 7/2003 del 22 gennaio 2003 del T.A.R. del Friuli – Venezia Giulia, depositata in data 27 gennaio 2003.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, della Prefettura di Udine e dell’Impresa Pizzarotti & C. S.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle appellanti (in data 23 settembre 2009) e dalla società appellata (in data 25 settembre 2009) a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2009, il Cons. Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Pafundi, su delega dell’avv. Bianchini, per le appellanti, l’avv. dello Stato Grumetto per l’Amministrazione e l’avv. Morrone, su delega dell’avv. Romano, per l’Impresa Pizzarotti & C. S.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Le signore S. A. e C. A. hanno impugnato, per quanto d’interesse, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, pur dopo aver annullato il decreto di esproprio emesso dalla società Ferrovie dello Stato S.p.a. su suoli di loro proprietà, ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo la domanda risarcitoria dalle stesse formulata in relazione all’illegittima occupazione e irreversibile trasformazione dei predetti suoli.
A sostegno dell’impugnazione, le appellanti hanno dedotto l’erroneità della decisione appellata nella parte in cui i giudici di primo grado hanno denegato la propria giurisdizione in ordine alla domanda risarcitoria spiegata in relazione all’annullamento degli atti espropriativi.
Pertanto, esse hanno chiesto riformarsi la sentenza gravata, accertandosi il proprio diritto al risarcimento del danno subito, da quantificare attraverso un’apposita consulenza tecnica d’ufficio.
Resistono il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Udine nonché l’Impresa Pizzarotti & C. S.p.a. (designata esecutrice delle opere cui era funzionale l’esproprio), chiedendo la reiezione dell’appello e l’integrale conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 6 ottobre 2009, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
Viene nuovamente all’attenzione di questo Consesso la vicenda espropriativa interessante il terreno sito in Cervignano del Friuli di proprietà delle odierne appellanti, signore S. A. e C. A., ai fini della realizzazione di un nuovo scalo ferroviario da parte della società Ferrovie dello Stato S.p.a.
Gli atti della procedura espropriativa “de qua” sono stati già una volta annullati in sede giurisdizionale, nel giudizio conclusosi con la decisione dell’Adunanza Plenaria nr. 14 del 7 giugno 1999; tuttavia, l’Amministrazione ha proseguito il procedimento notificando alle signore A. un decreto di esproprio, come se nulla fosse accaduto.
A seguito di nuovo ricorso delle interessate, il T.A.R. del Lazio ha annullato anche il predetto decreto di esproprio, per illegittimità derivata, dichiarando però il proprio difetto di giurisdizione in ordine all’ulteriore istanza con la quale le ricorrenti avevano chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno: è limitatamente a questa statuizione che le signore A. hanno impugnato la sentenza del T.A.R., chiedendone l’annullamento ovvero la riforma.
Tanto premesso, l’appello è fondato nella parte in cui si lamenta l’erroneità della declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria.
Ed invero, il primo giudice ha ritenuto che, una volta annullati gli atti del procedimento espropriativo, il danno cagionato dall’occupazione e dalla irreversibile trasformazione del suolo illegittimamente espropriato sarebbe riconducibile a mera attività materiale, e quindi esulerebbe dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
Tale affermazione non può essere condivisa.
Infatti, è ormai consolidato, anche dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale nr. 204 del 6 luglio 2004, l’orientamento secondo cui rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente a oggetto la domanda risarcitoria conseguente a una occupazione avente il proprio originario fondamento in un titolo poi annullato, trattandosi in questo caso di danno riconducibile non a mero comportamento materiale, ma all’esercizio, ancorché scorretto o illegittimo, di pubblici poteri (cfr. “ex multis” Cons. Stato, Ad. Pl., 22 ottobre 2007, nr. 12; Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2009, nr. 3509; id., 3 settembre 2008, nr. 4112).
Le considerazioni che precedono, contrariamente all’avviso di parte appellante, non consentono tuttavia a questa Sezione di affrontare il merito dell’istanza risarcitoria, imponendo invece una pronuncia di annullamento con rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 35 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034.
Pertanto, è in tale sede che dovranno essere affrontati gli aspetti relativi alla quantificazione del danno risarcibile, e prima ancora i profili inerenti alla sussistenza stessa dei presupposti per l’accoglimento della domanda attorea (in particolare, quanto alla colpa dell’Amministrazione, tenuto conto dei vizi di legittimità a suo tempo ravvisati negli atti della procedura espropriativa e dell’epoca in cui questi si sono verificati).
Ne discende, ancora, che resta riservata al definitivo anche ogni determinazione in ordine alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, sezione Quarta, accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado.
Riserva al definitivo le determinazioni in ordine alle spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2009 con l’intervento dei Signori:
Gaetano Trotta, Presidente
Giuseppe Romeo, Consigliere
Antonino Anastasi, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Depositata in cancelleria il 30 ottobre 2009.
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
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