domenica 3 febbraio 2013

Sequestro, ammissibilità istanza nella citazione

 
"Vanno disattese, preliminarmente, le eccezioni preliminari e pregiudiziali sollevate dai convenuti e dalla terza intervenuta in ordine all’ammissibilità e procedibilità dell’istanza di sequestro, per essere la stessa contenuta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio e non in separato ricorso come prescritto dall’art. 669 bis c.p.c.: competente a decidere sull’istanza cautelare spiegata in corso di causa è, infatti, indefettibilmente, il giudice della causa di merito, sicché da questo punto di vista nessun vizio è riconducibile alla scelta della M di includere l’istanza nel medesimo atto introduttivo del giudizio di merito, trattandosi di modalità al più inficiata da mera irregolarità formale, ma del tutto idonea al raggiungimento dello scopo suo proprio (vale a dire l’instaurazione del contraddittorio con le controparti)"




Tribunale di Lamezia Terme
Ordinanza 6 novembre 2012
(est. G. Ianni)
Il giudice istruttore,
letti gli atti,
a scioglimento della riserva assunta in data 2 novembre 2012;
preso atto della rinuncia alla domanda formalizzata da MG nei confronti di G s.p.a., quale soggetto evocato in giudizio ma senza il rispetto dei termini a comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c.;
letta l’istanza di sequestro giudiziario in corso di causa formulata dalla MG con l’atto introduttivo del giudizio;
OSSERVA
1. Con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito MG ha chiesto (anche) il sequestro giudiziario del 50% delle quote societarie attualmente intestate al marito, PG, in seno alle società S s.a.s. e G s.r.l., allegando il timore di una diminuzione del valore delle predette quote nel tempo necessario alla definizione del giudizio di merito, finalizzato, appunto, ad ottenere l’accertamento della comproprietà della m in relazione alle predette quote.
Sotto il profilo del fumus boni iuris, più in particolare, l’attrice-istante ha dedotto di aver sciolto la comunione legale esistente con il marito in forza di convenzione del 18 maggio 2010, a rogito notar P, con cui i coniugi avevano optato per il regime di separazione dei beni, convenendo espressamente che i beni da essi acquistati in precedenza rimanessero in comunione ordinaria. Dovevano, quindi, considerarsi in comunione ordinaria, a detta della M, anche le quote di partecipazione del P a due società costituite in costanza di matrimonio – appunto la S s.a.s. e la G s.r.l.
Sotto il profilo del periculum in mora, la M ha allegato alcuni comportamenti concludenti del P, indici della sua volontà di ledere gli interessi della moglie, come si ricaverebbe, in particolare, dalla vendita, da parte della S in data 2 dicembre 2009 di un lotto di terreno edificabile per un prezzo di euro 65.000,00; dalla costituzione, pochi mesi dopo la stipula della convenzione di separazione dei beni, di altra società con gli stessi soci della S (la A s.a.s.); dall’acquisto da parte della A s.a.s. di un magazzino per uso commerciale al medesimo prezzo di euro 65.000,00; dall’affitto concesso dalla S alla A dell’intero complesso aziendale dietro un canone di euro 4.000,00 annui.
1.1. Ha resistito P, formulando, preliminarmente, alcune eccezioni pregiudiziali afferenti la procedibilità ed ammissibilità della domanda di merito della M, alla luce dell’identica domanda proposta dalla stessa in sede di separazione giudiziale (quale procedimento tutt’ora pendente dinanzi a questo Tribunale). Altre eccezioni pregiudiziali il P ha mosso in ordine alla scelta in rito fatta dalla M per introdurre l’istanza di sequestro giudiziario, essendo la stessa contenuta nell’atto di citazione e non in separato ricorso come prescritto dall’art. 669 bis c.p.c.
Quanto, invece, ai presupposti per la concessione dell’invocato sequestro, il P ha escluso tanto la sussistenza del fumus boni iuris - dovendosi le quote ritenere entrate non in comunione legale bensì in comunione de residuo ed essendo, comunque, indice di partecipazione personalistica non surrogabile con il subingresso di terzi - quanto quella delpericulum in mora, non avendo egli mai compiuto operazioni dirette a depauperare il patrimonio sociale.
1.2. Hanno resistito la S s.a.s. e la G s.r.l. facendo sostanzialmente propria la difesa del P. E’ volontariamente intervenuta (con intervento adesivo dipendente) la O s.p.a., quale società controllante la G s.p.a., evocata in giudizio dall’attrice (in quanto ritenuta socia della G s.r.l.) ma non costituitasi e nei cui confronti, anche al fine di sanare eventuali problemi di contraddittorio, .l’attrice ha dichiarato di rinunciare ad ogni domanda.
2. Vanno disattese, preliminarmente, le eccezioni preliminari e pregiudiziali sollevate dai convenuti e dalla terza intervenuta in ordine all’ammissibilità e procedibilità dell’istanza di sequestro, per essere la stessa contenuta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio e non in separato ricorso come prescritto dall’art. 669 bis c.p.c.: competente a decidere sull’istanza cautelare spiegata in corso di causa è, infatti, indefettibilmente, il giudice della causa di merito, sicché da questo punto di vista nessun vizio è riconducibile alla scelta della M di includere l’istanza nel medesimo atto introduttivo del giudizio di merito, trattandosi di modalità al più inficiata da mera irregolarità formale, ma del tutto idonea al raggiungimento dello scopo suo proprio (vale a dire l’instaurazione del contraddittorio con le controparti).
Non appare ostativa alla trattazione dell’istanza cautelare neppure il fatto che la domanda di divisione sia stata già spiegata nel giudizio di separazione pendente tra le medesime parti, aderendo questo Tribunale all’orientamento (già paventato nell’ordinanza che ha deciso su un’istanza di sequestro proposta anche in quella sede) secondo cui il procedimento di separazione o divorzio, per le peculiarità in rito che lo caratterizzano, non si presta al cumulo con giudizi soggetti alle regole ordinarie i quali, quindi, saranno ammissibili solo se introdotti autonomamente nelle consone forme contenziose: la verosimile declaratoria di inammissibilità a cui pare destinata la domanda di divisione come formulata in quella sede elimina, pertanto, in radice il rischio dell’eventuale conflitto di giudicati e impone di rigettare anche la richiesta di riunione dei giudizi avanzata dalle parti (peraltro non opportuna alla luce della partecipazione al presente procedimento di soggetti diversi dai coniugi separandi).
3. Orbene, ai sensi dell’art. 670 c.p.c. il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni “quando ne è controversa la proprietà o il possesso ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea”.
Va, anzitutto, sgomberato il campo sulla sussumibilità delle quote societarie nella nozione di beni mobili, anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 670 c.p.c., rappresentando esse beni immateriali ma suscettibili di formare oggetto di diritti (trasferimento inter vivos e mortis causa, assoggettabilità ad esecuzione forzata ecc.) pur con le limitazioni che in concreto possono essere stabilite dai singoli statuti (così, in parte motiva, Cass. 2 febbraio 2009, n. 2569).
Sussistente è, anche, evidentemente, nel caso di specie, una controversia in tema di proprietà e possesso dei predetti beni, in quanto la M chiede l’accertamento della propria contitolarità sulle predette quote, contestata, invece, dal marito.
Tanto premesso in punto di ammissibilità, in ordine al fumus boni iuris occorre osservare che i coniugi, dopo l’iniziale assoggettamento ex lege (in mancanza di diversa volontà) al regime patrimoniale della comunione dei beni, hanno scelto il regime della separazione con convenzione a rogito notar P del 18 maggio 2010, rep. …, racc. …, prevedendo espressamente, quanto agli acquisti effettuati in precedenza, che gli stessi sarebbero rimasti in comunione ordinaria.
La M allega che tra questi beni rientrerebbero anche le quote di partecipazione del marito a due società costituite (incontestatamente) in costanza di matrimonio, la S s.a.s. e la G s.r.l.. Il P deduce, invece, che i proventi di tali partecipazioni non sarebbero entrati in comunione legale (poi diventata comunione ordinaria in forza della convenzione del 18 maggio 2010), bensì in comunione de residuo, il che determinerebbe l’attribuzione alla M di un diritto di credito pari alla metà del valore di quanto spetterà al P al verificarsi di una delle cause di scioglimento delle predette società.
La difesa del P (condivisa anche dalle altre società partecipanti al giudizio) non pare cogliere nel segno, ferma, evidentemente, la possibilità di una differente valutazione in sede di merito.
Come detto, infatti, le quote di società possono assimilarsi ai beni mobili ai fini dell’individuazione del loro regime giuridico generale (cfr. Cass. 2569/2009 cit.), sicché nulla pare ostare all’inquadrabilità delle quote acquistate dal singolo coniuge in regime di comunione legale nella comunione immediata, in virtù dell'ampio tenore dell'art. 177 comma 1 lett. a) c.c. – che parla genericamente di acquisti compiuti in costanza di matrimonio - e in conformità alla "ratio" delle norme sulla comunione, che è quella di realizzare pienamente, anche sul piano dei rapporti patrimoniali, la dimensione comunitaria della vita familiare (ratioche impone, peraltro, un favor communionis nella stessa interpretazione delle norme codicistiche). D’altra parte, anche a voler fare propria la tesi dei convenuti e della terza intervenuta, secondo cui le quote acquistate dal P in costanza di matrimonio rientrerebbero in comunione differita ex art. 178 c.c. in quanto beni strumentali all’esercizio di un’attività di impresa da parte del P, ciò non varrebbe ad escludere, almeno a livello di delibazione sommaria, un diritto della M alla contitolarità delle quote medesime, dovendosi verificare l’esistenza di un simile diritto non al momento (futuro) dello scioglimento della società, bensì al momento (passato) dello scioglimento della comunione legale, coerentemente ai dettami di cui all’art. 178 c.c.
Sussiste, altresì – al di là degli specifici episodi dedotti dall’istante - l’opportunità della gestione delle quote nelle more del giudizio di merito, stante l’elevata conflittualità tra parti (evincibile dal tenore delle difese in atti, dall’estrema difficoltà di una trattativa tra le stesse e dal procedimento di separazione giudiziale pendente dinanzi a questo Tribunale) che fa apparire concreto il rischio di comportamenti in danno dell’istante e dei suoi diritti. Ciò alla luce della funzione propria del sequestro giudiziario, che è quella di garantire la custodia corretta e imparziale del bene oggetto della pretesa restitutoria nelle more della durata del processo di merito.
Non osta all’autorizzazione del sequestro il carattere personalistico delle partecipazioni del M. alle società G s.r.l. e S s.a.s. e le previsioni statutarie contrarie al subingresso di altri soggetti in difetto del consenso unanime degli altri soci (cfr. difese convenuti e terza intervenuta) in quanto l’effetto della comproprietà, verosimile alla luce delle considerazioni che precedono, è una conseguenza voluta dalla legge per attuare il principio d'ordine costituzionale della parità tra i coniugi, come tale da considerarsi preminente rispetto alla volontà dei privati (Cass. 27 maggio 1999, n. 5172; Cass. 18 agosto 1994, n. 7437).
Al fine, tuttavia, di non scompaginare gli assetti societari, considerata la natura interinale e cautelare del presente provvedimento, si reputa opportuno, allo stato, nominare custode delle quote lo stesso P., benché con stringenti oneri di rendicontazione, tali da garantire la posizione e i diritti della M.
La regolamentazione delle spese e competenze della presente fase cautelare viene rimessa alla definizione del merito, trattandosi di istanza formulata in corso di causa.
4. Avendo le parti chiesto alla prima udienza la concessione dei termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., la causa viene differita per la decisione, in contraddittorio, sulle istanze istruttorie. Viene fissato un termine di decorrenza omogeneo al fine di non ledere i diritti di difesa delle parti nelle rispettive repliche.
P.Q.M.
letto l’art. 670 c.p.c.
AUTORIZZA il sequestro giudiziario del 50% delle quote facenti capo a P nell’ambito delle società S s.a.s. e G s.r.l., nominando quale custode, senza diritto di compenso, il medesimo P;
ORDINA alle società interessate (parti in causa) di prendere atto del presente provvedimento ed annotarlo nelle scritture societarie;
IMPONE al P di rendicontare bimestralmente al Tribunale sulla gestione delle quote e l’esercizio dei relativi diritti;
PRECISA che la gestione delle quote, durante il periodo di sequestro, dovrà essere finalizzata alla conservazione del loro valore "economico", con necessità di chiedere previamente l'autorizzazione a questo giudice per l'adozione di tutte le decisioni di maggior importanza, eccedenti l’ambito dell’ordinaria amministrazione;
RIMETTE al merito la regolamentazione delle spese e competenze relative al sub-procedimento cautelare di sequestro;
letto l’art. 183, comma 6, c.p.c.
ASSEGNA alle parti i seguenti termini perentori:
1) un termine di 30 giorni a partire dalla data dell’11 gennaio 2013 per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte;
2) un termine di ulteriori 30 giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che siano conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali;
3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.
RINVIA all’udienza del 4 giugno 2013, ore 10:00, per la decisione, in contraddittorio, sulle eventuali istanze istruttorie;
INVITA le parti che non lo abbiano già fatto a formare i propri fascicoli in conformità a quanto previsto dall'art. 74 disp. att. c.p.c.;
INVITA, altresì, i difensori delle parti che non lo abbiano già fatto ad indicare nei propri scritti difensivi il proprio codice fiscale e quello delle rispettive parti rappresentate in conformità a quanto previsto dall’art. 4 d.l. 193/2009, come convertito dalla legge 24/2010;
MANDA alla cancelleria per le comunicazioni e gli ulteriori adempimenti di competenza.
Lamezia Terme, 6 novembre 2012.
Il giudice

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