Corte dei Conti , sez. Campania, sentenza 27.12.2007 n° 4174
Si riafferma che i limiti sono:
- rispetto dei principi generali dell’ordinamento
- l’obbligo di motivazione
- l’indicazione delle principali norme giuridiche cui si intende derogare
- il rispetto degli stabiliti limiti temporali.
I fini devono consistere
“nella predisposizione ed organizzazione di misure necessarie ad affrontare situazioni di grave pericolo o evitare maggiori danni a persone o cose non altrimenti affrontabili con i “normali” poteri amministrativi e quando vi è l’effettiva sussistenza di una situazione di fatto, calamità naturali, catastrofi ed altri eventi emergenziali, tali da giustificare l’utilizzo di mezzi e di poteri straordinari.”
Nel caso trattato è stato rilevato che “ i poteri de quo erano stati utilizzati in carenza di potere in concreto in quanto non vi erano i presupposti per la loro adozione secundum legem.”
Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale per la Regione Campania
Sentenza 27 dicembre 2007, n. 4174
composta dai seguenti magistrati:
dott. Salvatore STARO Presidente
dott. Federico LUPONE Consigliere
dott. Rossella CASSANETI Primo Referendario relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità, iscritto al n° 51003 del registro di Segreteria, instaurato ad istanza della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Campania nei confronti del signor A.B., nato xxxx, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della memoria di costituzione, dagli avvocati Giuseppe Abbamonte e Felice Laudadio e con gli stessi elettivamente domiciliato in Napoli.
VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale il 27 dicembre 2006;
VISTA la memoria di costituzione depositata presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale il 23 ottobre 2007 dalla difesa del signor A.B.;
VISTI gli atti di giudizio;
CHIAMATA la causa nella pubblica udienza del giorno 6 dicembre 2007, con l’assistenza del segretario dr. Sabina Pinto, sentiti il relatore primo referendario Rossella Cassaneti, gli avvocati Felice Laudadio e Raimondo Nocerino (quest’ultimo per delega dell’avv. Giuseppe Abbamonte) ed il rappresentante del pubblico ministero in persona del Vice Procuratore Generale dott. Maurizio Stanco;
Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione depositato presso la Segreteria di questa Sezione in data 27.12.2006 la Procura regionale ha evocato in giudizio il signor A.B. per sentirlo condannare al pagamento in favore dell’Erario dell’importo di euro 3.921.304,17, o alla diversa somma determinata dal Collegio, oltre rivalutazione monetaria e spese di giustizia, a titolo di risarcimento del danno provocato alla Regione Campania mediante l'adozione degli atti relativi alla costituzione della società mista X. S.p.A. (indicata in seguito nell'atto scritto come X.), finalizzata all'attuazione del progetto, approvato dal Commissario di Governo con ordinanza n. 601 del 21 dicembre 2001, denominato “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” presentato dal Consorzio X. di Napoli (indicato in seguito come X.) per la realizzazione di talune strutture di informazione ambientale nell’ottica del miglioramento dei servizi resi all’utenza; per l'attuazione del progetto in questione, la X. avrebbe dovuto provvedere anche all'assunzione di cento lavoratori socialmente utili.
Di tale vicenda la Procura contabile è venuta a conoscenza attraverso la relazione, trasmessa con nota n. 22356 del 10.02.2006 del Servizio Ispettivo dell’I.G.F. - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - Ministero dell’Economia e della Finanze, del Dirigente dei Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica dr. N. M. relativa alla verifica amministrativo-contabile al Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania eseguita dal 25.05.2004 al 04.03.2005 e datata 14.12.2005.
Con ordinanza commissariale n. 14/2002 – espone la Procura - è stato approvato lo schema di statuto della società per azioni denominata “X. S.p.A.” e con la n. 116/2002 è stata disposta l’acquisizione del 51 per cento del capitale della società medesima, del valore di € 255.000 (corrispondenti a 51.000 azioni), atteso che il capitale sociale ammontava ad € 500.000, suddiviso in 100.000 azioni nominali del valore unitario di € 5,00.
Il pacchetto azionario detenuto dal Commissariato è stato poi trasferito, con vari provvedimenti adottati tra il 2002 ed il 2004, a titolo gratuito, ad altri soggetti, di modo che l'investimento di € 255.000 effettuato nel 2002 risulta trasferito completamente, nel 2004, all'Amministrazione Provinciale di Napoli ed all'A.R.P.A.C. (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), a seguito di parere favorevole dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato del 6 novembre 2002.
La Procura riferisce, inoltre, che la relazione ispettiva si conclude osservando che “risorse pubbliche affidate, tra l’altro, ad una struttura caratterizzata dalla straordinarietà non potevano essere sottratte per altre finalità non espressamente individuate che non fossero connesse all’immediato superamento della fase emergenziale nello smaltimento dei rifiuti in Campania tenendo altresì presente che non appaiono fondati i richiami normativi sui quali il Commissario ha basato le proprie ordinanze per procedere ad operazioni di tipo societario”.
Il requirente ha quindi evidenziato l'improprietà del richiamo, effettuato in sede di approvazione dello schema di statuto e di formalizzazione dell’atto costitutivo della predetta società mista avvenute con ordinanza commissariale n. 14/2002, all'art. 10 del d.lgs. 01.12.1997 n. 468 (dettato nell'ambito della revisione della disciplina sui lavori socialmente utili cui il d.lsg. 468/97 ha riguardo ed intitolato “Occupazione dei soggetti già impegnati nei lavori socialmente utili”), in quanto tale norma consente alle PP.AA. di promuovere la costituzione di società miste “allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili, facendo contemporaneamente fronte a proprie esigenze istituzionali per l’esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o concessione”, società aventi “ad oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti” in corso; il richiamato art. 10 d.lgs. 468/97, dunque, ha riguardo – osserva la Procura attrice – alle “attività che rientrano più che altro nella gestione ordinaria delle regioni e degli enti locali e che esulano certamente dalla gestione straordinaria dell’emergenza rifiuti, considerati i caratteri di eccezionalità e temporaneità che dovrebbero contraddistinguerla”, con il risultato che il Commissariato di Governo per l'Emergenza Rifiuti della Regione Campania ha ingiustificatamente travalicato, adottando la suddetta iniziativa, i propri compiti istituzionali.
Inoltre, l'atto introduttivo del giudizio si sofferma sulle osservazioni contenute nella “Relazione Territoriale sulla Campania”, trasmessa alle Presidenze delle Camere il 01.02.2006 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31.10.2001 n. 399.
Tale relazione, in parte testualmente riportata nell'atto introduttivo del giudizio, si è soffermata ad osservare che nelle seguenti ordinanze:
· n. 14/2002 (con cui è stato approvato lo schema di statuto della società per azioni mista X., fatto pervenire dal Consorzio X. con nota del 07.01.2002);
· n. 228/2002 (con cui si è approvato lo schema di convenzione tra il Commissario e la società mista X., autorizzando la liquidazione in favore di quest’ultima, a titolo di acconto, della somma di un milione di euro, su un impegno di spesa totale di euro 3.098.741,39, cui si sarebbero aggiunti i costi per i lavoratori socialmente utili da assumere);
· nn. 228/2002 e 409/2002, con cui è stato previsto il trasferimento a titolo gratuito delle quote all’ARPAC, alla Giunta Regionale della Campania ed alla Provincia di Napoli;
le rispettive motivazioni si diffondono “ampiamente sulla legislazione comunitaria in tema di accesso alle informazioni in materia ambientale, con abbondanza di riferimenti normativi e pattizi, senza tuttavia tenere minimamente in conto i vincoli di pubblicità e concorsualità, sempre di fonte comunitaria ... regolanti la scelta del partner privato chiamato a formare la società mista di gestione del progetto” e trascurando, inoltre, che l'art. 5 T.U.E.L. (pur richiamato nella motivazione dell'ordinanza n. 228/2002) impone “«l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza», ai fini della scelta del socio privato”.
Peraltro – prosegue ancora la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti riportata dalla Procura attrice in citazione - nella vicenda in questione, l’emergenza, pure invocata, sembra essere riferibile piuttosto alla necessità di assumere e stabilizzare una folta schiera di lavoratori socialmente utili che all’urgenza di avviare il call-center ambientale ... A tale ultimo riguardo, infatti, deve rilevarsi che, per esplicita ammissione dei vertici attuali della società mista, il call center in questione è pressoché inattivo (quattro o cinque chiamate al giorno) e del tutto sconosciuto agli stessi interlocutori istituzionali della struttura commissariale, quali, ad esempio, i consorzi di bacino”.
La Guardia di Finanza, Comando Nucleo Reg.le di Polizia Tributaria, G.S.V. – ARADE, di Napoli, incaricata dall'Ufficio di Procura di svolgere indagini sugli aspetti rilevati dalla predetta relazione ispettiva, ha reso documentata relazione in merito con nota n. 9299/dau del 30.08.2006 integrata per lo specifico aspetto della X. dalla successiva nota n. 5644/GTSP/A.D.E. del 10.10.2006.
Da tali risultanze istruttorie è emersa la pendenza di giudizio civile, instaurato dalla X. nei confronti del Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania con citazione notificata in data 09.09.2006, in cui si lamenta, in particolare, che una serie di inadempimenti da parte del Commissario Straordinario di Governo – specificamente, la mancanza di certezze in ordine al conseguimento di entrate effettive relative alle commesse di parte e competenza Pubblica (come la commessa "progetto S.O.S. Ambiente") - ha determinato ingenti perdite, tali da causare, secondo le previsioni normative vigenti, lo scioglimento della società X. Invero, a seguito dell'inadempimento degli impegni del Commissario di Governo finalizzati al ripianamento delle perdite subite dalla X. negli anni 2004 e 2005, “in data 16 marzo 2006 il Consorzio X. diffidava e metteva in mora il Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque, e stante il comportamento inerte del Commissario, non essendo più tollerabile la “pericolosa” situazione di perdite descritta, decideva di non ricapitalizzare le perdite, ..., uscendo, quindi, dalla compagine sociale di X.”.
Nell’assemblea straordinaria della X. del 12.05.2006 – riferisce il requirente contabile - vista la perdita al 31.12.2005 di € 2.344.449,00, si è deliberato di azzerare il capitale sociale di € 500.000,00 riducendo la perdita a € 1.844.449,00 e di ricostituire contestualmente il capitale sociale aumentandolo fino a € 2.344.449,00; la X. ha rinunciato al diritto di opzione ed è uscita dalla società, e la sottoscrizione del capitale è avvenuta per € 107.610,21 dall’ARPAC (4,59% del capitale sociale) e per € 2.236.838,79 dal Commissariato di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque (95,41% del capitale sociale), con commesse in portafoglio rappresentate da un progetto di monitoraggio ambientale dell’Amministrazione provinciale di Napoli, dal progetto "camini" assegnato dall’ARPAC e dai progetti del Commissario di Governo per interventi di caratterizzazione Napoli Est e per interventi di monitoraggio ambientale sanitario.
La Procura attrice ha, dunque, delineato i profili d'illiceità amministrativo-contabile della vicenda X. evidenziando, in primo luogo, le gravi anomalie del procedimento di adozione dell’ordinanza n. 601 del 21 dicembre 2001, con la quale il Commissario di Governo ha approvato il progetto denominato “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” presentato dalla X., anomalie sintetizzabili come segue:
· il progetto non è stato acquisito il 11.12.2001, data di protocollo della nota X. datata 03.12.2001, ma solo successivamente, presumibilmente soltanto in un momento immediatamente precedente al 21.12.2001, data di adozione dell’ordinanza di approvazione, secondo varie emergenze documentali;
· l’unico dato comprovato è l’allegazione del progetto alla convenzione stipulata il 31.12.2001 tra Consorzio X. e Commissariato, registrata al n. 94 del 31 dicembre 2001 del registro di repertorio dell’Ufficiale rogante del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti, numero che, peraltro, era stato in origine assegnato ad altro contratto, con registrazione annullata per essere assegnata alla convenzione X. e con assegnazione all'altro contratto (convenzione con la Società xxx S.r.l.) del n. 96 del 11.01.2002, secondo una procedura peculiare ed affetta da singolari anomalie, tanto che la G.d.F. ha segnalato che per essa è stata informata l’A.G. ordinaria;
· la proposta progettuale della X. risulta acquisita in varie e diverse versioni, presentandosi comunque gravemente carente riguardo agli aspetti economico-finanziari, poiché, da quanto rinvenuto agli atti, tali aspetti sono trattati in maniera estremamente succinta e superficiale;
· i tempi di approvazione della proposta progettuale appaiono ingiustificatamente rapidi, penalizzanti in ordine al corretto esame della proposta stessa, e rispondenti soltanto all’esigenza di perfezionare gli atti anteriormente alla scadenza del 31.12.2001, termine (poi prorogato) della vigenza della disciplina di cui si intendeva dare applicazione.
Il requirente, quindi, ha riportato integralmente la parte di maggior rilievo del testo dell'ordinanza commissariale n. 601/2001, passando poi a sottolinearne i molteplici aspetti di illegittimità.
In primo luogo, la Procura attrice ha osservato che l'ordinanza in parola è fondata sull’applicazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 468/1997 – già dianzi richiamato – inteso a disciplinare la costituzione di società miste ad opera delle PP.AA. allo scopo di creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili per far fronte a proprie esigenze istituzionali mediante l’esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o in concessione, i cui primi tre commi hanno trovato applicazione, ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 81/2000, fino al 31.12.2001, termine prorogato al 31.12.2002 dal comma 71 dell’art. 52, legge n. 448/2001.
Orbene, la Procura ha rilevato che l’operazione commissariale non è in armonia con il d.lgs. n. 81/2000, contenente norme per la disciplina dei lavori socialmente utili, di modo che il richiamo alle disposizioni contenute nell'art. 10 d.lgs. 468/1997 (per lo più abrogate, anche con riferimento alle procedure per l’approvazione dei progetti, dalla modifica del 2000) si rivela inutile, non sussistendone i presupposti, perché si è proceduto alla costituzione di una società mista senza un individuato e preesistente progetto di lavori socialmente utili, in relazione al quale tale costituzione si doveva porre “in continuità” a tenore sia del dato testuale della norma dianzi richiamata e sia secondo l’interpretazione resa nella circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 100/1998.
La mancanza di qualsivoglia progetto LSU ultimato che legittimasse l'avvio dell'operazione esaminata emerge anche – ricorda la Procura – da varie risultanze documentali risalenti alla stessa X..
In secondo luogo, il requirente ha rilevato consistenti aspetti d'illegittimità anche con riferimento alla fase della scelta del socio della società mista, “allorché si è proceduto all’individuazione diretta della X. quale socio privato senza l’osservanza del generale principio concorsuale”, perché, difformemente a quanto prescritto ancora dall'art. 10 d.lgs. 468/1997 dianzi richiamato, la X. non ha precedentemente curato la gestione e realizzazione del progetto di lavori socialmente utili prima della promozione della X., né appaiono fondati i richiami, contenuti nella deliberazione Commissariale, alla legge 16.03.2001 n. di ratifica in Italia della Convenzione di Aarhus del 1998, alla Relazione sulla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, nonché alla precedente direttiva del 1990. Invero, la Convenzione di Aarhus (riguardante l’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini, l’accesso alla giustizia in materia di ambiente) firmata ad Aarhus nel 1998 (poi ratificata con la legge 108/2001) è rivolta, in termini di adempimenti attuativi, al Ministero dell’Ambiente, mentre non ha attribuito alcuna funzione in merito a carico dell’organo straordinario Commissario di Governo. Il d.lgs. 24.02.1997 n. 39, attuativo della pur invocata direttiva europea 90/313/CEE, non è a sua volta affatto richiamato dal provvedimento commissariale in parola, e, in ogni caso – osserva il requirente - il richiamo alla proposta di direttiva europea non sembra poter contribuire ad una migliore legittimazione dell’iniziativa, perché, in ogni caso, il provvedimento di che trattasi non sembra “diretto a far <> del Commissario di Governo, secondo quanto richiesto dall’art. 10 cit., ma pretende di porre in essere una progettazione di ben più vasta portata e non finalizzata al superamento dell’emergenza, con un’estensione all’intero complesso delle PP.AA.” senza una verifica preventiva – e nemmeno successiva - di interesse o disponibilità in tal senso di altri soggetti pubblici.
L’art. 2, comma 1, dell’O.M. 25 febbraio 1999, n. 2948 (punto 16.1, aggiunto dall’O.M. 21 ottobre 1999) ha previsto che il Commissario delegato - Presidente della Regione Campania dispone “la formazione e l’informazione ambientale, e la promozione del rispetto dei valori naturali ed ambientali, avvalendosi degli esperti di cui all’art. 12, comma 3, della presente ordinanza”; ma prosegue precisando che la finalità da perseguire è sempre quella del superamento dell’emergenza, che circoscrive la funzione e le attività dell’organo Commissariale.
Ha evidenziato, ancora, la Procura attrice che all'art. 3 della convenzione n. 94/2001 stipulata tra il Commissario delegato ed il Consorzio X., che ripropone le lettere d) ed e) del dispositivo dell’ordinanza 601, si precisa che da altre Amministrazioni Pubbliche vi dovrà essere uno stanziamento di bilancio per l’informazione ambientale, dovendosi dunque constatare “che sono indefiniti i soggetti che dovrebbero garantire l’esecuzione e, conseguentemente, la copertura finanziaria del progetto, quale realizzata da un ipotizzato stanziamento per l’informazione ambientale”, di modo che la surrichiamata disposizione convenzionale risulta violativa della disposizione dell’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 468/1997, che prescrive che i progetti di lavori di pubblica utilità, predisposti dalle PP.AA. e dagli enti pubblici economici, vengano corredati dalle “delibere di cui all’articolo 10, comma 1, recanti gli impegni in ordine alle opzioni ivi previste e ai conseguenti stanziamenti di bilancio”, nel caso di specie assenti.
Il requirente ha, quindi, conclusivamente rilevato come sia stata gravemente carente da parte del Commissario la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per dare vita al progetto e sulla sua effettiva utilità e attuabilità nonché il palese ed ingiustificato travalicamento dei propri compiti istituzionali diretti al superamento dell’emergenza, cui è conseguita la grave illegittimità dell'iniziativa, “a fronte della quale si è avuto un rilevante impegno finanziario senza che vi sia stata una corrispondente utilità per la collettività amministrata”.
Invero, il progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente”, non ha avuto sostanziale esecuzione, poiché il medesimo call center è oggi pressoché inattivo e sconosciuto agli stessi interlocutori istituzionali della struttura commissariale, oltre ad essere difforme rispetto a quello approvato dal Commissariato, essendo stato realizzato in attuazione di una ulteriore elaborazione progettuale svolta nel 2002 su incarico dell'ARPAC, che con propria delibera n. 690/2002, tenuto conto che la società X. aveva elaborato un nuovo progetto tecnico-economico di creazione e gestione del Call Center, conferiva alla X. medesima l’incarico per la realizzazione di tale progetto, riconoscendole un compenso pari a complessivi € 206.582,76.
In relazione ad irregolarità nel procedimento presso l’ARPAC aventi rilevanza penale, emerse nel corso degli accertamenti curati su delega dell'Ufficio di Procura, la G.d.F. ha provveduto ad informare la competente A.G.
Neanche il progetto denominato “S.I.R.E.N.E.T.T.A.”, del resto, ugualmente indicato tra le attività che avrebbe potuto svolgere la società mista, ha avuto buon esito.
“Il mancato decollo del centro servizi sull’informazione ambientale, sulla cui base è stata costituita la società mista, è stato causato, deve ritenersi, dagli evidenziati vizi ed aspetti critici dell’iniziativa”, circostanza confermata anche dallo stesso piano industriale economico anno 2005 della X. allegato all’ordinanza n. 14/2005 del Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania, con la quale si è effettuato un primo ripianamento e ricapitalizzazione della società X., piano in cui si è evidenziato come la mancata definizione contrattuale e conseguente assegnazione delle commesse, sulle quali la società avrebbe dovuto svolgere la sua attività, condiziona fortemente la necessaria copertura dei costi. Le elevate perdite della società e le assai poco confortanti prospettive future sono state “tali da provocare recentemente la fuoriuscita del socio privato (con il successivo strascico della richiesta risarcitoria nei confronti del Commissario di Governo), nonostante si denotino tentativi di assicurare nuovi lavori da far svolgere alla X. nell’intento di salvaguardarne l’aspetto occupazionale”, che però si delineano a loro volta – rileva ancora il requirente - di limitato orizzonte temporale ed assorbenti notevoli risorse pubbliche, sottratte ad altre destinazioni.
Il danno derivato all'erario dall'inutilità delle spese conseguenti all’illegittima approvazione del progetto presentato dalla X. ed alla costituzione della X. viene quantificato dalla Procura attrice in € 3.921.304,17, risultante dalla somma di € 3.667.470,67, esborso costituito dalla sommatoria dei mandati/bonifici relativi alla X. e riguardanti il progetto di call center ambientale, fuoriusciti dal patrimonio commissariale con mandati emessi tra il 2003 ed il 2005, e di € 253.833,50, pagati nel 2005 alla X. a titolo di spese e commissioni bancarie nonché interessi passivi dovuti in virtù del decreto Commissariale n. 519 del 01.12.2003.
Il danno in questione, derivato ad avviso del requirente in relazione all’attuazione dell’ordinanza commissariale n. 601 del 2001, deve quindi essere ascritto al Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania “che ha adottato gli atti relativi all’approvazione del progetto presentato dalla X. ed alla costituzione della X., individuato nella persona del Presidente della Regione Campania A.B.” - cui è stato pertanto notificato invito a dedurre in data 18.10.2006 - il cui comportamento si delinea – secondo la prospettazione attrice – come gravemente colposo, senza che possano costituire cause esimenti o giustificative la sostanziale finalizzazione dell'iniziativa all’esigenza di assumere e stabilizzare lavoratori socialmente utili anziché alla risoluzione di problematiche emergenziali in materia ambientale (rifiuti, bonifiche e tutela delle acque) oppure l’asserita – in sede di controdeduzioni - attribuzione al Commissario di un novero di poteri e funzioni, tra cui anche il servizio di informazione ambientale. Con riferimento a tale ultima argomentazione, la Procura ha osservato, richiamando sentenze del G.A., che “i poteri attribuiti al Commissario trovano non solo giustificazione nell’emergenza ma, in funzione di quest’ultima, anche una naturale limitazione, dettata dalla ragione stessa della particolare legittimazione dell’intervento straordinario”, non potendosi “assegnare all’organo straordinario l’intero settore dell’informazione ambientale, con estensione in via generale della competenza svincolata dalle finalità emergenziali cui lo stesso è chiamato a far fronte, con la conseguenza di introdurre in tal modo un’inammissibile deroga, con violazione dei principi costituzionali, all’ordinaria ripartizione delle competenze amministrative”.
Si è costituito, con memoria depositata in Segreteria il 23.10.2007 per il tramite dei difensori incaricati avv.ti Giuseppe Abbamonte e Felice Laudadio, il convenuto A.B., chiedendo il proprio proscioglimento da ogni addebito, in ragione della dedotta insussistenza del nesso eziologico e dell'elemento soggettivo (colpa grave, nel caso di specie) dell'illecito amministrativo-contabile. A tal fine ha evidenziato, in primo luogo, che la formazione e l'informazione ambientale, perseguita dal Commissario di Governo con l'approvazione del progetto X. relativo ad un call center ambientale, rappresenta un compito istituzionale obbligatorio affidato al predetto organo dalla O.M. del 21.10.1999, finalizzato “al superamento definitivo dello stato di emergenza e ad un ritorno alla normalità”, di modo che non potrebbe ravvisarsi alcun travalicamento dai fini istituzionali commissariali (ha richiamato, in proposito, la relazione di questa Corte riguardante la gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Campania relativa agli anni 1999-2000, la direttiva 90/313/CEE, la giurisprudenza amministrativa citata dal requirente nell'atto introduttivo ed altra inerente aspetti della fattispecie esaminata, nonché l'art. 2 legge 290/2006). In secondo luogo, ha posto in rilievo che l'ordinanza commissariale n. 601/2001 era inidonea ad ingenerare in capo all'organo che l'ha adottata alcuno specifico obbligo giuridico e – dunque – d'impegno di spesa, trattandosi di “atto meramente programmatorio e di indirizzo”, costituente adesione alla proposta progettuale della X., da distinguere dalla convenzione successivamente stipulata, integrante invece “atto vincolante da cui discendono obblighi per i contraenti”, di modo che alcun rilievo di illegittimità-illiceità potrebbe essere mosso a carico del provvedimento in parola. Inoltre, non sussisterebbe alcuna violazione del disposto dell'art. 10 d.lgs. 468/1997, correttamente interpretato, in particolare perché la X. aveva già realizzato e gestito un progetto di call center per il Servizio Sanitario Regionale comportante la stabilizzazione di LSU, la convenzione quadro n. 94/2001 prevedeva anche la gestione del progetto S.I.R.E.N.E.T.T.A. ed il Progetto SOS Ambiente preesisteva alla costituzione della società mista X.; ad avviso della difesa, quindi, non sussisterebbe alcuna illegittimità dell'azione commissariale intrapresa nella costituzione della X., né in termini di applicazione della disciplina concernente l'impiego di LSU né sotto il profilo della scelta del socio privato, illegittimità, del resto, non deducibile né dal richiamo preteso erroneo di testi normativi, né dall'omesso riferimento a disposizioni di legge e neppure, da ultimo, dall'esistenza di contenziosi civili X. /Commissariato di Governo. Conseguentemente, e posta la legittimità dell'azione intrapresa dal Commissario di Governo con l'adozione dell'ordinanza n. 601/2001, dovrebbe rilevarsi come quest'ultima risponda ad una scelta discrezionale insuscettibile di sindacato giurisdizionale. Infine, la difesa del convenuto ha evidenziato che il malfunzionamento della società mista X. è dipesa dalle omissioni, perpetrate dall'ARPAC, dall'Amministrazione provinciale di Napoli e dagli altri Enti coinvolti, in ordine alla garanzia delle commesse assegnate alla X., il che condurrebbe, non solo a negare la sussistenza del nesso eziologico condotta/evento, ma anche a richiedere – come in effetti si richiede – l'integrazione del contraddittorio mediante vocatio in ius degli amministratori degli Enti dianzi citati e della stessa X..
Alla pubblica udienza odierna l’avv. Felice Laudadio, confermando integralmente le deduzioni scritte, ha precisato ed ulteriormente rimarcato quanto segue:
1. la scelta commissariale inerente la costituzione della X., rientra senz’altro nell’ambito del ruolo affidato al Commissariato di Governo di superamento della situazione emergenziale, poiché la realizzazione di tale obiettivo non avrebbe potuto essere conseguita se non mediante lo svolgimento di un programma di “educazione”, sia delle PP.AA. e sia dei cittadini, ad esempio alle modalità della raccolta differenziata dei rifiuti, come, del resto, è dato dedurre dalla lettura dell’ordinanza ministeriale n. 2848/1999;
2. il danno rilevato dalla Procura contabile, anche a volerne per assurdo ammettere la sussistenza, non potrebbe mai essere addebitato soltanto all’ex Commissario di Governo, odierno convenuto, ma all’intero sistema ordinamental-burocratico, ivi compresi coloro che hanno adottato le ordinanze ministeriali emanate a disciplina dei suoi compiti;
3. la scelta commissariale è coerente, nei fini, anche rispetto alle norme comunitarie, puntualmente richiamate nell’articolata premessa dell’ordinanza n. 601/2001;
4. la legittimità delle procedure e delle attività ritenute illecite dal requirente è deducibile anche dalla lettura della relazione 1999/2000 di questa Corte – Sezione del Controllo per la Regione Campania - e del parere all’uopo richiesto – ed acquisito agli atti di causa – dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato;
5. il dispositivo dell’ordinanza n. 601/2001 testimonia una scelta dettata da motivi emergenziali e, dunque, adottata secondo modalità improntate alla straordinarietà ed alla deroga delle disposizioni generali: le irregolarità procedurali afferenti l’introito del progetto agli atti del Commissariato esulano dalle funzioni del convenuto e non sono, pertanto, a lui contestabili;
6. analogamente, non è addebitabile all’ex Commissario di Governo il malfunzionamento gestionale della X., la cui costituzione ha risposto ad un criterio di imprenditorialità nella relativa conduzione.
L’avv. Laudadio ha, dunque, concluso evidenziando il difetto di nesso di causalità condotta/evento – non essendovi alcuna relazione tra l’ordinanza n. 601/2001 ed il malfunzionamento gestionale della X. - con conseguente difetto di legittimazione passiva del convenuto nel presente giudizio; ulteriormente, ha rilevato la mancanza del requisito dell’antigiuridicità della sua condotta, con conseguente insussistenza dell’illecito contestato. Pertanto, ha chiesto il proscioglimento del B. da ogni addebito.
L’avv. Raimondo Nocerino ha, a sua volta, evidenziato la legittimità dell’iniziativa finalizzata alla stabilizzazione di LSU, in quanto le disposizioni che regolano i poteri del Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti consentono sia l’impiego di LSU e sia la costituzione di società miste, anche senza voler fare specifico riferimento all’art. 10 d.lgs. 468/1997, la cui corretta applicazione nel caso di specie l’avv. Nocerino ha provveduto a rimarcare ed a meglio specificare, confermando, a sua volta, la richiesta di proscioglimento del convenuto.
Il P.M. di udienza, dopo aver comunicato di non avere specifiche e recenti notizie dell’avvenuta instaurazione di procedimenti penali riguardanti la vicenda oggetto del presente giudizio ed aver richiamato integralmente l’atto scritto al fine di disconoscere la valenza sostanziale delle argomentazioni difensive, ha precisato, altresì, quanto segue:
1. il progetto S.I.R.E.N.E.T.T.A., richiamato dalla difesa per sostenere la corretta applicazione dell’art. 10 d.lgs. 468/1997, non ha previsto l’impiego di LSU, né risulta che ve ne fossero altri preesistenti all’iniziativa relativa alla X., tant’è vero che non vi è alcun richiamo in proposito nell’ordinanza n. 601/2001;
2. la temporaneità delle funzioni affidate al Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti per la Regione Campania è inconciliabile con la pretesa stabilizzazione di LSU cui la X. è stata finalizzata;
3. l’attribuzione delle funzioni d’informazione ambientale al Commissariato va letta come ristretta al superamento dell’emergenza rifiuti, come del resto è dato chiaramente dedurre dalla lettura delle ordinanze ministeriali che ne hanno disciplinato i poteri, non come estesa a qualsiasi settore di rilievo ambientale, come invece stabilito dall’ordinanza commissariale 601/2001;
4. riguardo il difetto di nesso di causalità condotta/evento, risulta, invece, che gli enti di cui la difesa del convenuto adombra la responsabilità per l’insuccesso dell’iniziativa – e cioè per la determinazione del danno dedotto dal requirente - non sono stati, in realtà, mai coinvolti nella progettazione e nell’impegno finanziario relativi alla X..
Ha concluso confermando la domanda di condanna esplicitata in citazione e non opponendosi, tuttavia, all’applicazione del potere riduttivo dell’importo addebitato al convenuto, in considerazione delle finalità occupazionali dell’iniziativa.
L’avv. Laudadio ha negato, in sede di replica, che si sia fatto riferimento, nelle premesse dell’ordinanza, a settori d’informazione ambientale esulanti dall’emergenza rifiuti.
Considerato in
DIRITTO
1. Il Collegio deve anzitutto pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla domanda d'integrazione del contraddittorio avanzata dalla difesa del convenuto con riferimento agli amministratori dell'ARPAC, dell'Amministrazione provinciale di Napoli, e degli altri Enti coinvolti nella vicenda all'attenzione della Sezione, ivi compresa la stessa X. s.p.a., atteso che trattasi di questione che investe il regolare instaurarsi del rapporto processuale.
Sul punto, deve evidenziarsi che a seguito delle innovazioni legislative all'istituto della responsabilità amministrativa recate dalla legge 14 gennaio 1994 n. 20, come poi modificata dalla l. 20 dicembre 1996, n. 639, con l'introduzione del principio della personalità e parziarietà in luogo di quello previgente della solidarietà (fatta eccezione soltanto per il caso del dolo con illecito arricchimento), al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario di cui all'art. 102 c.p.c. - che presuppone l'unicità e l'inscindibilità del rapporto giuridico sostanziale - l'integrazione cosiddetta “facoltativa” del contraddittorio (artt. 107 c.p.c. e 47 R.D. n. 1038 del 1933) è rimessa alla valutazione di opportunità del Collegio ove si versi in una fattispecie di comunanza di cause, cioè quando dall'impianto accusatorio (ed entro i limiti dallo stesso imposti, ai sensi dell'art. 112 c.p.c.) emergano condotte autonome di terzi che abbiano potuto incidere sul processo di causazione del danno, sovrapponendosi o unendosi alla condotta degli evocati in giudizio, in tal modo rendendosi opportuna la loro chiamata per ragioni di economia processuale, anche al fine di evitare conflitto di giudicati (cfr. solo alcune fra le più recenti pronunce sul punto: Sezione Giurisdizionale Campania, sentenza n. 1135/2007; Sezione III Centrale, sentenza n. 419/2007; Sezione II Centrale, sentenza n. 234/2007; Sezione Giurisdizionale Umbria, sentenza n. 223/2007).
In ogni caso, la Sezione può attribuire al soggetto convenuto esclusivamente la quota di danno allo stesso imputabile, secondo quanto previsto dall'art. 1 quater della legge n. 20 del 1994, che impone al giudice contabile, nell'ipotesi di danno determinato da più persone, di valutare le singole responsabilità e condannare “ciascuno per la parte che vi ha preso”.
Orbene, nel caso in esame la domanda risarcitoria risulta promossa con l'intera intestazione del debito erariale al solo convenuto.
Spetta al Collegio, pertanto, stabilire, non più se vi siano i presupposti per la chiamata in giudizio anche dei soggetti indicati – oltretutto in modo piuttosto generico - dalla difesa del B., bensì pronunciarsi nel merito della riferibilità al convenuto dell'integrale somma riportata nell'atto introduttivo del giudizio, ovvero di altra somma che costituisca (eventualmente) danno erariale in rapporto alla condotta tenuta come fonte della “singola responsabilità” nel senso indicato dalla legge.
Per quanto dianzi esposto, la richiesta d'integrazione del contraddittorio deve essere respinta.
2. Il Collegio può ora esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella premessa in fatto.
Deve quindi procedersi alla verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della responsabilità amministrativa che, com’è noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalità tra il predetto comportamento e l'evento dannoso, nonché nella sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e l'ente che lo ha subito.
3. Con riferimento, in primo luogo, all’elemento oggettivo del danno pubblico, la domanda attrice assume che esso sia stato patito dalle pubbliche finanze a seguito della costituzione della società X.; orbene, l'analisi inerente la relativa sussistenza richiede l'accurato esame degli elementi di fatto e delle argomentazioni giuridiche caratterizzanti la fattispecie.
3.1 A tal fine, va posto preliminarmente in rilievo, visto quanto incontrovertibilmente risulta dagli atti di causa, che il procedimento di approvazione del progetto denominato “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” (cd. anche brevemente progetto SOSA) presentato dal Consorzio Sviluppo Tecnologie Ambientali di Napoli, che rappresenta il punto A del dispositivo dell’ordinanza n. 601 del 21 dicembre 2001 (all. n. 5A al fascicolo di Procura) del Commissario di Governo, presenta molteplici anomalie.
In primo luogo, il progetto in questione non risulta acquisito agli atti del Commissariato il 11 dicembre 2001, per quanto esplicitato nella stessa nota X. recante come oggetto “Call Center Regionale Ambientale (protocollo n. 37665 del 03.12.2001), in cui si “ … richiede, vista la delicatezza e l’urgenza dell’argomento trattato, la possibilità di presentare con immediatezza il proprio progetto per la creazione di un “CALL-CENTER AMBIENTALE” in grado di …” (cfr. all. n. 6A al fascicolo di Procura).
Non vi è alcun riscontro documentale dell’avvenuta presentazione del progetto di che trattasi, inoltre, precedentemente all’allegazione di esso alla convenzione rep. n. 94 del 31 dicembre 2001 (all. n. 5D al fascicolo di Procura; cfr. relazione G.d.F. n. 5644/GTSP/A.D.E. del 10.10.2006, all. n. 6 al fascicolo, e pagina 38 della Relazione Territoriale sulla Campania trasmessa alle Presidenze delle Camere il 01.02.2006, all. n. 7 al fascicolo di Procura), laddove l’ordinanza n. 601 è datata, come dianzi evidenziato, 21.12.2001, dovendosi, pertanto, concludere che il provvedimento commissariale è stato adottato in presenza di valutazione quanto meno sommaria dell’elaborato progettuale o, addirittura, in totale assenza di tale valutazione.
Per quanto, poi, concerne la registrazione di tale convenzione al repertorio dell’Ufficiale rogante del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti (cfr. relazione G.d.F. n. 10751/GTSP/A.D.E. del 10.11.2006, all. n. 16 al fascicolo di Procura ed all. n. 18 al medesimo fascicolo) risulta, attraverso la disamina del registro di che trattasi, che il numero di repertorio 94 (assegnato alla predetta convenzione) corrispondeva precedentemente (registrazione del 13.12.2001) al altro negozio (Convenzione con la Società FERT S.r.l.), al quale, a seguito dell’annullamento di tale assegnazione per consentire la registrazione della Convenzione con la X. al 31.12.2001 – sempre al n. 94 - è stato poi assegnato il numero progressivo 96 del 11.01.2002.
Orbene, le anomalie rilevate nell’ambito di tale procedimento di annullamento/riassegnazione di numeri di registro di repertorio rilevate dalla G.d.F. e fatte proprie dalla Procura attrice (mancanza nell’intero registro di repertorio di altri esempi di annullamento di atto e riassegnazione del medesimo numero ad altro negozio, mancata conservazione al fascicolo della copia annullata dell’atto repertoriato, riutilizzazione del numero progressivo annullato per repertoriare altro negozio, nonché annullamento della registrazione e riassegnazione appena successiva di altro numero di repertorio ad un negozio pur in presenza del fatto che la registrazione di che trattasi può essere effettuata soltanto a seguito della effettiva stipula del contratto) sono senz’altro condivisibili su di un piano strettamente formale ma, soprattutto, rappresentano grave e preoccupante indizio, su di un piano più squisitamente sostanziale, di una frettolosità nella conclusione del procedimento di approvazione del progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” e di affidamento della realizzazione e della gestione dello stesso alla X. conciliabile, assai più che con la corretta e diligente valutazione degli atti, con la necessità di ottenere un determinato risultato entro e non oltre la data del 31.12.2001.
Sul punto, valga osservare che non è condivisibile l’assunto difensivo secondo cui le suevidenziate irregolarità non costituirebbero null’altro che sintomo di scarsa attenzione e di poca precisione da parte dei soggetti addetti alla tenuta dei registri di protocollo e di repertorio del Commissariato di Governo, in quanto tali insuscettibli di essere posti in relazione sostanziale con la rilevata negligenza valutativa degli atti relativi al progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente” sottostante all’adozione dell’ordinanza commissariale n. 601/2001, rilevata dalla Procura; invero, le irregolarità dianzi evidenziate costituiscono incontestabile sintomo, proprio delle gravissime carenze procedimentali che hanno condotto all’emanazione del predetto provvedimento, da cui è disceso l’impiego di risorse economiche pubbliche in un’iniziativa che non ha prodotto alcuna utilità per la collettività.
Inoltre, la “facoltà di derogare riguardo la competenza, i tempi e le modalità procedimentali”, attribuita al Commissario di Governo, cui ha fatto riferimento nel corso dell’odierna udienza l’avv. Felice Laudadio e che legittimerebbe le predette – a suo dire – mere semplificazioni procedurali finalizzate allo svolgimento dei compiti istituzionali, è prevista dall’art. 3 dell’ordinanza M.I. – Delegato per il coordinamento della Protezione Civile n. 2560 del 02.05.1997 (depositata nel corso dell’odierna udienza dall’avv. Raimondo Nocerino) soltanto “nei limiti necessari all’espletamento delle funzioni e dei poteri dell’ordinanza”, la quale, intitolata “Ulteriori integrazioni e modifiche alle precedenti ordinanze concernenti gli interventi intesi a fronteggiare la situazione di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania”, prevede all’art. 1, comma 4°, i predetti funzioni e poteri, che riguardano esclusivamente la raccolta differenziata, lo smaltimento, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, senza che alcun riferimento sia reperibile nel testo dell’ordinanza ministeriale di che trattasi all’informazione ambientale, né di carattere generale né specificamente inerente l’emergenza rifiuti.
Impostazione del tutto analoga è dato reperire anche nelle successive ordinanze ministeriali (art. 18 ord. M.I. 2948/1999, art. 5 ord. M.I. 3031/1999, art. 4 ord. M.I. 3032/1999, art. 6 ord. M.I. 3060/2000 art. 17 ord. M.I. 3100/2000 ed art. 5 ord. M.I. 3104/2001, tutte depositate agli atti del fascicolo nel corso dell’odierna udienza dall’avv. Raimondo Nocerino), che attribuiscono, sì al commissario delegato – presidente della regione Campania la facoltà di adottare “provvedimenti in deroga” ad una serie di disposizioni normative, ma ciò consentono sempre nel “rispetto dei principi generali dell’ordinamento” e “nei limiti necessari per la realizzazione degli interventi di emergenza”, che riguardano, ora la raccolta differenziata, lo smaltimento, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, ora il “consolidamento del sottosuolo e dei versanti della città di Napoli” ed ora vari eventi di dissesto idrogeologico, ma mai l’informazione ambientale, soprattutto se caratterizzata dalla realizzazione di una struttura di call center avente caratteri di stabilità e non di temporaneità.
Si deve – conclusivamente sul punto - sottolineare come i principi costituzionali e quelli generali dell'ordinamento costituiscono limiti ai poteri derogatori, espressamente conferiti al commissario straordinario, il quale può emanare i provvedimenti opportuni e necessari per fronteggiare particolari eventi, sostituendosi agli enti pubblici che, nella situazione di ordinarietà, sono titolari dei diritti, poteri e funzioni nelle diverse materie che si trovano ad essere coinvolte dall'azione del Commissario.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 127/1995, ha sottolineato l'eccezionalità del potere di deroga della normativa primaria, conferito ai commissari straordinari - autorità amministrative munite di poteri di ordinanza - sulla base dei presupposti di emergenza indicati dall'articolo 5 della legge n. 225/1992. Tale eccezionalità si collega ad un presupposto di fatto (qualità e natura degli eventi) e richiede la necessaria presenza di tre requisiti. Innanzitutto la deroga deve essere temporalmente delimitata; inoltre deve essere specifica, nel senso che i poteri commissariali devono essere ben definiti nel loro contenuto; infine, le norme delle quali è consentita la sospensione di applicazione, per effetto dei poteri attribuiti al commissario straordinario, devono risultare legate con la situazione di emergenza da un nesso di strumentalità.
La delimitazione temporale dei poteri straordinari conferiti nei casi di emergenza dal Governo al Commissario per ragioni di protezione civile, consente anche di non comprimere illimitatamente quell'autonomia regionale, garantita a livello costituzionale già prima della modifica dell'articolo 117 della Costituzione. La regione, infatti (che pure è chiamata a specifici interventi organizzativi ed attuativi delle attività di protezione civile) si trova, a seguito della dichiarazione della calamità naturale od altri gravi eventi, ad essere l'ente «sostituito» da un soggetto delegato a livello statale a svolgere interventi territoriali, i quali restano comunque nella titolarità del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La giurisprudenza (Cons. Stato 22 gennaio 1999, n. 52) ha affermato che il Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti (figura dotata di ulteriore specificità rispetto al Commissario straordinario per la protezione civile) non è titolare di una potestà direttamente conferita dalla norma, ma resta un'autorità delegata, alla quale sono trasferiti poteri gestionali, ma non la titolarità dell'intervento che rimane in capo al Presidente del Consiglio dei ministri. È quest'ultimo, o il ministro delegato per la protezione civile, che stabilisce le norme che possono essere derogate e, conseguentemente, circoscrive e specifica il potere di ordinanza del quale il commissario, in quanto organo amministrativo delegato, può avvalersi.
Conseguentemente, il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti deve ritenersi destinatario di un potere di deroga tutt'altro che generale ed indiscriminato, bensì circoscritto entro i suindicati limiti.
Dell’insufficiente – se non addirittura assente – valutazione degli atti dianzi rilevata nel caso di specie costituiscono, inoltre, conferma l’avvenuto reperimento di varie versioni del progetto acquisito presso il Commissariato (una di 75 pagine, mancante delle pagine da 3 a 6, una di 82 pagine, mancante delle pagine finali relative al quadro economico, pur evidenziate nell’indice, ed altra ancora di 22 pagine: cfr, all.ti 5D e 5I al fascicolo di Procura) e dei tre fogli inoltrati al Commissariato via fax in data 24.12.2001 riguardanti la proiezione economico-finanziaria del progetto, dal che è dato dedurre, non solo – secondo quanto già dianzi osservato – che l’adozione dell’ordinanza commissariale è avvenuta in data precedente a quella dell’acquisizione completa ed esaustiva dell’elaborazione progettuale con essa approvata, ma anche che tale proposta progettuale risulta gravemente carente riguardo agli aspetti economico-finanziari, che, invero, sono stati evidenziati in modo molto breve e schematico, unitamente a quelli relativi alla dotazione organica della società mista deputata alla gestione del progetto (cfr. all. n. 6B al fascicolo di Procura).
Tanto ciò è vero, che il progetto poi effettivamente realizzato e gestito non è quello approvato dal Commissariato, ma quello affidato alla X. dall’ARPAC con delibera n. 690 del 30.12.2002, tenuto conto del fatto che la società X. aveva elaborato un nuovo progetto tecnico-economico di creazione e gestione del Call Center, relativamente al quale la società X. ha inviato all’ARPAC la progettazione esecutiva con nota n. 59/U/SM del 27.02.2003 (cfr. all.ti nn. da 3 a 10 alla relazione G.d.F. Del 10.10.2006).
Quanto appena evidenziato conferma le gravi perplessità, già precedentemente rilevate, circa, non solo la brevità del periodo temporale in cui si è svolta l’analisi degli atti relativi al progetto approvato con l’ordinanza commissariale n. 601/2001, ma soprattutto riguardo l’effettivo esame della proposta, elementi che mostrano un procedere estremamente affrettato da cui è discesa un valutazione degli atti insufficiente ed illegittima, in quanto non giustificata neppure da ragioni di effettiva emergenza o pericolo, ma soltanto dall’esigenza di perfezionare gli atti anteriormente alla data del 31.12.2001, termine – successivamente prorogato – entro il quale poteva beneficiarsi della vigenza della disciplina normativa di cui s’intendeva dare applicazione (disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 10 d.lgs. 468/1997, di cui si dirà oltre, che avrebbero trovato applicazione, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 81/2000, appunto fino al 31 dicembre 2001, e poi, con la modifica recata dal comma 71 dell’art. 52, l. n. 448/2001, fino al 31 dicembre 2002).
3.2 Sotto un secondo profilo, e passando ad esaminare la congruenza delle finalità esplicitate nell’ordinanza commissariale n. 601/2001 dianzi citata, dalla lettura del testo del provvedimento emerge una lunga articolata e generale premessa inerente l’obbligo posto da varie disposizioni comunitarie (citate nella premessa in fatto della presente sentenza) in capo alle Autorità Pubbliche di predisporre tempestive ed esaustive informazioni inerenti le problematiche ambientali sia di tipo ascendente – destinate, cioè, “a fornire dati e conoscenze alle svariate sedi decisionali” – e sia di tipo discendente – aventi, cioè, come destinatari “le conoscenze, la partecipazione e la responsabilità degli utenti di determinati beni o del pubblico in generale”; dopo di che, la prefata ordinanza, richiamando più volte le ordinanze ministeriali attributive dei poteri e delle funzioni del Commissariato di Governo per l’Emergenza Rifiuti, Bonifiche e tutela delle Acque e le relative prescrizioni, nonché “ritenuto potersi avvalere dei poteri cui si è facultati”, pone in evidenza “il sussistere di un obbligo istituzionale di attivare, anche un complesso sistema d’informazione integrato “informatico” da mettere a servizio ed a supporto delle esigenze della P.A. e, in particolar modo, dei Cittadini residenti e dell’U.E.”. A seguire, menziona il progetto fatto pervenire dal Consorzio X. "xxx" relativo alla realizzazione di un Call Center Ambientale, denominato SOS. A. <> - recando testualmente la dicitura “LETTO il progetto”, lettura che in ragione delle considerazioni riportate al punto 3.1 che precede, è seriamente da escludere che sia realmente avvenuta in epoca precedente a quella di emanazione dell’ordinanza in esame – ed espone che esso fa riferimento ad un apparato strutturale di supporto finalizzato “alla riduzione dei tempi di accesso dei Cittadini dell’Unione e della P.A. alle varie strutture di informazione ambientale ed al miglioramento dell’efficienza nell’erogazione dei servizi”.
Dopo aver, quindi, preso atto del fatto che il Consorzio si è impegnato a realizzare il progetto impegnando lavoratori c.d. "socialmente utili" e ad effettuare attività di formazione professionale ed aggiornamento professionale, nonché del fatto che il progetto sarà conforme alle prescrizioni del d.lgs. 468/1997 (così come successivamente modificato ed integrato) recante disposizioni in materia di disciplina del lavoro socialmente utile, stabilisce di costituire, sempre con le modalità previste dal d.lgs. 468/1997 (articolo 10 tutti i commi), una Società Consortile mista, alla quale affidare il compito di gestire lo strategico servizio “informatico”.
Dopodichè, evidenziato ulteriormente che la realizzazione di siffatto sistema informatico avrebbe consentito di contribuire, “senza ulteriore dispendio di risorse finanziarie, alla rimozione delle cause concorrenti il grave rischio al quale è soggetta la Collettività” e di adempiere “l’obbligo istituzionale di garantire, …, il rispetto delle Direttive comunitarie”, ha disposto:
1. di approvare il progetto, denominato “Call Center Ambientale - SOS.A - S.O.S. Ambiente", presentato dal Consorzio X. -;
2. che la X. avrebbe realizzato le strutture previste, curandone la gestione, unitamente al progetto c.d. S.I.R.E.N.E.T.T.A.;
3. che il Consorzio, ovvero la Società Consortile "mista" da costituire, avrebbe provveduto all’assunzione, alla formazione ed all’aggiornamento professionale, nel corso delle varie fasi di realizzazione ed attivazione delle strutture programmate, di almeno 100 l.s.u.;
4. l’assunzione di un impegno finanziario, da parte del Commissario delegato, sino al 31.12.2002, per € 3.098.741,39 (lire 6.000.000.000), importo comprensivo della quota di partecipazione al capitale sociale della "Consortíle" da costituire e dell’onere scaturente dall’acquisizione della proprietà delle strutture da realizzare;
5. la fissazione degli ulteriori termini attinenti la gestione delle strutture realizzate (a far data dal 01 gennaio 2003) “con successivo provvedimento da emanare, sentite e d’intesa con le altre Amministrazioni Pubbliche interessate”;
6. il rinvio all’Ufficiale Rogante per la redazione della Convenzione.
Orbene, visto il contenuto dell’ordinanza 601/2001 come dianzi in dettagliata sintesi riportato, vanno operati tre ordini di considerazioni.
3.2. A In primo luogo, si osserva che il progetto promosso, volto ad assicurare l’informazione ambientale in generale per tutte le amministrazioni pubbliche ed anche per gli utenti privati, è stato approvato facendo specifico richiamo al rispetto della legge 108/2001 di ratifica in Italia della Convenzione di Aarhus del 1998, alla Relazione sulla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, oltre che alla precedente direttiva del 1990.
Orbene, come giustamente rilevato dalla Procura attrice, i riferimenti normativi sui quali è stato costruito il provvedimento in questione non appaiono idonei a legittimare l’iniziativa commissariale.
In primo luogo, la Convenzione internazionale di Aarhus (ratificata in Italia con la legge n. 108/2001) riguarda l’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini, l’accesso alla giustizia in materia di ambiente ed ha l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini sui problemi ambientali favorendo l’accesso all’informazione e la loro partecipazione al processo decisionale, ma la sua attuazione è stata affidata al Ministero dell’Ambiente, ed in ogni caso ha imposto diretti obblighi agli Stati, affidando alle autorità nazionali il compito di attuare il diritto all’informazione ivi contemplato, non prevedendo alcun adempimento a carico dell’organo straordinario Commissario di Governo.
In linea con le indicazioni della convenzione del 1998 dianzi ricordata, poi, si pongono, nel senso di affidare compiti relativi alle informazioni in materia ambientale alle amministrazioni statali – e non certamente al Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti in Campania – sia la direttiva europea 90/313/CEE (attuata con il d.lgs. n. 39/1997) e sia la proposta di direttiva europea, cui si riferisce il provvedimento n. 601, successivamente attuata dal nostro legislatore con il d.lgs. n. 195/2005.
La circostanza, peraltro, che il provvedimento in esame non è stato diretto a far “fronte a proprie esigenze istituzionali” del Commissario di Governo, ma ha inteso realizzare una progettazione di ben più vasta portata e non finalizzata al superamento dell’emergenza, oltretutto con un’estensione all’intero complesso delle PP.AA., risulta ancor più evidente dalla lettura delle ordinanze ministeriali che hanno disciplinato i poteri e le facoltà, nonché le relative modalità di esercizio, attribuiti al Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti nella Regione Campania. Invero, tali ordinanze – come già precedentemente osservato al punto 3.1 - hanno attribuito a tale organo straordinario funzioni inerenti la promozione e l’attuazione della raccolta differenziata, dello smaltimento, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti secondo procedimenti tecnologicamente evoluti, nonché il consolidamento del sottosuolo in presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico, cioè poteri temporanei e straordinari, perché strettamente finalizzati al superamento della situazione emergenziale in esse descritta.
Orbene, è pur vero che l’art. 2, comma 1°, dell’ord. M.I. n. 2948/1999, prevede, al punto 1.16 siccome aggiunto dall’ord. M.I. n. 3011/1999, che il Commissario delegato - Presidente della Regione Campania dispone “la formazione e l’informazione ambientale, e la promozione del rispetto dei valori naturali ed ambientali”; è altrettanto vero, però, che tale funzione dev’essere esercitata sempre “ai fini del superamento dell’emergenza” (comma 1° del medesimo art. 2 dianzi citato) ed “avvalendosi degli esperti di cui all’art. 12, comma 3°, della presente ordinanza”, cioè del personale posto a disposizione del Ministero per l’Ambiente per le attività di sua competenza “connesse alle situazioni di emergenza socio-ambientali per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza”, il che incontrovertibilmente circoscrive la funzione e le attività dell’organo Commissariale.
L’informazione considerata nel progetto, invece, è relativa a tutta la materia ambientale, non essendo soltanto limitata agli specifici settori di emergenza ai quali è finalizzata l’attività Commissariale, come deducibile dal dato testuale del provvedimento n. 601/2001, dianzi riportato (punto 3.2), e diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del convenuto, secondo cui sia le “semplificazioni” procedurali che hanno dato luogo all’adozione dell’ordinanza n. 601/2001 del Commissariato di Governo e sia il merito delle disposizioni in essa contenute sarebbero derivabili – e dunque legittimate – dalla realizzazione ad ampio spettro degli scopi emergenziali dell’organo commissariale.
Del resto, anche l'art. 3 dello statuto della X. – riportato testualmente a pagina 9 del tomo n. 1 della relazione sulla verifica amministrativo-contabile del 15.12.2005 dell'I.G.F. già citata in premessa: cfr. all. n. 1 al fascicolo di Procura - che ne definisce l'oggetto sociale, è di amplissimo respiro, concernendo l'utilizzo, la progettazione e la gestione di sistemi informatizzati nonché di programmi di formazione professionale inerenti l'informazione ambientale in genere e non facendo alcuno specifico riferimento al superamento della situazione emergenziale dei rifiuti nella regione campana.
Di conseguenza, risultano senz’altro condivisibili le osservazioni riportate a pagina 12 della predetta relazione, ove si evidenzia che “risorse pubbliche affidate, tra l'altro, ad una struttura caratterizzata dalla straordinarietà non potevano essere sottratte per altre finalità non espressamente individuate che non fossero connesse all'immediato superamento della fase emergenziale nello smaltimento dei rifiuti in Campania”. Del pari, risultano fondate, alla luce delle suesposte osservazioni, le argomentazioni della Relazione Territoriale sulla Campania del 01.02.2006, anch'essa già sopra citata, in cui, alla pagina 39, si evidenzia che “nella vicenda in questione, l'emergenza, pure invocata, sembra essere riferibile piuttosto alla necessità di assumere e stabilizzare una folta schiera di lavoratori socialmente utili che all'urgenza di avviare il call-center ambientale: la X., infatti, attualmente conta 210 dipendenti, di cui 34 per call-center ambientale (LSU regionali) e 150 per progetto MONAI della provincia di Napoli ...”.
Per contro, risulta chiaramente infondato l’assunto difensivo, secondo cui seri motivi per ritenere legittima l'iniziativa commissariale in esame sarebbero ravvisabili nella Relazione sulla gestione degli interventi straordinari in materia di smaltimento dei rifiuti in Campania affidati al Presidente della giunta regionale della Campania (anni 1999-2000), approvata con deliberazione n. 7/2002 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato - I Collegio (adunanza dell’11 dicembre 2001).
Invero, tale Relazione osserva, al punto 1.2, quanto di seguito si riporta testualmente:
“Per quanto riguarda gli obiettivi assegnati alla gestione in esame, va premesso che l’ordinanza di nomina a Commissario straordinario del Presidente della Giunta regionale della Campania in data 18.3.1996, come integrata da quella del 31.12.1996, previde gli interventi ritenuti necessari per superare l’emergenza ma dispose che gli interventi specifici venissero compresi in un Piano di emergenza da elaborare da parte del Commissario delegato entro il 31.12.1996.
Detto piano, formulato il 31 dicembre 1996 e promulgato il 14 luglio 1997, tuttavia, ha subito successive modificazioni in corrispondenza delle variazioni normative intervenute nella legislazione nazionale dei rifiuti (segnatamente, il D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22) o contenute nelle ordinanze della Presidenza del Consiglio, di disciplina della gestione.
In armonia con tale disciplina, sono stati affidati al Commissario delegato i compiti di:
· realizzare impianti definitivi, per il recupero di materie, combustibili ed energia dai rifiuti”; a tale obiettivo di fondo, sono stati associati quello, propedeutico, di realizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti e quelli connessi di
· incentivazioni per il sistema di trasporto dei rifiuti e di fissazione delle tariffe , nonché quello di messa in sicurezza di discariche, anche abusive”.
La Relazione medesima prosegue, quindi, osservando che “a decorrere dall’ordinanza del 31.3.1998, sono stati inseriti nelle attività di emergenza del settore dei rifiuti rilevanti interventi di bonifica ambientale” e che:
“Con l’ordinanza del 21.10.1999, è stato inserito tra gli obiettivi del Presidente della Giunta regionale nella qualità di Commissario delegato anche (art. 1, comma 6) “la formazione e la informazione ambientale” ed è stato dato incarico ai commissari (art. 3) di realizzare “attività di ricerca e di sperimentazione e sviluppo anche mediante la costituzione di un Centro” relativamente ai predetti interventi di natura ambientale”.
Ha, infine, concluso, sul punto, evidenziando che “non può sottacersi che tali interventi in materia ambientale non appaiono riconducibili alla emergenza dei rifiuti e, quindi, alla dichiarazione dello stato di emergenza del settore operata nel 1994 dal Consiglio dei ministri, per cui le predette ordinanze - per la parte relativa al risanamento ambientale - devono ritenersi in contrasto con l’art. 5 della legge n. 225 del 1992”.
Il referto di che trattasi, dunque, ha dettagliatamente osservato come agli organi commissariali istituiti per lo svolgimento di tutti gli adempimenti inerenti il superamento della situazione emergenziale riguardante i rifiuti, sono stati successivamente affidati anche compiti riguardanti interventi urgenti di bonifica ambientale, ai quali deve comunque ritenersi riferito (e limitato) il compito di formazione e d'informazione ambientale affidato agli organi in questione dall'ordinanza M.I. n. 2948/1999, stanti le risultanze del dato testuale di tali provvedimenti ministeriali, dianzi riportate ed analizzate, senza che la funzione informativa di che trattasi possa giammai ritenersi estensibile – come preteso dall'ordinanza commissariale – a qualsivoglia settore concernente la tutela dell'ambiente.
La Relazione in esame, infatti, evidenzia, al punto 3 (Conclusioni) che “alcune attività di ricognizione o di diffusione di informazioni o notizie utili per la formazione della cultura della raccolta differenziata, peraltro, avrebbero potuto essere già svolte in passato, ponendosi come interventi caratterizzati da sufficiente autonomia gestionale e non comportanti grandi problemi tecnici. Proprio in relazione a tale aspetto, è mancata una idonea azione di diffusione, che sarebbe stata utile per concretizzare una differenziazione anche domestica dei rifiuti”. In tal modo, il referto ha prospettato ed auspicato, del tutto condivisibilmente, un utilizzo della funzione informativa connessa ai compiti commissariali, improntati alla straordinarietà ed all'emergenza, avente tipologia, modalità di svolgimento ed obiettivi che nulla hanno a che vedere con la realizzazione e con la gestione del call center ambientale per cui è stata costituita la X. in attuazione dell'ordinanza commissariale n. 601/2001.
Per quanto dianzi considerato, il Collegio ritiene che quest'ultimo provvedimento abbia riguardato un'iniziativa che ha dato luogo ad ingente dispendio di risorse pubbliche, in assenza di qualsivoglia legittimazione normativa e, per quanto oltre si osserverà, del tutto priva di utilità per la collettività cui appariva destinata.
Del resto, l'art. 2 della legge 6 dicembre 2006, n. 290 ("Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania"), richiamato dalla difesa del convenuto ed intitolato “Informazione e partecipazione dei cittadini - Consulta regionale per la gestione dei rifiuti nella regione Campania”, dispone, al primo comma (il secondo disciplina i compiti della Consulta regionale) che “Il Commissario delegato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta, con propria ordinanza, le misure volte ad assicurare l'informazione e la partecipazione dei cittadini in conformità ai principi della «Carta di Aalborg», ... Le iniziative di informazione sono attuate in collaborazione con il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in conformità alle disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Tale disposizione, quindi, non fa altro che imporre al commissario delegato l'obbligo d'informazione, nel quadro dei principi di sostenibilità ambientale dello sviluppo dei centri urbani recati dalla carta di Aalborg, relativamente e limitatamente, peraltro, ai già conferiti compiti di gestione e superamento della situazione emergenziale concernente i rifiuti, cioè, in buona sostanza, in una prospettiva del tutto analoga a quella adombrata nella Relazione sulla gestione degli interventi straordinari in materia di smaltimento dei rifiuti in Campania riguardante gli anni 1999-2000, di cui si è detto in precedenza. Tanto ciò è vero, che il legislatore ha previsto che tale obbligo d'informazione venisse adempiuto “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, nonché “in collaborazione con il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, requisiti entrambi mancanti nel caso all'esame, visto che il provvedimento commissariale in merito al quale si controverte è stato adottato senza alcuna collaborazione con altri Enti – per quanto oltre si dirà – ed in presenza dell'assunzione di un rilevante impegno finanziario per la struttura commissariale.
3.2. B Sempre in punto di elemento oggettivo, deve ora analizzarsi la riconducibilità – in termini di legittimità – dell'iniziativa di che trattasi, al disposto dell’art. 10 del decreto legislativo n. 468 del 1997, rubricato “Occupazione dei soggetti già impegnati nei lavori socialmente utili”, cui essa fa esplicito riferimento. Tale norma consente alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 … di far “fronte a proprie esigenze istituzionali per l'esecuzione di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o in concessione”, allo scopo di “creare le necessarie ed urgenti opportunità occupazionali per i lavoratori impegnati nei lavori socialmente utili”, mediante la “costituzione di apposite società miste che abbiano ad oggetto attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti” LSU in corso, “a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia inizialmente costituita, nella misura non inferiore al 40 per cento, dai lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi”, effettuando la scelta - a tale scopo - del socio privato, anche senza l'osservanza delle procedure di evidenza pubblica, purché si tratti di “società di capitale, anche in forma cooperativa, che risultino aver collaborato sin dall'inizio alla promozione, gestione e realizzazione dei progetti di lavori socialmente utili che hanno preceduto la costituzione delle società miste”. Il comma quarto della norma richiamata ha previsto che i commi secondo e terzo dovessero trovare applicazione fino al 31.12.1999, ma l'art. 6, d.lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, come modificato dal comma 71 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448, ha stabilito che le disposizioni di cui ai commi primo, secondo e terzo avrebbero trovato applicazione fino al 31.12.2002.
Nella vicenda che si esamina, il ricorso all’art. 10 d.lgs. n. 468/1997 (così come successivamente modificato dal d.lgs. 81/2000) contenuto nell'ordinanza commissariale n. 601/2001 risulta infondato, poiché non sussistevano, nella specie, i presupposti per la sua applicazione.
Nella caso in esame, invero, si è proceduto alla costituzione di una società mista senza un individuato e preesistente progetto di lavori socialmente utili, in relazione al quale, secondo la surriportata previsione normativa, tale costituzione si doveva porre “in continuità”, secondo quanto, del resto, confermato dalla norma stessa, quando discorre di occupazione dei lavoratori “già impegnati nei progetti stessi”; inoltre, come giustamente evidenziato dalla procura attrice, anche la circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 100 del 26 luglio 1998, intitolata “Lavori Socialmente Utili. Decreto Legislativo 1 dicembre 1997, n. 468 e Decreto Interministeriale 21-5-1998. Prime direttive attuative" (all. n. 19 al fascicolo di Procura), ha contribuito a legittimare siffatta interpretazione del testo normativo, che in essa viene fedelmente – pur se sinteticamente – riportato al punto 2.2.1, in cui si chiarisce, inoltre, che: “Tale previsione normativa si applica alla società o ai terzi costituiti "ex novo" al termine dei progetti LPU” (14° par. punto 2.2.1. della circolare 100/1998): nel caso all'esame, invece, non risulta la presenza di alcun progetto LPU ultimato in funzione del quale applicare l'art. 10 d.lgs. 468/1997, non potendosi, quindi ritenere che l’operazione condotta sia corredata da liceità.
La gestione di un call-center affidata da Italia Lavoro, nel corso del 1999, ad una società facente parte del medesimo Consorzio (di cui si fa menzione nella memoria prodotta alla G.d.F. dalla X. nel settembre 2006: cfr. all. n. 6R al fascicolo di Procura) nell’ambito delle attività del Servizio Sanitario, in scadenza al 31.12.2001 ed impegnante oltre 32 unità di personale del bacino dei LSU, non trova alcun riferimento né negli atti commissariali e né nella progettazione approvata.
Sotto ulteriore profilo, deve evidenziarsi, per quanto concerne la scelta del socio della società mista, che si è proceduto all’individuazione diretta della X. quale socio privato senza l’osservanza del generale principio concorsuale, a dispetto del fatto che l'art. 10 d.lgs. 468/1997 consente la deroga alle procedure di evidenza pubblica, nella fase inerente la scelta di che trattasi, soltanto ove si tratti di “società di capitale, ..., che risultino aver collaborato sin dall’inizio alla promozione, gestione e realizzazione dei progetti di lavori socialmente utili che hanno preceduto la costituzione delle società miste”.
Orbene, non risulta che la X. abbia curato la gestione e realizzazione di analogo progetto di lavori socialmente utili precedentemente alla costituzione della X., in primo luogo, perché, come già dianzi osservato, il progetto di realizzazione e di gestione di un call center per il Servizio Sanitario Regionale affidato nel 1999 ad una società facente parte del medesimo Consorzio non viene in alcun modo richiamato nel provvedimento commissariale 601/2001 ed, in secondo luogo, perché il progetto S.I.R.E.N.E.T.T.A. (avente ad oggetto un sistema di monitoraggio informatico del trasporto di rifiuti), richiamato dalla difesa per sostenere la corretta applicazione dell’art. 10 d.lgs. 468/1997 non ha previsto – come giustamente ricordato dal P.M. di udienza - l’impiego di LSU.
Risultano, dunque, anche sotto questo profilo, condivisibili le osservazioni, correttamente fatte proprie dal requirente, contenute nella Relazione Territoriale sulla Campania presentata il 01.02.2006, secondo cui (pagine 38 e 39) la struttura commissariale, a dispetto del copioso riferimento testuale a disposizioni comunitarie, non abbia tuttavia tenuto “minimamente in conto i vincoli di pubblicità e concorsualità, sempre di fonte comunitaria ..., regolanti la scelta del partner privato chiamato a formare la società mista di gestione del progetto”, nonostante la giurisprudenza del G.A., allineata sotto tale profilo a quella della Corte di Giustizia C.E., abbia rimarcato “che l'affidamento diretto di un appalto pubblico ad una società mista pubblico-privata, pregiudica l'obiettivo di una effettiva e libera concorrenza tra le imprese e contrasta con il principio della parità di trattamento degli interessati”; eppure – prosegue la Relazione – l'art. 5 T.U.E.L. (d.lgs. 267/2000) impone, ai fini della scelta del socio privato, lo svolgimento di apposite gare secondo procedure ad evidenza pubblica, idonee a garantire l'osservanza delle disposizioni interne e comunitarie in materia di concorrenza.
Come, poi, giustamente posto in rilievo nella Relazione sulla verifica amministrativo-contabile eseguita dall'I.G.F. e datata 15.12.2005, le attività per le quali è consentito, ai sensi dell'art. 10 d.lgs. 468/1997, costituire società miste preposte a gestire progetti prevedenti l'impiego di LSU sono quelle che “rientrano ... nella gestione ordinaria delle regioni e degli enti locali e che esulano certamente dalla gestione straordinaria dell'emergenza rifiuti, considerati i caratteri di eccezionalità e temporaneità che dovrebbero contraddistinguerla”.
Conseguentemente, ed anche sotto il profilo appena posto in rilievo, appare evidente l'ingiustificato travalicamento dei propri compiti istituzionali in cui si è concretata l'emissione dell'ordinanza commissariale n. 601/2001, risultando infondata la deduzione difensiva, proposta dall'avv. Raimondo Nocerino nel corso dell'odierna udienza, secondo cui al Commissario Straordinario di Governo per l'Emergenza rifiuti è riconosciuta la generale facoltà di predisporre progetti socialmente utili e di promuovere la costituzione di società miste, poiché tale facoltà, prevista dall'art. 2 dell'ordinanza M.I. n. 2560 del 02.05.1997 (depositata in copia dal medesimo difensore in udienza), limita la predisposizione di progetti LSU all'”attuazione degli interventi di propria competenza, con specifico riguardo al conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata” e, per quanto concerne la promozione della costituzione di società miste, prevede che essa sia finalizzata all'”attuazione di quanto previsto dal comma 21 dell'articolo 1 del decreto legge 1 ottobre 1996 n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608”, disposizione che, dettata nell'ambito delle “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”, riproduce in modo pressoché pedissequo le disposizioni dettate dall'art. 10 d.lgs. 468/1997, già dianzi riportate.
Infine, sul punto, non si ritiene di poter condividere l'ulteriore assunto difensivo, secondo cui il parere reso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato in data 06.11.2002 legittimerebbe l'iniziativa sotto il significativo aspetto della costituzione della società mista con contestuale impiego di LSU, perché l'Avvocatura Distrettuale, interpellata specificamente sulla cedibilità gratuita alla Regione di quote societarie di proprietà del Commissariato di Governo, si esprime positivamente esclusivamente sul punto, osservando che “l'istituzione di un commissariato straordinario governativo non implica una stabile avocazione di competenza allo stato”, ma rappresenta “un ausilio dell'amministrazione centrale a quella locale, per l'avvio di un processo che da quest'ultima deve essere recepito e condotto in regime ordinario”, e non riguardando affatto la legittimità dell'iniziativa intrapresa con l'ordinanza commissariale n. 601/2001 (cfr. all. n. 1 bis al fascicolo di Procura).
3.2.C Ancora in ordine all'illecito depauperamento del patrimonio pubblico derivato dalla costituzione della X. al fine di gestire il cd. Progetto SOSA approvato con l'ordinanza commissariale n. 601/2001, va osservato che ha fortemente inciso sull'inutile dispendiosità dell'iniziativa l’estensione della progettazione oggetto dell’ordinanza stessa all’intero complesso delle PP.AA. in assenza di qualsivoglia coinvolgimento delle stesse nelle fasi sia di programmazione delle commesse e sia di assunzione dei necessari impegni finanziari, cui si è accennato al punto 3.2.A che precede.
Invero, soltanto nelle premesse dell'atto si dice “RITENUTO che sia doveroso fornire il necessario impulso, i mezzi, le professionalità e le energie agli Enti pubblici e Privati istituzionalmente impegnati”, mentre alla lettera E del dispositivo è affermato che “con successivo provvedimento da emanare, sentite e d’intesa con le altre Amministrazioni Pubbliche interessate, saranno fissati gli ulteriori termini attinenti la gestione delle strutture realizzate a far data dal 01 gennaio 2003”.
L’estensione in parola, che è di natura sia soggettiva e sia oggettiva, avrebbe dovuto essere preventivamente delineata e successivamente attuata, poiché senz'altro qualsivoglia progetto di “call center”, nella sua ideazione, richiede, per essere realizzato e fornire le informazioni ambientali, che si ineragisca con le varie PP.AA. e che ci si avvalga del collegamento con le varie strutture di competenza ambientale per ottenere le informazioni da rendere al cittadino.
Tuttavia, nel caso di specie, risulta assente una qualsiasi preventiva verifica di interesse o disponibilità in tal senso di altri soggetti pubblici potenzialmente interessati (quali Comuni, Province, AASSLL, Autorità di Bacino, Arpac, Enti di ricerca etc.). Neanche successivamente, del resto, si è avuta una corrispondenza con altre pubbliche amministrazioni in merito all’attuazione della progettata “informazione ambientale” (cfr. relazione G.d.F. del 10.10.2006, pag. 4, punto 2 ed all. n. 17 alla stessa).
Nella convenzione n. 94 stipulata in forma pubblica amministrativa in data 31 dicembre 2001 tra il Commissario delegato ed il Consorzio X., viene data attuazione alla citata ordinanza n. 601/2001, precisandosi all’art. 2 che il progetto della X. approvato sarà curato dal Consorzio, e per esso dalla Società mista, per il periodo di 60 mesi, mentre all’art. 3, in cui è fissato l’impegno assunto a carico del Commissario, così si dispone: “L’impegno finanziario assunto, giusta Ordinanza 601/2001, dal Commissario delegato, sino al 31.12.2002, ammonta ad Euro 3.098.741,39 (lire 6 miliardi), tale importo è comprensivo della quota di partecipazione al capitale sociale della “Società mista” da costituire e dell’onere scaturente dall’acquisizione della proprietà delle strutture da realizzare; con successivo provvedimento da emanare, sentite e d’intesa con le altre Amministrazioni Pubbliche interessate che, giusta la legislazione comunitaria, dovranno provvedere all’iscrizione nei propri Bilanci della voce stanziamento per la “informazione ambientale”, saranno fissati gli ulteriori termini attinenti la gestione delle strutture realizzate a far data dal 01 gennaio 2003”.
Il riportato art. 3 della convenzione ripropone le lettere d) ed e) del dispositivo dell’ordinanza 601, precisando, in aggiunta, che da altre Amministrazioni Pubbliche vi dovrà essere uno stanziamento di bilancio per l’informazione ambientale.
Quindi, giustamente la Procura attrice ha rilevato che “sono indefiniti i soggetti che dovrebbero garantire l’esecuzione e, conseguentemente, la copertura finanziaria del progetto, quale realizzata da un ipotizzato stanziamento per l’informazione ambientale” e che la predetta previsione convenzionale è violativa della disposizione dell’art. 2, comma 5, del d. lgs. 468/1997, ove si prevede che: “ … i progetti di lavori di pubblica utilità, predisposti dalle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e dagli enti pubblici economici, sono corredati dalle delibere di cui all’articolo 10, comma 1, recanti gli impegni in ordine alle opzioni ivi previste e ai conseguenti stanziamenti di bilancio”.
Conferma di tali osservazioni è individuabile nel piano industriale economico anno 2005 della X. allegato all’ordinanza n. 14/2005 del Commissario di Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania, con la quale si è effettuato un primo ripianamento delle perdite societarie con conseguente ricapitalizzazione della società X..
Nel piano, invero, si legge che: “I limiti al lavoro sono relativi non solo all’urgenza relativa all’elaborazione del “piano” ma soprattutto alla carente definizione della commessa a cui fare riferimento per la costruzione del piano stesso. Infatti, la società come è noto, è fortemente caratterizzata dalla dipendenza dagli Enti locali ed in particolare dall’attribuzione di specifiche commesse da parte soprattutto dei soci committenti. Allo stato la mancata definizione contrattuale e conseguente assegnazione delle commesse, sulle quali la società dovrà svolgere la sua attività, condiziona fortemente il giudizio sulla continuità delle attività dell’azienda, e ciò indipendentemente da un altro fattore e cioè quello relativo alla perdita conseguita nell’esercizio 2004 che erode completamente il capitale sociale, con la conseguente necessità di ripianare la perdita e ricostituire il capitale sociale almeno al minimo legale. Solo la puntuale definizione delle commesse può dare la necessaria copertura dei costi” (cfr. all. n. 19 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006).
La gestione della X., dunque, è risultata enormemente fallimentare, con perdite elevate e con prospettive future più che desolanti, tali da provocare di recente la fuoriuscita del socio privato, con la successiva instaurazione di contenziosi con scopo risarcitorio nei confronti del Commissario di Governo, come già anticipato nella premessa in fatto.
Infatti, le attività attribuite alla società si delineano a loro volta di limitato orizzonte temporale, non certamente a causa della mala gestio di carattere esclusivamente imprenditoriale imputabile ad avviso della difesa del convenuto agli amministratori della X., ma a cagione dell'assunzione dell'iniziativa in tempi che è eufemistico definire estremamente brevi, per realizzare scopi di stabilizzazione occupazionale estranei alla gestione commissariale caratterizzata da temporaneità e da straordinarietà, nonché in assenza di qualsivoglia assenso-assunzione d'impegno finanziario da parte di altri organismi pubblici.
Inoltre, il provvedimento commissariale ha trascurato di considerare due fondamentali aspetti:
A. Ai sensi dell'art. 3 della legge n. 61/1994 sono le A.R.P.A. (Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale) che “ devono fornire il supporto tecnico scientifico necessario per la pianificazione e gli interventi a livello regionale, gestire l’informazione ambientale regionale, organizzare programmi di educazione e formazione ambientale e soprattutto, effettuare i controlli e le azioni di prevenzione ambientale tramite le proprie strutture tecniche presenti sul territorio”, e, secondo l'art. 5 della legge regionale n. 10/1998, che disciplina le funzioni dell'A.R.P.A.C. (Ente strumentale della Regione Campania), l'Agenzia in parola è preposta, oltre che allo svolgimento delle attività e dei compiti di interesse regionale di cui all’art. 1 legge n. 61 /1994, anche dell’attività finalizzata a fornire previsioni, informazioni ed elaborazioni microclimatiche e metereologiche, dell'attività di sensibilizzazione e informazione dell’opinione pubblica sui temi ambientali, nonché all’organizzazione e gestione del sistema informatico regionale per l’ambiente ed a qualsiasi altra attività collegata alle competenze regionali in materia ambientale. Non a caso, infatti, con nota n. 278/S.P. del 28.01.2004, indirizzata al Commissario di Governo, l’Assessore alle Politiche Territoriali e Ambiente della Regione Campania suggerisce il trasferimento all'A.R.P.A.C. della quota di azioni assegnate a titolo gratuito alla Regione con ordinanza commissariale n. 228/2002 (cfr. all. n. 5G al fascicolo di Procura).
B. La costituzione della X. per la realizzazione e la gestione del cd. Progetto SOSA, inoltre, risulta illegittimamente sovrapporsi rispetto alle funzioni destinate agli Uffici per le Relazioni con il Pubblico istituiti presso le PP.AA., cui l'art. 8 della legge n. 150/2000 (recante la disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni) affida il compito di garantire l’esercizio dei diritti di informazione, con adozione di sistemi di interconnessione telematica, nonché la reciproca informazione fra l’URP stesso e le altre strutture operanti nell’amministrazione, oltre che fra gli UU.RR.PP. delle varie amministrazioni (cfr. artt. 10 e 11 del d.lgs. 165/2001).
Il requirente ha giustamente rilevato, “pertanto, come sia stata gravemente carente da parte del Commissario la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per dare vita al progetto e sulla sua effettiva utilità e attuabilità, anche in relazione alle competenze ed al concorso della altre amministrazioni”, il che conferma la condivisibilità della prospettazione attorea in punto di illecito travalicamento, da parte del Commissario Delegato, dei propri compiti istituzionali specificamente diretti al superamento della situazione emergenziale.
4. L'iniziativa, la cui illiceità è ampiamente descritta nelle considerazioni che precedono, ha dato luogo ad un rilevante impegno finanziario cui non è corrisposta alcuna utilità per la collettività amministrata, di modo che deve ravvisarsi la sussistenza, nel caso all'esame del Collegio, di un danno ingiusto e risarcibile subito dalla collettività amministrata.
Il progetto “Call Center Ambientale - SOS.A – S.O.S. Ambiente”, infatti, è rimasto privo di sostanziale esecuzione, com'è dato chiaramente dedurre sia dalla lettura della citata Relazione della Commissione parlamentare, secondo cui “… per esplicita ammissione dei vertici attuali della società mista, il call center in questione è pressoché inattivo (quattro o cinque chiamate al giorno) e del tutto sconosciuto agli stessi interlocutori istituzionali della struttura commissariale, quali, ad esempio, i consorzi di bacino” (pag. 39), e sia da quanto accertato in sede d'indagine dalla G.d.F., la quale ha specificamente riportato che il periodo di effettiva operatività del call center in questione è da individuare soltanto nei mesi di settembre-ottobre 2003, dovendosi per il resto constatare una desolante inattività (4-5 chiamate al giorno, appunto): cfr. all. nn. 10 e 17 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006 (prospetto delle chiamate ricevute dal call center e dichiarazioni rese dal dr. R. B., presidente C.d.A. X. in data 03.10.2006).
L'illecito esborso derivato dalla costituzione della società mista Società Protezione Ambiente e Natura S.p.A. (cd. X.) è stato correttamente quantificato dalla Procura come segue:
A. € 3.667.470,67, importo costituito dalla sommatoria dei mandati/bonifici relativi a X. e riguardanti il progetto di call center ambientale. Il mandato di pagamento è il n. 362 del 03.08.2005, effettuato per € 3.167.457,27 dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania, mentre i bonifici disposti in favore di X. da Pomigliano Ambiente S.p.A., su disposizione del Commissario Governo Emergenza rifiuti, sono il n. 68483218612 del 24.03.2003 per € 100.003,10, il n. 66843166505 del 29.04.2003 per € 100.004,10 ed il n. 15613400703 per € 300.006,20 (cfr. all. n. 19 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006).
B. € 253.833,50, importo corrisposto alla X., con il mandato di pagamento del Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania n. 363 del 03.08.2005, a titolo di spese, commissioni bancarie ed interessi passivi dovuti in virtù del decreto Commissariale n. 519 del 01.12.2003 (all. n. 5F al fascicolo di Procura) con il quale, nel riconoscere il debito nei confronti della X., si dà anche atto, in presenza di una cessione del credito della società mista, “che eventuali oneri accessori, quali interessi e spese da quantificare a seguito del soddisfacimento dell’anticipazione erogata dall’Istituto di Credito, saranno posti a carico della struttura Commissariale e riguardano esclusivamente le somme anticipate” (cfr. all. n. 19 alla relazione G.d.F. del 10.10.2006).
Il danno derivante dalla somma di tali importi, disposti dal Commissariato in relazione all’attuazione dell’ordinanza n. 601 del 2001, è pari ad € 3.921.304,17.
5. In punto di nesso di causalità, e ritenuta ovviamente in re ipsa la sussistenza del rapporto di servizio tra il Commissario delegato dal Governo per l’Emergenza rifiuti-Presidente della Regione Campania e l’Amministrazione regionale danneggiata, non può revocarsi in dubbio, come validamente posto in rilievo dal requirente, che “il mancato decollo del centro servizi sull’informazione ambientale, sulla cui base è stata costituita la società mista, è stato causato, ..., dagli evidenziati vizi ed aspetti critici dell’iniziativa, tra cui emerge l’incauto, insufficientemente ponderato e non consentito intervento dell’organo straordinario governativo, avvenuto presupponendo l’interesse e collaborazione, anche e soprattutto finanziaria, di altre non preventivamente sentite né individuate amministrazioni”.
Tale ponderazione, effettuata con le vistose ed illecite carenze precedentemente evidenziate, era rimessa in via esclusiva all'ex Commissario delegato dal Governo al superamento della situazione emergenziale, in ragione delle considerazioni che seguono.
L'istituto del commissariamento in materia di rifiuti rappresenta un modello di azione amministrativa straordinaria nel campo della gestione dei rifiuti, che non trova una fonte normativa specifica, ma viene adottato in riferimento agli interventi urgenti in materia di protezione civile. Esso è stato successivamente pienamente legittimato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 127 del 1995, con la quale è stato stabilito che spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorrere allo stato di emergenza, a norma dell'articolo 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in ordine alla situazione socio-economico-ambientale di una regione, sulla base degli elementi evidenziati dai competenti organi statali e regionali.
Il ricorso alla nomina di un «Commissario straordinario» rientra nell'ambito dell'organizzazione amministrativa come evento di controllo sostitutivo tra enti; esso acquista un carattere peculiare quando riguarda competenze attribuite dalla legge alle Regioni. Ulteriore specificità deve essere attribuita alla figura del Commissario straordinario per la protezione civile, al cui fondamento normativo si richiamano le numerose ordinanze del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri che, nel corso degli anni, sono intervenute per nominare commissari straordinari per l'emergenza rifiuti, prorogare il loro mandato, specificare limiti e modalità dei compiti attribuiti.
La gestione commissariale, in altri termini, si caratterizza per la sua centralizzazione e per la sua concentrazione in capo, inizialmente, al solo Prefetto, ritenuto il solo organo di Governo in grado di sostituirsi a livello territoriale a tutti gli altri enti territoriali coinvolti a vario titolo e preposto quindi a gestire i poteri commissariali straordinari, e successivamente, con l'affiancamento del Presidente della Giunta della regione «commissariata», al fine di personalizzare, contemporaneamente concentrandola in un organo unisoggettivo munito di investitura governativa, l'effettiva partecipazione delle entità regionali all'esercizio «emergenziale» della gestione del ciclo dei rifiuti.
Per quanto osservato, non può che ravvisarsi sussistente l'ascrivibilità in via esclusiva dell'insorgenza dell'illecito esborso dianzi descritto e quantificato, alla condotta avventata e negligente tenuta nella conduzione della vicenda all'esame dall'ex Commissario delegato dal Governo all'emergenza rifiuti in Campania A.B..
6. La responsabilità dell’indicato danno viene ritenuta attribuibile a titolo di colpa grave, secondo la prospettazione della Procura, al predetto Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania, avendo egli adottato gli atti relativi all’approvazione del progetto presentato dalla X. ed alla costituzione della X., cioè, in particolare, l'ordinanza n. 601/2001 più volte dianzi citata.
In effetti, in considerazione delle notevoli anomalie e rilevanti illegittimità precedentemente evidenziate, il comportamento tenuto dall'ex Commissario per l'emergenza rifiuti A.B. è da qualificare quale gravemente colposo.
Invero, dagli atti di causa, dettagliatamente sopra analizzati, risulta, in buona sostanza, che nel periodo intercorrente tra la metà di dicembre del 2001 ed il 1° gennaio 2002 è stata concentrata tutta l'acquisizione/valutazione degli atti relativi all'affidamento del progetto cd. SOSA, prevedente l'impiego di almeno cento LSU, ad una società mista da costituire (poi denominata X.): il commissariato ha accolto il progetto, ne ha riconosciuto la validità, ha adottato l'ordinanza ed ha dato il via libera a costituire una società in meno di quindici giorni.
E' questo il quadro sintetico che descrive la vicenda oggetto del giudizio.
La circostanza che l’iniziativa in contestazione, intrapresa in tempi deliberativi assai ristretti per l’approssimarsi della scadenza del 31 dicembre 2001 (solo successivamente prorogata), risponda essenzialmente all’esigenza di assumere e stabilizzare lavoratori socialmente utili e non a problematiche emergenziali in materia ambientale (rifiuti, bonifiche e tutela delle acque), così come rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nella menzionata relazione, non consente di riconoscerne la legittimità, bensì, al contrario, impone ancor più di evidenziare come l’ampia portata dell’iniziativa di cui all’ordinanza 601/01 palesemente non rientri nei compiti istituzionali del Commissario.
Come giustamente rilevato nell'atto introduttivo del giudizio, “i poteri attribuiti al Commissario trovano non solo giustificazione nell’emergenza ma, in funzione di quest’ultima, anche una naturale limitazione, dettata dalla ragione stessa della particolare legittimazione dell’intervento straordinario”.
Valga richiamare, in proposito, le disposizioni contenute nell'art 5 della legge 225/1992, istitutiva della Protezione Civile, riguardanti “Stato di emergenza e potere di ordinanza”, secondo cui, una volta deliberato dal Consiglio dei ministri (o, per sua delega, dal Ministro per il coordinamento della protezione civile) lo stato di emergenza in presenza del verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) (calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari), la medesima Autorità ministeriale può avvalersi, per l'attuazione degli interventi previsti dai commi 2° e 3° dello stesso articolo (interventi di emergenza ed altri comunque intesi a scongiurare ulteriori situazioni di pericolo per persone e cose), di commissari delegati, con provvedimento di delega che “deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio”. L'attuazione degli interventi di che trattasi – prosegue l'art. 5 in parola – legittima il Ministro preposto o il Commissario all'uopo delegato ad adottare “ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente”, purché emanate “nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico”, nonché “motivate” ed indicative “delle principali norme a cui si intende derogare”.
Orbene, così richiamata la disposizione attributiva ai commissari delegati per stati di emergenza del potere di emanare ordinanze “in deroga”, appare immediatamente evidente l'infondatezza dell'assunto difensivo, secondo cui, posto che l'ordinanza n. 601/2001 dovrebbe ritenersi intesa ad attuare una finalità emergenziale, il medesimo provvedimento costituirebbe mero “atto di indirizzo e programmatorio”, privo di immediata efficacia vincolante per i contraenti, da attribuire, invece alla convenzione successivamente stipulata e registrata al n. 94 del 31.12.2001 del repertorio. Invero, siffatti provvedimenti sono così strutturati proprio per disciplinare con efficacia immediata e diretta situazioni abbisognevoli di rapide soluzioni.
Le ordinanze extra ordinem, infatti, possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente, ma soggiacciono, nel contempo, a precisi limiti, quali il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, l’obbligo di motivazione, l’indicazione delle principali norme giuridiche cui si intende derogare, il rispetto degli stabiliti limiti temporali. Si tratta di impedire che le deroghe apportate al quadro normativo vigente, finiscano nella sostanza per determinare uno stravolgimento dello stesso. Ed invero, il potere di adottare ordinanze in deroga non può che dar luogo a “deroghe temporalmente limitate non anche ad abrogazione o modifica di norme vigenti” (Corte Costituzionale, sentenze nn. 127/1995, 418/1992, 201/1987, 4/1977 e 8/1956; Cons. di Stato, Sez. V, sentenze nn. 6809 e 6280/2002; Cons. di Stato, Sez. IV, sentenza n. 197/98).
Orbene, la sussistenza in capo al convenuto dell'elemento soggettivo della colpa grave è testimoniata dal fatto che egli non poteva non essere consapevole della propria investitura, quale organo commissariale, finalizzata alla gestione dell'emergenza mediante l'esercizio dei poteri attribuitigli, ivi compresa l'emanazione di ordinanze extra ordinem, da adottare, peraltro, nel rispetto dei principi, individuati dalla Consulta e dalla giurisprudenza amministrativa, dianzi ricordati.
Quindi, delle due l'una: o l'ordinanza n. 601/2001 non si strutturava sul modello e sull'efficacia dell'ordinanza cd. “in deroga”, ed allora non avrebbe mai potuto prescindere dall'attenta valutazione degli atti relativi all'esame del progetto cd. SOSA ed all'affidamento della sua realizzazione e gestione ad una società mista prevedente l'impiego di un certo numero di LSU – cioè dalla corretta applicazione delle disposizioni normative dianzi richiamate ed analizzate e che sono state, nella specie, palesemente disattese; oppure si trattava di un'ordinanza extra ordinem, ed in tal caso non avrebbe potuto essere adottata se non al fine di fronteggiare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, mediante l’esercizio di un’amplissima potestà discrezionale, che trova un limite rigoroso, attesi i principi costituzionali in gioco, nell’effettiva esistenza di una situazione di fatto - consistente in calamità naturali, catastrofi o altri eventi emergenziali - richiedente, per intensità ed estensione, l'utilizzo di mezzi e di poteri straordinari, stante la comprovata impossibilità di potere altrimenti far fronte alla situazione medesima – la quale, nel caso di specie, era del tutto priva delle caratteristiche emergenziali di che trattasi, per quanto dianzi evidenziato.
Inoltre, va osservato, sempre in punto di elemento soggettivo dell'illecito amministrativo-contabile rilevato, che non solo l'ex Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti ha utilizzato il proprio potere di emanare ordinanze al di fuori dei limiti imposti dalle surrichiamate disposizioni attributive del potere medesimo e disciplinanti i presupposti e le modalità del relativo esercizio, ma anche, nel disporre la costituzione della società mista unitamente al socio privato Consorzio X. per la gestione del progetto cd. SOSA mediante l'impiego di LSU, ha assunto sostanzialmente l'impegno a prevederne la gestione mediante il coinvolgimento di altri Enti, gestione che, invece, è mancata del tutto, per cui attualmente X. non ha commesse a sufficienza neppure per sopravvivere, ed i lavoratori LSU preposti al progetto SOSA risultano quasi completamente inutilizzati; di modo che deve rilevarsi che anche l'impegno in parola è stato assunto con ingiustificabile avventatezza, improntata ad un evidente disinteresse circa il corretto uso dei propri poteri istituzionali ed in ordine alle conseguenze dannose per il patrimonio pubblico suscettibili di derivare da siffatta condotta negligente.
Per quanto dianzi osservato, il Collegio ritiene ravvisabile, nel caso all'esame, la sussistenza in capo al convenuto dell'elemento soggettivo della colpa grave.
7. Riconosciuta, quindi, la responsabilità amministrativa di A.B. in qualità di Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti, Bonifiche e Tutela delle Acque, il Collegio, nel procedere alla definitiva quantificazione dell'ammontare del danno che egli è tenuto e risarcire in favore dell'erario per effetto della presente pronuncia, ritiene, anche in accoglimento del rilievo operato in merito dallo stesso P.M. di udienza, che sussistano le condizioni per esercitare il potere riduttivo previsto dall'art. 52 del R.D. 12 luglio 1934 n.1214, in relazione alla obiettiva circostanza – certamente non rilevante al grado di completa esimente, per le considerazioni dianzi esposte - che l'iniziativa che ha costituito illecito depauperamento del patrimonio pubblico nei suindicati termini, aveva tuttavia finalità di stabilizzazione occupazionale, senz'altro non rientrante nelle finalità istituzionali del commissariato e sicuramente costituente illecito esborso erariale per la sostanziale inutilità per la collettività dell'impiego degli LSU chiamati a partecipare al progetto cd. SOSA, ma in concreto meritevole, per le ragioni solidaristiche sottostanti, di dare luogo ad equitativa riduzione dell'addebito da € 3.921.304,17 ad € 3.200.000,00, importo comprensivo di rivalutazione monetaria, ma gravato da interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.
9. Per quanto riguarda, infine, le spese di giudizio, queste, ai sensi dell'art. 97 c.p.c. seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte de Conti
Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania
1. respinge la richiesta d'integrazione del contraddittorio;
2. condanna il signor A.B. al pagamento, in favore della Regione Campania, della somma complessiva di € 3.200.000,00, determinata con esercizio del potere riduttivo e, dunque, comprensiva di rivalutazione monetaria.
Detta somma sarà gravata di interessi dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.
Il predetto soggetto è, poi, tenuto al pagamento, nei confronti dell'erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro 835,08.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2007.
Depositata in Segreteria il 27 Dicembre 2007.