Si ribadisce il principio secondo cui «la parte che addebita alla consulenza tecnica d'ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa (e nella sentenza che l'ha recepita) ha, innanzitutto, l'onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente di ufficio”.
Altro principio consolidato è che «spetta al giudice di merito scegliere le risultanze probatorie ritenute decisive, sicché
Ed ancora, “la consulenza tecnica di parte, per altro verso, costituisce semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, rispetto alla quale il giudice non è tenuto a motivare il proprio dissenso (Cass. 14 novembre 2002, n. 16030; Cass. 6753/2003; 2707/2004; 7078/2006)”.
Cassazione Sezione II civile Sentenza 13 giugno 2007, n. 13845
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 1° agosto 1994 la s.n.c. Alfa, con sede in Peveragno, convenne innanzi al Tribunale di Cuneo la s.r.l. Beta chiedendo il risarcimento dei danni asseritamente subiti per la cattiva esecuzione dei lavori di riparazione effettuati dalla convenuta di un generatore di corrente. Alla stessa era stata richiesta la sostituzione della scheda che regolava la tensione. I tecnici inviati per la verifica avevano sottoposto il generatore ad un carico eccessivo e si era reso necessario il trasporto della macchina presso l'officina della convenuta dove era stata eseguita la sostituzione del regolatore elettronico di tensione, dell'avvolgimento del motore e di sei diodi. Dopo la messa in uso, il gruppo elettrogeno aveva mostrato l'inconveniente, prima mai manifestatosi, di una tensione in uscita superiore ai valori normali. I tecnici della Beta non avevano risolto il problema e l'attrice aveva subito l'interruzione del normale ciclo produttivo, con un danno ammontante a Lire 201.205.000. La convenuta resistette alla domanda e chiese in riconvenzionale il pagamento del saldo per Lire 3.391.500.
La domanda venne respinta dal Tribunale per carenza di prova sul nesso eziologico tra gli inconvenienti manifestatisi e gli interventi della convenuta. Venne accolta la domanda riconvenzionale.
L'appello proposto dalla soccombente Alfa s.n.c. venne accolto dalla Corte di appello di Torino, con sentenza del 5 maggio 2000. Ritenne
Con atto notificato il 28 febbraio 2001
a) era erronea l'affermazione che il regolatore di corrente era la stessa cosa del regolatore di tensione posto che pacificamente il gruppo elettrogeno era dotato di entrambe le componenti;
b) la sentenza della Corte era stata influenzata dalla equiparazione-identificazione dei due apparecchi, giungendo alla conclusione che le cause della sovratensione non potevano che attribuirsi al cattivo funzionamento dell'unico apparecchio «che regolava sia la corrente che la tensione e sul quale era intervenuta
c) che tale errore di fatto aveva determinato la non corretta valutazione della consulenza tecnica nella quale si affermava che «non essendo stato possibile l'esame del regolatore di corrente, rimosso dalla Beta, non era più possibile accertare se le sovratensioni erano imputabili al cattivo funzionamento di quest'ultimo o al cattivo funzionamento del regolatore di tension»".
Quanto al merito,
Avverso detta sentenza, notificata il 6 giugno
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, denunziandosi violazione dell'art. 395 c.p.c., si sostiene l'insussistenza dello specifico errore di fatto revocatorio poiché dalla sentenza revocata risultava che
Il motivo non è fondato.
Dalla sentenza revocata non emerge affatto che
Tale errore è(ra) stato decisivo perché, essendo pacifico che
2. Col secondo mezzo si denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per essersi la sentenza di revocazione basata su un mero inciso della motivazione della sentenza revocata, peraltro contraddetto da «altre affermazioni rinvenibili nella parte motiva».
Neppure questa censura e fondata.
La decisività della erronea identificazione dei due (diversi) apparecchi non è, intanto, sminuita dal fatto che l'affermazione fosse posta tra parentesi, atteso il rilievo che tale affermazione, a prescindere dalla collocazione grafica, comunque assume(va) nel contesto della ratio decidendi. Non è esatto, inoltre, che l'affermata unicità dell'apparecchio fosse contraddittoria e smentita con/da altre affermazioni contenute nella sentenza stessa, sicché - come già detto - deve escludersi che
3. Col terzo mezzo, denunziandosi ulteriore vizio di motivazione su punto decisivo della controversia, si sostiene che, nell'affermare la impossibilità di accertare le cause del difetto,
Il motivo, prima che infondato, è inammissibile.
La consulenza tecnica non viene adeguatamente censurata né lo è la sentenza che su di essa si è basata.
Per quanto concerne le denunziate carenze della consulenza tecnica, occorre ribadire il principio secondo cui «la parte che addebita alla consulenza tecnica d'ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa (e nella sentenza che l'ha recepita) ha, innanzitutto, l'onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente di ufficio.
In definitiva, le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso».
Ebbene, nella specie, il ricorrente non ha riportato né i brani della consulenza contestati né le critiche ad essa mosse, sottraendosi all'osservanza del principio di autosufficienza del ricorso.
D'altra parte è principio consolidato che «spetta al giudice di merito scegliere le risultanze probatorie ritenute decisive, sicché
La consulenza tecnica di parte, per altro verso, costituisce semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, rispetto alla quale il giudice non è tenuto a motivare il proprio dissenso (Cass. 14 novembre 2002, n. 16030; Cass. 6753/2003; 2707/2004; 7078/2006).
5. Consegue la condanna della ricorrente alle spese, liquidate come nel dispositivo.
P.Q.M.
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