mercoledì 9 settembre 2009

Giudicato penale e condanna genrica al risarcimento

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE III CIVILE, Sentenza 9 luglio 2009, n. 16113

Confermato “ il principio secondo cui, in caso di condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, se il giudice penale non si sia limitato a statuire solo sulla potenzialità dannosa del fatto addebitato al soggetto condannato e sul nesso eziologico in astratto, ma abbia accertato e statuito sull'esistenza in concreto di detto danno e del relativo nesso causale con il comportamento del soggetto danneggiato, valgono sul punto i principi del giudicato (tra le varie, cfr. Cass. 11 gennaio 2001, n. 329).”


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 9 luglio 2009, n. 16113
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere -
Dott. TALEVI Alberto - Consigliere -
Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.R.V. ****, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 24, presso lo studio dell'avvocato GIACOBBE GIOVANNI, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
B.P. ****, B.R. ****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell'avvocato FARANDA TITTI, rappresentati e difesi dall'avvocato CALABRO' CLAUDIO giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
e contro
ASSESS. SANITA' REG SICILIA GESTIONE LIQ. EX ****;
- intimati -
e sul ricorso n. 23484/2004 proposto da:
ASSESSORATO ALLA REGIONE SICILIANA GESTIONE LIQUIDATORIA EX ****,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli Uffici dell'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO da cui è difesa per legge;
- ricorrente -
contro
B.P., B.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo studio dell'avvocato FARANDA TITTI, rappresentati e difesi dall'avvocato CALABRO' CLAUDIO;
- controricorrenti -
e contro L.R.V.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 126/2004 della CORTE D'APPELLO di MESSINA,
Sezione Promiscua, emessa il 30/10/03, depositata il 06/04/2004;
R.G.N. 429/01;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 08/04/2009 dal Consigliere Dott. SPIRITO Angelo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento dell'incidentale se non si ritiene condizionato.
Fatto
Il B. (per sè e per la figlia minore R.) e la Catania citarono in giudizio il primario ospedaliere dr. L.R., la **** di **** e le Ass.ni Generali s.p.a. per il risarcimento del danno da responsabilità medica conseguente alla morte di C. C.R. (rispettivamente coniuge, madre e figlia degli attori).

La domanda fu accolta dal Tribunale di Patti con sentenza poi confermata dalla Corte d'appello di Messina.

Propone ricorso per Cassazione il L.R. a mezzo di cinque motivi.

Propone ricorso incidentale la Gestione Liquidatoria della ex **** a mezzo di un unico motivo.

Resistono con controricorso P. e B.R..
Diritto
I ricorsi, siccome proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c..

1. - IL RICORSO DEL L.R..

Il primo motivo del ricorso principale censura la sentenza per violazione di legge e vizio della motivazione, per avere recepito acriticamente la sentenza penale, senza svolgere un più pregnante accertamento circa il nesso di causalità e l'esenzione di responsabilità di cui all'art. 2236 c.c.. Quindi, precisando che, in sede penale, è stata attribuita al medico la sola imprudenza, riproduce ampi brani dell'atto d'appello in sede civile contenenti questioni di fatto tendenti a provare la mancanza, comunque, di una colpa grave.

Il secondo motivo lamenta la violazione di legge, il vizio della motivazione e la nullità del procedimento in ordine alla mancata pronunzia sull'elemento psicologico (sotto il profilo dell'intensità della colpa), finalizzata ad accertare il quantum risarcitorio.

Il terzo motivo (violazione di legge e vizio della motivazione) censura la sentenza laddove avendo escluso la concorrente e solidale responsabilità della USL, non ne ha graduato "la colpa solidale nella produzione dell'evento" (Ndr: testo originale non comprensibile).

Il quarto motivo impugna a sentenza per avere omesso di accertare il concorso di colpa sia dell'ente ospedaliero, sia dei medici che avrebbero concorso a causare l'evento, così da determinare la percentuale di colpa su ciascuno gravante.

Il quinto motivo si duole dei punti della sentenza in cui sono stati respinti i motivi d'appello tendenti ad affermare la responsabilità della struttura sanitaria per non avere stipulato un'adeguata polizza assicurativa ed a contestare la determinazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali, soprattutto nella considerazione della mancanza di lavoro della defunta e del suo scarso reddito.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

Sono inammissibili laddove, esponendo una serie di questioni di fatto, si concretano nella mera richiesta di rivisitazione degli elementi probatori emersi nel corso della causa, al fine di ottenere un nuovo giudizio nel merito. Sono infondati laddove lamentano violazioni di legge, vizi della motivazione e del procedimento.

La sentenza impugnata, attraverso una motivazione congrua e logica e senza incorrere in alcun errore giuridico, risolve tutte le questioni sottopostele. In particolare, essa s'è adeguata al principio secondo cui, in caso di condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, se il giudice penale non si sia limitato a statuire solo sulla potenzialità dannosa del fatto addebitato al soggetto condannato e sul nesso eziologico in astratto, ma abbia accertato e statuito sull'esistenza in concreto di detto danno e del relativo nesso causale con il comportamento del soggetto danneggiato, valgono sul punto i principi del giudicato (tra le varie, cfr. Cass. 11 gennaio 2001, n. 329). Ne ha dedotto che, nella specie, essendo conseguita come effetto del reato la morte della donna, l'accertamento sul danno e sul nesso causale diretto con il reato è evidente e non può che essere fatto in esito alla valutazione dei fatti emersi in sede penale.

Ne deriva, altresì, che nessun vizio logico - giuridico, nè l'omessa pronunzia è ravvisabile con riferimento alla valutazione dell'intensità della colpa del professionista, con particolare riguardo all'applicazione della disposizione dell'art. 2236 c.c., visto che la sentenza penale gli ha addebitato la colpa per imprudenza e negligenza, avendo egli prescritto alla C. una terapia poi mostratasi impropria, anche per il modo in cui era stata praticata, ed avendo formulato la diagnosi senza visitare la paziente (cfr. sul punto la sentenza di primo grado che riproduce dettagliatamente le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice penale quanto al nesso causale ed alla colpa).

Di qui l'esclusione della responsabilità sia della struttura sanitaria (non solo perchè il medico, in mancanza di reparto per la terapia intensiva, avrebbe dovuto dirottare altrove la paziente, ma, soprattutto, per i comportamenti propri del professionista, rispetto ai quali l'inefficienza della struttura non ha avuto alcun rilievo), sia degli altri medici (i cui comportamenti sono stati specificamente ritenuti privi di apporto causale dalla sentenza penale).

Quanto alla polizza assicurativa, il giudice ha precisato che la relativa stipula da parte della struttura non costituisce un obbligo, così come non sussiste obbligo alla fissazione di un determinato massimale.

Infine, la sentenza procede in maniera logica alla determinazione del quantum risarcitorio, attraverso una dettagliata argomentazione che qui non è neppure il caso di ripetere.

2. - IL RICORSO DELLA GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA USL N. ****.

L'ente censura la sentenza per l'omessa pronunzia in ordine al proprio appello incidentale, con il quale avrebbe chiesto la riforma della sentenza di primo grado nel punto in cui l'ha condannata, in solido con il medico, al risarcimento del danno.

Il motivo è inammissibile. La parte, osservando l'onere di autosufficienza del ricorso per Cassazione, avrebbe dovuto riprodurre in esso l'atto con il quale sostiene di avere incidentalmente proposto appello. Tuttavia, è la parte stessa a dichiarare che "nel costituirsi in giudizio spiegava sostanzialmente appello" e, se è vero che nell'epigrafe della sentenza d'appello sono trascritte le sue conclusioni (esplicitamente tendenti alla riforma della decisione di primo grado), è pur vero che il giudice, nel narrare lo svolgimento del processo, non fa alcun riferimento all'esistenza di un'impugnazione da parte della USL, ma precisa che l'ente, costituitosi, "chiedeva che l'appello proposto dal L.R. fosse rigettato per la parte riguardante la posizione sostanziale e processuale della ex USL n. ****" (cfr. pag. 8 della sentenza).

In conclusione, respinti entrambi i ricorsi, le spese del giudizio vanno compensate tra il L.R. e la gestione liquidatoria della USL, mentre ciascuna di queste parti va condannata a rivalere gli eredi della vittima delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE
Riuniti i ricorsi, li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra il L.R. e l'Assessorato alla Sanità della Regione Sicilia - Gestione Liquidatoria ex USL n. ****. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore dei B., che liquida, a carico di ciascuno di essi, in Euro 3100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2009.

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