lunedì 18 dicembre 2006

Permesso di costruire


Necessità del permesso di costruire anche nel caso di realizzazione di un piazzale con pavimentazione bituminosa, trattandosi di rilevante modifica del territorio che non può essere soggetta a semplice D.I.A.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L'EMILIA-ROMAGNA

BOLOGNA

SEZIONE II

Registro Sentenze: 2032/06

Registro Generale: 1224/2003

nelle persone dei Signori:

LUIGI PAPIANO Presidente

GIORGIO CALDERONI Cons. , relatore

UGO DI BENEDETTO Cons.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 1224/2003 proposto da:

ZODDA GIUSEPPE

SAVOCA GAETANA

rappresentati e difesi da:

FABBRI AVV. GIAN LUCA

con domicilio eletto in BOLOGNA

STRADA MAGGIORE 13

presso

GIGLIO AVV. PAOLA

contro

COMUNE DI CASTELVETRO, non costituito

per l’annullamento

dell’ordinanza di rimessa in pristino 18.9.2003 n. 79;

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito, alla pubblica udienza del 29 giugno 2006, il relatore Cons. Giorgio Calderoni e uditi, altresì, i difensori presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I. Con l’atto introduttivo del giudizio, i ricorrenti rivolgono avverso l’epigrafata ordinanza di rimessa in pristino (concernente il cambio di destinazione d’uso di terreno agricolo, per realizzazione di platea di cemento con posizionamento di due prefabbricati) le seguenti censure:

Violazione dell’art. 7 legge n. 241/90, non essendo il sopralluogo 3.5.2003 della Polizia Municipale stato preceduto dal relativo preavviso;

Ulteriore violazione dell’art. 7 legge n. 241/90, in quanto il procedimento risulterebbe - sulla base del numero di protocollo cui si riferisce la relativa comunicazione di avvio in data 9.6.2003 - già pendente alla data del 12.5.2003, anteriore al decreto sindacale 29.5.2003 di conferimento di funzioni dirigenziali al Responsabile del servizio: il tutto senza che i ricorrenti ne fossero informati;

Violazione degli artt. 2 e 3 legge n. 241/90 ed eccesso di potere, per mancata comunicazione del termine finale del procedimento, erroneità nella motivazione (quanto al preteso cambio di destinazione d’uso) ed incompetenza, non essendo l’ordinanza stata emessa dal Responsabile del procedimento, bensì dal Responsabile del Settore;

Illegittimità dell’esecutorietà dell’ordinanza, in pendenza del termine previsto dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003.

Con Ordinanza 12 novembre 2003, n. 816, questa Sezione sospendeva l’esecuzione del provvedimento impugnato, sino alla scadenza del termine previsto dalla norma da ultimo citata.

Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

Indi, all’odierna pubblica udienza la causa è passata in decisione.

II.1. Ciò premesso, il Collegio deve, innanzitutto, rilevare l’insussistenza delle molteplici violazioni di natura formale/procedimentale, denunciate dai ricorrenti.

II.2. Invero, la giurisprudenza amministrativa di I e II grado è consolidata nel senso che "la ratio della disciplina sulla partecipazione al procedimento … non esclude affatto che l'avvio del procedimento possa essere preceduto o supportato da controlli, accertamenti, ispezioni svolti senza la partecipazione del diretto interessato, che sarà edotto di queste attività con una successiva comunicazione e sarà, pertanto, messo nella condizione di intervenire nella procedura e di verificare e, se del caso, contestare la veridicità o esattezza degli accertamenti compiuti e la stessa idoneità degli strumenti tecnici utilizzati" (cfr., in termini, T.A.R. Puglia, BARI, Sez. I, 26 settembre 2003, n. 3591; Consiglio di Stato, Sez. V, 5 marzo 2003, n. 1224).

Il che è quanto si è verificato nella specie, in cui gli attuali ricorrenti – non previamente informati dello svolgimento del sopralluogo della Polizia Municipale – sono stati successivamente posti nelle condizioni, mediante la comunicazione 9.6.2003 ex art. 7 legge n. 241/90, di interloquire al riguardo, nel pieno rispetto del contraddittorio procedimentale.

Né alla contraria tesi difensiva dei ricorrenti, svolta con il primo motivo di ricorso, giova il richiamo alla decisione TAR Umbria n. 15/2003, in quanto tale pronuncia:

si riferisce esplicitamente ad una ipotesi di espressa autolimitazione dell’Amministrazione (che si era determinata "a convocare formalmente gli interessati affinché intervenissero al sopralluogo");

evidenzia specificamente come "una volta scelto questo modo di procedere, il Comune doveva attenervisi e curare che la convocazione fosse recapitata in tempo utile e non a cose fatte, o, in alternativa, aggiornare le operazioni";

ed individua in tale peculiare omissione la sussistenza di un vizio procedimentale.

Il menzionato precedente giurisprudenziale non è, dunque, conferente al caso di specie, cosicché, per tutte le considerazioni sin qui svolte, la censura di cui al primo mezzo di impugnazione deve essere disattesa.

II.3. La censura di cui al secondo motivo costituisce sostanziale sviluppo di quella testè esaminata, risolvendosi in una sorta di doglianza di "tardività" della comunicazione (9.6.2003) di avvio del procedimento rispetto alla sua (asserita) effettiva pendenza (12.5.2003): doglianza che, per quanto visto sub II.2, la giurisprudenza considera, invece, priva di pregio, poiché ciò che rileva è la salvaguardia (nella specie, come già esposto, assicurata) della garanzia effettiva del contraddittorio.

Non essendo, dunque, ravvisabili vizi nella comunicazione di avvio del procedimento, siccome inviata il 9.6.2003, non si pone più il presunto problema di competenza che gli stessi ricorrenti paiono adombrare con il secondo profilo del motivo all’esame, in quanto detta comunicazione risulta sottoscritta dal Responsabile di servizio, dopo il conferimento di funzioni dirigenziali da parte del Sindaco (29.5.2003).

II.4. La medesima comunicazione si rivela, altresì, immune dal vizio denunciato con il primo profilo del successivo terzo motivo (mancata indicazione del termine finale di conclusione del procedimento): invero, sempre la giurisprudenza ha chiarito come gli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 non stabiliscano alcun termine minimo da rispettare, dopo la comunicazione dell'avvio del procedimento, per l'adozione dell'atto conclusivo e si è preoccupata, piuttosto, che la P.A. non stabilisca un termine troppo breve per la conclusione del procedimento, in guisa tale da ridurre la comunicazione ad un mero adempimento formale, privo di ogni utilità pratica per i destinatari (T.A.R. Marche, 1 agosto 2005, n. 949).

All’opposto, nella specie gli interessati si lamentano dell’eccessiva durata (quattro mesi) del procedimento, pur non avendo, evidentemente, alcun interesse a svolgere siffatta doglianza sotto il profilo partecipativo, tanto più che la durata del procedimento è dipesa anche dal "notevole ritardo" con cui gli stessi ammettono di aver risposto alla comunicazione di avvio 9.6.2003 (cfr. si veda l’incipit della loro memoria, pervenuta al Comune il 6.8.2003, cioè quasi due mesi dopo), ritardo nella stessa memoria giustificato con ragioni di salute.

II.5. Infine, neppure sussiste il vizio di incompetenza dedotto con l’ultimo profilo del terzo motivo, in quanto – al contrario di quanto deducono i ricorrenti – già da tempo la giurisprudenza ha messo in evidenza che il responsabile del procedimento non può adottare il provvedimento finale, ma può soltanto curare lo svolgimento e, quindi, il compimento, degli atti che fossero a questo preordinati (T.A.R. Calabria Catanzaro, 26 febbraio 1998, n. 153): correttamente, pertanto, nella specie il provvedimento conclusivo è stato assunto dal Dirigente-responsabile del servizio e non dal Responsabile del procedimento.

III.1. Il tema di fondo della controversia - ovvero se le opere di cui si tratta (platea di cemento di circa 100 mq., con due sovrastanti prefabbricati) integrino o meno il presupposto per l’adozione del controverso provvedimento repressivo - viene affrontato dai ricorrenti con il secondo profilo del terzo motivo, mediante il quale si denuncia l’erroneità della motivazione del provvedimento medesimo.

Quest’ultima, rileva il Collegio, consiste (cfr. quinto capoverso delle premesse) nelle seguenti contestazioni:

che le opere in questione comportino "trasformazione urbanistica del territorio";

che esista un contrasto con l’art. 44 delle N.T.A.

III.2. Circa il primo ordine motivazionale, va osservato che la Sezione staccata di Parma di questo Tribunale si è già espressa (31 luglio 2001, n. 651) in senso adesivo al prevalente orientamento giurisprudenziale in materia, secondo cui lo spianamento di un'area agricola (con semplice pavimentazione bituminosa, seppur di rilevante estensione), al fine di ricavarvi un piazzale è attività che, comportando una modifica sostanziale dell'assetto territoriale del luogo e dell'utilizzazione economica dell'area, necessita di previo rilascio della concessione edilizia (v. T.A.R. Lazio, Latina, 3/6/1992 n. 485; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. 1^, 7/12/1990 n. 955).
Nell’occasione, la medesima Sezione staccata ha ritenuto che anche la realizzazione di un box prefabbricato, di non trascurabili dimensioni (mq. 36), costituisce un distinto manufatto, destinato ad autonomo utilizzo.

Il Collegio ritiene di non discostarsi dal menzionato precedente del TAR Parma, per le seguenti ragioni:

nella fattispecie i box prefabbricati sono due, uno dei quali di dimensioni maggiori (circa mq. 50), rispetto al caso preso in considerazione dalla sentenza de qua, lo spianamento di terra realizzato dagli attuali ricorrenti è, invece, di dimensioni sensibilmente inferiori, ma nella circostanza esaminata dal TAR Parma (mq. 6.000) si era in presenza di una semplice pavimentazione bituminosa, mentre in questa è stata realizzata una platea in cemento (secondo il Comune, calcestruzzo secondo i ricorrenti: cfr. la menzionata memoria procedimentale) di circa 100 mq.: ed in questo caso, è la Cassazione penale (sez. III, 29 maggio 2003, n. 33002 e n. 33003) a ritenere che la realizzazione di una platea (in calcestruzzo) costituisca una trasformazione urbanistica.

III.3. Quanto al secondo ordine motivazionale, l’art. 44 comma 3 delle NTA del PRG di Castelvetro consente nuove costruzioni ad uso servizi agricoli (deposito per attrezzi e macchinari, ecc.) "solo se è adeguatamente dimostrato che sono indispensabili alla conduzione agricola del fondo": e detta adeguata dimostrazione non è stata fornita dai ricorrenti, neppure in questa sede giudiziale, mediante idonei supporti probatori (relazione di tecnico agrario, eventuale piano aziendale, ecc.), tanto più necessari in rapporto all’assai limitata estensione dell’appezzamento agricolo di proprietà dei ricorrenti, così come dagli stessi dichiarata (mq. 6303) nella più volta citata memoria procedimentale.

IV. Infine, in linea con quanto enunciato recentemente in materia da questa Sezione (cfr. 22 giugno 2006, n. 991), l’interesse alla deduzione dell’ultimo motivo di gravame (sospensione ex lege dell’esecutorietà dell’ordinanza di demolizione impugnata, in pendenza del termine per la proposizione della domanda di condono ai sensi del D.L. n. 269/2003) "in origine sussistente in ragione della pendenza del termine per la presentazione della domanda di condono" (tant’è che questa Sezione ha, allo scopo, disposto la sospensione ad tempus dell’ordinanza medesima), "è oramai venuto meno a causa della sopravvenuta scadenza del termine stesso, senza che la domanda sia stata presentata" (circostanza questa neppure rappresentata in causa dalla parte ricorrente).

IV. Conclusivamente, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Non occorre provvedere sulle spese, in difetto di costituzione del Comune intimato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione II, RESPINGE il ricorso in premessa.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

BOLOGNA , li 29 giugno 2006.

Presidente L. Papiano

Cons. Rel. est. G. Calderoni

Depositata in Segreteria in data 13/09/2006


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