Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 30 agosto 2006, n. 5061
(Pres. Santoro, Est. Branca)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2719 del 2002, proposto dal sig. S. R., rappresentato e difeso dagli avv.ti Raffaele Izzo e Luciano Nizzola, elettivamente domiciliato presso il primo in Roma, via Cicerone 28
contro
Comune di Savigliano, rappresentato e difeso dall’avv. Teresio Bosco e dall’avv. Lucio Anelli, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, via della Scrofa 47
e
la D. di L. G., rappresentata e difesa dagli avvocati Piero Golinelli e Riccardo Dalla Vedova, selettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, via Bachelet 12
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte 13 marzo 2002 n. 627, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 28 marzo 2005 il consigliere Marzio Branca, e uditi gli avvocati Raffaele Izzo, Maurizio Goria per delega di Luciano Nizzola, Terenzio Bosco, Lucio Anelli, Riccardo Dalla Vedova;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto, per la parte largamente prevalente, il ricorso proposto dal sig. S. R. per l’annullamento della concessione edilizia rilasciata dal Comune di Savigliano alla D. di L. G. per la ristrutturazione di un fabbricato a prevalente destinazione residenziale.
Il TAR ha ritenuto che non fosse stata provata la violazione della normativa urbanistica ed edilizia vigente nel Comune, tenuto conto che nel concetto di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 31 della legge n. 457 del 1978 possono comprendersi anche interventi che implichino la demolizione e ricostruzione dell’edificio esistente, con modificazioni anche volumetriche.
Il sig. R. ha proposto appello per la riforma della sentenza assumendone l’erroneità.
Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame il Comune di Savigliano e la D..
Con ordinanza 16 aprile 2002 n. 1464 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione degli effetti della sentenza.
Alla pubblica udienza del 1° luglio 2005 la causa veniva trattenuta in decisione, ma, in relazione alla natura della controversia e delle censure dedotte, la Sezione, con decisione 7 novembre 2005 n. 6162, ha disposto un incombente istruttorio, riservando ogni valutazione sull’ammissibilità, sul merito e sulle spese.
In particolare è stato ordinato all’Assessore all’urbanistica della Provincia di Cuneo, con facoltà di delega a funzionario tecnico dirigente del medesimo Assessorato, di verificare se la concessione edilizia 19 dicembre 2001 n. C01/0231, rilasciata dal Dirigente del Settore urbanistica ed assetto del territorio del Comune di Savigliano, in favore della D. di L. G. e C. s.a.s. per ristrutturazione di fabbricato, ubicato su area censita in catasto terreni/fabbricati al foglio 111, mapp. 98 e 480, consentisse la realizzazione di un immobile di volumetria superiore a quella preesistente sulla medesima area, come accertabile in base alla documentazione disponibile.
In data 9 gennaio 2006 l’arch. Enzo Fina, incaricato della consulenza, ha depositato la sua relazione.
In relazione a tale deposito l’appellante e la Immobiliare Santarosa hanno depositato memorie.
Alla pubblica udienza del 28 marzo 2006 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il motivo centrale dell’appello in esame consiste nella contestazione della legittimità della concessione edilizia rilasciata alla controparte, assumendosi che il provvedimento ha consentito un intervento edificatorio, che, pur qualificato come ristrutturazione edilizia totale secondo la normativa edilizia comunale, non sarebbe riconducibile alla detta tipologia, quale emerge dall’art. 31 della legge n. 457 del 1978, e successive modificazioni, come interpretato dalla consolidata giurisprudenza.
L’appellante ha denunciato che l’edificio, realizzato in conformità alla concessione, presenta caratteristiche radicalmente diverse da quello preesistente, per numero di piani (3 e non più 2), per altezza, per volumetria e sagoma complessiva, posto che il corpo di fabbrica in precedenza allungato a forma di L capovolto, rispetto al fronte di Via Novellis, viene ora a formare, in pianta, la figura di una T rovesciata.
Per stessa ammissione del Comune (memoria del 10 giugno 2005) l’unico elemento rimasto immutato sarebbe il fronte su via Novellis, e quindi risulterebbe rispettato sia l’art. 8 delle NTA, che ammette la realizzazione di un organismo in tutto diverso dal precedente, sia l’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che reca analoga disposizione.
Ai fini dell’esame della censura, assume rilievo, come è evidente, l’esito della consulenza tecnica disposta dalla Sezione, con lo scopo di verificare il rispetto della normativa edilizia vigente, con particolare riguardo al rispetto della volumetria preesistente in sede di progetto della nuova edificazione.
Va premesso che l’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, all’epoca dei fatti, definiva «interventi di ristrutturazione edilizia», "gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'àmbito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica."
Il comma finale dello stesso articolo 3 dispone: " Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi."
Tanto premesso, la consulenza tecnica ha confermato che la nuova costruzione presenta rilevanti modificazioni di sagoma dell’edificio nuovo rispetto al preesistente, nel numero dei piani ( 3 invece di 2), nell’altezza, che è maggiore di ml 2,70, e nell’area di sedime, per posizionamento della manica traversa all’interno del lotto, mentre il volume è valutato inferiore al precedente.
Osserva il Collegio che con la concessione impugnata si è autorizzato un intervento di ristrutturazione edilizia non conforme a questa detta tipologia.
A tale riguardo va ricordato che già l’art. 31, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 457, definiva lavori di ristrutturazione edilizia "quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi impianti". La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ripetutamente chiarito che, ai sensi della norma avanti citata, il concetto di ristrutturazione edilizia comprende anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, purché tale ricostruzione assicuri la piena conformità di sagoma, di volume e di superficie tra il vecchio ed il nuovo manufatto, e venga, comunque, effettuata in un tempo ragionevolmente prossimo a quello della demolizione (si veda fra le tante: C. Stato, sez. V, 3 aprile 2000, n. 1906).
Infatti, l'articolo 31 è formulato in modo di favorire le opere migliorative eseguite su manufatti già esistenti. Al riguardo, è significativo che la disposizione considera espressamente l'elenco delle attività disciplinate come "interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente". In particolare, poi, l'art. 31, lettera d), qualifica la ristrutturazione edilizia come intervento volto a "trasformare gli organismi edilizi". In tal modo, dunque, il legislatore indica con chiarezza che l'intento perseguito è quello di agevolare il recupero estetico e funzionale di manufatti già inseriti nel tessuto edilizio, senza determinare un incremento del carico urbanistico dell'area considerata.
La trasformazione dell'edificio preesistente, finalizzata al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione (fedele) di parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più conveniente sotto il profilo tecnico od economico. E la Sezione ha ulteriormente allargato questa possibilità, estendendola alle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione dell'edificio.
È stato sottolineato, tuttavia, che, anche in questo caso, l'intervento assentito con la concessione di ristrutturazione resta nell'ambito dell'articolo 31, lettera d), purché il nuovo edificio corrisponde pienamente a quello preesistente.
Al riguardo, è significativa la circostanza che la giurisprudenza segue un orientamento rigoroso, imponendo la piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto.
Nello specifico contesto del recupero del patrimonio edilizio esistente, quindi, la demolizione effettuata dallo stesso interessato (preventivamente e regolarmente assentita dall'amministrazione comunale) rappresenta lo strumento necessario per la realizzazione del risultato finale, costituito dal pieno ripristino del manufatto.
E’ appena il caso di aggiungere, poi, che tale conclusione non sarebbe diversa ove volesse farsi riferimento alle disposizioni di cui all’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 1980, n. 380, che, come accennato, nel testo vigente all’epoca del rilascio della concessione impugnata, menzionava in criterio della "fedele ricostruzione" come indice tipico della ristrutturazione edilizia.
Anche se, per effetto della normativa introdotta dall’art. 1 del d.lgs. 27 dicembre 2002 n. 301, peraltro non applicabile alla fattispecie, il vincolo della fedele ricostruzione è venuto meno, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia, non per questo vengono meno i limiti che ne condizionano le caratteristiche e consentono di distinguerla dall’intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito (Cons. St., Sez. IV, 28 luglio 2005 n. 4011).
Nella specie, seppure il c.t.u., con non trascurabili cautele, abbia creduto di concludere che il volume realizzato fosse inferiore al preesistente, va tenuto conto della rilevata inosservanza del limite insito nel rispetto delle caratteristiche strutturali del vecchio edificio, per quanto concerne l’altezza e il numero dei piani.
A tale riguardo nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza che l’art. 14 delle NTA consenta, negli interventi ricostruttivi, l’altezza di m. 10,50, perché in tal modo si viene a prescindere totalmente dal vincolo del rispetto della sagoma originaria, prescritto dalla ricordata normativa di rango legislativo.
In conclusione l’appello deve essere accolto.
In ragione della soccombenza, il compenso da corrispondere al funzionario incaricato della consulenza tecnica, fissato in Euro 2000,00= dalla decisione della Sezione 7 novembre 2005 n. 6162, va suddiviso in parti eguali, e posto a carico del Comune di Savigliano e della Immobiliare Santarosa di L. G. e C., s.a.s..
Sussistono valide ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado;
condanna le parti resistenti al pagamento de compenso da corrispondere al consulente tecnico d’ufficio, come in motivazione;
dispone la compensazione delle spese;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 marzo 2006 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro Presidente
Giuseppe Farina Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.
Nicola Russo Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Marzio Branca F.to Sergio Santoro
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 30 agosto 2006.
Libero Professionista, esercente la professione forense nel Foro di Brindisi, distretto Corte d'Appello di Lecce (Italy)- già Magistrato, abilitato innanzi alle Giurisdizioni Superiori (Corte di Cassazione, Corte Costituzionale)