lunedì 10 agosto 2009

Contravvenzione, percezione del fatto e querela di falso

Deve, conseguentemente, essere affermato il principio che: "nel giudizio di opposizione ad ordinanza - ingiunzione del pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà mentre è riservato al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

SENTENZA 24.07.2009, n. 17355

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Giudice di Pace de L’Aquila con sentenza del 17 novembre 2003, in accoglimento dell’opposizione proposta da (…) annullò il verbale del 6 ottobre 2002, con il quale la Polstrada aveva accertato la violazione dell’art. 172, 1° ed 8° co., C.d.S., per avere il (…) circolato alla guida di un veicolo senza utilizzare la cintura di sicurezza.

Osservò il giudice che, non potendo il verbale fare piena prova ex art. 2700, c.c., di un fatto non avvenuto alla presenza degli agenti di polizia, ma presunto dall’ osservazione a distanza del momentaneo arresto del veicolo, e che avendo il (…) giustificato l’arresto con l’esigenza di sistemare meglio la cintura di sicurezza da lui indossata, trovava applicazione il disposto dell’art, 22, 120 cc,., L. n. 689/81, secondo il quale l’opposizione deve essere accolta quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente.

L’Ufficio territoriale del Governo è ricorso con un motivo per la cassazione della sentenza e l’intimato non ha resistito in giudizio.

Il ricorso, assegnato alla seconda sezione civile della Corte, è stato rimesso alle Sezioni Unite per la particolare importanza della questione relativa all’efficacia probatoria delle attestazioni contenute nel verbale di accertamento delle violazioni amministrative e, segnatamente, di quelle alle norme del C.d.S, riguardanti i fatti oggetto di percezione sensoriale del pubblico ufficiale che le abbia accertate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2700, c.c., e degli artt. 21, 22, 22 bis e 23, L. n. 689/81, avendo ritenuto presunto un fatto percepito visivamente dagli agenti accertatori e rispetto al quale il verbale di accertamento, costituendo un atto pubblico, faceva fede fino a querela di falso.

Il motivo è fondato.

La questione dell’efficacia probatoria dei fatti attestati nel processo verbale di accertamento delle violazioni amministrative, e dei suoi limiti, nel giudizio di opposizione promosso ex art. 23, L. 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale), avverso l’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione pecuniaria (id est ex art. 204 - bis, C.d.S,), è stata già esaminata dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali nella sentenza n. 125451/92 hanno posto in rilievo che:

il processo verbale costituisce un atto pubblico, in quanto forma necessaria dell’ esternazione dell’ atto di accertamento che il pubblico ufficiale compie sulla base dell’attribuzione normativa di uno specifico potere di documentazione, con effetti costitutivi sostanziali, prima che processuali, perché soltanto attraverso il veicolo necessario di detto atto di accertamento può essere determinato il credito della sanzione pecuniaria che l’autorità competente dovrà riscuotere con I ‘ordinanza -ingiunzione;

l’art. 2700 c.c. attribuisce all’atto pubblico l’efficacia di piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti;

il giudizio di opposizione all’ordinanza - ingiunzione, benché formalmente costruito dagli artt. 22 e segg., L. n. 689/1981, come giudizio d’impugnazione del provvedimento ed investa innanzitutto la legittimità formale dell’atto, tende all’accertamento negativo della pretesa sanzionatoria della p.a e si configura da un punto di vista procedimentale come un giudizio civile, del quale vanno applicate le regole generali, salvo espressa contraria disposizione;

l’esercizio del diritto di difesa nel procedimento di opposizione all’ordinanza - ingiunzione non è pregiudicato dalla fede privilegiata del verbale di accertamento, potendo I ‘interessato impugnare l‘atto con la querela di falso e fare ricorso nel relativo giudizio ai formali mezzi di prova;

- l’efficacia di prova legale del verbale non può estendersi alle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale ed alla menzione di fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali, perché mediati attraverso la occasionale percezione sensoriale di accadimenti, che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun margine di apprezzamento”.

Ai rilievi non sono seguiti nella giurisprudenza significativi dissensi quanto alla natura di atto pubblico del verbale dl accertamento ed alla gerarchia della prova che, in virtù del disposto dell’art. 116, 1° co, c.p.c., questa introduceva nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione del pagamento delle sanzioni e, tanto meno, quanto all’esclusione dalla fede privilegiata delle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale, mentre relativamente alla categoria degli apprezzamenti personali è evidente in successive decisioni una deriva non soltanto verso l’inclusione in essi di una generalità di fatti attestati nel verbale, sul mero fondamento della possibilità di distinguere la loro percezione in statica o dinamica e dell’idoneità delle sole percezioni statiche a dare certezza al fatto accertato, ma anche verso una generale ed indiscriminata possibilità di prova nel procedimento ex art. 23, L. n. 689/1981, dell ‘errore del pubblico ufficiale nelle percezioni dinamiche, in base all’assunto, sostanzialmente contraddittorio, che l’efficacia probatoria piena dell’ atto pubblico sia condizionata dalle ragioni poste a base della contestazione dei fatti in esso attestati, inoltre, con specifico riferimento alla materia della circolazione stradale, nella quale è più frequente la percezione dinamica dei fatti integranti le violazioni, sono stati in qualche caso anche ignorati, ed in altri travisati, i requisiti dell’occasionalità della percezione e della repentinità dell’accadimento, enucleati dalle Sezioni Unite, e nel giudizio di opposizione all’ordinanza -ingiunzione è stato ritenuto talora di per sé risolutivo il solo disconoscimento da parte dell’interessato dei fatti oggetto di percezione dinamica, e talaltra ammesso l’espletamento della prova contraria, in base all’unica considerazione della limitata durata dello stimolo sensoriale percepito dal pubblico ufficiale e della sua ridotta possibilità di verifica (cfr. ad esempio, il rilevamento del numero di targa di una autovettura in movimento, (cass. Civ. sent. n. 3522/1999; o il superamento di un semaforo recante luce rossa, cass. civ., sent. n. 140482/005),

A tale orientamento, benché in parte ispirato a condivisibili esigenze di concentrazione ed accelerazione processuale e di salvaguardia del diritto di difesa, non può essere dato ulteriore seguito, non soltanto per il suo approssimativo intendimento della nozione di apprezzamento personale fornita dalla sentenza n. 12545/1992 e dei limiti di attendibilità del fenomeno della percezione dinamica, che è frutto, al pari di quella statica, del necessario concorso di una pluralità di stimoli sensoriali in ogni caso elaborati dal pubblico ufficiale nella loro complessità, concludenza e decisività secondo la sua esperienza e qualificata professionalità, ma soprattutto per la lesione che esso ha comportato, e può ulteriormente comportare, al superiore interesse alla certezza giuridica dell’attività svolta dai pubblici ufficiali” ed alle “esigenze di garanzia del buon andamento della P. A.”, alla cui tutela - come sottolineato in materia dalla Corte Costituzionale (cfr. n. 50411/ 987) - è funzionale l’efficacia di piena prova attribuita all’atto pubblico dall’art. 2700, c.c., e per il cui perseguimento il legislatore ha ritenuto necessario e sufficiente in tema di sanzioni amministrative, da un lato, non porre limiti alla contestazione dell’accertamento nel ricorso amministrativo dell’ interessato (cfr. n. 18, L. n. 689/1981; art, 203, d.p.r. a 2851/1992) e, dall’altro, tipizzare il contenuto del verbale, prevedendo l’obbligo del pubblico ufficiale non soltanto di esporre il fatto in forma sommaria (cfr. per tutti art. 383, d.p.r. 16 dicembre 1992, o 495 ed all. VLI), ma anche di indicare in esso gli estremi precisi e dettagliati della violazione (cfr. art. 201, dpr. 30 aprile 1992, n. 285).

La correlazione tra il dovere di menzionare nel verbale in modo preciso e dettagliato, anche se sommario, l’elemento fattuale della violazione e l’efficacia che l’art. 2700 c.c. attribuisce ai fatti che il pubblico ufficiale attesta nell’atto pubblico essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, comportano infatti che tale efficacia concerne inevitabilmente tutti gli accadimenti e le circostanze pertinenti alla violazione menzionati nell’atto indipendentemente dalle modalità statica o dinamica della loro percezione, fermo l’obbligo del pubblico ufficiale di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento, giacché egli deve dare conto nell’atto pubblico non soltanto della sua presenza ai fatti attestati, ma anche delle regioni per le quale detta presenza ne ha consentito l’attestazione.

L’approccio alla questione relativa all’ammissibilità della contestazione e della prova nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione non va conseguentemente condotto con riferimento alle circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente ed immediatamente dal pubblico ufficiale ed alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione, ma esclusivamente in relazione a circostanze che esulano dall’ accertamento, quali l’identificazione dell’attore della violazione e la sua capacità o la sussistenza dell’elemento soggettivo o di cause di esclusione della responsabilità, ovvero rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà (ad esempio, tra numero di targa e tipo di veicolo al quale questa attribuita).

Ogni diversa contestazione, in esse comprese quelle relative alla mancata particolareggiata esposizione delle circostanze dell’accertamento od alla non idoneità di essa a conferire certezza ai fatti attestati nel verbale, va invece svolta nel procedimento di querela di falso, che consente di accertare senza preclusione di alcun mezzo di prova qualsiasi alterazione nell’atto pubblico, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti o del loro effettivo svolgersi ed il cui esercizio è imposto, oltre che dalla già menzionata tutela della certezza dell’ attività amministrativa, anche dall’interesse pubblico alla verifica in sede giurisdizionale della correttezza dell’operato del pubblico ufficiale che ha redatto.

Deve, conseguentemente, essere affermato il principio che: "nel giudizio di opposizione ad ordinanza - ingiunzione del pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà mentre è riservato al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti”.

Detto principio è stato disatteso dalla sentenza impugnata, giacché ha escluso l’efficacia probatoria del verbale nel quale gli agenti della polstrada avevano attestato di avere direttamente percepito la commissione della violazione in base ad un apprezzamento del carattere presunto della percezione a lui precluso nel giudizio di opposizione dalla fede privilegiata del verbale di accertamento.

Alla fondatezza del motivo seguono la cassazione della sentenza e, a norma dell’art. 384 2° co c.p.c., il rigetto dell’opposizione proposta dall’intimato davanti al giudice di pace, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Le spese del giudizio vanno dichiarate non ripetibili tenuto conto della novità del principio enunciato.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.
Decidendo nel merito rigetta l’opposizione proposta dal (…) avverso il verbale di accertamento della violazione e dichiara non ripetibili le spese del giudizio.

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