domenica 8 gennaio 2012

RCA, art. 2054 cc e danni a veicolo parcheggiato irregolarmente


Cassazione civile, SEZIONE III, 23 luglio 2002, n. 10751



" nell'ambito dell'applicazione dell'art. 2054 c.c, va esclusa la corresponsabilità del veicolo parcheggiato irregolarmente nel caso di accertata insussistenza della incidenza causale ovvero del nesso eziologico da verificare volta per volta, rispetto alla collisione avvenuta tra altri due veicoli"


Diritto
1. - Il ricorso principale della Sesta ed il ricorso incidentale dei Sempronio vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la
medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. - Vanno prima esaminati i sei motivi del ricorso principale.
Con il primo motivo la Sesta, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 2054, secondo comma, c.c., sostiene che la presunzione posta da detta disposizione normativa doveva essere applicata anche rispetto al veicolo
in sosta irregolare del Caio e soggiunge che "con motivazione apodittica e contraddittoria" la sentenza
impugnata ha escluso l'incidenza causale della presenza dello stesso, "fermo a dieci metri dal luogo del sinistro".
Il motivo di ricorso è infondato.
L'art. 2054, secondo comma, c.c. dispone che "nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che
ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli". La detta
presunzione si applica ai conducenti dei veicoli scontratisi e non riguarda, quindi, un veicolo che non è stato
coinvolto nello scontro. Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha escluso l'applicabilità della presunzione al
camion del Caio che era in sosta sulla pubblica strada e che non è stato coinvolto nello scontro avvenuto tra due
diversi veicoli.
La ricorrente richiama, in senso contrario, la sentenza di questa Corte 4 aprile 1996 n. 3131, secondo cui l'art. 2054,
secondo comma, "è estensivamente applicabile anche all'ipotesi di sinistro in cui manchi una colsempronioone diretta tra
veicoli, quando sia necessario risolvere il problema della graduazione del concorso di colpa, una volta che in un
incidente stradale tale concorso sia stato accertato in concreto". Ma, appunto, occorre che sia stato accertato il nesso
di causalità tra la guida del veicolo e lo scontro e quindi il suo coinvolgimento nello stesso pure se non è entrato in
colsempronioone.
È indubbio che, qualora si accerti il nesso di causalità tra la sosta irregolare ed il verificarsi dello scontro tra gli altri
veicoli circolanti, sussiste la responsabilità del proprietario del veicolo che si trovi in sosta non regolare, e per la
graduazione della sua colpa può farsi ricorso, in via sussidiaria e cioè quando manchino elementi probatori precisi,
alla presunzione di uguale responsabilità posta dal secondo comma dell'art. 2054. Ma, nel caso di specie, la Corte di
appello ha motivatamente escluso la esistenza di tale nesso di causalità perché, in considerazione della ampiezza
delle due strade percorse dai veicoli scontratisi, ha ritenuto che "ciascun conducente era in grado di avvistare,
reciprocamente, il mezzo con cui si scontrò", onde ha escluso che la presenza del camion del Caio "abbia
concorso nella determinazione dell'incidente". È mancato, quindi, quell'accertamento del concorso del veicolo nella
causazione dello scontro che, come si è detto, costituisce il presupposto per l'applicazione della presunzione prevista
dal secondo comma dell'art. 2054.
Poiché l'accertamento del nesso di causalità rientra nei poteri del giudice del merito, il cui esercizio è stato motivato
in modo da resistere alla censura piuttosto generica formulata nel motivo di ricorso, la sentenza impugnata va
confermata per quanto attiene all'esclusione della responsabilità del Caio.
3. - Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere affermato il concorso di colpa tra i
conducenti dei due veicoli scontratisi (il furgone del Comune e la motocicletta del sempronio), anziché la colpa esclusiva
del conducente del furgone comunale.Il motivo di ricorso è inammissibile per difetto di interesse perché a favore della ricorrente è stata pronunziata una
condanna solidale del Comune al risarcimento di tutti i danni subiti, onde il Comune è obbligato nei suoi confronti
per l'intero (art. 1292 c.c.), e l'accertamento del concorso di colpa del sempronio non ha alcun effetto pregiudizievole per la
ricorrente.
4. - Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo la violazione dell'art. 2054, secondo comma, c.c., censura
l'esclusione del danno morale, che ritiene ingiustificata perché i due conducenti sono "complessivamente
responsabili al 100 %" delle lesioni da lei subite, pure se la Corte di appello ha ritenuto che non vi fosse possibilità
di graduare le rispettive colpe. A tal riguardo la ricorrente prospetta genericamente un dubbio di incostituzionalità.
Il motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello ha individuato in positivo ed in concreto una condotta colposa del conducente del furgone
comunale perché ha, innanzitutto, "addebita(to)" al medesimo "la mancata osservanza del segnale di Stop". Poi, in
ordine alla condotta del conducente del motoveicolo (Tiberio sempronio), ha ritenuto operante la presunzione di colpa
posta dal primo comma dell'art. 2054 per non avere egli "dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitare lo
scontro, con particolare riferimento alla velocità da lui tenuta", e quindi ha applicalo la presunzione di uguale
concorso di colpa ex art. 2054, secondo comma. La colpa in via presuntiva, quindi, è stata affermata soltanto per il
sempronio, mentre per il conducente dell'altro veicolo vi è stato un accertamento di colpa non presuntivo.
La sentenza impugnata ha escluso il risarcimento del danno morale liquidato alla ricorrente Sesta dalla sentenza di
primo grado per la sola ragione che tale danno, per essere risarcito, "richiede l'accertamento in concreto della colpa
dei danneggianti". Tale ragione è in astratto corretta perchè è conforme all'orientamento di questa Corte di
legittimità, il quale perè è stato applicato erroneamente perché, nel caso di specie, un accertamento concreto della
colpa di uno dei due conducenti (quello del veicolo comunale) è contenuto nella sentenza impugnata.
Tale sentenza va perciò cassata per quanto attiene all'esclusione del danno morale a favore della ricorrente ed a
carico del solo Comune, tenuto conto che la danneggiata ha ricevuto l'intero massimale dalla società assicuratrice
del Comune a cui infatti ella non ha notificato il ricorso per cassazione.
5. - Con il quarto motivo la ricorrente, deducendo vizi di motivazione e violazione di legge, censura la sentenza
impugnata nella parte in cui le ha negato gli interessi legali dalla data del fatto alla sentenza di primo grado. La
ricorrente si richiama alla sentenza delle Sezioni unite di questa Corte 17 febbraio 1995 n. 1712 sulla debenza degli
interessi sulle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno man mano che esse si rivalutano.
Il motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado sul punto qui censurato limitandosi ad osservare che il
Tribunale ha liquidato il danno subito dalla ricorrente (danno biologico) "al valore odierno della moneta", e cioè al
momento della pronunzia giudiziale. Il riferimento della liquidazione a tale momento è sicuramente comprensivo
della rivalutazione della somma corrispondente al danno subito alla data dell'illecito, ma nulla indica in ordine al
mancato guadagno derivante dal ritardato pagamento della stessa somma, che, secondo la sentenza delle Sezioni
unite richiamata dalla ricorrente (relativa peraltro al danno patrimoniale), può essere risarcito attraverso gli interessi
legali (compensativi) sulle somme in cui è stato liquidato il danno sofferto. Il fatto che i detti interessi non possano
essere cumulati con la rivalutazione impedisce di calcolarli sulla somma rivalutata, ma non ne comporta
necessariamente l'esclusione, dovendo invece valutarsi, da parte del giudice del merito, se un danno sia derivato alla
parte creditrice dal ritardo con cui ha ottenuto la somma di denaro liquidatale a titolo risarcitorio.
in altri termini, contrariamente alla tesi implicita nella stringata motivazione sul punto della sentenza impugnata, non
vi è incompatibilità tra valutazione all'attualità del danno biologico e riconoscimento degli interessi compensativi,
volti a ristorare il diverso pregiudizio che l'avente diritto abbia subito per la ritardata percezione del suo credito
(Cass. 24 settembre 1997 n. 9376). Certo, anche tali interessi possono essere assorbiti nella liquidazione del danno
biologico che venga effettuato alla stregua dei valori monetari al tempo della decisione (Cass. 24 gennaio 2000 n.
748), ma occorre che tale inclusione sia frutto di valutazione ed esplicitazione del giudice del mento, assenti Invece
nella motivazione della sentenza impugnata.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve rilevarsi che la domanda specifica dell'appellante Marika Sesta,
la quale ha chiesto la corresponsione degli "interessi dal fatto illecito", anziché dalla sentenza di primo grado (come
disposto dal primo giudice), è stata rigettata con motivazione non sufficiente, onde sulla stessa dovrà nuovamente
decidere il giudice di rinvio.
6. - Con il quinto motivo la ricorrente, deducendo vizi di motivazione, censura la sentenza impugnata nella parte
relativa al danno estetico, affermando che esso, concretandosi in danno alla vita di relazione, era "degno di
valutazione patrimoniale autonoma, indipendentemente dal danno biologico".
il motivo di ricorso e infondato, perché, come ha affermato la sentenza impugnata, il danno estetico subito dalla
ricorrente, "inteso come danno alla vita di relazione, è stato autonomamente.... liquidato in primo gradò'. Ed invero il
tribunale ha liquidato per tale danno "l'ulteriore somma di L. 20.000.000" (oltre il danno biologico per invalidità
permanente).
7. - Con il sesto ed ultimo motivo del ricorso principale la Sesta deduce la "violazione dell'art. 345 c.p.c. e
comunque omessa valutazione della richiesta avanzata a, tenore della norma citata", lamentando che la sentenza
impugnata non si è pronunziata sulla richiesta di risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza di primo grado a
seguito di "ricoveri ed interventi effettuati.... a causa dell'incidente in oggetto".
Il motivo di ricorso è fondato.Come risulta dalle conclusioni trascritte nell'epigrafe della sentenza impugnata la Sesta, nell'appello incidentale, ha
chiesto "il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza impugnata (ex art. 345 c.p.c.)", che sono stati anche
precisati. La Corte di appello non ha pronunziato su questa domanda, che ha omesso di considerare nella
motivazione della sentenza impugnata, in cui si è limitata a disattendere la domanda di "rivalutazione ed interessi
dalla sentenza di primo grado al saldo" (pronunzia - quest'ultima - non impugnata nella ricorrente).
La domanda di risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza di primo grado è ammissibile in appello, ai sensi
dell'espresso disposto dell'art. 345, primo comma, c.p.c., in deroga al divieto generale di domande nuove, trattandosi
di domanda che dipende strettamente da quella iniziale (Cass. 24 agosto 1998 n. 8364).
Quindi la Corte di appello avrebbe dovuto prendere in esame detta domanda della Sesta. La decisione sulla stessa
deve rimessa al giudice di rinvio.
8. - Occorre ora passare al ricorso incidentale proposto da Eugenio e Tiberio sempronio, rispettivamente proprietario e
conducente del motoveicolo scontratosi con il furgone del Comune.
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell'art. 2054, secondo comma, c.c.
nonché motivazione contraddittoria della sentenza impugnata relativamente all'accertamento della corresponsabilità
del conducente sempronio in ordine allo scontro. I ricorrenti osservano che tale accertamento contraddice gli elementi di
fatti raccolti nell'istruttoria, da cui si desume che il sempronio ha osservato tutte le norme della circolazione stradale ed ha
adoperato le cautele dell'uomo di normale diligenza perché egli viaggiava nella propria corsia di marcia ad una
velocità non superiore ai 50 Km-h prevista dalla segnaletica.
Il motivo di ricorso è infondato.
Come questa Corte ha già affermato (v., di recente, Cass. 5 maggio 2000 n. 5671), nel caso di scontro tra veicoli,
l'accertamento in concreto di responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di
colpa concorrente posta dal secondo comma dell'art. 2054 c.c., essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo
che l'altro conducente abbia fatto tutto il possibile per evitare l'incidente, restando operante la presunzione posta dal
primo comma dello stesso art. 2054. Conseguentemente, l'infrazione, anche grave, come l'inosservanza del diritto di
precedenza, commessa da uno dei conducenti non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento
dell'altro conducente al fine di accertare se possa ritenersi raggiunta la prova liberatoria prevista dal primo comma
dell'art. 2054.
Nel caso di specie, la Corte di appello, confermando l'accertamento del Tribunale, ha ritenuto che il conducente del
motoveicolo non abbia provato di avere fatto tutto il possibile per evitare lo scontro con il furgone adibito al servizio
di nettezza urbana. La Corte ha ritenuto che, tenuto conto dell'ampiezza delle strade percorse dai due veicoli, il sempronio
"era in grado di avvistare.... il mezzo con cui si scontrò" e che egli pertanto non ha dimostrato di avere tenuto una
velocità particolarmente moderata (come quella imposta in prossimità dei crocevia: art. 102, secondo comma, codice
stradale del 1959, vigente all'epoca del fatto) e di non avere potuto procedere ad "rallentamento o arresto della
proprio moto".
Trattasi di accertamento di fatto rientrante nei poteri del giudice del merito. I ricorrenti, ponendo in discussione gli
elementi probatori valutati conformemente dai due giudici di merito, prospettano una diversa interpretazione degli
stessi che è preclusa in questa sede di legittimità.
9. - Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo la violazione dell'art. 91 c.p.c., lamentano che essi siano stati
condannati a pagare le spese del giudizio di appello nei confronti dell'appellante Marchetta, pur non avendo essi
"contraddetto i motivi di gravame dallo stesso formulati accolti dalla Corte di appello, onde non sussiste una loro
soccombenza rispetto alla detta parte nel giudizio di appello.
Il motivo di ricorso è fondato.
Come risulta anche dalle conclusioni formulate dal sempronio nel giudizio di appello, costoro hanno chiesto la riforma
della sentenza di primo grado per sentire dichiarare esclusivo responsabile dell'incidente il Comune di Albano,
concordando quindi con la domanda dell'appellante principale Caio di esclusione della sua responsabilità
(affermata invece dal Tribunale). Consegue che Eugenio e Tiberio sempronio non possono essere considerati soccombenti
rispetto alla domanda dell'appellante Caio. Essi, invece, sono stati condannati dalla Corte di appello a pagare la
metà delle spese del giudizio di appello a favore dell'appellante Caio, perché la Corte li ha implicitamente
inclusi nella dizione generica di "appellati" (usata sia in dispositivo che in motivazione) senza distinguerli rispetto
alle parti appellate (Sesta, Comune ed Assitalia) che avevano chiesto la conferma della sentenza di primo grado in
ordine all'individuazione dei soggetti condannati.
Consegue che la detta condanna dei sempronio viola il principio della soccombenza e va perciò cassata, con la
conseguenza che la condanna, pronunziata dalla sentenza impugnata, al rimborso della metà delle spese di lite
anticipate dal Caio va limitata alla Sesta, al Comune ed alle Assicurazioni d'Italia, con esclusione dei due sempronio.
10. - La sentenza impugnata, come si è detto, va cassata anche in ordine ai punti censurati dal terzo, dal quarto e dal
sesto motivo del ricorso della Sesta, con conseguente rinvio della causa ad altra sezione della Corte di appello di
Roma per decidere sulle domande della Sesta a cui si riferiscono i tre motivi accolti.
Il giudizio proseguirà soltanto nei confronti del Comune di Albano e di Eugenio e Tiberio sempronio, poiché il ricorso
principale della Sesta non è stato proposto, come si è detto, contro Le Assicurazioni d'Italia.
11. - In ordine alle spese del giudizio di cassazione, il giudice di rinvio si pronunzierà sulle spese della Sesta.
12. - Il giudizio si conclude, invece, per Le Assicurazioni d'Italia, a seguito del rigetto del primo motivo del ricorso
incidentale dei sempronio, e per il Caio, poiché l'accoglimento del secondo motivo del ricorso dei sempronio (che concernela condanna alle spese pronunziata dalla Corte di appello a favore del Caio) comporta soltanto la cassazione
della condanna dei sempronio al pagamento di metà delle spese del giudizio di appello, senza necessità di un giudizio di
rinvio.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione nei rapporti che coinvolgono le parti per
le quali il giudizio si conclude. Vanno quindi compensate le spese dell'Assitalia nei rapporti con i sempronio (soccombenti
rispetto alla detta società) e le spese del Caio nei rapporti con i sempronio (soccombenti in ordine al secondo motivo
del ricorso incidentale).
Inizio documento
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il terzo, il quarto ed il sesto motivo del ricorso principale ed il secondo motivo
del ricorso incidentale, respinge gli altri motivi dell'uno e dell'altro ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione
ai motivi accolti.
Così deciso a Roma il 16 aprile 2002.


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