lunedì 16 maggio 2011

Corte dei Conti, procedimento contabile, difetto di interesse

CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
S E N T E N Z A n. 1393/2010

"l’azione del Pubblico Ministero contabile, quale organo promotore di giustizia agente nell’interesse del pubblico erario e, quindi, dell’Amministrazione danneggiata (nella specie l’AGEA), deve essere dichiarata inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire in quanto l’art. 100 c.p.c. statuisce che “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”, e tale interesse viene meno nel caso in cui l'Amministrazione danneggiata si è già munita di titolo esecutivo"



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
composta dai Magistrati:
dott. Luciano PAGLIARO- Presidente
dott. Vincenzo LO PRESTI- Consigliere
dott. Tommaso BRANCATO- Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A n. 1393/2010
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 55812 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di caio sempronio.
Visto l’atto di citazione.
Letti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza dell’11 giugno 2010, il relatore Consigliere dott. Tommaso Brancato, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale d.ssa Adriana La Porta.
Ritenuto in
FATTO
A seguito di attività ispettiva, condotta nel periodo compreso tra il mese di ottobre 2006 ed il mese di gennaio 2007 nei confronti di sempronio caio, esercente l’attività di allevatore, la Guardia di finanza di Capo d’Orlando accertava l’indebita percezione di finanziamenti comunitari a carico del tizio nel settore zootecnia “carni bovine, ovini e caprini” in misura pari a €.43.046,00 ed a €.93.394,54, per un totale di €.136.440,54 relativamente alle annualità 2001, 2002, 2005 e 2006.
La Procura regionale, avviata l’attività istruttoria, con nota datata 26 maggio 2006 chiedeva all’AGEA di conoscere gli eventuali provvedimenti dalla stessa adottati per il recupero delle somme sopra indicate, ritenute indebitamente corrisposte all’odierno convenuto.
La predetta Agenzia comunicava che, dal 31 dicembre 1996, il contributo erogato al convenuto risultava pari all’importo complessivo di €.248.937,52.
Con invito a dedurre, ritualmente notificato in data 9 agosto 2009, il P.M. contestava al sempronio il danno erariale di €.248.937,52 causato all’AGEA per aver presentato – a partire dal 31 dicembre 1996, data di applicazione all’odierno convenuto della misura di prevenzione della sorveglianza speciale – istanze dirette ad ottenere i benefici finanziari previsti per l’attività di allevamento di animali, percependo i relativi contributi, in violazione dell’art.10 della legge 31 maggio 1965, n.575, il quale vietava l’accesso a qualsiasi forma di finanziamento, a carico del pubblico erario compreso quello comunitario, a favore di soggetti ai quali siano state applicate, con provvedimento definitivo, misure di prevenzione.
Il sempronio ha presentato richiesta istanza di audizione in relazione ai fatti contestati, e in data 6 ottobre 2009, è stato personalmente sentito dal PM.
Con atto depositato il 20 ottobre 2009 la Procura regionale ha citato il sempronio, chiedendo il risarcimento, a favore del Ministero delle politiche agricole e forestali, della somma di €.248.937,52 per aver intenzionalmente e consapevolmente omesso di dichiarare all’AGEA l’avvenuta applicazione di una misura di pubblica sicurezza che, ai sensi dell’art.10 della legge 575/1965, avrebbe precluso il pagamento dei finanziamenti comunitari.
Alla odierna udienza, il PM ha insistito sulla richiesta di condanna.
Il convenuto ha depositato copia del dispositivo della sentenza con la quale la Corte di Assise di appello di Messina ha assolto il sempronio in relazione al procedimento penale n.xxx RGNR..
Considerato in
DIRITTO
La Procura regionale, come evidenziato nell’esposizione del fatto, ha chiesto la condanna dell’odierno convenuto, proprietario di un allevamento ovicaprino, al pagamento della somma complessiva di €.248.937,52, oltre rivalutazione ed interessi legali, a titolo di danno erariale per l’illecita percezione di finanziamenti a carico del tizio. L’art.10, comma 1, punto f), della legge 31 maggio 1965 n. 575, prevede che “le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione” non possono ottenere contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dalla Comunità europea.
L’istituto della riabilitazione, quale strumento che consente la rimozione degli effetti limitativi delle libertà individuali derivanti dalla sottoposizione alle misure di prevenzione, è disciplinato dall’art.15 della legge n.327/1988.
A tal proposito, va rilevato che la normativa che regola la riabilitazione pone a carico del soggetto interessato non solo l’onere di presentare apposita richiesta, ma anche di fornire la prova, rimessa alla valutazione della competente autorità giudiziaria, di aver tenuto costante ed effettiva buona condotta.
Ne consegue che il divieto di cui all’art.10 della sopra menzionata leggen.575/1965 opera senza alcun limite temporale nei confronti dei soggetti sottoposti a misure di prevenzione, i quali restano esclusi, in maniera tassativa, dalla possibilità di percepire contributi pubblici di qualsiasi natura, fino all’adozione del provvedimento riabilitativo.
Nel caso di specie, dalla documentazione prodotta dalla Procura regionale, risulta che l’odierno convenuto è stato sottoposto, dal 31 dicembre 1996 e fino al 30 dicembre 1997,alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni uno.
Pertanto, il divieto di ottenere i contributi pubblici opera nei confronti del convenuto in relazione all’avvenuta applicazione del provvedimento di pubblica sicurezza, a prescindere dalla durata e dall’efficacia della sanzione in questione.
Le domande dirette ad ottenere il pagamento dei premi per le campagne dall’anno 2001 al 2005 risultano prodotte dall’odierno convenuto dopo l’applicazione della misura di prevenzione.
Quindi, il sempronio non aveva alcun titolo, così come disposto dall’art 10 della citata legge n. 575/1965 e dall’art.15 della legge n.327/1988, per chiedere il pagamento dei contributi comunitari per le annualità contestate dalla Procura.
Tuttavia,dagli atti acquisiti al fascicolo processuale risulta che l’AGEA ha disposto in data 29 novembre 2006 la sospensione del procedimento di erogazione in favore del sempronio di qualsiasi tipo di aiuto o pagamento con fondi nazionali o comunitari e, successivamente, ha emesso in data 2 ottobre 2007 ingiunzione, ai sensi del RD. 14/4/1910, n.639, per un importo di €.143.351,11, oltre interessi, e in data 14 febbraio 2008 per un ulteriore importo di €.105.586,41, oltre interessi, per il recupero dei finanziamenti indebitamente percepiti dal convenuto in relazione alle annualità contestate con l’atto di citazione.
In conseguenza, deve rilevarsi che l’Amministrazione danneggiata, per i fatti di cui è causa, si è già munita di un titolo esecutivo, rappresentato dall’ingiunzione emessa ai sensi del citato RD. n.939/1910, sulla cui base procede al recupero del danno erariale per importi che complessivamente coprono l’intero danno erariale contestato in questa sede dalla Procura, oltre agli interessi.
Da quanto esposto emerge che l’azione del Pubblico Ministero contabile, quale organo promotore di giustizia agente nell’interesse del pubblico erario e, quindi, dell’Amministrazione danneggiata (nella specie l’AGEA), deve essere dichiarata inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire in quanto l’art. 100 c.p.c. statuisce che “per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”, e tale interesse deve sussistere fino alla decisione del giudizio.
L’interesse ad agire, la cui mancanza è rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del processo (Cassazione, Sez. II n. 15084 del 30/6/2006), deve consistere, infatti, nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice; tale requisito non può identificarsi con un mero interesse astratto ad una pronuncia giudiziaria che, dal punto di vista concreto, non potrebbe avere, come per la particolarità della presente controversia, alcun riflesso pratico dal momento che l’Amministrazione danneggiata si è già munita di titolo esecutivo. In altri termini, sulla base di quanto evidenziato, una statuizione di condanna sarebbe, in questa sede, del tutto inutiliter data.
Inoltre, va rilevato che un’eventuale sentenza di condanna pronunciata da questa Corte dovrebbe essere eseguita dalla stessa Amministrazione danneggiata che, per lo stesso credito, come già detto, si è munita di altro titolo esecutivo.
La Corte di Cassazione ( Sezione II, 30 giugno 2006 n. 15084; Sezione I, 21 luglio 2004 n. 13518) ha affermato, in materia analoga, il principio secondo cui il creditore che abbia ottenuto una pronuncia di condanna nei confronti del debitore ha esaurito il suo diritto di azione e non può, per difetto di interesse, richiedere ex novo ulteriore pronuncia di condanna contro il medesimo debitore per lo stesso titolo e lo stesso oggetto; una deroga a tale principio è possibile solo tutte le volte in cui la domanda di condanna, pur nella preesistenza di altro ed analogo titolo giudiziale, non risulti diretta alla mera duplicazione del titolo già conseguito, ma faccia valere una situazione giuridica che non abbia trovato esaustiva tutela e sia diretta al perseguimento di un risultato ulteriore rispetto a quello in precedenza ottenuto.
L’ordinanza di cui al R.D.n. 639/1910, come più volte statuito dalla Corte di Cassazione ( Sezione III n. 8335/2003;  Sezione I n. 8162/2000, n. 2894/1997 e n. 1527/1996), è espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della Pubblica Amministrazione, cumulando in sé la duplice natura e funzione di titolo esecutivo unilateralmente formato dall’Ente pubblico nell’esercizio del suo peculiare potere di autoaccertamento e autotutela, e di atto prodromico all'inizio dell’esecuzione coattiva equipollente a quello che nel processo esecutivo civile ordinario è l’atto di precetto, con la conseguenza che la decorrenza del termine stabilito dall’art. 3 del citato regio decreto per proporre opposizione produce decadenza, ovverosia irretrattabilità del credito, qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato, da cui esso promana. In altri termini, pur dovendosi escludere che l’ingiunzione sia suscettibile di acquistare efficacia di giudicato al pari della statuizione giudiziaria, la decadenza non è altrimenti evitabile che con la proposizione del giudizio di opposizione e in difetto di ciò si produce l’effetto - di natura sostanziale e non solo processuale - della incontestabilità delle ragioni di credito indicate nell’ordinanza, “effetto ovviamente non eludibile attraverso la proposizione di un’azione[autonoma] di accertamento negativo”; da questo punto di vista la mancata impugnazione dell’ordinanza nel termine previsto produce, concretamente, la stessa conseguenza del giudicato giudiziario, ovverosia l’impossibilità di contestare da parte del destinatario le ragioni del credito dell’Amministrazione agente.
Nel caso di specie, va rilevato che l’AGEA non ha comunicato alcuna impugnativa, da parte dell’odierno convenuto, degli atti esecutivi posti in essere e, pertanto, gli stessi possono considerarsi non più contestabili e comunque utili per l’avvio, da parte dell’Amministrazione danneggiata, dell’esecuzione coattiva nei confronti dell’odierno convenuto.
In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità dell’azione della Procura regionale per carenza di interesse all’azione risarcitoria.
P. Q. M.
La Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana definitivamente pronunciando, nel giudizio di responsabilità iscritto al n.55812 del registro di Segreteria, dichiara inammissibile la domanda del Procuratore Regionale per carenza di interesse all’azione e, per l'effetto, proscioglie il convenuto dal prospettato addebito.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del convenuto nel presente giudizio.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio dell’11 giugno 2010.
L’Estensore Il Presidente
F.to Dott. Tommaso Brancato F.to Dott. Luciano Pagliaro
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 22 giugno 2010
Il Collaboratore di Cancelleria
F.to Dr. Virgilio David

Nessun commento:

Address

Studio Legale avv. Santo De Prezzo Erchie (Brindisi - Italy) via Principe di Napoli, 113
DPR SNT 58E29 L280J - P.I. 00746050749 - phone +39 0831 767493 - mob. +39 347 7619748