Cass. Civ. Sentenza 5 maggio 2009, n. 10344
Si ribadisce ancora una volta la decisione 7 marzo 2005 n. 4806 secondo cui “sono da ritenersi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale e al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, che incidono sui diritti individuali, sulle cose, sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all'oggetto"; sono, invece, annullabili "le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o informazione in assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che richiedono maggioranze qualificate in relazione all'oggetto”
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 5 maggio 2009, n. 10344
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 12.5.2003, (…) conveniva di fronte al Giudice di pace di Taranto il Condominio di (…) chiedendone la condanna al pagamento (o alla restituzione) della somma di Euro 78,71, da lui corrisposta ed asseritamente non esigibile dal soggetto che l'aveva ottenuta.
L'attore aveva versato a tale (…) detta somma per quota di contribuzione al pagamento dell'onorario ad un tecnico per la redazione di un capitolato di appalto.
Si costituiva il Condominio, che chiedeva la reiezione della domanda.
Con sentenza in data 12/17.2.2004, l'adito giudice respingeva la domanda e regolava le spese; osservava il giudicante come dall'istruttoria svolta e dagli atti depositati fosse emerso che il complesso era costituito da tre palazzine aventi ciascuna un amministratore, nessuno dei quali era la persona, (…), la quale aveva chiesto ed ottenuto la somma suddetta; dal complesso delle delibere e delle emergenze acquisite, era risultato che tutte e tre le palazzine avevano deliberato, per ottemperare ad analoga ingiunzione dei Vigili del Fuoco, di far predisporre un capitolato per l'effettuazione di lavori resisi necessari per la sicurezza di parti pericolanti di detti edifici, dando implicitamente mandato all' E. di raccogliere le somme occorrenti per retribuire lo studio tecnico P., indicato all'uopo.
Da ciò l'investitura presuntivamente conferita al predetto per curare, per conto di tutte e tre le palazzine, l'effettuazione del capitolato: del resto, l'attore non contestava l'esattezza della quota, ma solo la legittimazione dell' (…) a riceverla.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre il (…) sulla base di due motivi; resiste con controricorso il Condominio .
All'udienza del 14.10.2008, il processo veniva rinviato a nuovo ruolo per impedimento del difensore del controricorrente; veniva poi fissata la presente udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, si lamenta violazione degli artt. 101, 115 e 320 c.p.c., art. 97 disp. att. c.c. e artt. 3 e 24 Cost, assumendosi che il verbale assembleare del 24 ottobre 2003 non era mai stato ritualmente prodotto e che pertanto il primo giudice non poteva basare, come aveva in effetti fatto, la propria decisione sulle risultanze di tale verbale.
Premesso che, dato il modestissimo valore della controversia, la stessa doveva essere ed è stata decisa secondo equità, vertendo sulla legittimazione sostanziale dell' E. a ricevere la somma di Euro 78,71, non può essere revocato in dubbio che nella specie una rituale produzione del predetto verbale non v'era stata.
Orbene, tanto non rende la sentenza carente di motivazione, atteso che il primo giudice ha esplicitato ulteriori ragioni, anche presuntive, basate sulla conformazione del complesso edilizio de quo e sul contenuto di altre delibere, queste si ritualmente prodotte, la propria decisione che non è pertanto assente né meramente apparente, ma si basa sulla situazione esistente e sulla decisione dei condomini delle tre palazzine, o, se si vuole, del supercondominio, di ovviare ad ingiunzione dei VV. FF. stante il pericolo di crollo di parti pericolanti, donde la risultante decisione di nominare un soggetto che, per conto di tutte e tre le palazzine, provvedesse a far redigere un capitolato dei lavori da eseguire.
Poiché non viene neppure adombrato che nella specie possano essere stati violati i principi informatori della materia, il primo motivo non merita accoglimento stante la derivante incompatibilità dello stesso con il giudizio di equità.
Con il secondo mezzo, ci si duole di violazione dell'art. 1136 c.c., comma 6, art. 1137 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., oltre che dell'art. 66 disp. att. c.c.; assumendosi che l'assemblea del 6.12.2002 era nulla, atteso che l'assemblea era stata tenuta in giorno diverso da quello in cui era stata effettivamente tenuta, come era pure nulla l'assemblea del 16.5.2003, atteso che in essa non si trattò alcuno degli argomenti inseriti all'ordine del giorno, tanto che l' (…) rassegnò le proprie dimissioni.
Ancora, l' (…) non aveva mai notificati i verbali assembleari al (…), nè aveva offerto prova di averlo fatto; tanto avrebbe procurato il vizio di mera apparenza della motivazione.
Va rilevato al riguardo in primis che le assemblee predette (e le deliberazioni ivi assunte) sarebbero state in ipotesi annullabili e non nulle, in base alla più recente, ma consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte, e che il primo Giudice espressamente enuncia che non risultano esservi state impugnative di tali delibere e va poi ribadito che la pretesa assoluta carenza di motivazione, unico vizio che sarebbe stato denunciabile in questa sede con riferimento a norme sostanziali, attesa già ricordata assenza di riferimenti ai principi informatori della materia, non sussiste affatto, atteso che, come ben poteva, il giudice di pace, pronunciando secondo equità, ha legittimamente desunto, dal contenuto delle delibere relative alle assemblee di cui sopra che l' (…) fosse stato officiato a raccogliere le quote per far svolgere il progetto dei lavori da effettuare, dato che lo stesso ricorrente enuncia che l' (…) ebbe a rassegnare le dimissioni, cosa questa che comporta ineluttabilmente che un incarico gli fosse stato in precedenza conferito.
Anche tale motivo risulta pertanto incompatibile con il giudizio di equità.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 600,00, di cui Euro 400,00, per onorari, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2009.
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)
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